A un centimetro dalla gloria

L’epopea circolare e la carriera dolceamara di Mauricio Pinilla, talento precocissimo del calcio cileno diventato Plata facil che cambia sempre porto, per poi arrivare a un passo dal cambiare per sempre la storia calcistica del suo paese.

La vita di un attaccante è costantemente legata a un filo sottile, questione di centimetri che stanno in bilico tra la gloria e il fallimento. Mauricio Ricardo Pinilla Ferrera è avanzato a lungo su questo filo, cadendo e risalendo più volte nel tentativo di trovare l’ affermazione definitiva. Le risalite sono state sempre più diffuse e complesse delle discese, un doversi confrontare in maniera ricorrente con scetticismi e idee ben definite sul suo conto, radicate e difficili da estirpare. La traversa contro il Brasile rappresenta il topos di una carriera sempre in bilico tra gloria potenziale e baratro lì ad un passo.

La storia di Pinilla andrebbe introdotta come in una di quelle pellicole in cui il protagonista comincia raccontando in voice over la propria vita dalla conclusione. O almeno da un momento molto vicino alla contemporaneità, dall’ultimo istante veramente pieno e denso di intensità. Come in Totò Les Heros di Jako Van Dormel i tempi verbali della storia di Pinilla si intersecano, si fondono a creare un racconto non lineare in cui i vari momenti temporali  si muovono in una danza quasi ossessiva.

L’ottavo di finale tra Brasile e Cile del Mondiale carioca è forse il momento più rappresentativo della carriera del centravanti di Santiago de Chile. La summa maxima del suo essere sempre alla soglia dallo zenit calcistico, vicino a toccare l’apice del sentimento nazionale per poi perdersi nel momento decisivo. Al 119 minuto dell’ottavo di finale di Belo Horizonte Mauricio riceve palla da Alexis Sanchez, io sono seduto sul divano e seguo questo scambio rapidissimo per pensiero e attuazione.Una sintesi perfetta del «pensa veloce, agisci veloce, colpisci veloce», concetto dogmatico caro a Helenio Herrera. La palla calciata dopo averla difesa dall’arrivo di Thiago Silva è tanto forte che potrebbe polverizzare la rete ma la sfera si alza troppo, questione di centimetri, e le porte della storia si chiudono in faccia a Pinilla e alla Roja. La reazione dell’intero paese è più o meno di disperazione diffusa: ancora una volta il Cile non è riuscito a battere la propriabestia nera.

In quel momento esatto si sono infrante le speranze non solo personali di un giocatore ma quelle di una nazione intera, unita in maniera serrata. Un legame indissolubile tra il popolo cileno e la Nazionale sublimato nello spot pre-mondialeispirato dai 33 minatori che nell’agosto del 2010 rimasero intrappolati per 69 giorni in una miniera d’oro e rame, a 700 metri di profondità. Per Pinilla probabilmente quel momento ha un gusto ancora più amaro, come racconta inquesta intervista per una rete cilena: prima della gara con il Brasile, infatti, ha ricevuto una telefonata del suo grande amico e totem Ivan Zamorano, le parole del grande capitano erano state «andale hijo y cumple el sueño que yo no pude cumplir en un Mundial». Segnare un gol con la camiseta numero nueve della Rojaper Zamorano, per se stesso e per il Cile tutto. Una vera e propria maledizione che Mauricio tatuerà sul corpo sperando in un effetto terapeutico dell’inchiostro una volta fallita la propria missione di redenzione.

La reazione di Zamorano alla traversa di Pinilla.

Redenzione. Perché nel tempo i suoi comportamenti lo hanno portato a rappresentare nell’immaginario cileno uno dei motivi del declino morale del calcio nazionale. Un accanimento ai limiti del parossismo. Per comprendere appieno la storia di questo attaccante, edonista e vagamente nichilista, che ha imparato a parlare le lingue del mondo – con l’ultimo trasferimento all’Atalanta sono 13 squadre in 12 anni (una specie di record) – e ha dovuto combattere ben presto con una mente da ragazzino rinchiusa in un corpo precocemente adulto, va fatto un passo verso le origini a barrio San Miguel, nel settore sud della conurbazione di Gran Santiago.

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Quello in cui cresce Mauricio è un distretto a base medio-popolare che un tempo rappresentava la periferia della capitale e che successivamente è stato inglobato nella megalopoli di Santiago de Chile. Negli anni sono fioriti complessi residenziali e centri commerciali ma barrio San Miguel non è cambiato, rimanendo pur sempre il luogo in cui si sono formati Los Prisioneros, band di culto cilena degli anni ‘80 tra i primi a fondere insieme attitudine punk, new wave ed elementi elettronici – su di loro in Cile hanno anche realizzato una serie Tv dal titoloSudamerican rockers.

