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Per chi va in cerca del talento, la Ligue 2 è una miniera d’oro

Merito di una profonda cultura giovanile, ma anche della varietà tattica e dei prezzi abbordabili.

A 19 anni, Emmanuel Kouadio Koné è uno dei giocatori più interessanti delle nouvelle vague del calcio francese, nonché uno dei punti fermi del Tolosa che sta inseguendo il ritorno in Ligue 1: moderno centrocampista “box-to-box”, potenzialmente dominante in entrambe le fasi grazie a una dimensione fisica e tecnica sopra la media, Koné non è un talento precoce ed evidente alla Camavinga, piuttosto un elemento di grandi prospettive, in possesso di un’ottima base di partenza su cui lavorare, di una leadership naturale dentro e fuori dal campo, della giusta attitudine per ciò che riguarda l’etica del lavoro e la comprensione dinamica del gioco. Nel ripetitivo gioco dei paragoni, una lente attraverso cui ci si diverte a immaginare la parabola di un calciatore di nemmeno vent’anni, Koné – che ha già debuttato in Ligue 1, contro il Dijon, il 24 maggio 2019 – è stato già accostato a due illustri connazionali: Tanguy Ndombelé, per la capacità di strappare palla al piede in conduzione, e Paul Pogba, per il modo in cui riesce a mettere la componente atletica del suo calcio al servizio di quella tecnica. Vederlo giocare, dunque, non significa solo intravedere concretamente il prototipo del “centrocampista-tipo” dei prossimi dieci anni, ma serve pure a comprendere perché il Borussia Monchengladbach abbia speso nove milioni di euro per rilevare il suo cartellino e lasciarlo in prestito al Tolosa, nonostante l’esperienza pressoché nulla ad alti livelli.

Il punto è che quello di Koné non è un caso isolato. Anzi, è la conferma di una tendenza. Stando ai dati di Transfermarkt, nel 2020 i giocatori passati da una squadra di Ligue 2 a una militante in uno dei cinque top campionati in Europa – Premier League, Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1 – sono stati 22; nel 2019, invece, le operazioni in uscita verso i cinque campionati top in Europa erano state 17, con otto calciatori finiti lontani dalla Francia, tra Liga, Bundesliga e Serie A. Pure chi è rimasto in patria, approdando in una società di Ligue 1, ha comunque trovato il modo di avere un certo impatto e di far parlare di sé: Tino Kadewere, tornato al Lione dopo il prestito al Le Havre, ha segnato nove gol in 20 partite ed è stato schierato titolare in 15 gare della squadra che si sta giocando il titolo con il Psg; Chieck Doucore è il punto fermo della difesa del Lens, che si trova a metà classifica; Bobacar Kouyate si sta ritagliando il proprio spazio da terzino multidimensionale al Metz dopo essersi messo in mostra con il Troyes (cinque gol in 18 gare); Stéphane Diarra sta faticando più del previsto al Lorient dopo un 2019/2020 da dominatore al Le Mans, ma è comunque tra i migliori esterni giovani del campionato. L’unica “delusione”, al momento, sembra essere Adrian Grbic: 17 gol e quattro assist in 26 presenze con il Clermont Foot un anno fa, appena tre – di cui due su rigore – in 18 presenze con il Lorient in questa stagione, l’ultimo contro il Nizza dopo tre mesi di digiuno.

Sono dati ed esperienze che, ancor più dei precedenti legati a Mahrez, Varane, Kanté, Upamecano e Marcus Thuram, tutti calciatori passati direttamente dalla Ligue 2 all’élite del calcio europeo, raccontano come il campionato francese di seconda divisione debba essere considerato un torneo “must watch” per gli scout di tutte le squadre europee, un nuovo serbatoio da cui poter attingere. Soprattutto nel calciomercato in era Covid, un universo in cui a dominare sono – devono essere – le idee e le intuizioni più che lo sfruttamento intensivo delle risorse finanziarie. Un cambio di paradigma e di prospettive facilitato dalla natura stessa di un torneo che, più di altri, aderisce a quell’aspetto “formativo” del player development per cui il giocatore giusto non è necessariamente quello più forte o più appariscente.

In questo senso, le dichiarazioni più interessanti sono quelle di Brendan MacFarlane, capo scouting del Brentford, che in un’intervista rilasciata nel gennaio 2020 ha sottolineato come i giocatori di Ligue 2 sviluppino «una migliore attitudine alla comprensione della tattica, visto che le squadre giocano con una varietà di moduli tale che i calciatori migliorano ma nel frattempo sono già pronti a confrontarsi con realtà straniere diverse e molto più importanti. Per esempio il campionato inglese, in cui saper interpretare più ruoli è fondamentale».

