Guida completissima alla Copa América

Statistiche, curiosità, prospettive e storia più o meno recente: tutte le squadre della Copa América, punto per punto.

Alla prima edizione parteciparono in quattro: Uruguay, Cile, Brasile e naturalmente l’Argentina, che ospitava l’evento. Era il 1916, Buenos Aires era una città frenetica. Avevano inaugurato da poco la metropolitana, una cosa così l’avevano vista soltanto a New York e a Parigi, i viali e i parchi splendevano di gente elegante, gli edifici in stile francese e inglese scintillavano al sole. Per le strade potevi sentire le lingue di tutto il mondo e aspettarti che le possibilità e la fortuna arrivassero a qualche centimetro dal naso. Bisognava soltanto coglierle. In quell’aria di tango così europea, la prima Copa América la vinsero gli uruguaiani e a Isabelino Gradín bastarono tre gol per diventare il capocannoniere. Novantanove anni, oggi come allora, la Copa América è un girotondo di opportunità. Di vivere la leggerezza del gol. Di sognare. Quattro anni fa, quando era stato l’Uruguay a vincerla un’altra volta, la gente ne aveva visti 54. Pochini, storsero il naso alcuni, il calcio sudamericano sta diventando troppo tattico. Nel 2007 era arrivati addirittura a farne 86, tutti si erano divertiti, e alla fine aveva vinto il Brasile battendo 3-0 l’Argentina. È lo spettacolo a rendere così viva la Copa América. L’ultimo gol, il numero 2.381 della storia, lo aveva segnato Diego Forlán. Adesso si riparte da qui, 725 partite dopo, in Cile. Ecco una mini-guida a poche ore dal via dell’edizione 2015.

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GRUPPO A

Cile

La squadra — È la squadra da battere? Forse sì. Due essenziali ragioni. La prima: i cileni giocano in casa. E poi perché il gruppo è davvero eccezionale. Ai Mondiali superò il girone battendo l’Olanda, facendosi beffe della Spagna, sfiorando un successo incredibile contro il Brasile. Coraggioso, il Cile riparte dell’idea che niente è impossibile. La generazione di fenomeni è un lungo elenco di stelle: Edu Vargas, Arturo Vidal, Claudio Bravo, ovviamente Alexis Sanchez.

La carica — E poi c’è Sampaoli. Il Ct ha dichiarato di voler rivedere «il gioco ai tempi di Bielsa, quando sembravo in quindici per quanta intensità mettevano in campo». L’immagine di Sampaoli è quella di un uomo perennemente irrigidito, teso, pronto a sbranare l’avversario. «Voglio vedere undici kamikaze», ha detto. Può bastare?

Il video — La compagnia telefonica Movistar ha lanciato un video in cui Mauricio Pinilla torna a Belo Horizonte, lo stadio dove un anno fa, ai Mondiali, l’attaccante colpì la traversa contro i padroni di casa del Brasile, andando a un centimetro dalla qualificazione e dalla gloria. Nel video si vede Pinilla trafugare e poi distruggere quei legni che fermarono il sogno della Roja.

La motivazione — L’onore, e vabbè. I soldi, soprattutto. In caso di vittoria i giocatori riceveranno un premio di 4 milioni, tutti da spartire. Se arrivano secondi il premio scende a 1,2 milioni, a 614mila dollari per il terzo, 400mila per il quarto. Mica male.

Pinilla nello spot Movistar

Messico

La scelta — È una squadra sperimentale, poche le ambizioni. Tutti i big sono rimasti a casa, il portiere Ochoa, il Chicharito Hernandez, e anche quel talento sdruccioloso di Giovani Dos Santos. Miguel Herrera, il ct, ha scelto giovani alternative. Si punta tutto sulla Gold Cup, il trofeo che si giocherà dopo la Copa América tra le nazionali del Nord e del Centro America.

