Storia di Mozart, l’attaccante che fermò Hitler

Matthias Sindelar, uno dei migliori giocatori austriaci della storia, si rifiutò di giocare per la Germania dopo l'Anschluss. Un estratto dal libro Football. Trattato sulla libertà del calcio.

Soprannominato il “Mozart del pallone”, l’attaccante dell’Austria Vienna è considerato all’epoca il migliore al mondo nel suo ruolo. Ma il suo destino si tinge di tragico dopo il Mondiale italiano giocato nel 1934 (in cui disputa tre partite e segna un gol): l’Anschluss, l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista, segna la fine del Wunderteam, la nazionale austriaca che è arrivata fino alle semifinali di Coppa del Mondo. Ebreo, Matthias Sindelar si rifiuta di giocare per il Reich. Nel gennaio del 1939 viene trovato morto insieme alla fidanzata. Suicidio o assassinio da parte della Gestapo? Le circostanze della morte dei due non vennero mai chiarite.
Bernard Lions, Mondiali di calcio

Il 12 marzo 1938 è il giorno dell’Anschluss. Adolf Hitler mette le mani sull’Austria e ne diviene il padrone. I soldati tedeschi, sotto una pioggia battente, marciano per le strade di Vienna in direzione del Prater. L’obiettivo di Hitler è la costituzione della Grande Germania. Non solo in politica. Anche nel calcio. Con l’annessione dell’Austria, infatti, ci sarà anche la fine della gloriosa storia del Wunderteam: la squadra delle meraviglie la cui meraviglia tra le meraviglie è Matthias Sindelar, per molti il più grande giocatore di sempre. Il piano di Goebbels – capo della propaganda della macchina totalitaria del regime nazionalsocialista – è semplice, potrebbe perfino funzionare: la Nazionale austriaca non ha più senso di esistere e i giocatori possono confluire nella Nazionale tedesca creando così, appunto, la Grande Germania. Non una squadra ma uno squadrone irresistibile che ai prossimi campionati del mondo in Francia sarà in grado di contendere il titolo ai campioni di Vittorio Pozzo e lì, a Parigi, Matthias Sindelar potrà giocare la partita della vita contro Giuseppe Meazza. La Germania di Hitler potrà così vincere il campionato mondiale e dimostrare al mondo intero chi ne è davvero il padrone assoluto.

Piano semplice e diabolico. Goebbels, però, non aveva fatto i conti con il capitano della Nazionale austriaca, con quello stupor mundi di Matthias Sindelar detto Cartavelina o anche, per l’eleganza e la leggerezza, I Piedi di Mozart. I Piedi di Mozart ha trentacinque anni, i capelli biondi, gli occhi blu, un ginocchio operato, fasciato, dolorante. È indubbiamente il giocatore di calcio più celebre del suo tempo. È corteggiato dalle donne, dalle aziende, dagli inglesi che lo vorrebbero veder giocare sui loro campi. Cartavelina, giocando contro l’Inghilterra, ha segnato un gol memorabile del quale, naturalmente, non si hanno le immagini ma l’arbitro, stupefatto dalla grandezza del giocatore, ci ha lasciato il suo ricordo a futura memoria: «Il gol di Sindelar fu un autentico capolavoro. Qualcosa che non era mai stato realizzato avendo gli inglesi come avversari. Sindelar partì dalla linea di metà campo e con il suo inimitabile stile superò semplicemente chiunque gli si parasse davanti e depose la palla in rete.» Mezzo secolo dopo la scena si ripeté, ancora una volta contro gli inglesi. Sarà Maradona a dribblare tutti e a deporre la palla in rete. Ma I Piedi di Mozart aveva suonato quella musica prima, ben prima di Diego Armando.

