Cinque in uno: Kawhi Leonard

Perché l'ala degli Spurs può far vincere la nostalgia di Bryant, Duncan, Garnett. E non solo loro. Grazie al proprio gioco e allo stile.

Se qualcuno avesse già nostalgia di Kobe Bryant, Tim Duncan e Kevin Garnett, insieme a quella di altri grandi Nba come Allen Iverson e Michael Jordan, niente paura: può ritrovare alcune loro caratteristiche incarnate in un erede di oggi, Kawhi Leonard. La straordinaria prima fase di stagione disputata dall’ala dei San Antonio Spurs – apertura con 65 punti e 10 recuperi in 2 partite e una striscia di 8 gare consecutive tra novembre e dicembre con oltre 20 punti segnati – ha attratto i riflettori su un giocatore che, per sua indole, i riflettori li schiva. Leonard, Mvp delle finali 2014, è una presenza imprescindibile su entrambi i lati del campo, il giocatore che tutti i coach vorrebbero allenare. Fisico, atletismo, tecnica, abnegazione, intelligenza: qualità che lo rendono uno dei più completi della lega.

Attacco: Kobe Bryant

Kawhi Leonard è arrivato in NBA nel 2011 come specialista difensivo: prima di allora, anche per via delle enormi mani, il tiro non era il suo forte. L’aspetto sorprendente è che, in meno di sei anni, oltre a confermarsi tra i difensori top in Nba è andato sempre migliorando in attacco, sia nella media punti, cresciuta fino all’attuale 24,1 con un incremento medio di 3,2 a stagione, sia nella padronanza dei fondamentali, grazie a un duro lavoro con lo staff di San Antonio.

Il californiano è una delle cose più simili a Kobe Bryant che si possano vedere oggi sui parquet Nba: le movenze agili e coordinate, la capacità di rendersi pericoloso da ogni posizione e di costruirsi da solo un tiro non possono non rievocare le evoluzioni del Black Mamba. Come quando parte in post basso spalle a canestro e va a concludere in fade away a centro area, oppure quando fronteggia l’avversario senza palleggiare e in una frazione di secondo si alza e gli segna in faccia. Il tiro da tre, che sfiora il 40% (l’anno scorso aveva superato il 44%), è pulito e ben costruito e oggi è una delle sue armi più temibili, per non parlare dell’arresto e tiro dalla media preceduto da un palleggio fluido e rapido, anche in crossover.

DENVER, CO - DECEMBER 14: Kawhi Leonard #2 of the San Antonio Spurs controls the ball against Ty Lawson #3 of the Denver Nuggets at Pepsi Center on December 14, 2014 in Denver, Colorado. The Spurs defeated the Nuggets 99-91. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Doug Pensinger/Getty Images)
Kawhi Leonard dei San Antonio Spurs affrontato da Ty Lawson (Doug Pensinger/Getty Images)

L’estrema ponderazione delle scelte, frutto di un’applicazione continua al gioco che lo ha reso una sorta di “intelligenza artificiale” in grado di imparare dai suoi errori, gli garantisce un’elevata efficienza offensiva: Kawhi a ogni azione sembra sempre studiare e valutare tutto prima di prendere qualsiasi decisione, anche a costo di rinunciare al tiro (distribuisce 3,1 assist) se pensa che non sia la soluzione ideale in un determinato momento. Veloce e sagace nei pick and roll, ha nel suo arsenale pure il catch and shoot, che nel basket veloce di oggi non guasta. Da Kobe ha mutuato la grande capacità di concentrazione, di essere sempre sul pezzo. E il suo agonismo non teme rivali.

Difesa: Kevin Garnett

Ben intesi: si tratta di due giocatori completamente differenti. Kawhi Leonard non ha l’altezza, il ruolo e il trash talking di Garnett, ma in due-tre cose lo emula a meraviglia: lo spirito competitivo, la massima concentrazione in ogni frangente e soprattutto l’attitudine difensiva. Entrambi hanno vinto il titolo di difensore dell’anno, una volta Kevin (2008) e due Kawhi (2015, 2016). La sua dedizione al gioco è totale e l’alto Iq cestistico gli consente di dire la sua in tutta una serie di situazioni, tra cui l’abilità di difendere sui pick and roll, passando sopra i blocchi, grazie alla forza fisica e alle braccia sconfinate. Con una corporatura possente ma agile – è alto 2,01 per 104 chili – è in grado di marcare in ogni posizione, dalla point guard all’ala forte, con la sola esclusione (forse) dei centri puri, tra l’altro sempre meno presenti in NBA.

Le qualità difensive del numero 2 di San Antonio

Rapidissimo a recuperare anche quando gli capita di non reggere il primo passo dell’avversario, Leonard riesce a fare cose egregie in attacco pur avendo in testa principalmente la difesa: quando un’azione si avvia alla conclusione, o anche quando lui stesso va al tiro e la palla è ancora in aria, in un attimo è già tornato nella propria metà campo pronto a far sentire i suoi artigli – non per niente il suo soprannome è The Claw – e a far sudare ogni possesso all’avversario di turno, che spesso è una superstar. Ci sono allenatori che decidono, in alcuni casi, di sacrificare persino dallo schema di attacco la loro punta di diamante, pur di non doverla sottoporre alle “cure” di Leonard.