Il tweet — Un giorno prima delle elezioni in Messico, Miguel Herrera, il pidocchio come lo chiamano lì, ha scritto un tweet. Li scrive spesso, ma questa volta dice così: «Votare per i Verdi», cioè per il Partito Verde Ecologista del Messico. Le reazioni del mondo politico sono state devastanti. A partire dall’hashtag #PiojoVendido. La Femexfut, la federazione messicana, ha un codice etico preciso. Articolo 7: «I membri devono mantenere una posizione neutrale su questioni di carattere religioso e politico».

La stella — Fortuna che c’è Rafa Márquez, il condottiero, 36 anni, farà il capitano anche in questa Copa América. «Ho una grande responsabilità», ha detto, «per questi giovani è una vetrina importante». Nel 1999, quando la coppa si giocò in Paraguay, Marquez venne visto dal Monaco che lo portò via dall’Atlas.

L’invito — È stata la prima nazionale della Concacaf a essere invitata. Vanta altre partecipazioni dal ’93 al 2011. Nel 2001 vengono battuti in finale dalla Colombia padrona di casa.

Messico vincente: il 3-1 al Mondiale contro la Croazia

Ecuador

La squadra — Il nucleo è quello dell’Emelec, la squadra campione d’Ecuador. Tra questi c’è Miller Bolaños. L’attaccante ha segnato 10 gol in Libertadores, è il più in forma del gruppo e ha ricevuto la convocazione dal ct Gustavo Quinteros il giorno del suo compleanno. Un sogno.

La tattica — Quinteros è un allenatore di grande abilità tattica. Gioca con un 4-4-2 mobile, variandolo al 4-2-3-1 in fase di possesso palla. In chiave offensiva la cosa dà maggiori garanzie. Mancano però tre giocatori chiave (Antonio Valencia, Felipe Caicedo e Ángel Mena), per questo l’Ecuador affronterà le partite con piglio diverso, senza strafare. Anche perché, a detta di tutti, è la squadra meno ambiziosa della manifestazione.

La classifica — L’Ecuador è la sesta squadra più costosa della Copa América, mica male. Secondo la classifica ufficiale stilata nei giorni scorsi, la nazionale ha un valore di 59,19 milioni di dollari. Ovviamente la più costosa è l’Argentina, con un valore di 556 milioni, mentre la Bolivia è la selezione a valutazione più bassa, con un costo di 9.127 dollari.

La maglia — Per questa Copa América in Ecuador hanno fatto le cose in grande. Hanno presentato una maglia nuovissima, molto minimal, frutto di una evoluzione lunga 22 anni. È tutta gialla, c’è il logo della federazione nella parte sinistra del petto, il collo e le spalle sono decorate con piccole strisce blu e rosse.

I gol di Miller Bolaños nel 2014

Bolivia

La struttura — Ovviamente c’è Ronald Raldes, il capitano, 34 anni, difensore del Colón de Santa Fe. Per il resto la Bolivia è nuova, una Nazionale che sta attraversando un periodo di profondo rinnovamento. Questa Copa América arriva forse troppo presto per vedere un cambiamento. Tuttavia le speranze ci sono, e quelle boliviane sono affidate a Marcelo Moreno Martins, 27 anni, che ha giocato in Brasile, nel Cruzeiro, nel Grêmio e nel Flamengo. Ora gioca in Cina, nello Yatai.

La classifica — Per la prima volta nella storia della Copa América, la Bolivia arriva all’appuntamento senza essere l’ultima squadra del ranking Fifa (è penultima). Tuttavia non si gioca ai 3.500 metri di La Paz, dove la squadra ha vinto il titolo una volta, nel ’63, e arrivando seconda nel 1997. Sarà dura vedere la Verde superare il girone.

Il milanista — Su Twitter ha scritto: «Più uniti che mai. È dagli errori che si impara e si migliora». Sebastian Gamarra, classe 1997, gioca nel Milan (Primavera) ed è stato convocato per la Copa América.

La rabbia — Dopo la sconfitta per 5-0 contro l’Argentina vicecampione del mondo, una gara amichevole in vista delle partite che contano, il ct boliviano, Mauricio Soria, si è infuriato. «Ho visto giocatori senza la giusta grinta per affrontare partite così delicate». Soria è un boliviano di 49 anni con l’aria da duro e un passato da portiere. Il suo sogno è portare la squadra ai Mondiali del 2018.

