L’accademia più grande del mondo

Si chiama Aspire Academy e l'hanno voluta gli sceicchi del Qatar: un vivaio che attinge da tutto il mondo e con una piccola squadra satellite, l'Eupen

Si chiama Football Dreams ed è il più imponente progetto calcistico-formativo mai visto prima. I numeri, innanzitutto: 4 milioni di ragazzi, provenienti da 17 paesi, visionati dal 2007 al 2009, 150mila partite disputate in 800 diversi impianti sportivi, una macchina organizzativa il cui funzionamento è stato reso possibile dall’operato di oltre 6mila volontari. E al centro di tutto c’è uno degli stati più ricchi del pianeta, il Qatar, dove nel 2004 lo sceicco Jassim bin Hamad al Thani ha fondato la Aspire Academy, un vivaio deluxe destinato a forgiare gli atleti del domani. I soldi li hanno messi gli sceicchi, il know-how commerciale la Global Sport Marketing dell’ex presidente del Barcellona Sandro Rosell, in collaborazione con Nike, mentre l’aspetto tecnico-organizzativo è stato affidato a Josep Colomer, l’ex scout del Barca al quale si deve la scoperta di un certo Leo Messi. Al suo fianco c’è Andreas Bleicher, già nel comitato olimpico tedesco.

Il progetto Football Dreams ha visto la luce nel 2007 attraverso un meticoloso e tentacolare progetto di setacciamento di giovani talenti calcistici lungo tutto il continente africano. Vari livelli di provini, partitelle, test, e per i migliori il premio finale è stato un biglietto per Doha, sede dell’Aspire Academy, oppure per Dakar, dove dal 2008 è attiva una filiale. Il calcio come fuga dalla povertà, dicono in Qatar sottolineando la valenza umanitaria del progetto. La costruzione di una nazionale di naturalizzati con vista sul Mondiale del 2022, replicano i detrattori. Quello che il Qatar si è assicurato con metodi alquanto discutibili, e al cui appuntamento – il primo in assoluto per la propria Nazionale – non intende presentarsi impreparato. Costi quel che costi. Dubbi legittimi, dal momento che in passato il Qatar non si è mai formalizzato di fronte a un passaporto, facendo gareggiare sotto la propria bandiera sportivi keniani (accadde nella corsa ad ostacoli), bulgari (lancio del peso), cinesi (scacchi), serbi e spagnoli (pallamano). È ancora fresco il ricordo dell’ultimo mondiale di pallamano, dove 13 dei 17 giocatori della nazionale mediorientale erano europei, “comprati” con una paga mensile di 30mila euro e premi partita di 1 milione a persona per ogni incontro vinto. Appare pertanto legittimo chiedersi se il sogno che da il nome al progetto della Aspire Academy sia quello dei ragazzi di questa esclusiva scuola calcio, o piuttosto quello degli organizzatori.

Local Children Participate In Football Programs at ASPIRE Academy for Sports Excellence

Dal 2013 la Aspire Academy possiede un proprio club in Europa. Lo ha preteso Colomer. Dopo anni di formazione spesi a Doha (o a Dakar), questi atleti formati giorno dopo giorno fin da ragazzini (al momento dell’ingresso in Accademia l’età media era di 12 anni, ma tra i nativi del Qatar questa si abbassa a 6-8 anni) necessitavano un’esperienza vera, e questa non poteva che avvenire nel continente che avrebbe rappresentato lo sbocco naturale delle proprie carriere, ovvero quello europeo. Un club di proprietà avrebbe permesso alla Aspire di mantenere il controllo su questi giocatori anche una volta iniziata la loro carriera professionistica. Ecco quindi l’ultima fase del progetto: l’esperienza sul campo. La scelta è caduta sul KAS (Königliche Allgemeine Sportvereinigung) Eupen, club dell’omonima cittadina che rappresenta il centro amministrativo della comunità germanofona belga (71mila abitanti quasi al 100% di lingua tedesca) sita nella Vallonia orientale. Una squadra povera di storia ma ricca di debiti, e quando esponenti della famiglia reale del Qatar si sono presentati nella sede dell’Eupen con una proposta di 4 milioni di euro, sufficienti a estinguere tutte le pendenze ed a garantire una dignitosa buonuscita ai proprietari, l’affare si è chiuso senza particolari intoppi. La scelta è caduta sul Belgio, paese UE piuttosto morbido in tema di cittadinanza, visto che per ottenerla basta risiedere per tre anni nel paese. Inoltre, un giocatore comunitario ha molte più possibilità di trovare un ingaggio in un grande campionato europeo. «Eravamo indecisi tra Belgio e Portogallo», afferma Bleicher, «e alla fine abbiamo optato per il primo anche per ragioni linguistiche, visto che molti nostri giocatori africani parlano il francese. Perché Eupen? La tranquillità che offre una cittadina di provincia è fondamentale per il nostro progetto. Prendete dei ragazzini di 17-18 anni, lasciateli soli a Bruxelles e….tanti auguri».

