Colpaccio

Quale è stato l'acquisto migliore dell'estate? Il parere di sette firme.

È stata l’estate del calciomercato per eccellenza: sbriciolati tutti i record, con Neymar, Mbappé e Dembélé che, in una sola sessione, si sono presi il podio dei trasferimenti più costosi di sempre. È stato perciò anche un mercato di grandi cambiamenti, con giocatori importanti che hanno indossato una nuova maglia, o squadre, vedi il Milan, che sono tornate a guardare a se stesse con enormi ambizioni. Come ogni mercato, però, non è detto che il colpo più costoso, o quello più a sensazione, sia anche la miglior operazione possibile: per questo, sette firme hanno scelto il loro personale acquisto preferito, in base a prospettive e integrazione nel contesto della rosa.

Mohamed Salah

Perfect fit. Sono le due parole più utilizzate dagli opinionisti inglesi per commentare l’approdo di Mohamed Salah al Liverpool. L’attaccante egiziano nella squadra di Jürgen Klopp ci sta a pennello. La pensano così anche Michael Owen, John Arne Riise, Luis Garcia, Craig Bellamy: giocatori che hanno indossato la maglia dei Reds proprio negli anni in cui il piccolo Momo li controllava con il joypad della Playstation, innamorandosi della squadra di Anfield. Lo scorso anno a Roma, tra gol, assist e rigori procurati, Salah ha contribuito a una realizzazione ogni 94 minuti. A Liverpool non può più beneficiare delle sponde di Džeko, ma i movimenti di Firmino gli liberano spazi in cui lanciarsi alla massima velocità e andare alla conclusione (nell’ultima Serie A ha convertito il 18,8% dei suoi tiri). Il suo modo diretto e senza fronzoli di attaccare ben si sposa con il calcio verticale di Klopp e con quelle fasi di entropia tattica che non mancano quasi mai nelle partite di Premier League. Con Salah, Firmino, Mané e adesso Oxlade-Chamberlain, l’allenatore tedesco può disporre di una 4×100 da scatenare in campo aperto. E anche nel recupero alto del pallone l’egiziano può dire la sua. Salah non è il calciatore più forte ad aver cambiato maglia in estate, ma il suo matrimonio col Liverpool (alla cifra di 42 milioni di euro) è uno dei più promettenti d’Europa. Venticinque anni, il meglio della carriera davanti e una squadra perfetta per viverla. (Giacomo Detomaso)

Dopo un’ora di gioco, chi non correrebbe da area ad area senza farsi raggiungere da nessuno?

Rodrigo Bentancur

Il pallone mi piace tutto ma, in quanto a gusti calcistici, ne ho tre che guidano la mia passione e che arrivano prima di tutto il resto: la Juventus, i giocatori giovani e quelli eleganti. È anche per queste ragioni, al di là dell’obiettività, che per me il colpo di questo calciomercato è Rodrigo Bentancur: giovane, elegante e juventino, appunto. Classe 1997, eletto nel 2015 dal quotidiano Clarín rivelazione del campionato argentino 2015 – nell’anno del suo esordio in prima squadra nel Boca Juniors, e già questo dice molto sulle potenzialità del giovane uruguaiano – Bentancur entra nell’orbita Juve, con un diritto di opzione all’acquisto esercitato questa primavera, come contropartita nel ritorno di Tèvez in Argentina, proprio alla fine di quella stagione. Scommetto su Rodrigo – di cui Allegri e Marotta, dopo averlo visto a luglio e agosto, hanno già detto che sarà una delle rivelazioni della stagione (e alla Juve questi attestati di stima estivi con nomi e cognomi non sono la regola) – per tifo ma anche per una serie di motivi più razionali: è un centrocampista completo, capace di dettare i tempi di gioco, fare la mezzala e volendo il trequartista. Questo potrebbe concedergli più minutaggio e visibilità del previsto. Più tecnico che fisico (qualche muscolo deve metterlo su, dicono alcuni addetti ai lavori alla ricerca di un punto debole), rischia di diventare rapidamente il jolly in mezzo al campo che Allegri cerca da un paio di stagioni senza la pressione di doverlo diventare a tutti i costi. E in più con compagni di reparto del calibro di Khedira, Matuidi, Marchisio e e Pjanic, in grado di tutelarne i tempi maturazione tecnica e tattica al riparo da svarioni visibili e clamorosi. A questo aggiungiamo che i colpi migliori della gestione Agnelli-Marotta-Paratici sono spesso arrivati da dove nessuno all’inizio guardava con particolare attenzione e senza esborsi economici gravosi. Vidal e Pogba, per rimanere in quella zona di campo, sono arrivati alla Juve che non erano Vidal e Pogba, senza titoloni, con contratti più che normali, per dire. E oggi sono Vidal e Pogba. Anche per questo dico Bentancur. (Federico Sarica)