Sebastian Gamarra, talento del Milan

 

GRUPPO B

Argentina

Il gruppo — È una squadra di campioni o di eterni secondi? Gerardo Martino, il ct, ha convocato per la Copa América 14 giocatori che hanno disputato (e perso) la finale di Coppa del Mondo. Lo zoccolo duro è quello. Ha optato per un po’ di varietà nei ruoli di sostegno, portando gente come Pastore. Proprio lui nelle amichevoli è stato uno dei più incisivi. Fenomeni ce n’è finché vi pare: Di María, Higuaín, Mascherano, Agüero, e anche Tévez, che quattro anni fa sbagliò il rigore agli ottavi contro l’Uruguay.

L’inedito — Ha vinto la Champions, e ok. Adesso Lionel Messi vorrebbe anche la Copa América. Problema: i big non la vincono mai. Maradona e Pelé ci hanno provato ma niente. Lo stesso i colombiani Valderrama e Rincón, niente anche per loro. Figueroa idolo del Cile? Nemmeno lui. Allora un altro argentino. Tipo: Riquelme? No.

La casa — Per questa Copa América gli argentini hanno addirittura sistemato un intero centro sportivo, sta a La Serena, ha 52 camere, condizionatore e la tv per tutti. Sui muri hanno appeso una frase d’incoraggiamento e la fotografia dei due che occupano la stanza. Le coppie sono: Messi-Agüero (si sa), Tévez-Pereyra, Romero-Andujar, Higuaín-Garay. La frase al cancello? Chi non ha il coraggio di correre dei rischi non farà nulla nella vita.

I gol — L’Argentina è una squadra da 202 gol stagionali, impressionate. Ne ha segnati 58 Messi, a 35 è arrivato Aguero, Higuaín e Tévez sono fermi a 29 ciascuno. Poi ci sono Lavezzi a 9, Di María, Lamela, Pastore e Otamendi a 6, Banega 5, Biglia con 3, 2 per Zabaleta e uno per Demichelis, Rojo, Garay e Gago. Il Brasile? Fermo a 132.

Il Mondiale 2014 dell’Argentina

Uruguay

La squadra — Senza il pistolero Suárez, i gol li cerca tutti lui: Cavani. Ma il gruppo della Celeste è ben più ampio. L’osservato speciale è Diego Rolán, 22 anni, del Bordeaux. Occhio a Jonathan Rodríguez del Benfica e all’attaccante dell’Hull City, Abel Hernández. L’Uruguay è la squadra che ha vinto più volte la Copa América (15), una in più dell’Argentina e sette in più del Brasile.

L’allenatore —  Óscar Washington Tabárez è ct dal 2006. Un sopracciglio allungato, una maschera di cera con i capelli pettinati di lato.Tabárez è sempre lui, l’allenatore più esperto (anche) di questa edizione della Copa América, quello con più presenze in panchina.

Il parere — Quattro anni fa, in Argentina, era finita Diego Forlán e Luis Suárez che alzavano la coppa, la baciavano e la mostravano ai fotografi. Avevano battuto il Paraguay. Oggi, campione in carica, l’Uruguay cerca un bis incredibile. Vuole ripetere l’impresa. «Ce la possono fare, l’importante sarà passare il girone», ha detto Forlán, che in Nazionale non gioca più.

L’arma in più — Cavani ha detto di aver trovato un nuovo modo di attaccare. Ah sì? Certo, tutto merito delle Hypervemon II, le Nike che indosserà in Cile per questa edizione della coppa. L’attaccante del Psg le ha presentate (e calzate) con altri illustri compagni: Neymar e Rooney su tutti.

La finale vinta nel 2011

Paraguay

La squadra — Più veterani che giovani. Il Paraguay ha poche possibilità di superare il turno. Può vincere con la Giamaica, e va bene. Difficile con l’Uruguay. È una nazionale che si affida molto agli esperti, un po’ troppo vecchi per questa Copa América. Guida la squadra l’argentino Ramón Díaz, 55 anni, 6 titoli nazionali con il River Plate e uno con il San Lorenzo. Ha convocato: Justo Villar (38 anni), Da Silva (34), Haedo Valdez (32).

