I Laptop Trainer e la nuova scuola tedesca

Da Tuchel a Klopp, ma anche Schmidt, Schubert e Nagelsmann: la nuova onda di tecnici figlia della rivoluzione della Federcalcio tedesca.

L’inizio della storia ricorda Noi uomini duri, reperto archeologico risalente al 1987 di un genere – la commedia all’italiana – da tempo estinto. La differenza è che al posto di Renato Pozzetto ed Enrico Montesano c’è uno sconosciuto allenatore tedesco di nome David Wagner, e che tutta la vicenda è estremamente seria. Un’isoletta al largo delle coste svedesi, grande poco meno di un campo da calcio e priva di ogni comfort moderno: elettricità, bagni, letti. Chi aveva fame si recava al fiume e pescare, chi aveva freddo provava ad accendersi un fuoco. Il pre-season dell’Huddersfield Town è iniziato così, con quattro giorni nella wilderness estrema, per un’esperienza che secondo il neo-allenatore dei Terriers, Wagner appunto, avrebbe permesso ai giocatori – tredici dei quali appena arrivati dal mercato estivo – di conoscersi l’uno con l’altro nel più rapido tempo possibile. «Quando trascorri quattro giorni ininterrottamente con le stesse persone in un fazzoletto di terra», ha dichiarato Wagner al Guardian, «passando ore su una canoa e dormendo in tenda, impari a parlare con il tuo compagno e a conoscerlo». Concetto quest’ultimo fondamentale nell’idea di calcio di questo 44enne tedesco, perché la conoscenza del proprio collega fuori dall’ambito lavorativo – in questo caso il rettangolo di gioco – favorisce la cooperazione tra le parti in condizioni difficili.

David Wagner rappresenta il lato più radicale di una nuova generazione di tecnici tedeschi conosciuta con il nome di Laptop Trainer, allenatori da portatile, denominazione coniata da Mehmet Scholl con valenza negativa per definire un coach privo di esperienza non solo in panchina ma anche in campo, tuttavia trasformatasi nel giro di breve tempo in sinonimo di allenatore innovativo, brillante, ambizioso e dall’approccio interdisciplinare. In principio ci furono Joachim Löw e (soprattutto) Jürgen Klopp, oggi si può parlare di vero e proprio movimento. Non è una scuola, perché ciascuno adotta approcci tecnici e metodologici differenti. Tutti però, da Thomas Tuchel (Borussia Dortmund) a Roger Schmidt (Bayer Leverkusen), da André Schubert (Borussia Mönchengladbach) a Julian Nagelsmann (Hoffenheim), dallo svizzero-tedesco Martin Schimdt (Mainz) a Christian Streich (Friburgo) fino al citato Wagner, sono accomunati dallo scarso, o talvolta nullo, passato calcistico, nonché da un attitudine tendente a rielaborare certi principi sacri del calcio, su tutti quello legato al modulo di gioco, in una chiave più fluida e moderna.

HUDDERSFIELD, ENGLAND - JULY 20: David Wagner (R) manager of Huddersfield Town greets Juergen Klopp manager of Liverpool prior the Pre-Season Friendly match between Huddersfield Town and Liverpool at the Galpharm Stadium on July 20, 2016 in Huddersfield, England. (Photo by Nigel Roddis/Getty Images)
David Wagner e Jurgen Klopp si salutano prima dell’amichevole tra Huddersfield Town e Liverpool dello scorso luglio (Nigel Roddis/Getty Images)

Wagner, per chiudere la parentesi inglese, si è laureato nel 2007 in biologia e scienza dello sport all’Università di Darmstadt, dopo aver chiuso due anni prima una modestissima carriera da calciatore nel Mainz, dove aveva come compagno di squadra Klopp. Fu proprio l’attuale tecnico del Liverpool a insistere affinché si iscrivesse al corso di allenatore, e Wagner deve allo stesso Klopp il rientro nel giro nel 2011 – dopo aver abbandonato il calcio per tornare allo studio – in qualità di allenatore del Borussia Dortmund under 19. Oggi l’Huddersfield Town, 19esimo la scorsa stagione nel Championship, veleggia nelle prime posizioni, e al debutto casalingo in campionato lo scorso agosto ha fatto registrare il più alto numero di spettatori degli ultimi 46 anni. Dietro alla bizzarria del metodo-sopravvivenza si cela quindi tanta sostanza.