Uno dei loro album più famosi, Pateando Piedras, canta dell’immobilismo dello Stato, di odio verso la borghesia cilena ma anche dei ragazzini di barrio San Miguel che, senza nulla di meglio da fare, giocano a calciare pietre. Ecco, a differenza di quei ragazzini Mauricio, che nel tempo assumerà le fattezze di una vera e propria rockstar del football cileno – con passione tanto per i Chancho En Piedra che i Red Hot Chili Peppers – cresce in un clima di normale serenità, senza grossi problemi e sotto le costanti attenzioni della famiglia che lo accompagna agli allenamenti e ne regola il carattere precocemente ribelle. Ha tre sorelle che gli stanno intorno, lo seguono e lo viziano. A 10 anni ha già un Nintendo arrivato direttamente dagli Stati Uniti e una serie di altri comfort che i ragazzi di quell’età possono solo sognare. Ma è pur sempre un uomo dai conflitti marcati come il barrio in cui è cresciuto. Non è poi colpa sua se lo hanno fatto così capace di metterla alle spalle dei portieri avversari.

Ma è pur sempre un uomo dai conflitti marcati come il barrio in cui è cresciuto. Non è colpa sua se lo hanno fatto così capace di metterla alle spalle dei portieri avversari.

Pinilla comincia a mettersi in mostra per la prima volta al Sudamericano Sub-17 del 2001: Roberto Alamos lo convoca per il torneo peruviano e, a dispetto degli scarsi risultati di squadra (il Cile arriverà ultimo nel proprio girone), Mauricio mette a segno 5 reti in 3 partite con all’attivo una tripletta nella sconfitta per 4 a 3 contro la Colombia. Arriverà secondo nella classifica cannonieri alle spalle del paraguaiano Aldo Jara. A 17 anni ha già un contratto che gli assicura un discreto guadagno in caso di vendita.

A 18 debutta con la U. È il 2002 e i gol sono 20 in 39 partite, risultato che lo porta immediatamente tra i migliori marcatori della storia de El Chuncho. Victor Hugo Castaneda, leggenda de La Chile e allenatore della squadra, lo fa esordire il 17 marzo del 2002, Mauricio ha compiuto 18 anni da un mese e i 5 mesi restanti del torneo d’apertura lo vedono entrare tra i marcatori 8 volte in 16 gare. La media è ottima per essere un esordiente ma il successivo torneo Clausura non è agli stessi livelli. In squadra ci sono l’ argentino Luis Rueda (el Condor) e Pedro “Heidi” González, terzo miglior marcatore di sempre della U e secondo marcatore della storia del campionato cileno. La squadra viene eliminata per la seconda volta consecutiva nelle semifinali dei play-off; Mauricio contribuisce con due sole reti in 9 gare, oscurato dalla fama e la grandezza dei due compagni di reparto.

L’Apertura 2003 lo vede crescere in maniera inversamente proporzionale alle prestazioni di squadra. È la peggior stagione della squadra nell’ultimo anno e mezzo: Rueda e González non ci sono più, è tornato alla U il mendocino Diego “Goku” Rivarola e il grande acquisto de Los Azules è stato Faustino Asprilla, arrivato al canto del cigno. A differenza della squadra, Pinilla chiude l’Apertura 2003 con 10 reti in 14 partite. È il migliore della U e nella classifica cannonieri, vinta da Salvador Cabañas, precede Ivan Zamorano al suo ultimo torneo da calciatore con la maglia del Colo Colo. Mauricio è diventato l’idolo de los chunchos, uno degli attaccanti più forti del paese capace di realizzare gol di chilenacome questo contro i Wanderers. A 19 anni ha già un fisico importante, doti tecniche impressionanti, segna con continuità. Per molti è il Vieri cileno, altri lo paragonano ad Alan Shearer e i collegamenti con Zamorano e Salas sono all’ordine del giorno. Solo una cosa può fermarlo: la sua immaturità.

Comincia ad entrare nel giro della Nazionale, convocato di Juvenal Olmos anche grazie all’ennesima prodezza in rovesciata. Questa volta segna in un’amichevole preparatoria al sub-23 in vista delle Olimpiadi di Atene 2004. Nella stessa partita Mauricio ha già segnato la rete dell’1 a 0 con un colpo di testa potente, impossibile da fermare per l’estremo difensore paraguaiano. A cinque minuti dalla fine Jean Beausejour – esterno mancino ex Wigan – crossa un pallone alto e morbido che scende gentile al limite sinistro dell’area piccola paraguagia, il movimento di Pinilla è fluido ed armonioso. L’attaccante con il numero 15 sulle spalle si alza e calcia senza mai perdere di vista la traiettoria del pallone, facendolo battere tra il portiere e un compagno di squadra per far morire la traiettoria nell’angolino basso.

Nell’intervista post partita Pinilla ha i capelli tirati indietro con il gel e lo sguardo furbo. Sembra più maturo dei suoi 19 anni.

In Nazionale maggiore debutta il 30 marzo 2003. Olmos, che lo conosce bene, lo fa esordire alla prima convocazione con la Roja. Mauricio ripaga segnando di testa il due a zero che chiude definitivamente la gara.

