Manolo Gabbiadini, numero 12

L'attaccante del Napoli sta vivendo una carriera da eterno secondo: dal suo arrivo a Napoli le occasioni per vederlo in campo sono state poche e brevissime.

Nel multiforme universo dei regolamenti sportivi è difficile trovare qualcosa di più perfido e allo stesso tempo affascinante di ciò che riservano le norme del calcio al portiere. Un uomo che è l’unico ad avere compiti diversi dagli altri, immerso in un campo enorme se paragonato a quello della maggior parte degli sport di squadra, confinato a metri e metri di distanza dall’unico altro suo omologo, che comunque resta un avversario, e costretto a vestire una maglia differente da quella dei suoi compagni. Un uomo condannato a novanta minuti più recupero di solitudine, interrotta dalle sporadiche pacche sulle spalle dei compagni dopo una bella parata. Un uomo che, soprattutto, ha sempre l’onere di dover dimostrare di aver fatto il massimo possibile, e anche qualcosa in più, in occasione di ogni gol subito, perché c’è sempre qualcuno per cui si poteva buttare prima e più velocemente e qualcun altro per cui poteva uscire dalla porta con più fermezza. Nessuno di questi, però, è l’aspetto più crudele dell’essere portiere. Niente, infatti, è paragonabile a cosa accade a un estremo difensore nel caso in cui si ritrovi secondo nelle gerarchie dell’allenatore. I portieri subiscono molti meno infortuni, non vengono praticamente mai sostituiti nel corso delle partite e sono troppo importanti perché la loro tenuta psicologica sia minacciata da una panchina dopo un paio di partite negative. Portieri che di conseguenza si dividono in due gruppi nettamente distinti, i Titolari e le Riserve, gli Uno e i Dodici, con i secondi costretti a fregiarsi dell’etichetta di individui di gran lunga più sfortunati dell’intero mondo calcistico.

VERONA, ITALY - FEBRUARY 01: Manolo Gabbiadini # 23 of SSC Napoli in action during the Serie A match between AC Chievo Verona and SSC Napoli at Stadio Marc'Antonio Bentegodi on February 1, 2015 in Verona, Italy. (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)
Manolo Gabbiadini in azione contro il Chievo (Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)

La carriera di un Dodici è un susseguirsi, spesso ininterrotto, di domeniche passate in panchina ad arrovellarsi su quanto può essere eticamente sbagliato sperare nell’infortunio di un compagno, in attesa dell’occasione. Un’occasione che, quando arriva, esige dai Dodici una prestazione ineluttabilmente perfetta, anche se sono passati dieci, venti, trenta mesi dall’ultima partita in campionato, perché solo la perfezione potrà redimerli dal purgatorio delle panchine, pur non bastando spesso neanche quella. Alberto Maria Fontana, un’intera vita calcistica passata ad indossare il 12, oltre all’ulteriore peso sulle spalle di essere l’altro Alberto Fontana dei portieri italiani a causa di un’omonimia che già gli aveva fatto guadagnare il poco originale soprannome di Jimmy, anni fa si è raccontato in un libro il cui titolo non lascia scampo: Il portiere di riserva. Come se il numero 12 fosse un marchio indelebile, una categoria dello spirito, una sentenza del destino per la quale non esiste ricorso in appello. A causa di circostanze straordinarie, oggi invece accade che uno dei migliori attaccanti italiani in attività, nel caso in cui decidesse di dare alle stampe una quantomai prematura autobiografia, potrebbe intitolare le sue memorie Il centravanti di riserva. Questo attaccante è Manolo Gabbiadini.

NAPLES, ITALY - MAY 18: Napoli's player Manolo Gabbiadini scores the goal of 2-1 during the Serie A match between SSC Napoli - AC Cesena at Stadio San Paolo on May 18, 2015 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Gabbiadini in rete contro il Cesena nello scorso campionato (Francesco Pecoraro/Getty Images)

