Ralenti Maradona

Dieci articoli da tutto il mondo per ricordare e celebrare Diego.

La morte di Diego Armando Maradona è stata un evento di portata globale, ha monopolizzato tutte le piattaforme media del mondo, ha generato un impatto emotivo profondissimo, ancora lontano dal suo esaurimento – soprattutto in Argentina e a Napoli, i due luoghi più legati al culto di Maradona. La grandezza del calciatore-Maradona e la contraddittorietà della sua figura hanno alimentato la vena analitica e di racconto di tutti i più importanti giornalisti, senza barriere anagrafiche, in più si sono aggiunti tantissimi ricordi di persone che hanno fatto parte della sua vita, i compagni di squadra, gli allenatori, gli avversari, tantissimi personaggi illustri che hanno incrociato la carriera e la vita personale di una delle più grandi icone nella storia del calcio.

Abbiamo letto tantissimi articoli belli, e ne abbiamo scelti alcuni (dieci, ovviamente) da proporvi in questa rassegna monografica. Siamo andati in tutto il mondo, dai Paesi anglofoni fino alla Spagna, ovviamente abbiamo fatto un salto in Argentina, in Francia; ci sono analisi puramente tecnico-sportive, per esempio quella di Jonathan Wilson, articoli un po’ più autoriali, riflessioni sulla grandezza di Maradona paragonata a quella di altri fuoriclasse; e poi le testimonianze pregne di dolore scritte da Jorge Valdano e Bernd Schuster, un ricordo della sua (breve, tormentata, indimenticabile) esperienza da commissario tecnico dell’Argentina, il saluto commosso dei suoi connazionali, l’analisi della sua eredità, un resoconto della grande unione che abbiamo vissuto in questi giorni, che abbiamo vissuto sempre, come appassionati di sport, nel nome di Diego Maradona.

Measuring Maradona’s Greatness, Gravity Goes Well Beyond the Trophies and StatsSports Illustrated
In questo articolo, Jonathan Wilson spiega come la grandezza percepita di Maradona, il fatto che sia stato e sia ancora considerato alla stregua di un dio, in Argentina ma non solo, «dimostra come i numeri, le statistiche e i trofei vinti possano non essere l’unico parametro per dare un giudizio su un calciatore: nel suo caso, il talento e il genio sul campo, insieme alla sofferenza che ha provato nella vita, lo sua dimensione narrativa, anche la sua oscurità, lo hanno reso immortale».

Maradona, mucho más allá del fútbolEl Mundo
È anche in virtù di tutto questo che il quotidiano spagnolo El Mundo arriva a emettere una sentenza nell’infinito dibattito su chi sia stato il più grande giocatore di tutti i tempi: «Nessuno come Maradona ha contribuito alla proiezione universale del calcio. Lo ha magnificato in campo, lo ha esteso oltre la sua sfera puramente sportiva. L’ha politicizzato attraverso il suo percorso ideologico, ma senza privarlo della sua innocenza, della sua originaria neutralità».

Child genius Diego Maradona became the fulfilment of a prophecyThe Guardian
Ancora Jonathan Wilson, stavolta sul Guardian: in questo articolo, il giornalista inglese ripercorre velocemente tutte le tappe della carriera di Maradona, ma soprattutto spiega come e perché sia diventato l’emblema non solo del calcio argentino, ma dell’Argentina stessa: «Il gioco storico degli argentini, per contrasto con quello degli inglesi, consisteva nell’essere saggi, nell’esprimersi in spazi stretti con abilità tecnica e astuzia. Per questo Maradona è rimasto una figura quasi messianica per l’intera Argentina, fino a diventarne simbolo, idolo più che religioso».

L’esperienza da calciatore più significativa è stata quella con il Napoli: dal 1984 al 1991, Maradona ha segnato 115 gol in 259 partite e ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana (Simon Bruty/Allsport/Getty Images)

The Most Human of ImmortalsThe New York Times
Dopo la morte di Maradona, Rory Smith ha scritto due articoli sul NYT. In questo, parla di un aspetto fondamentale della carriera di Diego: partendo dalle immagini del suo addio al calcio alla Bombonera, mentre piangeva per l’affetto dei suoi tifosi e dei suoi connazionali, «Maradona non cercava l’assoluzione per i suoi peccati, di scontare i tanti errori che aveva commesso: piuttosto chiedeva che il calcio, lo sport che aveva amato, che aveva illuminato, che aveva trasformato in pura arte, non venisse offuscato da tutto ciò che lui aveva fatto di sbagliato nella vita».