Notare il sincero godimento con cui il telecronista esclama in serie: Pinigol, Pinigol, Pinigol!

Cominciano a circolare voci riguardo gli interessi da parte di club europei, in contemporanea arriva anche qualche polemica sulla proprietà del suo cartellino. Il padre, Ricardo, lo porta in Europa per una serie di provini. Lo acquista l’Inter di Héctor Cúper che in avanti ha proprio Vieri, Julio Cruz, Recoba, Kallon e del ritorno di Adriano. Nel passaggio al club di Moratti c’è la mano di Ivan Zamorano (che ne cura gli interessi insieme a Hugo Rubio e la loro Pass Ball), interessato a collaborare con il suo vecchio club. Per Mauricio tutto sembra arrivare al momento giusto. La quadratura di un cerchio perfetto e dai contorni definiti. Branca, che lo ha portato a Milano, riceve richieste di prestito da parte di Udinese, Brescia e Chievo. La spunta il d.s. clivense Giovanni Sartori e Pinigol spera che la parentesi veronese possa aiutarlo a integrarsi al meglio nel calcio italiano.

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Lo scarto tra le attese del ragazzo cileno e la realtà sta nelle scelte di Del Neri.  L’allenatore di Aquileia, che ha portato la squadra dalla B alla massima serie grazie a un calcio bello e offensivo, lo fa giocare poco o nulla, pur non avendo attaccanti da grandi numeri. Pinilla si dice molto contento della sua situazione, nonostante tutto. A metà campionato ha visto il campo solo sei volte; quasi tutti spezzoni a gara iniziata. Prova a chiedere spazio alla dirigenza ma quando capisce che non ci sono grossi margini di miglioramento decide di provare in Spagna.

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A un centimetro dalla gloria.

Nella sessione del mercato di gennaio passa al Celta Vigo: la squadra gioca la Champions, ha il campionato, la Coppa di Spagna e Pinilla spera di poter dimostrare di essere realmente il craque per cui l’Inter (che ancora ne detiene il cartellino) ha speso quasi 3 milioni di euro solo pochi mesi prima. L’annata del Celta di Mostovoi e Vágner, però, è disastrosa: tre allenatori si alternano in panchina, la squadra chiuderà diciannovesima in Liga retrocedendo in Segunda. In Champions i Célticos escono agli ottavi eliminati dall’Arsenal. Malgrado un inizio incoraggiante, con tanto di doppietta contro l’Alaves in Copa del Rey, Mauricio colleziona lo stesso numero di presenze ottenuto con il Chievo (6) ma spalmate su tre competizioni. Al Celta ha scelto la maglia numero 18 – omaggio all’idolo, mentore e padrino calcistico Zamorano che nel frattempo continua a credere fermamente che sarà proprio lui il suo successore – gioca anche un paio di spezzoni in Champions riuscendo a farsi negare la maglia da Henry nella sconfitta del Celta ad Highbury per 2 a 0.

A fine maggio Mauricio sa già che non rimarrà in Spagna. I tifosi hanno preso a chiamarlo Pinigol ma la società si trova a dover affrontare dei problemi disciplinari ogni volta che Pinilla risponde alle convocazioni della Nazionale.
Tutto sommato Vigo gli piace, ha il mare – fattore che diventerà fondamentale a un certo punto della sua vita nella scelta delle squadre in cui giocare – e un porto in cui le navi attraccano regolarmente. Forse Mauricio conserva in sé il ricordo della progenie di Pedro Gutiérrez de Valdivia, conquistatore spagnolo che sotto l’egidia di Carlo I aveva fondato la città di Santiago, in cui Pinigol è cresciuto, in onore di quella Compostela che da Vigo dista solo poche ore di auto.

A marzo Antic si è dimesso e Pinilla è sicuro che il Celta possa essere il posto in cui crescere professionalmente e come uomo. Pochi mesi più tardi cambierà idea sostenendo che in Spagna non c’è posto per i cileni che vogliono giocare a calcio. Uno dei problemi principali di Mauricio è che a 19 anni è già un’icona. Uno di quei giocatori a cui si guarda in patria come un idolo e un campione mancato, un po’ viziato, in maniera alterna. La schizofrenia con cui cambia la percezione riguardo l’attaccante di Santiago è ben illustrata dal comportamento ambivalente che i media cileni hanno nei suoi confronti: Cartoon Network lo sceglie per una serie di sketch in cui lo si vede insegnare i fondamentali calcistici ad alcuni dei personaggi più famosi della rete per ragazzi (in Brasile e Argentina erano stati scelti Roberto Carlos e Andrés D’Alessandro). Dall’altro lato, non c’è momento in cui i quotidiani non mettano in risalto la vita notturna dell’attaccante. Che sia un ritardo all’allenamento o una festa folle con i compagni di squadra in un caldissimo post partita a Siviglia, Mauricio finisce costantemente sui quotidiani spagnoli e cileni. La costernazione del ragazzo è affidata alle parole del padre, che avverte la stampa cilena di quanto suo figlio sia stanco delle attenzioni particolari dedicategli dai giornali, Pinilla minaccia addirittura di lasciare la Roja.

