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Grazie a Bielsa, il Leeds è tornato nell’Olimpo del calcio

Il progetto del tecnico argentino, fondato su un'idea di calcio ambiziosa e su una profonda etica del lavoro, era quello che serviva per riportare un club storico in Premier League.

Siamo tutti concordi sul fatto che il calcio inglese stia vivendo un’età dell’oro, dal punto di vista economico, tecnico, mediatico. Il fascino assoluto della Premier Laague, esattamente come la forza impressionante della Nazionale di Southgate, per il presente e soprattutto per il futuro, sono il frutto di un lavoro fatto in profondità dalle istituzioni, dai manager, ovviamente dai club, e poi di tante dinamiche che si sono intrecciate e sovrapposte tra loro negli ultimi anni. Uno degli aspetti decisivi, però, è stato quello della contaminazione: se oggi il campionato inglese è il torneo calcistico più luccicante e seguito al mondo, è perché ha saputo – e voluto – attrarre gli investitori più ricchi e ambiziosi, e da lì a cascata sono arrivati i migliori giocatori, i migliori allenatori. Da almeno quindici anni, più o meno ogni anno ci siamo chiesti se la Premier League sarebbe stata pronta all’impatto di un alieno che stava per sbarcare, e che forse avrebbe cambiato tutto: è successo con Mourinho, con Benítez, con Ancelotti, van Gaal, Klopp, Guardiola, Conte, Sarri. Ora sta succedendo di nuovo, con Marcelo Bielsa.

“Premier League Beware: Leeds United and Marcelo Bielsa Are Coming Your Way” è il titolo dell’articolo scritto da Jonathan Wilson su Sports Illustrated pochi giorni dopo la promozione dei Peacooks dalla Championship. Analizzare la scelta semantica, in casi come questi, è fondamentale: la differenza sta tutta in quel “Beware”, che invita tutti alla cautela. È un atteggiamento diffuso, condiviso, come se il Leeds non fosse una squadra neopromossa, che tra l’altro non partecipa alla Premier League da sedici anni; come se Bielsa non fosse alla vigilia della sua terza stagione nel calcio inglese, dopo aver mancato la promozione un anno fa; come se non conoscessero il tecnico argentino, il suo vissuto. E invece il punto è questo: proprio perché conoscono Bielsa, proprio perché hanno visto ciò che è stato capace di fare a Leeds, con un club che ha vinto tre volte il titolo nazionale, che ha giocato la finale di Coppa dei Campioni nel 1975, che porta allo stadio 35mila spettatori allo stadio per ogni partita, ma che da tanto tempo non riusciva a rientrare nel grande calcio, ora in Inghilterra e in tutto il mondo sanno che c’è da fare attenzione, che bisogna chiedersi se la Premier League sarà davvero pronta all’impatto di Bielsa. L’alieno più alieno di tutti, o almeno così viene descritto, raccontato.

In un’intervista rilasciata a El País, il portiere del Leeds Kiko Casilla ha spiegato – forse meglio di ogni altro – perché Bielsa è chiamato e considerato Loco, cosa vuol dire esattamente questo soprannome decisamente retorico, certamente un po’ abusato, soprattutto nel suo caso: «Il mister ha poco di Loco, ma si può dire che esagera in tante cose. Però ha un solo obiettivo in tutto quello che fa: migliorare il club per cui lavora, partendo dai giocatori intorno a lui. Questa non è una mia percezione, piuttosto un dato di fatto rintracciabile in tutta la sua carriera». Anche al Leeds, con lo United, è andata esattamente in questo modo: fin dal suo arrivo nel West Yorkshire, Bielsa ha costruito una squadra estremamente ambiziosa, che praticava e pratica un calcio sofisticato, ricercato, rischioso, molto vicino a quello che si gioca in Premier nonostante militasse in Championship, un ambiente tattico storicamente impermeabile al cambiamento. Non a caso, viene da dire, i Peacooks hanno avuto il miglior rendimento statistico della lega per tutti gli aspetti del gioco – occasioni create e concesse, gol attesi, possesso palla – anche nella scorsa stagione, solo il Manchester City ha avuto una percentuale più alta di possesso palla tra prima e seconda divisione (62% di media a partita contro il 60% del Leeds), eppure la squadra di Bielsa non ha centrato la promozione diretta, e poi è stata eliminata ai playoff dal Derby County – al termine di una doppia sfida che stava conducendo comodamente, ma che poi i Rams hanno portato a casa dopo il successo per 4-2, in rimonta, a Elland Road.

Sembrava che il calcio inglese avesse rigettato Bielsa, ma, in realtà, non è andata proprio così, anche perché lo stesso Leeds United, soprattutto nella persona del direttore sportivo Victor Orta – il primo ad aver avuto l’idea di assumere il tecnico argentino – era cosciente del fatto che Bielsa si sarebbe comportato proprio così, non avrebbe accettato compromessi. A nessun livello. E non l’ha fatto, neanche per un istante. Il suo obiettivo era costruire un’identità – di gioco, di immagine, etica – a partire dalla sua visione, e non ha mai messo in discussione questo suo approccio.

Secondo quanto raccontato da The Athletic, Bielsa ha incontrato i dirigenti del Leeds al termine della scorsa stagione per trattare l’estensione del suo contratto annuale – ne firma solo di questo tipo, con questa durata ridotta – e «ha presentato una relazione zeppa di dati in cui, a modo suo, dimostrava come il Leeds avesse mancato una grande occasione perché c’erano stati troppi infortunati e poca precisione sotto porta, e perché i giocatori arrivati in prestito non avevano reso quanto ci si aspettava. Nessun ripensamento sulle sue strategie di gioco, sul suo approccio tattico, piuttosto l’incrollabile volontà di insistere in quella direzione». Il Leeds ha rinnovato il contratto di Bielsa per un’altra stagione, e nei prossimi giorni incontrerà di nuovo l’allenatore argentino per trattare un altro rinnovo.