Jorge Valdano: adiós a Diego y adiós a MaradonaEl País
Valdano ha vinto il titolo Mondiale del 1986 accanto a Maradona. È un contributor del País, e questa volta ha dovuto parlare di sé, e di un suo grande amico. Ha parlato della sua dimensione politica («Con Maradona i poveri finivano per battere i ricchi, è così che l’appoggio incondizionato che aveva dalla massa era proporzionale alla sfiducia, all’invidia che provavano quelli sopra di lui») ma anche delle sue fragilità: «È stato un superuomo, ha vissuto come tale, era fortissimo ma aveva degli eccessi che erano degli attentati a sé stesso: non sono riusciti ad offuscare il suo talento fuori misura, ma gli sono costati tanta sofferenza, come uomo è stato una vittima».

Bernd Schuster: No supimos proteger a Maradona y Barcelona le destruyóEl Mundo
Il campione tedesco ha condiviso due stagioni con Maradona a Barcellona, prima del trasferimento al Napoli. In questo articolo, spiega che «tutti i suoi compagni d’avventura in quell’esperienza non l’abbiano saputo proteggere, e allora la città di Barcellona ha finito per distruggerlo». Maradona ha raccontato di aver iniziato ad assumere cocaina proprio durante la sua avventura in Spagna, ma anche in campo le cose non andarono benissimo: due stagioni, tre titoli marginali (una Copa del Rey, una Coppa di Lega e una Supercoppa), ma soprattutto un’epatite e un gravissimo infortunio alla caviglia.

Mourning Diego MaradonaThe Ringer
Brian Phillips, scrittore e saggista che ha sempre trattato il calcio con un linguaggio alto ma moderno, riflette su quanto Maradona sia stato «uno dei pochi giocatori e delle poche persone della sua generazione in grado di far trattenere il respiro al mondo: quando aveva la palla, faceva vedere cose incredibili, ci ha ha fatto sentire come se l’universo ci stesse rivelando un segreto».

Come allenatore, Maradona ha guidato il Textil Mandiyú e il Racing Club per due brevi periodi negli anni Novanta, poi è stato selezionatore dell’Argentina tra il 2008 e il 2010 (18 vittorie e sei sconfitte in 24 partite, con l’eliminazione ai quarti di finale dei Mondiali); dopo l’avventura come commissario tecnico della Selección, ha allenato l’Al-Wasl, il Fujairah, i Dorados e il Gimnasia La Plata, di cui era ancora tecnico il giorno della morte (Streeter Lecka/Getty Images)

Diego Maradona sélectionneur de l’Argentine, mariage de déraisonFrance Football
Un ricordo della sua esperienza come commissario tecnico dell’Argentina: «Diego amava troppo la Selección e il suo Paese, al punto che pensava gli potessero appartenere anche come allenatore. In realtà, la scelta di affidare a lui la squadra fu del tutto irragionevole, magari sarà pure riuscito a far sognare ancora una volta i suoi connazionali, ma di certo è stato travolto alle prime difficoltà».

Diego y el último momento en el que soñamos que podíamos ser felicesClarín
Proprio questa idea per cui Maradona è in grado di far sognare gli argentini, però, non si è mai spenta. Forse è proprio questa la vera essenza di Diego, come si evince da questo saggio firmato dal sociologo Pablo Alabarces: «Diego Maradona è stato il simbolo più importante della cultura popolare argentina dell’ultimo mezzo secolo. Per quello che ha prodotto come artista, perché il suo calcio era arte: l’ultimo momento in cui l’Argentina ha potuto sognare di essere davvero felice».

All That We Have LostThe New York Times
È il secondo pezzo di Rory Smith, in cui il giornalista del NYT parla di «tutto ciò che abbiamo perso dopo la morte di Maradona: la testimonianza del suo genio, ma anche un senso di nostalgia per tutto ciò che lui rappresentava. Eppure la sua leggende vivrà in eterno: l’archivio dei libri, dei film e dei documentari sulla sua vita continueranno solo a crescere, come è avvenuto e avverrà per Johan Cruijff e George Best, gli altri grandi ribelli del calcio. La figura di Maradona, infatti, ha già dimostrato di avere un potere: restare avvincente anche per chi non ha avuto il privilegio di vederlo giocare».