Nell’attuale Bundesliga, otto dei dodici allenatori tedeschi in carica non hanno mai disputato un solo minuto nel massimo torneo del loro paese. Sei di questi non sono mai stati professionisti, un numero che si alza a sette includendo anche lo svizzero Schmidt. Undici allenatori su diciotto non hanno mai indossato la maglia della Nazionale e, tra i tedeschi, solamente Dirk Schuster dell’Augsburg e Norbert Meier del Darmstadt 98 possono vantare presenze (23 complessive) con la Mannschaft. Infine, tre dei quattro club impegnati in Champions League sono guidati da tecnici mai arrivati, da giocatori, in Bundesliga, e di conseguenza a completo di digiuno di match internazionali. Tuchel e Schimdt si sono fermati in seconda divisione, mentre Schubert ha speso l’intera carriera tra i dilettanti. Scendendo invece un gradino più in basso, ecco la nobile decaduta Stoccarda affidarsi, a partire dallo scorso 20 settembre, al 35enne Hannes Wolf, ennesimo tecnico che quando indossava gli scarpini poteva guardare la Bundes solo nei notiziari della sera, nonché privo di qualsiasi esperienza in panchina che non riguardasse i settori giovanili, ambito nel quale oltretutto ha fatto bene, vincendo nel 2014 e nel 2015 il campionato nazionale under 17, e nel 2016 quello under 19. Le baby-squadre allenate? Facile, quelle del Borussia Dortmund, con tanti ringraziamenti all’onnipresente Herr Klopp.

Dortmund's head coach Thomas Tuchel attends a training session at Alvalade stadium in Lisbon on October 17, 2016, on the eve of the UEFA Champions League group F football match Sporting CP vs Borussia Dortmund. / AFP / PATRICIA DE MELO MOREIRA (Photo credit should read PATRICIA DE MELO MOREIRA/AFP/Getty Images)
Thomas Tuchel durante una sessione d’allenamento del Borussia Dortmund prima della gara di Champions League contro lo Sporting Lisbona (Patricia De Melo Moreira/Afp/Getty Images)

Tuchel e Nagelsmann hanno studiato economia aziendale, Schubert scienze motorie e germanistica, Roger Schmidt era un ingegnere automobilistico, Martin Schmidt – ritiratosi dall’attività pro dopo il settimo infortunio al crociato – lavorava come meccanico in un team di corse e faceva il maestro di sci. L’ascesa di questi Laptop Trainer, provenienti dalle più svariate esperienze, è tutt’altro che frutto del caso, ma risale all’ormai noto – in quanto citato e ripetuto in mille modi dopo la vittoria della Germania al Mondiale 2014 – progetto di ristrutturazione operato dalla Dfb, la Federcalcio tedesca, all’indomani della finale di Coppa del Mondo persa dalla Mannschaft nel 2002. Riassumendo per sommi capi: la Dfb ha investito circa 800 milioni di euro nel settore giovanile, imponendo ai club staff tecnici professionali (tutti i vivai dovevano obbligatoriamente annoverare nel proprio staff un numero minimo di allenatori con patentino B, uno psicologo sportivo, un medico e un fisioterapista), strutture di alto livello (obbligatorio un centro medico con sauna, area massaggi e fitness) e “quote” a favore dei talenti locali, unendo il tutto con una filosofia formativa in completa rottura con il passato, nel quale atletismo e forza fisica prevalevano su tecnica e poliedricità dei giocatore.