Pinilla alle prese con Gatto Silvestro e altri su Cartoon Network.

Alla fine della stagione 2003/2004 Mauricio è a tutti gli effetti una star consacrata del calcio cileno: a dispetto di un rendimento in campo che non è minimamente vicino a quello dei primi anni alla Universidad de Chile, finisce regolarmente nellepagine di gossip dei rotocalchi nazionali per le sue relazioni sentimentali con starlette televisive. Ogni tanto compare in Tv anche nelle vesti di cantante improvvisato. A vent’anni si trova a gestire le attese di una nazione che lo vede come idolo potenziale ma che, in contemporanea, lo taccia di essere simbolo di una nuova e poco attraente forma di professionista troppo attento al piacere personale e poco alla vita da atleta.

In estate vive la speranza di poter tornare all’Inter, riunirsi finalmente alla squadra per cui ha sempre sognato di giocare per poter dimostrare, finalmente, chi è Pinigol. Dal Messico arrivano offerte remunerative, qualcuno lo vorrebbe all’Espanyol ma alla fine sceglie lo Sporting Lisbona diventando il quarto giocatore cileno più pagato. Arriva in uno dei tre club più importanti del Portogallo, una squadra che tra la metà degli anni ‘40 e la fine degli anni ’50 ha vissuto il suo periodo d’oro grazie all’era dei Cinco Violinos. La società investe un milione e trecentocinquantamila euro per rilevarne la metà del cartellino. Pur non giocando moltissimo segna 5 reti, alcune delle quali contribuiscono a tenere lo Sporting in corsa per il titolo. Il finale di stagione lo vede protagonista con una tripletta di testa al Braga soltanto pochi giorni dopo aver segnato la rete decisiva nell’andata della semifinale di Coppa Uefa contro l’ AZ Alkmaar di Co Adriaanse. I tifosi iniziano a cantarne le gesta.

La rete di Pinilla, entrato da pochi minuti in campo, rappresenta è uno dei momenti più alti della sua esperienza in maglia Sporting. Una gol di rara potenza che il quotidiano “A Bola” ribattezza “Pinbomba”.

A fine stagione avrà collezionato sei reti in venti presenze tra campionato e Coppa. Lo Sporting dei vari Danny, Ânderson Polga, João Moutinho, Fábio Rochemback e Sá Pinto finisce terzo in campionato – vinto dal Benfica di Trapattoni – e perde la finale di Coppa Uefa contro il CSKA Mosca senza che Pinilla prenda parte alle ultime due gare decisive a causa di uno stiramento. Sul finire del 2005 comincia la relazione con Gisella Gallardo, sua attuale compagna. Attorno a Pinilla cominciano a circolare svariati rumors, sempre più insistenti, riguardo una vita dissoluta e poco consona a un atleta. Per via dei capelli lunghi e tirati indietro in Cile hanno preso a chiamarlo Pinigel, soprannome che dovrebbe evidenziare la considerazione media che cominciano ad avere di lui in patria.

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Le annate successive non aiutano a modificare l’immagine che i cileni hanno del ragazzo. Comincia la stagione con lo Sporting per poi passare al Racing Santander in prestito, non prima di aver segnato un’inutile rete nel preliminare di Champions al Friuli di Udine. Alla fine dei sei mesi anonimi in Spagna la società decide di cederlo in Scozia, agli Hearts of Midlothian. Mauricio è un vero e proprio uomo di mare che difficilmente riesce a stanziarsi in un luogo per un lungo periodo. Il problema è che in patria anche gente del calibro di Marcelo Salas comincia a sottolineare come a grandi doti fisiche non stiano corrispondendo prestazioni sul campo altrettanto importanti. Stefan Kramer, comico cileno abbastanza conosciuto, gli dedica una serie di imitazioni in cui “Pinigel” appare sempre in procinto di aprire una lattina di birra autoaffermando il proprio status di craque.

Quando sbarca a Leith, il porto a nord della città di Edimburgo posto alla foce dell’omonimo corso d’acqua, comincia il periodo più buio della sua vita professionale e umana. Nel 2006 è appena diventato padre della sua prima figlia, Augustina. L’evento in sé sarebbe un momento di svolta nella vita dell’uomo e del calciatore, ma in Scozia Mauricio si infortuna più volte: una frattura, i problemi alla schiena che minano costantemente l’integrità fisica dell’attaccante di Santiago e il peggiore dei mali in arrivo. Nonostante tutto fosse cominciato al meglio, con i tifosi increduli di avere un giocatore di tale potenziale in squadra, il presidente Romanov che passa a prenderlo in auto personalmente prima dei match e se lo porta a cena, un infortunio con la Nazionale lo ferma ancora. «I’ve started to fall in love with football again» aveva detto dopo le prime apparizioni con gli Hearts. Finisce per giocare in tutta la stagione soltanto sei gare tra Premiership, Uefa e preliminari di Champions: trova comunque il tempo di zittire i critici in uno dei rari casi in cui va in rete contro l’Aberdeen.