Leadership: Tim Duncan

Non è semplice entrare a pieni giri in un sistema strutturato come quello degli Spurs. Può volerci un lungo e paziente apprendistato (leggi Danny Green), o qualità speciali che velocizzino tale processo, comprensive di rispetto, fiducia in se stessi e armonia totale con i “cavalieri Jedi” che detengono le chiavi della squadra, entrando in sintonia con la “forza” che regola una franchigia come San Antonio, sempre competitiva da ormai un ventennio. Tim Duncan ha costruito la sua lunghissima leadership basandola su un’intesa particolare con Gregg Popovich, trasformatasi di anno in anno in simbiosi totale. Ora, Kawhi Leonard sta costruendo qualcosa di simile sia con i compagni sia con il coach e lo sta facendo in stile Duncan, per cui non è azzardato affermare che possa essere lui il vero erede morale del caraibico.

in Game Six of the Western Conference Finals of the 2012 NBA Playoffs at Chesapeake Energy Arena on June 6, 2012 in Oklahoma City, Oklahoma. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.

Una leadership esercitata con l’esempio e la saggezza, senza alzare la voce o comportarsi in modo stravagante, ma dimostrando giorno dopo giorno, dentro e fuori dal campo, come deve essere un vero professionista Nba che mette il team al primo posto, vuole sempre migliorare e non rinuncia mai all’inseguimento del titolo. Il suo livello di fiducia è talmente alto che Popovich lascia a Leonard libertà di scegliere cosa fare in partita, ricevendo dal giocatore stesso indicazioni e suggerimenti per migliorare questa o quella situazione. Kawhi non ama attirare attenzione, tiene un basso profilo anche nella vita privata, interpreta il basket come un lavoro in cui compiere quotidianamente il proprio dovere, scendendo in campo con la massima attenzione e ignorando ogni distrazione esterna. Un Tim Duncan più basso e con le trecce.

Look: Allen Iverson

Kawhi Leonard non c’entra niente con Allen Iverson, come tipo di giocatore, provenienza, caratteristiche tecnico-fisiche ed esperienza di vita. Lampante, però, è la somiglianza nel look: l’ala degli Spurs porta i capelli in treccine che, unitamente a qualche tatuaggio in bella vista sulle braccia, tradiscono la sua evidente provenienza dalla comunità afroamericana, non della Virginia come Iverson, ma di Los Angeles, dove è nato il 29 giugno 1991. Leonard in realtà proviene da una famiglia abbastanza normale, di origini umili ma dignitose, figura generalmente come un bravo ragazzo, tuttavia il suo passato riconduce nella sterminata e pericolosa periferia della metropoli californiana, precisamente nel sobborgo di Compton. Su questo si tornerà più avanti. Il look con le treccine tirate all’indietro ha spopolato in Nba in particolar modo tra gli anni ’90 e i primi 2000, da Latrell Sprewell al primo Carmelo Anthony, mentre oggi appare in ribasso, a vantaggio di rasature totali, capelli a torre (portati a lungo da Iman Shumpert) o strane pettinature come quella di Elfrid Payton. Le treccine di Kawhi Leonard sono così un ulteriore conforto per i nostalgici.

CHARLOTTE, NC - MARCH 21: Kawhi Leonard #2 of the San Antonio Spurs watches on against the Charlotte Hornets during their game at Time Warner Cable Arena on March 21, 2016 in Charlotte, North Carolina.NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Streeter Lecka/Getty Images)
Lo stile di Leonard (Streeter Lecka/Getty Images)


Clutch: Michael Jordan

Anche in questo caso è necessario fare attenzione a non confondere sacro con profano e magari a non incappare in un rimprovero di coach Popovich, che di un simile accostamento non vuole proprio sentir parlare. Michael Jordan e Kawhi Leonard in realtà hanno in comune la predisposizione a prendersi ogni responsabilità sulle spalle e a non rifiutare mai il tiro decisivo di una partita. A Leonard questo capita spesso, così come di sbagliare non di rado delle conclusioni (l’ultima volta con Atlanta a Capodanno), ma un vero leader si riconosce dal volere la palla in mano quando scotta, senza paura, senza nascondersi.

Con Jordan, Leonard condivide anche un tragico episodio familiare: l’uccisione del padre da parte di balordi di strada. Jordan perse il genitore nel 1993, assassinato mentre si riposava nella sua auto durante una pausa di viaggio, mentre il padre di Leonard rimase ucciso nel 2008 durante una sparatoria mentre lavorava nel suo autolavaggio, a Compton. Da quel momento per Kawhi, allora sedicenne, il basket ha rappresentato una fuga, un’evasione, un posto dove potersi concentrare solo su qualcos’altro. E così si è dedicato anima e corpo all’allenamento, fino a diventare uno dei migliori. Non è l’All-Star più appariscente della lega, però è quello che in partita fa tutto ciò che serve per vincere. Ha rubato qualcosa a ognuno di loro – Kobe, Duncan, Garnett, Iverson e MJ – e l’ha condensata in sé. Cari nostalgici, niente paura: un po’ del loro basket esiste ancora, basta veder giocare Kawhi Leonard.