Le quasi 400 scuole calcio disseminate nel paese e gestite da allenatori in possesso di regolare patentino della Dfb si avvalevano della collaborazione di psicologi dello sport, fisioterapisti, medici e neuro-scienziati. L’importanza dello sviluppo di questo know-how tecnico, elemento imprescindibile nel processo di costruzione della generazione d’oro dei vari Neuer, Özil, Khedira, Hummels e Jerome Boateng, tutti passati dal titolo Europeo under 21 del 2009 a quello Mondiale della Nazionale maggiore a Rio, è stato raccontato da Schubert a 11 Freunde. Nel 2002 l’attuale tecnico del Borussia Mönchengladbach lavorava come coordinatore della attività calcistiche federali nell’Assia e allenava gli under 15. «Un’esperienza fantastica ed estremamente formativa», ha detto Schubert. «Guardavo le partite di Champions e Bundesliga con ex Nazionali quali Hansi Flick e Horst Hrubesch, si discuteva di calcio a getto continuo, ci si confrontava con gli altri tecnici. Questo ha cambiato la visione sul calcio, ho abbandonato l’ossessione che avevo per gli schemi, focalizzandomi sui principi base: come voglio che giochino le mie squadre? Come posso costruire la mia idea di gioco? Chi passa la palla a chi, e quando? Che movimento deve fare un giocatore in una determinata fase? Partendo da qui, il modulo è diventato un problema secondario». Nella scorsa stagione di Bundesliga, Schubert è stato l’unico allenatore a non essere stato sconfitto dal Bayern Monaco di Pep Guardiola.

Moenchengladbach's head coach Andre Schubert plays the ball during a training session on the eve of the Group D, second-leg UEFA Champions League football match Borussia Moenchengladbach vs Juventus in Moenchengladbach, western Germany on November 2, 2015. AFP PHOTO / PATRIK STOLLARZ (Photo credit should read PATRIK STOLLARZ/AFP/Getty Images)
Andre Schubert durante una sessione di allenamento prima della sfida di Champions League contro la Juventus, valida per il girone D della Champions League 2015. (Patrik Stollarz/Afp/Getty Images)

Un paio di mesi prima del successo tedesco in Brasile, l’Arsenal ingaggiava l’olandese Andries Jonker in qualità di capo del proprio settore giovanile. Non si stava parlando di un Barnet qualsiasi, ma di una delle società inglesi di punta a livello di valorizzazione dei giovani, nonché di blasone. I Gunners avevano scelto Jonker, uno dei tanti personaggi del pianeta calcio abituati a lavorare sottotraccia, per riprodurre a Londra il modello Bayern Monaco. Jonker era stato assistente di Louis van Gaal prima nel Barcellona e poi nel Bayern Monaco, quindi aveva lasciato la Baviera per andare a gestire il vivaio del Wolfsburg, riprogrammato a immagine e somiglianza di quello del Bayern. Attraverso Jonker, tuttora Head of Academy dei Gunners, l’Arsenal ha fornito il miglior endorsement possibile alla struttura del sistema giovanile del Bayern Monaco e, di riflesso, all’intero progetto messo in atto dalla Dfb.

Se la raccolta e l’elaborazione di dati sportivi sono diventati ormai una prassi – nella Nazionale tedesca l’uso del computer fu introdotto da Jürgen Klinsmann, per un ruolo di staff poi ampliato durante la gestione Löw da uno a tre elementi – oggi in Germania esistono veri e propri corsi di tattica calcistica. Nel 2015 la Sporthochschule di Colonia ha inaugurato un master biennale in analisi del gioco, al quale hanno partecipato diversi club. La scuola più rinomata rimane però la Hennes-Weisweiler-Academy, con sede a Bonn e attiva fin dal 1947. Da lì è uscito nel 2011 con il titolo di Fuβall-Lehrer Roger Schimdt, il quale, come ricordato, aveva una formazione in ingegneria meccanica e si dilettava nel tempo di libero ad allenare tra i dilettanti. A differenza di altri paesi, in Germania anche chi non è in possesso di alcun patentino federale può iscriversi ad una scuola come la Hennes-Weisweiler-Academy, dove le classi vengono formate in base alle capacità e al (potenziale) talento, e dove ogni anno gli ottanta migliori studenti accedono a un mini-stage di tre giorni che prevede test e prove sul campo. Per ventiquattro di essi  il percorso si conclude con la nomina di Fuβall-Lehrer. Nella classe di Roger Schmidt c’erano Markus Weinzierl (l’uomo che ha portato l’Augsburg per la prima volta in Europa, e oggi attuale tecnico dello Schalke 04), Markus Gisdol e Thomas Schneider, quest’ultimo attuale vice di Löw.