L’azione del gol di Pinilla comincia proprio con un suo stop ad ammansire la palla che scende a campanile poco dopo il centrocampo. Un passaggio sbagliato, il pallone scambiato con un compagno e poi la corsa verso l’ area a raccogliere l’ultimo passaggio di una bella azione corale.

La stagione non continua sulla stessa linea e la società scozzese decide di mandarlo in prestito all’ Universidad, dopo aver rilevato il cartellino dallo Sporting.Volver a la U come ultima via di espiazione e risalita da un buio che non è mai stato a tinte così fosche. Ritorna, ovviamente, in pompa magna. È pure sempre il figliol prodigo e ultimo prodigio prodotto dalle giovanili del Romantico Viajero. Gli è concesso un trattamento da superstar. Uno come lui, uno della hincha è una sorta di Re per la gente dell’ Estadio Nacional – luogo che conserva ancora il ricordo drammatico della dittatura di Pinochet. Ad aprile Pinigol si presenta in giacca e occhiali specchiati davanti a una marea di microfoni.

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La seconda volta di Pinilla all’Universidad de Chile, en su casa, è quasi inutile. Segna due reti in quattro partite e si segnala principalmente per una lite in allenamento con il preparatore dei portieri Eduardo Azargado e per l’affaire Rey León in cui Mauricio viene accusato di aver passato una notte insieme a Cote Lopez, ex volto televisivo di Controcampo e moglie del compagno di nazionale Luis Jimenez. Entrambe le parti smentiranno sostenendo di essere rimasti a casa a guardare il Re Leone come due buoni amici. El Mago, che evidentemente non deve aver creduto alla storia, affronterà l’anno dopo Mauricio in una discoteca alle porte di Santiago.

Sono giorni in cui si fa sempre più forte la sensazione che il talento nitido del centravanti di Santiago stia lasciando il passo a un futuro dalla direzione definita, chiara e ineluttabile: la cancellazione delle proprie capacità in favore dell’immagine da eterno ragazzino immaturo, metrosexual e farandulero costruita in un arco di tempo abbastanza breve. La carriera del ragazzo di barrio San Miguel sta diventando un terreno scosceso con pendenze dure da risalire. Anche in Cile ne hanno abbastanza dell’approccio da playboy con cui Pinilla affronta la sua carriera; il prestito termina.

Tornato in Scozia, trova i tifosi degli Hearts in estasi per il ritorno di un giocatore che, a dispetto delle poche apparizioni in maglia Maroons ha un tasso tecnico e potenzialità elevate rispetto alla media della Scottish Premiership. I supportersJambos lo accolgono con un’enorme bandiera cilena riportante la scrittawelcoming ‘Pinigol’ back’, mentre la stampa si chiede se non possa essere lui il salvatore di una squadra che viaggia mestamente al centro della classifica. L’eroe, finalmente, del Tynecastle. Le promesse si scontreranno con la realtà, fatta di due sole presenze e una nuova serie di infortuni prima al polso e poi ai legamenti del ginocchio.

Le cose peggiorano quando Pinilla si allontana da Gisela Gallardo. Circola la voce, poi confermata dallo stesso interessato, di una depressione che affligge il giocatore santiaguino. Il proprietario degli Hearts, Vladimir Romanov – che era solito sobbarcarsi lunghi viaggi verso l’ America Latina quando il ragazzo era in prestito all U – paga per lui le cure necessarie a riprendersi e non disdegna di dargli lezioni di boxe e ballo. Il banchiere lituano prima porta Mauricio in una clinica del suo paese per poi mandarlo in vacanza a Marbella due settimane. Tra classi di danza, psicologi e diete che lo tengono sotto controllo Pinigol cerca di ritrovare un barlume di serenità. Farsi curare, tanto per gli attacchi di panico quanto per dei chiacchierati ma mai confermati problemi di alcolismo che stanno cominciando a corrodere i giorni migliori di una carriera che si sta dissolvendo velocemente, sembra l’unica soluzione ai problemi di colui che in Cile hanno preso a chiamare Piniron. Dopo aver promesso di ripagare la fiducia del magnate lituano, Mauricio rifiuta di firmare un nuovo contratto a incentivi; ben diverso dal triennale prospettato prima della malattia.

Il video in cui Pinilla parla della sua paura della Polizia e dei suoi giorni in clinica.