C’è anche qualcosa di Kaká in questa ripartenza

Alvaro Morata

Giorgio Chiellini, che con uno ha giocato e dall’altro è stato allenato, non ha dubbi: «Morata è un giocatore eccezionale con tanti margini di miglioramento: segna in tutti i modi, lavorare con Conte lo aiuterà. Vale i soldi che hanno speso per lui». Alla soglia dei 25 anni, Alvaro Morata deve decidere cosa fare da grande: dopo una carriera da “supersub” (58 reti e 23 assist da professionista in appena 72 partite su 126 disputate dal primo minuto) per la prima volta si ritrova titolare al centro dell’attacco di una grande squadra come il Chelsea, in un campionato che sembra adatto ad esaltarne le caratteristiche in campo aperto. Le prime uscite in maglia blue hanno confermato la bontà della scelta di Conte: due gol, altrettanti assist e cinque occasioni create nelle prime tre giornate, unico giocatore insieme a Firmino con simili numeri dopo appena 270’. Permane la latente idiosincrasia nel riuscire ad esprimersi in un contesto di squadra organico e codificato, ma nessuno meglio del tecnico leccese potrebbe riuscire a incanalare il suo sicuro talento nei giusti binari dell’esaltazione del collettivo. E, a quel punto, gli 85 milioni di euro spesi per strapparlo al Real Madrid non sarebbero poi considerati una follia. (Claudio Pellecchia)

Un assist. Di testa. All’indietro

Borja Valero

Sarà che in questa estate di mercato folle, con i prezzi gonfiati e giocatori sopravvalutati, noi interisti abbiamo dovuto mandare a memoria la parola “funzionale”; oppure sarà perché adoro definire Borja Valero un giocatore più “raro” che forte. Un uomo adatto a dettare i tempi di gioco, dare fluidità alle azioni e, in una sola parola moltiplicarle. Dopo aver visto un centrocampo reggersi su Medel, Kondogbia e Felipe Melo, non mi sembra vero poter assistere allo spettacolo mai troppo santificato di un giocatore in grado di lanciare i compagni prima con lo sguardo, poi con il piede. Una testa ben riconoscibile nel mucchio, il porto sicuro del pallone, un giocatore non moderno ma senza tempo, di quelli che avrebbero potuto giocare anche negli anni ’70 o ’80, ma che stanno benissimo nel calcio odierno. Che l’Inter non avrebbe comprato giocatori affermati, era chiaro fin dall’inizio. Chi si era illuso sui nomi di Di María o dello stesso Bonucci ha dovuto ripiegare sull’acquisto sostenibile, ponderato e razionale. Del criterio di necessità spallettiano Borja è simbolo ed effige, l’hombre normal che ha perso il treno di una carriera ad altissimi livelli, ma non la volontà di lasciare il segno sulla nostra serie A. Prima ancora che un ottimo volante, lo spagnolo è uomo di spessore. Non una bandiera alla Francesco Totti, sia chiaro, dal momento che quella nerazzurra è la sua sesta maglia, ma comunque uno capace di tatuarsi le coordinate geografiche di Firenze e di scrivere una lettera bellissima ai tifosi viola. È attraverso uomini come lui che si cambiano le squadre: poco meno di dieci milioni per un giocatore di queste qualità tecniche e umane, nell’estate delle vacche grasse (per gli altri) e di quelle magre (per l’Inter) mi sembrano il miglior affare possibile. (Cristiano Carriero)

Come bere un bicchier d’acqua

Nemanja Matic

L’acquisto maggiormente proporzionato tra funzionalità, esborso e tempismo lo ha piazzato il Manchester United ingaggiando Nemanja Matic. Quello del serbo non è esattamente il genere di profilo in grado di infiammare una tifoseria, ma ci sono varie componenti all’interno del caso che lasciano pensare ad un colpo davvero sottovalutato. Il nuovo mediano di Mourinho è stato un elemento fondamentale nella cavalcata del Chelsea della scorsa stagione, e nessuno ha mai messo in dubbio la sua centralità nell’economia del centrocampo. Con il trasferimento a Manchester sono cambiati leggermente i suoi compiti sul campo: oggi Matic non si occupa più della sola zona di centro-sinistra della linea mediana, ma della linea nella sua interezza. Sebbene non abbia giocato abbastanza gare con la nuova maglia per avanzare giudizi completi, i dati che abbiamo oggi ci dicono che il serbo tende ad essere più nel vivo del gioco rispetto al passato (75 passaggi di media attuali contro i 53 della scorsa stagione); un incremento che, se confermato e abbinato alla solidità difensiva che è in grado di garantire, lo renderebbe ancora più prezioso. Matic è oggi l’equilibratore perfetto per il centrocampo di Mourinho, il giocatore ideale per assecondare Pogba e, secondariamente, lo sviluppo di un gioco gradevole. (Simone Torricini)

