Rashford è pronto a diventare grande?

Gli alti e bassi di un ragazzo di vent'anni, il rapporto con Mourinho, la versatilità tattica che è, forse, anche il suo freno più grande.

Cosa ci aspettiamo esattamente da un giocatore di vent’anni che ha praticamente bruciato tutti i record di precocità che si è trovato davanti? Molto spesso ci troviamo a ragionare sulla crescita e l’evoluzione sia umana che tecnica di ragazzi che fatichiamo ancora a chiamare uomini. Nonostante abbiamo visto chiaramente ciò di cui è capace Marcus Rashford, ne abbiamo assaporato la rapidità con cui può appiattire sul campo da gioco gli avversari, goduto della precisione che ha quando calcia rientrando con il piede destro verso il centro dell’area di rigore, quella contro il Liverpool era soltanto la sua prima apparizione da titolare in Premier nel 2018. Una gara in cui, con soli due tiri in porta nei primi venti minuti di gioco, ha chiuso la partita contro gli uomini di Klopp.

Una dote rilevante del gioco di Rashford – che nasce trequartista, come dieci puro, e si evolve in numero 9 in un secondo momento – è attualmente anche uno degli aspetti che ne frena la crescita. La velocità con cui può coprire ampie porzioni di campo ha portato Mourinho a schierarlo come esterno offensivo sinistro alle spalle di Lukaku unica punta. La sua malleabilità lo ha aiutato a inserirsi senza problemi in diversi contesti di gioco. Vuoi per l’età, vuoi per la fase di formazione che lo ha visto cambiare ruolo per necessità durante il periodo in Under 18 dello United, per Marcus è semplice adattarsi alle richieste dell’allenatore. Ma questa cosa sta realmente facendo il suo bene?

La gara con cui Rashford ha mandato Alexander-Arnold al manicomio

Mentre nella sua stagione da sophomore, la scorsa, coincisa con la prima di Mourinho sulla panchina dei Red Devils, Rashford ha messo insieme 53 presenze – più di ogni altro giocatore in rosa –, attualmente è soltanto 10° per minuti disputati in stagione (1444). Molto dipende dall’inizio dove, dopo le prime buone prove, il tecnico portoghese ha cominciato ad alternarlo con Martial: con il francese incredibilmente più prolifico a gara in corso e dedito a una copertura difensiva che al prodotto del vivaio ancora manca. Ma da questa competizione sana Rashford è uscito arricchito, migliorato. Dopo la gara d’andata di Champions League contro il Basilea in cui Mourinho lo aveva lasciato inizialmente in panchina, il ragazzo aveva dichiarato a MUTV che «restare fuori è difficile ma c’è bisogno di prendere il positivo da ogni situazione e credo che entrambi (lui e Martial) lo stiamo facendo». A vent’anni si mostra sicuro, leader di se stesso, bravo a non pensare in solitaria ma in prospettiva, una prospettiva fatta di crescita non solo personale ma anche di un compagno che in quel momento è più che altro un rivale per un posto in squadra.

La competizione è andata avanti per gran parte della stagione; Rashford ha riguadagnato il posto da titolare segnando appena entrato nella gara contro gli svizzeri ma senza riuscire a gestirlo con assoluta continuità. Il miglioramento torna talmente spesso nella biografia del talentino inglese da essere quasi stancante. Ma è una costante, forse naturale, nella storia di un giovane in formazione. Jesse Lingard, un altro che consideriamo giovane pur avendo 5 anni in più rispetto a Marcus, ha sottolineato a inizio anno come la crisalide degli ultimi mesi si stia rapidamente trasformando in farfalla. È cresciuto di 3 cm in altezza, senza però perdere la rapidità che gli consente di mettere paura ai difensori avversari. Quella per il fisico deve essere una fissazione del numero 19, tanto che in estate invece della consueta vacanza pre-campionato ha passato i suoi giorni liberi negli Stati Uniti, con un coach dedicato, per arrivare preparato a un’annata che lui stesso percepiva come centrale nel suo processo di avanzamento. Anche Sean Goss, che con Rashford ha condiviso la prima convocazione da parte dello United ai tempi di van Gaal, ne ha sottolineato la costanza in allenamento e quella capacità eccezionale di rimanere umile nonostante i risultati. «Un ragazzo che il successo non ha cambiato».

Un altro aspetto che Mourinho ha tenuto a sottolineare nelle scorse settimane è quello dei rapporti con i media. Oggi che la modalità “superstar planetaria” – con sponsor, visibilità e riflettori sempre puntati – è stata attivata, Rashford dovrà imparare a gestire il negativo, il lato oscuro del successo e dell’esposizione. «Dovrà adattarsi alle difficoltà. Ora è un target facile per i media e per i tifosi avversari. Ha da imparare a gestire le attenzioni e le pressioni degli avversari. Se fosse un calciatore mediocre nessuno lo provocherebbe. Ma ora gli altri vedono la velocità, il pericolo e le probabilità che tutto questo li danneggi». Il tecnico portoghese lo ha lasciato fuori nelle prime gare del 2018 perché non vedeva da parte del ragazzo l’attitudine giusta, sottolineando come molto spesso dall’esterno non si notino spunti particolari che invece un tecnico deve vedere per forza. Nelle ultime settimane il mood generale di Rashford è migliorato, di pari passo sono arrivati i progressi in allenamento, e Mou ha trovato il momento migliore per dare al ragazzo l’occasione giusta per ripagarlo della fiducia. Come ha scritto Mark Ogden su Espn, è «facile dimenticarsi che Marcus ha soltanto vent’anni e che non è altro che un ragazzo che sta mutando il proprio corpo in quello di un uomo». E ancora, «sta attraversando una fase in cui sono passati altri futuri campioni dello United come Ryan Giggs, Cristiano Ronaldo e Wayne Rooney». Gli alti e i bassi, ancora, come è naturale che sia per uomo ancora in divenire.

Leggere alla voce “miglioramento costante”

Rashford si trova in un momento delicato della propria crescita. Un momento che coincide con uno altrettanto complesso per il club. Vuoi per la questione Pogba, vuoi per l’eliminazione dalla Champions per mano del Siviglia, lo United, in cui Marcus è cresciuto, vive un’instabilità che può essere tossica per un talento in esplosione come il suo. Un giocatore con la sua abilità di cambiare il corso delle gare, la precocità con cui ha bruciato i record e le tappe, hanno portato gran parte della critica sportiva a credere che debba fare sempre più di quanto già portato a termine. I numeri di Rashford sono già i numeri di un campione in formazione, Mourinho ne ha evidenziato la centralità nel suo progetto, tanto che non c’è stata una gara in cui non fosse almeno in panchina.

Cosa manca al talento dello United per accedere a quell’Olimpo dorato dei fenomeni precoci in cui siedono calciatori come Mbappé o Dembélé? Probabilmente nulla se non la definizione più precisa della propria identità tattica. Se la versatilità e l’adattamento sono i plus con cui è riuscito a giocarsi così rapidamente le proprie carte ad alti livelli, è con una definitiva specializzazione che il ragazzo che sognava di diventare Wayne Rooney potrà trovare la sua dimensione più completa. Probabilmente da giocatore con la 9 sulle spalle e con un po’ di precisione in più sotto porta.