Rescinde dalla società di Edimburgo e passa alcuni mesi in Brasile al Vasco da Gama. Nella presentazione al club di Rio, Pinilla appare leggermente imbolsito: il mento gonfio e il colorito cereo cusa dei medicinali che continua a prendere più volte durante il giorno. A novembre è fuori squadra per uno stiramento. Il Vasco retrocede ma nonostante tutto Mauricio spera di rimanere per dare un contributo importante alla risalita del club. Dopo l’alterco avuto con Jimenez e nuovi problemi che arrivano puntuali a ogni suo ritorno in patria, il Vasco da Gama decide di non rinnovargli il contratto. Anche il Gremio, che pure si era interessato a lui per schierarlo in coppia con Maxi Lopez, lascia cadere ogni interesse dopo i recenti avvenimenti. È senza squadra e con un embargo dalla Nazionale che durerà qualche anno.

Completa il suo personalissimo giro del mondo andando a giocare all’Apollon Limassol, in una squadra che lo vorrebbe al fianco dell’altro ex wannabe fenomeno Haruna Babangida. In un campionato talmente inconsistente da essere fuori dalle statistiche di qualsiasi sito.

Limasol, la dicitura turca acquisita dall’occupazione del ’74, è situata nella Baia Akrotiri dove le montagne incontrano il mare per un lungo tratto. Magari proprio in quei posti Mauricio comincia ad appassionarsi alla pesca, passione che lo seguirà di porto in porto. La stagione procede con la ormai consueta serie di infortuni e solo 2 reti in 5 presenze.

Una delle due reti segnate da Pinigol con maglia dell’ Apollon.
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Come sia possibile che un giocatore dal fisico incredibile, che a diciotto anni era già diventato l’ idolo in cui i cileni rivedevano i prodromi del tradizionaledelantero implacabile, finisca a Cipro è difficile da comprendere. Sarà per colpa del suo eterno distacco tra mente e corpo, una distanza difficile da suturare per il centravanti di barrio San Miguel. A stagione conclusa, Mauricio ha cambiato maglia dieci volte giocando in nove squadre diverse, sette paesi differenti in otto anni. A venticinque anni viene percepito in maniera ambivalente dai cileni: amato dalle donne, che lo eleggeranno qualche anno dopo più bello del Mondiale, odiato dagli uomini, che vedono in lui un personaggio a cui piace unicamente carretearPlata fácil lo definiscono a un certo punto, come se non avesse sudato un solo peso di quelli guadagnati.

Nel video c’è un momento in cui questo ragazzo propone di mettere Pinilla a palleggiare in discoteca per poter avere da lui qualche buon risultato.

Dopo un mancato passaggio al Vitória Guimarães e una settimana di prova, firma per il Grosseto del Presidente Camilli un contratto da 130.000 euro con opzione a favore del club per l’anno seguente. La squadra allenata dal Gus Gustinetti (a cui poi subentrerà Maurizio Sarri) chiuderà la stagione ad un passo dai play-off ma con un Pinilla in doppia cifra, finalmente tornato a fare quello che gli riesce meglio: i gol. Arrivano tanti, copiosi e senza sosta. A fine stagione saranno 24 realizzazioni in altrettante partite per l’ex prodigio cileno. Uno che per dirla con le parole del compagno Filippo Carobbio: «c’entra poco con la Serie B».

In questo video, che raccoglie i gol di Mauricio a Grosseto, si può notare come il ragazzo abbia ripreso ad essere felice giocando a calcio.

Riesce nell’impresa di raggiungere e superare il record di 11 marcature consecutive stabilito da Gabriel Omar Batistuta nel torneo ’94-’95. Certo Mauricio le realizza in B, in un campionato di livello differente, ma per uno che era finito ai margini del calcio importante si tratta di piccoli dettagli e poco altro. Pinilla ha finalmente ripreso ad essere il giocatore visto con la maglia blu della U. La stessa rabbia nell’aggredire la palla e l’avversario, la costanza nell’andare a segno e una vita da professionista con tanto di dieta dedicata. È anche ripresa la sua relazione con la compagna Gisela e niente potrebbe andare meglio nella sua vita, al momento. La resurrezione è completa. L’esperienza in Maremma è riuscita a trasfigurare questo ragazzo fuori controllo fino a qualche mese prima. Lo  davano per finito e lui ha deciso di smentire tutti con un ritorno impressionante. È un uomo maturo, finalmente, che ha allontanato gli spettri dell’insuccesso e del fracaso.

La stagione in Toscana lascia sperare Mauricio in una chiamata per il Mondiale Sudafricano. Durante l’anno in molti lo hanno sostenuto e anche “El Loco” Bielsa, che dal 2007 siede sulla panchina della Roja, non è rimasto indifferente alle prestazioni del Pini. Alla fine non risulterà nella lista dei 23 per il Mondiale africano. In questa intervista Mauricio parla della sua mancata convocazione in Nazionale e della mancanza di una prima punta nella vittoria di misura del Cile contro l’Honduras. «A Bielsa è mancata una prima punta», dice. Probabilmente riferendosi, anche, a sé stesso. Lui che con sacrifico e dedizione era tornato ai livelli di qualche anno prima. In estate, nonostante gli interessi di Udinese e Fiorentina, passa al Palermo del Presidente Zamparini per circa 5 milioni di euro, acquistato da Walter Sabatini che ne assicura l’integrità fisica. È un Palermo che viene dal quinto posto della stagione precedente, una stagione figlia dell’avvicendamento tra Walter Zenga e Delio Rossi e che ha visto la squadra raggiungere l’ Europa League. Finalmente Pinilla riesce a giocare con una certa regolarità.