Patrick Bamford è stato uno dei grandi protagonisti della stagione del Leeds: con 16 reti complessive, è il miglior marcatore della squadra di Bielsa in tutte le competizioni (George Wood/Getty Images)

Identità e insistenza sono i due concetti chiave per comprendere il successo del Leeds – che poi è diventato il successo della filosofia del suo allenatore, e di quei tifosi che hanno iniziato ad adorarlo come un dio, assecondando una simbiosi che è sbocciata fin dal primo istante e non è stata inficiata dal risultato dello scorso campionato. In certi casi, la realtà supera l’aneddotica: il caso Spygate dello scorso anno è stato l’esempio più eccessivo – e più negativo – dell’approccio totalizzante e ossessivo di Bielsa, che si è manifestato anche nella durezza degli allenamenti, nella scelta degli uomini da mandare in campo, nella cura compulsiva di alcuni aspetti logistici. Mateusz Klich, centrocampista polacco di trent’anni, ha detto che le sedute quotidiane di Bielsa sono «molto severe, sembra di stare in un campo militare, sono tutte tattica, tattica, fitness e tattica. Non è facile venirne fuori, ma in questo modo tiri fuori tutta la tua bravura»; il Leeds, in questa stagione, è stata la squadra di Championship che ha utilizzato meno giocatori dal primo minuto (19) rispetto a tutte le altre, e persino un elemento importante acquistato a gennaio – l’attaccante francese  Jean-Kévin Augustin, arrivato in prestito dal Lipsia – è stato utilizzato in tre partite, e solo da subentrato, perché ritenuto fisicamente non all’altezza dal tecnico argentino; un dipendente del club ha raccontato che, secondo Bielsa, il centro d’allenamento di Thorp Arch aveva poco spazio riservato ai parcheggi per le auto di staff e giocatori, e così l’allenatore argentino ha chiesto e ottenuto l’ampliamento, per ridurre lo stress dei tesserati prima dell’inizio degli allenamenti. Questo stesso dipendente ha aggiunto che «i ritardi di questi lavori lo hanno preoccupato esattamente come se Hernández, il miglior giocatore della squadra, fosse rimasto sei mesi fuori per infortunio».

Quando il Leeds ha assunto Bielsa, ha deciso di investire su tutto questo. Ha scelto un volto, un uomo-copertina – di campo, anche se non proprio di campo – per guidare un progetto ambizioso, radicato e radicale, esattamente ciò che serviva per riportare la squadra in Premier League dopo sedici anni difficili, caratterizzati dall’avvicendarsi di cinque proprietà diverse e da una girandola di quindici manager. Abbiamo detto in apertura che il calcio inglese sta vivendo un’età dell’oro, ora aggiungiamo che questa condizione si è inevitabilmente estesa anche alla Championship: oggi la seconda divisione inglese è sesta nella graduatoria dei campionati europei per valore delle rose (1,06 miliardi, fonte Transfermarkt), subito dietro le cinque leghe top, dunque è un torneo estremamente competitivo, difficilissimo da vincere. Non bastano storia e blasone, servono idee moderne, strutturate: il Leeds – esattamente come il Wolverhampton, lo Sheffield United e tante altre squadre che sono approdate o ritornate in Premier League negli ultimi anni – ha dovuto pensare e costruire una struttura – prima societaria e poi tecnica – di alto livello per tornare anche solo ad aspirare alla promozione; il caso e l’inventiva di Victor Orta e degli altri membri della dirigenza hanno voluto che lo United fondasse la sua rinascita su Bielsa, su un’idea di gioco dominante, iperverticale, sull’amore senza compromessi che è scoppiato tra lui e i tifosi di Elland Road. Ma, appunto, è stato solo un (bellissimo) caso. Il punto centrale è il programma a medio-lungo termine messo a punto dalla società.

I gol più belli della stagione del Leeds United, scelti dal Leeds United

Il fatto che una città importante come Leeds – l’area urbana di Leeds-Bradford è la quarta più popolosa d’Inghilterra con i suoi 1,7 milioni di abitanti – e un club storico come il Leeds United abbiano avuto bisogno di Bielsa e di una nuova identità per poter tornare quantomeno in Premier League – il Telegraph ha scritto che il tecnico argentino «è riuscito a ricostruito un “Dirty Leeds” diverso, che ora rende finalmente orgogliosa la città» – dice tanto, se non tutto, sulla necessità di fare calcio secondo un certo modello di business sportivo, che vada oltre la superficie, che riesca a scavare in profondità. Bielsa, più o meno come Klopp al Liverpool, si è rivelato l’uomo giusto – grazie alle sue doti, al suo carisma, alla sua influenza – per avviare e ispirare la rinascita, per indirizzare e completare la prima parte della missione.

Ora tocca alla società proseguire su questa strada, e il proprietario – l’italiano Andrea Radrizzani, boss di Eleven Sports – sembra pronto a rilanciare: ha già riacquisito il controllo dello storico Elland Road dopo che il club l’aveva ceduto a causa dei debiti, ha acquistato il centro sportivo di Thorp Arch, e ora ha deciso di investire altri 25 milioni di sterline per la costruzione di una nuova struttura per gli allenamenti nei pressi dello stadio. Probabilmente è il modo migliore, più gusto, per convincere Bielsa a restare, per verificare se se la Premier League è davvero pronta all’impatto del suo Leeds United, per vedere come prosegue una delle storie calcistiche più belle e più perfette degli ultimi anni.