Il bomber — E poi c’è sempre lui, Roque Luis Santa Cruz, il massimo goleador della selezione paraguaiana. Ha 33 anni, una vita (o quasi) nel Bayern Monaco, poi Blackburn, Manchester City, Betis, Malaga. Adesso gioca in Messico, nel Cruz Azul.

Il momento — Certo non brilla di certezze, il Paraguay. Non si è qualificato al Mondiale 2014, non vince una partita da molto tempo, c’è un senso di sfiducia evidente. E anche se la nazionale guaranì è vicecampione in carica, in pochi credono possa accedere al secondo turno. «Voglio consolidare il gruppo», ha detto Ramon Diaz, «voglio creare una struttura destinata a fare bene nel tempo». In pratica: obiettivo Mondiale 2018.

La critica — La critica più forte è arrivata dal portiere-goleador, Chilavert, un’istituzione in Paraguay. Ha detto che Ramon Diaz sarebbe un «vago», praticamente un perdigiorno, uno che, ha detto Chilavert, «non ama lavorare». Ha criticato le convocazioni di Diaz, dicendo che è andato in Paraguay solo per «fare affari e niente più».

Il gol di Santa Cruz nel 2011 contro il Brasile

Giamaica

La favola — Siccome sono alla prima partecipazione, tutti quanti sperano di vedere un miracolo giamaicano. Difficile. Diciamolo: impossibile. La squadra è composta da cinque giocatori della MLS (Jermaine Taylor, Je-Vaughn Watson, Darren Mattocks, Kemar Lawrence and Giles Barnes), gli altri hanno quasi tutti il doppio passaporto inglese.

Il ranking — Perché così scettici? C’è poco da fare: ultimo posto nella classifica Fifa (tra le partecipanti alla Copa), e le classifiche vorranno pur dire qualcosa. Però hanno vinto la Carribean Cup e si sono qualificati alla Gold Cup, che giocheranno dopo la Copa América. Qualcosa si muove.

L’allenatore — Ovviamente perché si realizzi un sogno ci vuole un folle. La Giamaica ha il suo: Winfried Schafer, il ct. In un’intervista ha detto (testuale): «Voglio di più, di più, di più dalla Giamaica». Lo ha precisato tre volte, ed è un tedesco. Biondo, 65 anni, è uno di quegli uomini che vedono le possibilità dove gli altri vedono difficoltà. Ha vinto una Coppa d’Africa nel 2002, ha allenato in Thailandia, Emirati e Azerbaigian.

La star — Uno da cui ci si aspetta molto è Rodolph Austin, centrocampista, capitano e calciatore senza squadra. Tre stagioni nel Leeds, ora a casa. Nel 2012 segna un calcio di punizione agli Usa, la Giamaica vince 2-1, è la prima volta dopo 19 scontri. L’anno scorso, invece, in finale contro Trinidad, Austin segna ai calci di rigore quello del 4-3.

L’inno della Giamaica al Mondiale del 1998

 

GRUPPO C

Venezuela

La squadra — Dopo il quarto posto del 2011 – miglior risultato di sempre – l’obiettivo è sorprendere ancora. L’obiettivo minimo è il terzo posto nel girone, che potrebbe dare l’accesso ai quarti al Venezuela come migliore terza. In panchina c’è Noel Sanvicente, leggenda del calcio venezuelano. Due «italiani» nel gruppo: il genoano Rincon e il torinista Josef Martínez.

La polemica — Franco Signorelli, classe ’91, centrocampista dell’Empoli, è rimasto fuori dai 23. «Sono stato penalizzato perché quest’anno mi è mancata continuità. Peccato, tenevo molto a questa chiamata e penso che l’avrei meritata». E ha paragonato Sanvicente a Sarri…

Il punto fermo — Tomas Rincon è da tempo un pilastro di questa Nazionale, lo ha dimostrato anche nella passata Copa America. Anche in una piazza calda come Genova ha dimostrato carattere e personalità. L’idolo della gente rimane ancora Arango, il primo ad aver lasciato il Venezuela per andarsi ad affermare in Europa: è il recordman di presenze e reti con il Venezuela.

