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Jannik Sinner ha dimostrato che è solo questione di tempo

La sconfitta contro Djokovic è una finestra aperta sul grande futuro del tennista italiano.

A un certo punto del quinto set della partita tra Novak Djokovic e Jannik Sinner, Paolo Bertolucci – impegnato nella telecronaca di Sky – si è lasciato andare a un commento rassegnato, ma evidentemente pregno di ammirazione: «Questo non sbaglia più». Quel questo era ovviamente riferito a Djokovic, e la frase per cui non sbaglia più era buttata lì per certificare una sensazione personale, ma era anche una rilevazione statistica fondata sui fatti, sui numeri, su ciò che stava accadendo sul campo verde del maestoso e aristocratico Centre Court di Wimbledon: soltanto nel primo set, Djokovic aveva commesso 12 errori non forzati, che poi sono diventati tre in tutto il terzo set; alla fine della partita Djokovic ne ha commessi 33 in tutto, contro i 41 totali di Sinner.

Ora tutto questo serve per dire che la sconfitta di Sinner, la rimonta subita quando era in vantaggio di due parziali, il dominio tecnico, fisico e mentale esercitato da Djokovic fin dall’inizio del terzo set, sono degli avvenimenti legati alla crescita incredibile del campione serbo nel corso del pomeriggio inglese, alla sua inarrivabile completezza tecnica, alla sua forza mentale sovrumana, alla sua capacità di leggere la partita e poi agire di conseguenza, di abbassare e poi alzare e poi tenere alto il ritmo del gioco, fino alla detonazione del quinto set. È un discorso di controllo e consapevolezza e supremazia assoluta che va avanti da anni: quella contro Sinner è addirittura la settima rimonta completata partendo da un parziale di zero set a due, la terza contro un avversario italiano – dopo quella contro Andreas Seppi nel Roland Garros di dieci anni fa e quella contro Lorenzo Musetti, sempre a Parigi, un anno fa. Non a caso Steve Tignor, uno dei più giornalisti di tennis più prestigiosi del mondo, ha scritto che «sembra assurdo, eppure Djokovic sta trasformando questo tipo di rimonte in una routine, e le fa pure sembrare spettacolari».

Il punto è tutto qui, se vogliamo guardare la partita dalla prospettiva di Sinner. Ed è un punto enorme: è servito che si manifestasse il Djokovic supereroe per vincere la partita, per riprendere e poi domare il quasi 21enne tennista italiano. Il dato sull’età di Sinner andava scritto e inserito in questa analisi, ha un peso importante, anzi decisivo, nel valutare questa sconfitta e quindi il suo tennis: quanti giocatori 21enni o più giovani, oggi, possono mettere in difficoltà Novak Djokovic? E quanti possono rubargli due set, per lo più sull’erba di Wimbledon? E non è solo una questione di punteggio, ma anche del modo con cui Sinner ha giocato – e vinto – i primi due set: oltre alla consueta condotta robotica, oltre ai suoi classici colpi esplosivi e angolatissimi, Jannik ha alternato smorzate dolcissime, discese a rete intelligenti – anche con volée non sempre decise e precise – e improvvisi servizi a uscire, tutti colpi spiazzanti che non erano nel suo menu tecnico e che ora invece ne fanno parte. Ma la cosa più sorprendente non è stata questa varietà nel gioco, piuttosto il fatto che abbia trovato il coraggio per fare queste variazioni sul centrale di Wimbledon, contro Djokovic. E che proprio in questo modo, un modo nuovo per lui, sia riuscito a sorprendere anche Djokovic, a governare la partita fin quando Novak ha giocato come se fosse un essere umano comune.

Dall’inizio del terzo set in poi, mentre Djokovic andava ricomponendosi e poi ha iniziato a incendiare e divorare il campo, Jannik Sinner non è scomparso. È calato un po’, certo, ma più che di calo si può parlare di eclissi: è come se Djokovic gli si fosse parato davanti e l’ha oscurato. Proprio come avviene in un’eclissi solare, però, alcuni raggi hanno continuato a manifestarsi, a farsi intravedere ai lati del cerchio nero. Un momento bello e iconico e anche tenero, in questo senso, è stato il sorriso di pura soddisfazione scappato a Jannik dopo un meraviglioso lob nel corso del terzo set, quando la partita si era già inclinata inesorabilmente verso Djokovic – il tabellone segnava 4-2 per Novak con servizio a suo favore – eppure lui è riuscito a giocare e vincere un punto magistrale, quasi di altri tempi, un punto fatto di discese a rete e smash e schiaffi in diagonale, un punto deciso con una smorzata e infine chiuso con un tocco di rovescio sinuoso e morbidissimo, controllato e intelligente. Con il colpo giusto nel momento giusto.

Per vedere il sorriso di Sinner dovete arrivare fino alla fine del video

Di Sinner e su Sinner, almeno finora, si sono dette tante cose. Per esempio che fosse maledettamente freddo e/o poco fantasioso e/o fisicamente inadatto e/o troppo poco efficace al servizio per poter vincere uno Slam. Il suo percorso e anche la fine del suo percorso a Wimbledon, però, hanno iniziato a confutare parte di queste tesi. Se non tutte. C’entra tanto il cambio di guida tecnica, un nuovo modo di allenarsi e quindi di approcciare il gioco, di rapportarsi con la racchetta, con la pallina, l’idea per cui il – grandissimo – lavoro fatto finora dovesse essere ampliato, che Sinner dovesse crescere fisicamente ma anche tecnicamente, che la meccanica del suo tennis dovesse diventare appunto meno meccanica, più fluida per non dire liquida.

Ora che questa trasformazione è iniziata, e ha già portato dei frutti, l’ipotesi sospesa per cui Sinner fosse condannato a diventare un grande giocatore è diventata qualcosa di più: una promessa abbastanza semplice da mantenere. Le vittorie contro Isner e – soprattutto – Alcaraz, le prime della sua carriera sull’erba, hanno detto che siamo di fronte a un giocatore di primissimo livello, a un campione destinato a prendersi la Top 5 e a mantenerla per diversi anni, in attesa che – Alcaraz a parte – si manifestino i grandi talenti della sua generazione. Anzi, proprio questo aspetto fa pensare che, subito dopo la fine di Djokovic e Nadal, anche vincere uno Slam sia un obiettivo del tutto realistico. Certo, resta da capire dove come succederà, ma soprattutto quando. Ma è solo questione di tempo, ed è stata la sconfitta contro Djokovic, il modo in cui è arrivata, a raccontarlo in maniera chiara, inequivocabile. Può sembrare un paradosso, ma non lo è.