Un Mauricio di buonissimo umore risponde al telefono di un giornalista durante una conferenza stampa pre-partita.

Durante la prima stagione palermitana, giocata con il numero 51 sulla schiena, quasi a rimarcare il cambiamento, l’opposizione agli anni giovani con la 15 sulle spalle, segna nove reti in 31 gare nonostante i soliti problemi fisici. In un’intervista alla cilena TerraTv riferisce di essere diventato finalmente «il giocatore che sognavo di diventare». È nata la secondogenita Matilda, a giugno si è sposato e ha messo su una piccola fattoria in Cile. Un posto tranquillo in cui ritirarsi una volta tornato in patria. I rosanero finiscono l’anno all’ottavo posto e con una finale di Coppa Italia persa contro l’Inter del post-triplete, giocando a tratti un calcio impressionante.

In un’intervista alla cilena TerraTv riferisce di essere diventato finalmente «il giocatore che sognavo di diventare».

Nella seconda stagione a Palermo, cominciata con l’esonero lampo di Pioli e la promozione di Devis Mangia a capo allenatore, Pinilla segna subito una rete molto simile a quella realizzata qualche anno prima in maglia Sporting. Siamo alla seconda giornata e i palermitani battono proprio l’ Inter di Benitez.

La palla ricevuta esternamente sulla sinistra, la corsa per accentrarsi ed il destro potente rappresentano una sorta di marchio di fabbrica per Pinigol.

I soliti infortuni lo bloccano ancora. Perde il posto a vantaggio di Abel Hernandez e anche in Nazionale non riesce a rispondere in maniera costante alle convocazioni di Borghi. Decide di andare via da Palermo a gennaio, destinazione Cagliari, in prestito con diritto di riscatto. Il tutto nonostante l’interesse del Boca Juniors. Segna alla Roma alla sua seconda apparizione in maglia rossoblù. Nella vittoria casalinga per tre a zero sul Cesena mette a segno una tripletta. La seconda in carriera. Chiude la stagione 2011/12 in doppia cifra. È la sua migliore stagione in Italia, con tanto di terzo figlio che diventerà il suo miniPini.

I successivi anni a Cagliari sono un susseguirsi di alti e bassi, infortuni che lo bloccano e voci di mercato che lo vogliono di ritorno all’Inter. In questa intervista il presentatore mostra a Mauricio un fotomontaggio mal riuscito di lui con la casacca dell’Inter. Il sorriso  si fa grande, si apre enorme sul volto eccitato. «Es mi sueño de pequeño», risponde senza nascondere la passione che ancora lo lega alla squadra nerazzurra. Una passione nata sin da bambino e rinforzata al momento dell’arrivo all’Inter del suo idolo e precettore, Ivan Zamorano .

In Sardegna la sua passione per la pesca arriva a coinvolgere tutta la squadra, compreso l’amico fraterno Nainggolan con cui il rapporto è diventato sempre più osmotico. Cagliari lo ama. La famiglia vive bene in Sardegna e dal Cile le Tvaccorrono in Italia per farsi mostrare il suo stile di vita affascinante. La stagione 2013/14 ripete in uno stanco refrain tutta una serie di cliché che sembrano perseguitare la carriera di Pinilla: gli infortuni, qualche voce su presunte difficoltà coniugali, le panchine in un Cagliari che lotta per salvarsi. Ogni volta che entra in campo, però, Mauricio mostra quanta dedizione abbia per la maglia rossoblù.

Pinilla parla dell’interesse per caccia e pesca. La prima gli ha dato qualche problema, la seconda pare riempirlo di soddisfazioni.

Comincia finalmente a entrare in maniera stabile nelle convocazioni di Jorge Sampaoli.
Prende parte al match che qualifica la Roja al Mondiale brasiliano. Una qualificazione storica ottenuta battendo per 2 a 1 l’Ecuador. Al termine della stagione riceve la convocazione per il Mondiale brasiliano. È nei ventitré che prenderanno parte alla spedizione. Il resto è già storia consegnata a un passato che si è ammantato di antico nel momento stesso in cui accadeva.

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Dopo quella traversa Pinilla ha deciso di tatuarsi sul corpo il momento, in modo da non potere mai dimenticare la ferita che porta con sé il ricordo di quegli attimi vissuti a Belo Horizonte. Una gara che rappresenta il compendio della parabola umana e calcistica dell’attaccante di Santiago, sempre a un passo dalla gloria. Con tanto di errore dal dischetto e destro ricevuto all’intervallo.