L’azione del Manchester riparte così, da Matic, arrivando a Rashford

Davy Klaassen

La partenza di Romelu Lukaku come un’opportunità per tutti. Secondo i calcoli di Ronald Koeman, l’Everton di quest’anno, per migliorarsi, dovrà diventare una cooperativa del gol. Proprio il tecnico olandese ha spiegato come la dipendenza dalla vena realizzativa di un solo giocatore possa limitare le ambizioni di un club: «Abbiamo bisogno di 3 o 4 giocatori che segnino tra i 10 e i 12 gol ciascuno: è l’unico modo per recitare un ruolo da protagonisti in Premier League». Se 25 sono state le segnature del centravanti belga nella passata stagione, a seguirlo, staccato, in graduatoria c’è Ross Barkley, autore di 5 reti. Chi allora meglio di Davy Klaassen può offrire garanzie a Koeman? Il tecnico olandese sembra orientato a proseguire con la difesa a 3, alternando il doppio trequartista dietro a un’unica punta a un più prudente 3-5-2. Klaassen infatti possiede le caratteristiche del numero 10 ed è particolarmente efficace nel ruolo mezzala, sia partendo dal centrosinistra che dal centrodestra. Cuce il gioco con passaggi spesso illuminanti (9 gli assist vincenti forniti nella scorsa Eredivisie) e sa trovare perfettamente la posizione tra centrocampo e difesa dell’avversario per ricevere la palla. Sembra un veterano ma ha solo 24 anni. Con la sua comprovata capacità di comprendere gli sviluppi dell’azione e inserirsi con i tempi giusti, potrà dimostrarsi un ottimo alleato, assieme a Sigurdsson, della coppia Rooney-Sandro Ramírez. Costato 27 milioni di euro, porta in dote 55 gol segnati con la maglia dell’Ajax, 20 dei quali solo nella passata stagione. (Federico Giustini)

Sembra facile ma non lo è – bello, quello sì

Corentin Tolisso

Sono passati più di tre anni da quel 10 aprile 2014 quando, un po’ a sorpresa, fu schierato titolare da coach Remi Garde nella trasferta del Lione allo Juventus Stadium: per quanto sin da subito si intravedesse un gran potenziale, non si poteva certo immaginare che nel giro di pochi anni diventasse l’acquisto più caro della storia della Bundesliga. Corentin Tolisso giocherà nel Bayern Monaco, anzi ha esordito già: due presenze, un trofeo conquistato (la Supercoppa di Germania) e un gol all’esordio assoluto in campionato hanno già parzialmente fatto dimenticare Xabi Alonso. In possesso di caratteristiche del tutto differenti dello spagnolo, gli anni trascorsi al Lione fanno presagire che Coco, come lo chiamano gli amici, possa al più presto diventare un insostituibile. Nonostante abbia appena ventitré anni, il transalpino sembra perfetto per reggere gli equilibri del centrocampo dei campioni di Germania, a prescindere dal modulo: in patria lo definiscono un relayeur, ovvero uno staffettista che faccia avanti e indietro con intraprendenza tra difesa e centrocampo. Se c’è si vede: tra una valanga di bonus in attacco (ne sa qualcosa anche la Roma) e tanta generosità tattica, Tolisso è un centrocampista prorompente ma concreto (primeggia nelle statistiche dei passaggi riusciti, l’83% la scorsa stagione in Ligue 1), sa dialogare molto bene nello stretto ed è solito spingersi in avanti ad accompagnare l’azione sfruttando la sua freschezza atletica, così da garantire profondità e vivacità nella transizione offensiva. Nell’ultimo biennio si è distinto come uno tra i giovani centrocampisti più preziosi d’Europa, ha guadagnato la Nazionale, ha portato la fascia di capitano, ha cresciuto esponenzialmente il carattere da leader: insomma, quello che serve a una big. (Massimiliano Macaluso)

Ok, sbaglia il passaggio finale, ma una ripartenza così vuol dire tante cose