«Non vogliamo che l’Eupen vinca la Champions League. Vogliamo diventare il miglior vivaio del mondo»

Kevin Kis è un difensore belga di modesta qualità, ma nella B del proprio Paese riusciva a sfangarla. «Poi un giorno», ricorda, «arrivò la notizia che eravamo stati comprati da un gruppo del Qatar. Si presentò da noi Colomer e organizzò una serie di colloqui individuali. Ci disse che dal Medio Oriente stavano arrivando una quindicina di giocatori, che si allenavano con loro da quando erano ragazzini. Tra le righe si capiva che i nostri giorni all’Eupen erano contati. Venne cambiato completamente lo staff tecnico, il nuovo allenatore era uno spagnolo. Dopo sei mesi io e diversi miei compagni di gioco ci trovammo in panchina; i nuovi si erano ambientati, toccava a loro. A fine stagione non ci rinnovarono il contratto». Nelle ultime due stagioni l’Eupen ha sfiorato due volte la promozione in Jupiler Pro League, ma ha sempre dovuto arrendersi ai play-off, che per la B belga prevedono un girone all’italiana a quattro comprendente seconda, terza e quarta classificata del torneo (la prima sale direttamente), più la vincente del play-out tra penultime e ultima di A. In casa Aspire però nessuno ha fatto una piega. «Sinceramente la nostra strategia», commenta Bleicher, «non dipende dal risultato di una partita o di una stagione. Non vogliamo che l’Eupen vinca la Champions League, a noi interessa costituire il trampolino di lancio per i nostri giocatori verso una carriera di alto livello. Vogliamo diventare il miglior vivaio del mondo».

L’Aspire Academy contro il Milan Under 17 nella Al Kass International Cup dello scorso febbraio

L’Eupen made in Qatar è un libro che racconta tante storie. C’è chi ce l’ha fatta, come Diawandou Diagne, ex capitano del club belga nonché primo giocatore portato in Europa dall’Aspire, che la scorsa estate ha firmato un contratto con il Barcellona B e che, secondo Colomer, nel giro di un paio di stagioni potrebbe arrivare in prima squadra. Oppure come il difensore Ibrahim Diallo, ceduto al Valencia. C‘è chi invece se n’è già andato, come il centrocampista ghanese, Hamza Zakari, che oggi sbarca il lunario in Islanda. «La Aspire? Certo, ti dà tutto, ti mantiene per anni nella propria accademia formandoti come giocatore e regalandoti una chance in Europa, ma in cambio ti chiede tanto. Ad esempio, ti vieta di firmare un contratto con un procuratore che non sia Lamine Savane. Quest’ultimo gestisce tutti i giocatori dell’Aspire, e al sottoscritto è sempre sembrato un controsenso, visto che sotto un certo punto di vista io e i miei compagni di Accademia siamo in concorrenza per un posto da titolare, e mi chiedo come possa un unico agente operare al meglio per tutti i suoi clienti».

Local Children Participate In Football Programs at ASPIRE Academy for Sports Excellence

La maggior parte dei giocatori queste domande non se le pone. «Ho lavorato duramente per arrivare fin qui», racconta il difensore Stephen Babalola, «mi è stata concessa un’opportunità e intendo sfruttarla al meglio». Aveva 12 anni quando, in Costa d’Avorio, ha partecipato al primo provino della Aspire. «C’erano pubblicità in continuazione, alla radio e alla tv, e auto con gli altoparlanti che giravano tutto il giorno annunciando data, luogo e ora della selezione. Al campo trovavi di tutto: palloni, maglie, scarpe dal calcio. I migliori sarebbero volati in Qatar. Mi chiesero se mi sentivo troppo giovane per un’esperienza simile. Risposi: signore, questa è l’Africa, il calcio è la mia vita e questa è la mia possibilità per realizzare ciò che desidero». Migliaia di ragazzi, venti selezionati. Tra questi c’era Babalola. «Giocammo una partita da quaranta minuti, venti per tempo. Mi dissero che ero stato preso. Poi i signori della Aspire si recarono con il loro mega SUV a casa dei miei genitori e gli mostrarono un dvd: un hotel di lusso, campi da calcio ovunque, infrastrutture all’avanguardia. Suo figlio vivrà qui, gli dissero. Loro mi chiesero cosa intendevo fare, e non ci fu bisogno di rispondere».

Ma i test non erano ancora finiti. Qualche mese dopo Babalola e gli altri 19 prescelti dovettero sostenere un secondo stage a Dakar, dal quale sarebbero stati selezionati solo i due migliori. Oggi tra la dozzina abbondante di arabi e africani dell’Eupen c’è anche lui. «Non mi considero arrivato. Qui di soldi non ne girano tanti (gli stranieri dell’Eupen percepiscono il salario minimo stabilito dalla normativa belga per i giocatori extracomunitari, ovvero 77mila euro annui, nda), solo il necessario per vivere. Una parte dello stipendio la Aspire la trattiene per l’affitto dell’appartamento, con il resto ci pago scuola, vestita, biglietti dell’autobus e cibo. A Doha avevamo la mensa, qui dobbiamo arrangiarci. Al nostro arrivo la Aspire ha arruolato uno chef e organizzato un corso per insegnarci a cucinare».

Eupen a parte, la Aspire ha già raggiunto risultati importanti a livello giovanile. Nel 2011 la selezione under-17 mediorientale, denominata proprio Aspire Academy, distrusse 5-1 i pari età del Manchester United nella finale della Milk Cup, uno dei tornei giovanili più importanti a livello europeo – Giggs, Scholes, Rooney, Falcao, Busquets sono alcuni dei nomi illustri transitati nella competizione organizzata in Irlanda del Nord. Nel 2014 la Aspire International (selezione che raggruppa solo i giocatori africani del progetto Football Dreams) ha vinto la Al Kass International Cup, torneo under 16 organizzato in Qatar, superando in finale il Real Madrid. Lo stesso anno il Qatar under 19 si è laureato per la prima volta nella storia campione d’Asia di categoria, qualificandosi al Mondiale dell’anno successivo in Nuova Zelanda. Tutti i giocatori della rosa provenivano dalla Aspire Academy.

 

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