La variante di Gegenpressing attuato dal Bayer Leverkusen di Roger Schmidt. Non è un caso che Guardiola abbia definito il Bayer “una delle migliori squadre del mondo”.

Se Roger Schmidt si è guadagnato la chiamata del Bayer Leverkusen facendo rimanere a bocca aperta gli osservatori più attenti con il Red Bull Salisburgo, altri sono passati direttamente dal vivaio alla prima squadra, senza alcuna esperienza intermedia. E’ il caso di Streich, 15 anni tecnico delle giovanili del Friburgo, dal 2011 head coach capace di portare i rossoneri a uno straordinario quinto posto finale in Bundesliga, e titolare di un credito tale presso dirigenza e tifosi da essere rimasto anche dopo la retrocessione in Zweite Liga, campionato peraltro immediatamente vinto. Zero anche l’esperienza di Nagelsmann, ennesimo prodotto della Hennes-Weisweiler-Academy diventato la scorsa stagione allenatore dell’Hoffenheim all’età di 28 anni (e a 26 aveva vinto il titolo nazionale con l’under 19), la cui filosofia fluida («il modulo fisso», ha detto,«è un qualcosa di estremamente rischioso che si può permettere solo il Barcellona») ha condotto nel giro di un anno il club di Sinsheim dal pantano della zona retrocessione alle vette della zona Europa. Infine Martin Schmidt, ennesima scommessa vinta del semi-sconosciuto genio di Christian Heidel.

Mainz' Swiss head coach Martin Schmidt reacts during the German first division Bundesliga football match of Borussia Dortmund vs FSV Mainz 05 in Dortmund, western Germany, on August 27, 2016. / AFP / PATRIK STOLLARZ / RESTRICTIONS: DURING MATCH TIME: DFL RULES TO LIMIT THE ONLINE USAGE TO 15 PICTURES PER MATCH AND FORBID IMAGE SEQUENCES TO SIMULATE VIDEO. == RESTRICTED TO EDITORIAL USE == FOR FURTHER QUERIES PLEASE CONTACT DFL DIRECTLY AT + 49 69 650050 (Photo credit should read PATRIK STOLLARZ/AFP/Getty Images)
Martin Schmidt durante la gara di Bundesliga tra Borussia Dortmund e Mainz 05 (Patrik Stollarz/Afp/Getty Images)

Prima di diventare direttore tecnico dello Schalke 04, Heidel ha lavorato venticinque anni nel Mainz, dando fiducia a tecnici dall’esperienza pressoché nulla come Klopp (passato senza battere ciglio dal campo – dove giocava come difensore – alla panchina in quanto – Heidel dixit – «perfetto per intelligenza, carisma e oratoria»), Tuchel e, appunto, Schmidt. Più volte Heidel ha ripetuto che l’esperienza è una delle componenti più sopravvalutate nel calcio. Per lui contano le idee. Da direttore tecnico arrivò a licenziare tutti gli scout a causa della carenza di proposte riguardanti giocatori adeguati alla filosofia del Mainz, ovvero – come detto recentemente da Schmidt – «gente abituata a correre, a lottare, a giocare con e per gli altri, visto che il possesso palla lo lasciamo volentieri alle squadre più tecniche». Gli allenamenti di Tuchel prevedono partite undici contro undici in un campo di sedici metri, oppure altre nelle quali i difensori tengono in mano palline da tennis per non potersi aggrappare alle maglie degli avversari. Neven Subotic ha ammesso che all’inizio i giocatori del Borussia Dortmund erano disorientati dai metodi di Tuchel. «Ci sembrava non avessero niente a che vedere con il calcio, ma poi ne abbiamo compreso l’efficacia. Le idee del tecnico sono in continua evoluzione, e questo è molto stimolante». Intelligenza, innovazione, competenza, comunicazione. In quattro parole, Laptop Trainer.

 

Nell’immagine in evidenza, l’allenatore del Bayer Leverkusen Roger Schmidt (Sebastien Bozon/AFP/Getty Images)