Manolo è uno dei rari esempi di giocatore che vive nelle stesse condizioni di un portiere di riserva pur non essendo un portiere. A soli 25 anni, nella stagione immediatamente successiva a quella dell’esplosione e dell’approdo in una grande squadra, in cui solitamente non ci sono terze vie oltre all’affermazione definitiva e al fallimento, si trova nel limbo di chi ha trovato sulla sua strada ostacoli così insormontabili da non potergli permettere di esprimersi in alcun modo. Una condizione che lo ha privato anche del vizio perverso, dal fascino intramontabile, di optare per l’auto-distruzione e assistere alla magnificente devastazione volontaria della propria carriera. Né noi, né Gabbiadini, possiamo sapere se sarebbe stata per lui una stagione trionfale nel caso in cui Higuaín fosse stato ceduto la scorsa estate e Sarri lo avesse scelto per guidare l’attacco del Napoli, e questa incognita è forse più dolorosa anche di una certificazione di definitiva inadeguatezza come quella che si è guadagnato con (dis)impegno Balotelli nel corso degli ultimi mesi. L’azzurro, con 32 gol all’attivo, è oggi il terzo under 25 per gol segnati in carriera in campionato, dietro a Icardi e Berardi, benché da più di un anno collezioni praticamente soltanto spezzoni di partita, ma nonostante questo non sembra avere davanti a sé altra scelta che andare via da Napoli per tornare a giocare davvero.

GENOA, ITALY - NOVEMBER 01: Napoli's player Manolo Gabbiadini stands disappointed during the Serie A match between Genoa CFC and SSC Napoli at Stadio Luigi Ferraris on November 1, 2015 in Genoa, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Un Gabbiadini perplesso durante la gara d’andata contro il Genoa (Francesco Pecoraro/Getty Images)

L’attuale stagione di Gabbiadini si è trovata stretta, frantumata, in una morsa in cui da un lato a fare pressione è stata la sfortuna di trovarsi davanti il miglior Higuaín di sempre e dall’altro l’inadeguatezza delle sue caratteristiche tecniche e atletiche alle pressanti esigenze di Sarri. L’argentino, in uno stato di grazia assoluto e apparentemente inscalfibile, sta giocando la miglior stagione disputata da un attaccante in Serie A almeno negli ultimi dieci anni, il che lo rende perfettamente equiparabile a un portiere: un giocatore che, semplicemente, non si può sostituire. In questo senso Gabbiadini si è ridotto a poco più di un’assicurazione in caso di indisponibilità di Higuaín, ed è proprio il voler avere la certezza di poter schierare uno dei migliori attaccanti del campionato al posto del miglior attaccante del campionato che ha spinto il Napoli a far saltare un trasferimento al Wolfsburg che a gennaio sembrava già perfezionato e che, con il senno di poi, avrebbe portato il bergamasco a disputare un quarto di finale di Champions League al Bernabeu. L’incapacità di indossare l’abito tattico disegnato da Sarri ha fatto il resto. Arrivato a Napoli non come riserva di Higuaín, ruolo ricoperto allora da Duvan Zapata, ma come alternativa a destra nel 4-2-3-1 di Benítez, posizione ideale per rientrare sul sinistro e colpire con il tiro da fuori, indubbiamente una delle sue caratteristiche migliori, Gabbiadini ha pagato per tutti il conto della falsa partenza dei partenopei in questa stagione. Dopo due soli punti raccolti nelle prime tre partite, giocate con un 4-3-1-2 che prevedeva Insigne schierato sulla trequarti, dietro a Higuaín e uno tra Mertens, Gabbiadini e Callejón (una partita a testa da titolari), Sarri decide di passare al 4-3-3, che viene inaugurato schiantando la Lazio per 5-0. Un modulo che esalta le caratteristiche di alcuni giocatori, come Callejón e Hamsik, beneficia di una, fino ad allora, insospettabile duttilità di altri, come Insigne, e soprattutto incorona Higuaín come centro di rotazione del movimento dell’intero sistema di gioco.

Sarri trova il gioco e i risultati, il Napoli torna a essere un’accreditata contender per il titolo e per Gabbiadini non restano che i giovedì sera europei, durante i quali mette a segno quattro gol in quattro partite dei gironi di Europa League disputate. Con lo scorrere del tempo, però, si affievoliscono anche le possibilità di un’inversione di tendenza: se a ottobre, infatti, l’allenatore napoletano risponde ai giornalisti che lo incalzano su un maggiore impiego del numero 23 con uno speranzoso «Gabbiadini nel 4-2-3-1 con Higuain? Si può riprovare» e poi a novembre «meriterebbe più spazio, vedremo se sarà possibile schierarlo da attaccante esterno senza perdere l’equilibrio», a gennaio dichiara di vederlo esterno solo in alcune circostanze, che dovrebbero comunque costringerlo a fare a meno di Callejón, giocatore capace di dare un equilibrio imprescindibile. A fine febbraio arriva la sentenza definitiva: «Higuaín con Gabbiadini mai, dovrei utilizzare un modulo con due centrocampisti interni, e sacrificare quindi Hamsik e Jorginho che per caratteristiche non sono adatti a fare la coppia a centrocampo». È evidente che la straordinaria stagione del Napoli, consolidandosi, consolidi anche le certezze del suo allenatore, che sfociano in un dogmatismo tattico e in un’avversione nei confronti del cambiamento che hanno portato alla distruzione del mito del turnover, e al più ampio scostamento degli ultimi anni di calcio italiano tra il minutaggio degli undici più presenti e quello del resto della rosa, sottolineato anche dai ben quattro azzurri presenti nella lista dei dieci giocatori di movimento più in campo in questa stagione.