La motivazione — Le presentatrici di «Desnudando la notizia» hanno girato un video nude per sostenere la Nazionale. La promessa: «Ci spoglieremo ogni volta che il Venezuela passerà una fase della competizione»

Colombia

La crescita — Dopo essere usciti ai quarti contro il Brasile dai Mondiali 2014, gli uomini di José Pekerman ritrovano subito i brasiliani nel girone C. Annunciati in grande forma, i Cafeteros cercano in questa Copa América (la ventesima della loro storia) il definitivo salto di qualità.

La stella — Senza discussioni James Rodríguez, capocannoniere del Mondiale brasiliano, 12 gol in 28 partite con la maglia del Real Madrid quest’anno.

Italiani e dintorni — Ci sarà il milanista Zapata, il futuro interista Murillo, il napoletano Zúñiga. Non convocato invece l’altro interista Guarín. Vedremo una vecchia conoscenza del calcio italiano, Juan Guillermo Cuadrado, che a Firenze Toni chiamava «Vespa» per quanto correva forte e che viene da cinque mesi di ombre con il Chelsea.

Il vantaggio — Pekerman ha un attacco da paura. I tre centravanti sarebbero titolari in quasi tutte le altre nazionali. Qui è Radamel Falcao a ritenersi inamovibile, ma lasciare fuori Bacca e Jackson Martínez è complicato.

Brasile

La missione — È una e una soltanto: uscire dall’incubo collettivo nel quale il Brasile è precipitato durante l’ultimo Mondiale. Nessuno di quelli che l’hanno vissuta dimenticherà mai l’umiliazione dei sette gol presi dalla Germania, ma vincere la Copa América aiuterebbe a voltare pagina.

La squadra — È rivoluzionata. Fra i convocati, soltanto 6 sono reduci dal Mondiale-disastro. La difesa sembra essere il reparto più completo. I dubbi di Dunga riguardano l’attacco, dove l’unico intoccabile è Neymar. Il solo «italiano» nei 23 è il portiere Neto, che ormai ha salutato la Fiorentina.

I precedenti — Se la squadra di Dunga vincerà in Cile, porterà a casa la terza Copa América nelle ultime quattro edizioni, la quinta nelle ultime sette. E potrà così cominciare a preparare il prossimo Mondiale – quello del riscatto obbligato – con qualche pressione in meno.

L’ultimo arrivato — Neymar ha raggiunto i compagni all’ultimo minuto dopo aver festeggiato con il Barcellona la vittoria in Champions League. Per farlo ha volato sul suo aereo privato (con le iniziali del suo nome – NJR – dipinte sulla coda) fino a Porto Alegre.

Perù

L’obiettivo — Realisticamente è il terzo posto, che il Perù raggiunse (in quel caso a sorpresa) nel 2011 in Uruguay. Il debutto non è incoraggiante: prima partita contro il Brasile, che deve obbligatoriamente scrollarsi di dosso i fantasmi del Mondiale in casa.

Il tabù — È e rimane il Mondiale. Il Perù non si qualifica per la massima manifestazione dal 1982 e non vince niente dal 1975, anno della sua seconda e ultima Copa América. Nel conto c’è da mettere la sparizione di un’intera generazione: l’8 dicembre 1987 cadde l’aereo su cui viaggiava l’Alianza Lima, la squadra leader del campionato peruviano.

La squadra — Il ct è Ricardo Gareca: lo chiamano El Tigre e si affermato sulla panchina del Vélez. Guida una selezione mista di giovani ed esperti. Molti vengono dalla prima divisione peruviana.

La stella — Il nonno è Pizarro, il talento è quello di Vargas e Farfán. Ma l’esperienza di Paolo Guerrero non si discute: è appena passato dal Corinthians al Flamengo, ora ha la mente sgombra per pensare soltanto al Perù. La curiosità: Guerrero non vola, traumatizzato dall’incidente aereo dell’Alianza Lima, nel quale morì anche suo zio.