La finale che nessuno si sarebbe aspettato. Veniva presentato così dalla stampa a stelle e strisce l’ultimo atto degli US Open 2015 tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci. E siccome “Italians Do It Better”, come recitava la maglia della cantante Madonna nel video di “Papa Don’t Preach”, le italiane decisero di farlo a modo loro, sorprendendo tutti, creando una sceneggiatura da film, più che una partita. «C’era un’atmosfera particolare, incredibile», ricorda Roberta Vinci, oggi commentatrice di Eurosport. «Con un’amica di fronte: penso al calore e a una situazione a cui non ero abituata». Dieci anni fa, quando lo sport della racchetta non era seguito come oggi e ci si aggrappava solo alle donne, le due giocarono la prima e unica finale a tinte azzurre di un major.
Oggi, invece, il tennis italiano è diventato un movimento di punta e la passione ha contagiato tutto il Paese. Per seguire tutta la stagione di tennis, Sky Sport offrirà per tutto l’anno un’ampia copertura, con tutti i tornei degli Slam (Wimbledon, Us Open, Australian Open e Roland Garros, questi ultimi due sui canali Eurosport visibili su Sky), tutti i tornei ATP Masters 1000 e WTA 1000, gli ATP e i WTA 500 e 250, inclusi gli Internazionali BNL d’Italia e le Nitto ATP Finals di Torino.
A New York, nel 2015, a fare gli onori di casa erano due pugliesi: Flavia Pennetta da Brindisi, classe 1982, e Roberta Vinci da Taranto, classe 1983. Un anno di differenza, un gioco diverso e un amore comune: il tennis. Mille le battaglie che le hanno viste protagoniste fin da quando cercavano di capire come riuscire a fare il fatidico salto di qualità. Nessuno però, alla vigilia di quello Slam avrebbe potuto scrivere un copione così perfetto per l’Italia. Per il nostro Paese era qualcosa di unico, in un momento in cui tra gli uomini, a livello Slam, solo Fognini aveva raggiunto i quarti al Roland Garros del 2011. Meglio andava in ambito femminile: le azzurre nell’arco di 10 anni conquistarono quattro Fed Cup (oggi Billie Jean King Cup), tre finali consecutive al Roland Garros (Schiavone, Schiavone, Errani), un Career Slam in doppio (Errani-Vinci).
Non stupisce che sul campo centrale di Flushing Meadows la tensione è la vera protagonista in campo. Soprattutto per Pennetta, che ha 33 anni, e che a inizio torneo aveva già deciso che avrebbe annunciato il ritiro. Nel primo game del primo set, sul servizio di Vinci, praticamente non si gioca. Pennetta fa quattro errori gratuiti. Si gira verso il suo box, fa un respiro, dice “oggi ci vuole pazienza”. Non solo è la prima finale a livello individuale ma è anche una partita in cui sta giocando contro uno specchio, contro una persona che ha visto crescere, con cui ha vinto in doppio, la Coppa del Mondo U18, il Roland Garros U18 e la Fed Cup Junior.
Pian piano, l’atmosfera si surriscalda ed entra nel vivo. Il pubblico si schiera, a sorpresa, ma nemmeno troppo, con Roberta Vinci, capace di rompere il sogno americano di Serena, ma di conquistarsi le simpatie statunitensi con una spontanea intervista post match. «Tifavano per me, stranamente: il giorno prima avevo battuto la loro beniamina. Il pubblico era un po’ più a mio favore, non in maniera spudorata. Credo avessero apprezzato il modo di vincere contro Serena e forse anche l’intervista molto genuina, mi hanno voluto bene».
I suoi colpi, come slice o volée e la varietà del gioco, piacciono e si scontrano con la potenza e con i diritti di Pennetta. Quest’ultima è più contratta tanto da sprecare sei palle break e subire sul 4 a 3 un ritorno della tarantina. Vanno al tie break e un nastro, un diritto che si incaglia dove non dovrebbe, permette alla brindisina di salire sul 5 a 4. Una perfetta sceneggiatura da film, come spiega Woody Allen in Match Point: a volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no, e allora si perde. Nel tennis succede continuamente ed è la brindisina a vincere il primo set.
Nel secondo, il pubblico si schiera sempre più per Vinci. Va sotto 4 a 0, recupera 2 break ma è tardi: un diritto lungolinea consegna la coppa tra le braccia di Flavia. Non ci saranno lacrime, facce scontente: sotto rete un lungo, quasi interminabile abbraccio, con parole scalfite nella loro memoria. Pennetta lancia la racchetta in aria e poi dà vita all’ultimo colpo di scena, annunciando il ritiro. Un vero e proprio plot twist degno di Hollywood per una partita nel cuore degli italiani e nei libri di storia.
«Mi ricordo», dice Vinci, «che mi disse complimenti e che si ritirava, e io: ma come? In quell’abbraccio c’era tanto, non ci siamo dette molto, eravamo soddisfatte di quanto fatto: ci conosciamo da quando siamo piccole, trovarsi in una finale Slam non capita tutti i giorni, è stato un abbraccio sentito e voluto. Ricordo con piacere il match, sembra paradossale, mi è dispiaciuto perdere, poco ma sicuro, ma ho dato tutto. Flavia ha meritato, giocò meglio. Aver perso il primo set fu una mazzata, è vero che ero stanca, avevo battuto Serena e il post è stato difficile da gestire non essendo abituata, ci furono cose che mi hanno stancato a livello mentale, ma non ero appagata. Ho dato tutto». Ed è vero, entrambe diedero tutto, rendendo il match memorabile.
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