EMPOLI, ITALY - SEPTEMBER 13: Manolo Gabbiadini of Napoli in action during the Serie A match between Empoli FC - SSC Napoli at Stadio Carlo Castellani on September 13, 2015 in Empoli, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Manolo sembra indicare la strada ai compagni (Francesco Pecoraro/Getty Images)

Il risultato è che in questa Serie A Gabbiadini ha giocato una sola partita da titolare, a settembre, nella quale ha tra l’altro messo a segno gli assist per entrambi i gol del Napoli, ed è subentrato in quindici occasioni, con un minutaggio sempre minore con il passare dei mesi: dal record di 27 minuti disputati nella prima giornata di campionato contro il Sassuolo è passato a entrare per ben due volte a un minuto dalla fine nelle ultime tre occasioni in cui è sceso in campo. Sia contro la Juventus che contro la Fiorentina, due partite fondamentali per il Napoli, entrambe in trasferta, entrambe contro concorrenti dirette per le prime posizioni, entrambe necessitanti di un gol, Sarri non gli ha concesso niente di più di un ingresso all’ottantanovesimo. Il fatto che uno dei migliori game-changer del campionato, forte di ben 5 gol da subentrante nel corso dei suoi quattordici mesi napoletani, sia mandato in campo a un minuto dalla fine dei tempi regolamentari dice molto delle sue caratteristiche e di come il suo allenatore pensa di sfruttarle. Il paragone immediato, è, ancora una volta, con un portiere di riserva. La condizione attuale di Gabbiadini è infatti molto simile a quella di Krul in Olanda-Costa Rica, quarto di finale degli ultimi Mondiali. Come Van Gaal scelse di mandare in campo l’estremo difensore del Newcastle a un minuto dalla fine per fare una cosa, e una soltanto (parare i rigori), così Sarri inserisce Gabbiadini sull’ultimo giro di orologio con un’unico obiettivo: aumentare il tasso di pericolosità della squadra sul tiro della disperazione degli ultimi secondi. L’iper-specializzazione del bergamasco in un fondamentale relativamente raro come quello del tiro dalla distanza, eseguito tra l’altro in un modo del tutto atipico (le sue conclusioni da fuori non scoppiano mai come quelle dei grandi maestri di questo gesto tecnico, come Seedorf e Stankovic, ma sibilano, secche, per fermarsi agli angoli della rete) lo sta rendendo un giocatore di fatto monouso, una pedina alla quale è concessa una sola mossa, caricata delle responsabilità di una partita intera condensate in una sola azione.

GENOA, ITALY - NOVEMBER 01: Manolo Gabbiadini of Napoli in action during the Serie A match between Genoa CFC and SSC Napoli at Stadio Luigi Ferraris on November 1, 2015 in Genoa, Italy. (Photo by Getty Images/Getty Images)
Gabbiadini in azione durante una gara dello scorso Novembre contro il Genoa (Getty Images/Getty Images)

Sono i secondi finali di Juventus-Napoli e Gabbiadini, entrato in campo da due minuti dopo il gol del vantaggio bianconero di Zaza, riceve palla al limite dell’area avversaria. Segnare il gol del pareggio significherebbe mantenere il Napoli in testa alla classifica, all’ultimo minuto, e fermare di colpo la corsa della Juventus, fino a quel momento apparentemente inarrestabile. Significherebbe anche segnare il gol più pesante del campionato contro una squadra che, pur detenendo per anni parte del suo cartellino, non ha mai creduto in lui, preferendogli in ultima istanza Zaza, che ha appena segnato il gol più pesante del campionato. Significherebbe, forse, riaprire la partita con Sarri sul suo impiego, e di conseguenza vedersi spalancare di colpo il portellone dell’aereo che a giugno porterà in Francia la nazionale. Basterebbe un sinistro secco, rasoterra, alle spalle di Buffon, più importante di tutti i minuti giocati in carriera. Il pallone però arriva sul destro, e, senza il tempo per cambiare piede, finisce a lato con una traiettoria malinconica ed ineluttabile. A Gabbiadini non resta che lottare per tornare, probabilmente lontano da Napoli, più di un portiere di riserva. Perché ai portieri di riserva, si sa, è concessa un’unica occasione.