Gli analytics rendono la Nba meno bella?

Negli ultimi anni la pallacanestro è cambiata sensibilmente: lo stile di gioco, il ritmo, il modo di difendere. L’evoluzione del basket moderno passa anche dai numeri e da uno studio più approfondito delle statistiche avanzate, un processo che lo rende sempre più distante dallo sport che aveva fatto innamorare i nostri padri. Gli sviluppi più rilevanti riguardano probabilmente quelli nel tiro da tre, passato da un 18,4 conclusioni di media per squadra al 27 attuale – il 50% in più – solo dal 2012 a oggi. È vero che le triple vanno a bersaglio con percentuali più basse rispetto a un normale jump shot dalla media distanza, ma quel punto in più del tiro dalla lunga distanza lo rende complessivamente più remunerativo. Così il basket si è popolato di specialisti nel tiro da 3, che in alcuni casi possono essere vere e proprie super star come Steph Curry e Klay Thompson (anche se per loro le triple sono solo una delle armi a disposizione).

Quando hanno iniziato a svilupparsi gli analytics, sembrava dovesse essere il baseball lo sport più devoto ai numeri, alla matematica, alle statistiche, in particolare con la Major League americana. Un’immagine resa più nitida dalla grande stagione degli Oakland Atheltics nel 2002, quella resa celebre dal film Moneyball. Un articolo pubblicato da Quartz dal titolo “Data analytics have made the NBA unrecognizable” spiega che «probabilmente è la Nba la lega che si affida maggiormente alla scientificità dei data», stravolgendo completamente staff tecnici, programmi di allenamento e stili di vita dei giocatori. Eppure il basket è uno sport più difficile da analizzare e schematizzare statistica per statistica rispetto al più statico baseball. Ma il legame della Nba con i data è forte, e lo si ritrova anche nell’Hackaton che si tiene ogni anno per aggiornare le franchigie sui nuovi sviluppi nel settore. E oggi ogni squadra Nba ha un Data Analyst di riferimento che lavora al fianco degli allenatori e dei giocatori per migliorare le prestazioni. Non può essere un caso che i Golden State Warriors, una delle squadre più forti del momento, che scomoda paragoni con le migliori della storia, sia anche una di quelle che fa più affidamento sulle statistiche. La rivoluzione tecnologica che ha cambiato il basket ha influenzato non solo il tipo di giocatore ricercato dagli allenatori, ma ha cambiato il paradigma per determinare chi sono i giocatori “forti”, quelli che meritano qualche sacrificio in più quando si tratta di firmare un nuovo contratto.

Per Klay Thompson le triple sono comunque tiri ad alta percentuale: i tifosi esultano prima che la palla entri nel canestro

Questo cambiamento deve necessariamente avere qualche controindicazione, e può riguardare, spiega Quartz, la perdita di fascino di un gioco che si abbandona eccessivamente ai numeri. Se attraverso analisi scientifiche si può determinare il livello di fatica di un giocatore, misurato ad esempio tramite un test della salivazione, molti coach preferiscono lasciare a riposo i giocatori che sanno essere a rischio infortunio. A perderci in questo caso sono i tifosi, che a inizio stagione non possono conoscere i cicli dei riposi precauzionali, e devono assistere, un po’ a sorpresa, a match con quintetti decimati.