Pinilla e l’aspetto taumaturgico dei suoi tatuaggi

Tornato dal Brasile, e con un anno ancora di contratto che lo legava al Cagliari, Mauricio ha deciso di approdare a Genoa. Un’altra città portuale in cui inseguire le proprie radici oriunde. A pochi passi da Lumarzo, luogo di resistenza da cui partirono i nonni materni in cerca di fortuna. Lui promette sacrificio più che gol. Arrivano anche quelli, in buona media rispetto all’alternanza in attacco tra Pinigole Matri. Subentrando proprio all’ex Juve e Milan decide la gara casalinga contro la Lazio: un tuffo di testa sotto la Nord che esplode in sincro con il grido dell’oriundo cileno. Un desiderio che si realizza per lui che nel 2011 aveva condannato la Samp alla retrocessione.

Tutto pare perfetto, appunto. Pare. A Bergamo c’è un allenatore che lo vuole fortemente. La società di Preziosi nonostante la buona prima parte di stagione ha necessità di fare cassa e la sua cessione a fine anno, con l’obbligo di riscatto, non legato all’eventuale salvezza della Dea è l’ideale. Con l’Atalanta ha trovato subito il posto da titolare. Colantuono punta sulla coppia pesante con Denis per dare all’Atalanta i punti necessari per restare in A, e al momento pare funzionare.

Proprio nell’ultima gara casalinga contro il “suo” Cagliari Mauricio ha realizzato l’ennesimo gol in acrobazia della sua carriera. Una marcatura di cilena che sintetizza le caratteristiche migliori del bomber di barrio San Miguel: forza atletica, rapidità d’esecuzione e un pizzico di incoscienza che torna utile in certi casi. A Mauricio piace rovesciare il mondo, così come più volte ha fatto con la propria vita. Prova un certo gusto nel ribaltare costantemente le cose, siano esse calcistiche o meno.

Aveva già provato lo stesso numero la settimana prima a Verona, l’ha tentato e gli è riuscito più volte nell’arco della carriera. Il colpo principale di un avventuriero del calcio che ha attraccato in più porti, senza fermarvisi quasi mai a lungo. Oramai ha solo la famiglia in testa, il fisico curato e asciutto del professionista modello e la voglia di battere il record di marcature cilene in Italia. Salas è a pochissimi passi. Una volta raggiunto “El Matador” magari tornerà dove tutto è cominciato. In Cile a La U. Avrebbe potuto avere una carriera differente? Senza dubbio. Sarebbe arrivato a giocare in una grandissima squadra? Forse. Quel che è certo è che, oggi, dopo anni passati a girovagare per il globo, Mauricio Pinilla ha piena coscienza del suo percorso: degli errori commessi e di come non ripeterli.

In questa intervista c’è tutta la consapevolezza di un uomo di trent’anni. La traversa non ha e non avrebbe, secondo lui, cambiato comunque la sua carriera calcistica né la crescita umana. Eppure rimarrà indelebile negli anni a venire, sia per lui che per i cileni.

Per anni ha rappresentato ciò che di più deleterio può esserci nel mondo del calcio. L’incapacità di gestire ricchezza e successo, l’indolenza tipica di chi è pienamente conscio del proprio potenziale ma non ha nessuna voglia di mostrarlo pienamente. Un giovane con i soldi guadagnati e spesi troppo facilmente. Ha gettato tutto al vento per poi ricostruire rapidamente la propria carriera attraverso il sacrifico della sua vecchia immagine. Si è visto appicciare addosso l’etichetta di attaccante mediocre ed inconsistente cercando, poi, di strapparsela con ogni singola giocata. Come in un racconto circolare, la storia di Mauricio non potrebbe che chiudersi con un televisore che proietta in loop le immagini di un video. Una serie di riprese mostrano un mondo utopico in cui la palla calciata da Pinigol, dopo aver incontrato la faccia inferiore della traversa, finisce in rete.

C’è il Cile intero riversatosi nelle piazze a festeggiare la vittoria della Roja e la consacrazione del centravanti di barrio San Miguel: eroe nazionale il cui nome risuonerà per sempre. Il televisore si blocca in un fermo immagine che mostra due andini dai volti spigolosi bloccati in una posa che esprime tutta l’unità della nazione. Il fermo immagine ristagna nel televisore acceso: la telecamera si sposta dal basso con un movimento che riprende a salire l’uomo in poltrona. Le pantofole marroni, un anziano con una t-shirt bianca , il fisico che tradisce un ultimo arco di vita vagamente lascivo. Nell’alzarsi dalla poltrona in cui si era accomodato, l’uomo dà le spalle alla camera e abbassandosi per raccogliere il bicchiere in cui è contenuto il fondo di una birra scopre un lembo di pelle su cui si intravede una scritta a caratteri corsivi: «One Centimeter From Glory».

 

Immagini dei Mondiali brasiliani in evidenza e nel testo: Jeff Gross/Getty Images