Il Troyes è primo in classifica in Ligue 2, grazie a 44 punti conquistati in 21 partite; al secondo posto c’è il Tolosa, al terzo il Clermont (Foto tratta dall’account ufficiale Twitter della Ligue 2)

Viviamo un’era in cui per gli operatori di mercato è molto più facile scovare l’ennesimo talento sudamericano – da pagare tanto, bene e subito – piuttosto che un solido elemento di sistema, potenzialmente già pronto e dal rendimento sicuro e garantito. E proprio per questo la Ligue 2 rappresenta un torneo da seguire con attenzione: è una palestra con pochi eguali, perché offre una buona competitività in una nazione in cui il talento grezzo, quello prodotto a livello giovanile, è straripante. E allora lo spazio si riduce: «Col tempo, la Ligue 2 è diventata una tappa obbligata nel percorso formativo per tutti quei ragazzi di 18 o 19 anni che non sono riusciti ad affermarsi nei grandi club francesi, ad andare oltre le loro Academy. Anche perché le squadre riserve delle società di Ligue 1 giocano a partire dalla quarta serie in giù, e quindi non possono essere considerate un’alternativa valida per un giovane talento in cerca di una dimensione, e allora i ragazzi preferiscono un’esperienza di questo tipo».

Queste parole – rilasciate Espn – sono di Ilja Kaenzig, attuale managing director del Bochum ed ex dirigente di quel Sochaux che, nel 2018/2019 lanciò nel calcio professionistico Lucien Agoumé, il più giovane debuttante nella storia del club (a 16 anni, contro il Troyes) e capitano della Francia Under 18. Per acquistarlo, nell’estate 2019, l’Inter ha speso poco meno di cinque milioni di euro. Dopo una prima stagione vissuta tra prima squadra e Primavera, ora è in prestito allo Spezia, dove ha disputato da titolare le ultime cinque gare di campionato. Il suo ruolo naturale sembra essere quello di mezzala in un centrocampo a tre, anche se Italiano lo sta sfruttando principalmente come pivote davanti alla difesa. Il motivo è semplice: parliamo di un giocatore piuttosto intuitivo quando si tratta di occupare preventivamente gli spazi e le linee di passaggio, che ha una visione di gioco molto ambiziosa, così come ambiziose sono le soluzioni che adopera quando si tratta di far progredire l’azione in verticale. «Ha qualità importanti, personalità da vendere e una tranquillità da veterano. Ha un grande avvenire davanti ma deve ancora crescere: deve essere più dinamico e diventare un leader per confermarsi su questi livelli e farci vedere tutto il suo enorme talento», ha detto di lui il tecnico dello Spezia alla vigilia della gara contro il Torino, soffermandosi sul rapporto tra età e capacità di incidere in un contesto tecnico e tattico del tutto nuovo.

Il dato anagrafico è pero incidentale, o comunque secondario, rispetto a quello – più importante – della funzionalità. In Ligue 2 i giocatori si preparano davvero al calcio dei grandi, come sta dimostrando il 25enne Kadewere: l’attaccante del Lione è quello che, negli Stati Uniti, potrebbe essere considerato un “late bloomer”, ovvero un atleta arrivato al vertice del professionismo quando avrebbe già dovuto raggiungere il proprio prime tecnico, fisico e psicologico; non aveva mai giocato a certi livelli, eppure è sembrato un giocatore pronto, dalle caratteristiche definite. È proprio per questo che i calciatori della Ligue 2 risultano tra i più appetiti e appetibili: rappresentano una buona soluzione, in termini di accessibilità, in un mercato già saturo e in cui è necessario incrociare i dati e le caratteristiche dei singoli atleti per individuare quelli da acquistare. Come Brad Pitt/Billy Beane in Moneyball, si tratta di ottimizzare le risorse andando alla ricerca di profili adeguati e, allo stesso tempo, economicamente sostenibili, di trovare quello che si sta cercando in relazione a ciò che serve realmente. In altre parole è la realizzazione del “metodo Moncada” su una scala più ampia e a disposizione di tutti – e non a caso il capo scout del Milan guarda molto in direzione della Ligue 2, non solo perché è francese come lui.

Insomma, la Ligue 2 è il campionato giusto da osservare in questo momento. Perché, è il caso di dirlo, produce calciatori forti e tendenzialmente già formati a prezzi competitivi. Merito, come detto, del modello di reclutamento e valorizzazione dei calciatori, di una certa varietà tattica, ma vanno considerate pure le infrastrutture all’avanguardia, i metodi di allenamento che ricercano il miglioramento globale del singolo calciatore e la tendenza a dare sempre spazio ai giovani, senza paura, senza compromessi. Sono tutti di elementi molto attrattivi, e infatti di recente diversi fondi stranieri si sono interessati ai club di Ligue 2. L’obiettivo, neanche troppo velato, è trasformarla nella “lega di sviluppo” per eccellenza, appena sotto la Ligue 1 – che a sua volta è un campionato fondato sulla valorizzazione dei giovani, e infatti il claim scelto dagli uomini-marketing della lega è “La Ligue des Talents”, e non c’è bisogno di traduzioni. Pochi mesi fa il Troyes è entrato a far parte del City Football Group; dal 2015 il Sochaux è di proprietà dei cinesi di Ledus dopo la fine della storica era Peugeot, così come cinese è anche la ORG Packaging che controlla l’Auxerre; il Tolosa, invece, appartiene alla holding americana RedBird Capital Partners. Quando tanti investimenti si concentrano in un solo luogo, anche se ampio e figurato, non è mai un caso.

La foto in apertura è tratta dal sito ufficiale del Toulouse FC