Matthias Sindelar è triste il giorno in cui le truppe tedesche marciano per le vie di Vienna. Quattro anni prima, durante il campionato mondiale in Italia, ha conosciuto una bella ragazza italiana: Camilla Castagnola. Dopo il loro incontro, quasi un colpo di fulmine, sono rimasti in contatto e si sono scambiati lettere d’amore, passione e calcio. Lei leggeva «La Gazzetta dello Sport» e inviava a Vienna lettere in cui raccontava della Juventus e delle squadre milanesi e del Grande Bologna allenato da Árpád Weisz, “lo squadrone che tremare il mondo fa”. Ma ora c’è davvero da tremare. È il motivo della tristezza di Cartavelina: Camilla è ebrea e in Europa sta per iniziare la tempesta antisemita. Forse, anche il capitano del Wunderteam è ebreo, ma lui non dà peso alla cosa più di tanto. Crede in ciò che fa e in ciò che è e tanto gli basta. Anche per quello che sta per accadere. Uno sconosciuto avvicina Camilla all’uscita della scuola dove insegna e le dice senza giri di parole: «Dica a Matthias di non giocare per la Germania. Lui è un simbolo, l’unico che ci è rimasto.» Lui, il Mozart del calcio, era questo. E lo sapeva.

Prima di decretare la fine del Wunderteam, i tedeschi decidono che è il caso di disputare l’ultima partita: la partita dell’addio. La Nazionale austriaca dovrà giocare contro la Nazionale tedesca. Una sorta di fine e di inizio insieme per decretare anche l’annessione calcistica dell’Austria da parte della Germania. La partita si gioca il 3 aprile 1938. La Germania scende in campo così: Jakob, Janes, Münzenberg, Kupfer, Goldbrunner, Kitzinger, Lehner, Gellesch, Berndt, Gauchel e Fath. L’Austria risponde così: Platzer, Schmaus, Sesta, Wagner, Mock, Skoumal, Hahnemann, Stroh, Sindelar, Binder e Pesser. Il commissario tecnico degli austriaci, la mente del Wunderteam, Hugo Meisl, è morto e Cartavelina è capitano e tecnico della sua squadra. Le squadre scendono in campo. Saluto nazista. Sindelar e Sesta non alzano il braccio.

Inizia la partita – chiamata la partita della morte – e Cartavelina sembra giocare controvoglia, come se si fosse piegato al volere dei tedeschi. Con il secondo tempo cambia la musica. Mozart segna con un pallonetto delizioso ed esulta in faccia ai tedeschi. Poco dopo c’è il raddoppio firmato proprio da Sesta. Il Prater è in festa e Goebbels capisce che sarà molto difficile portare Sindelar a giocare in Francia con la Nazionale di Hitler. Ormai, Sindelar è un simbolo austriaco ed è un campione antinazista. Goebbels non si dà per vinto e comincia a dire cose così: «I viennesi hanno un loro idolo, il grande calciatore Sindelar. Vogliamo credere, anzi siamo sicuri, che Sindelar sarà sempre degno di questa stima anche negli impegni futuri.» Mancano pochissimi mesi all’appuntamento calcistico in Francia. Goebbels fa marcare stretto Matthias Sindelar. Gli mette alle costole Dolitte ossia il capo della Gestapo a Vienna. Dolitte incontra il grande calciatore più volte e gli parla. Gli dice: «Pensi a Parigi, una finale Germania-Italia. Sindelar contro Meazza, i due più grandi calciatori del mondo.» Il capo della Gestapo nomina anche Camilla e la rappresenta sugli spalti della tribuna combattuta tra il sostegno per la Nazionale italiana e l’amore per il suo Matthias.

Mentre ascolta le parole sinistre di Dolitte, Cartavelina già sa che non giocherà mai con la Germania. Hitler non vincerà mai il campionato e non sarà il padrone del mondo. Il 23 gennaio 1939 Matthias e Camilla sono trovati morti nel loro appartamento, l’uno accanto all’altra. Nella stanza vi è una stufa a gas. È ordinata l’autopsia che attribuirà la morte all’avvelenamento da monossido di carbonio. Il 26 gennaio 1939 Vittorio Pozzo, il commissario tecnico-giornalista, su La Stampa di Torino così lo ricordava: «La sua non era una finta scomposta, plateale, marcata. Era un accenno, una sfumatura, il tocco di un artista. Fingeva di andare a destra e poi convergeva a sinistra colla facilità, la leggerezza, l’eleganza di un passo di danza alla Strauss, mentre l’avversario, ingannato e nemmeno sfiorato, finiva a terra nel suo vano tentativo di carica.» Nemmeno Hitler riuscì a marcarlo.

Football. Trattato sulla libertà del calcio
di: Giancristiano Desiderio
Liberilibri