Effetto Roberto Carlos

Qualche cifra per ricordare il campione brasiliano che oggi compie 42 anni e ha segnato un ruolo e una generazione di appassionati. Più che un nome, "Roberto Carlos" è un sinonimo.

Roberto Carlos
robbb
Durante il match dei gironi di Champions League Real Madrid-Olympique Marsiglia, terminato 4-2 per i padroni di casa. 16 settembre 2003. (Shaun Botterill/Getty Images)

 

Quando Ronaldo, il fenomeno – quello vero – arrivò  all’Inter, lui era già a Madrid a macinare chilometri in lunghezza e velocità; ma chissà che, in un certo senso, quel fortunato claim pubblicitario: «la potenza è nulla senza il controllo» che accompagnava il Ronaldo in versione Corcovado e destro pneumatico, non fosse anche un po’ rivolto a lui: Roberto Carlos, terzino, potente come pochi, mancino come tutti, dopo di lui.

Roberto Carlos da Silva, per la mia generazione, è qualcosa in più di un giocatore di calcio. Più cose in più, a dirla tutta. È uno stile anatomico, che indica generalmente gambe assai muscolose e polpacci abnormi. Rappresenta un’unità di misura capace di esprimere distanza o violenza di tiro. È un’espressione di scherno: si può usare, per esempio, per indicare un tentativo velleitario di punizione dalla distanza, a calcetto.  Infine, è un senso di superiorità: chiunque l’abbia “usato” in uno dei primi giochi di calcio alla Playstation può ricordare il senso di dominio assoluto sugli avversari. Roberto Carlos è tutto questo e non è tanto altro.

Roberto Carlos Mondiali 2002
In azione contro la Cina ai Mondiali del 2002 Ben Radford/Getty Images

Per esempio, non è un attaccante esterno – con buona pace di Hodgson – ma un terzino nato (a tal punto che persino la madre, dal Brasile, gli telefonava ai tempi dell’Inter per chiedergli cosa ci facesse così avanti nel campo).
E non è un cantante brasiliano che ha collaborato in Italia con Malgioglio – stando a una quasi omonima pagina di Wikipedia. Soprattutto, non è potenza senza controllo. Roberto Carlos da Silva, al secolo Roberto Carlos, è in cinque numeri a metà tra smorfia e fisica.

 

64, i centimetri di diametro della coscia sinistra

L’anatomia, come già detto, non è questione secondaria, nel profilo del terzino sinistro nato a Garca, nello stato di San Paolo. Ha il baricentro basso e le gambe muscolose e potenti. Lo scatto bruciante e una grande forza nella parte bassa del corpo. A vederlo sembra quasi sproporzionato, all’inizio; sotto la maglia larga, il busto cade su due colonne granitiche che sembrano rimpicciolire i pantaloncini in mini shorts da pin-up anni ’50. La sua progressione è spaventosa, non procede per falcate distese, ma per passi brevi. Sembra quasi correre in verticale, come salendo gradini dalla pedata assai stretta. Ricordano certi forni dei treni a vapore, o delle grandi navi di un tempo, i quadricipiti di Roberto Carlos. Dentro, intere riserve di cataste di legna e tizzoni bruciano energia.

 

69, i goal realizzati con la camiseta blanca

C’è un frame che torna spesso nelle immagini di Roberto Carlos in Spagna, con la maglia del Real. È una specie di perifrasi del gioco, di quelle con i numeri sulle parole che si usavano a scuola per la Divina Commedia. I numeri sono il 3, perlopiù vicino al pallone fermo, piazzato; e il 7. Il numero 7 inizialmente è fuori dall’inquadratura, distante dalla palla. Un attimo dopo la sta raccogliendo dalla rete ancora gonfia. Per 69 volte la palla calciata da Roberto Carlos gonfierà la porta avversaria nelle 11 stagioni al Real. Tante per un terzino. “Normali” per un terzino con il suo tiro. E, anche quando non sarà il numero 7, ci sarà sempre un giocatore del Real a raccogliere quel pallone dalla porta. È una questione di consapevolezza e fiducia. Come tirare dalla rete il pesce pescato dal proprio compagno. È difficile distinguere i goal di Roberto Carlos tra loro. Per la maggior parte sono su calcio piazzato o su tiri dalla distanza. Ma le differenze sono sempre costantemente annullate dallo strumento: il sinistro. Perché Roberto Carlos è talmente mancino che sembra tirare di sinistro anche quando – raramente – segna di destro.

 

115, i chilometri orari a cui viaggiava la sua punizione contro la Francia, quella sera del 1997

Roberto Carlos è una notte di inizio estate, in uno di quegli anni dispari del calcio, quelli senza ansie, senza maxischermi in strada, senza dirette mondiali, o affini. È in un torneo a metà tra l’all star game NBA e il sei nazioni di rugby: un po’ spettacolo, un po’ test di prova. Si chiama Torneo di Francia e vi partecipano, oltre ai padroni di casa, Inghilterra, Italia e Brasile. L’anno dopo sarebbe arrivato il mondiale. Quello del ’98, del tiro fuori di poco mimato da Baggio, della Francia campione e della scaletta di Ronaldo.

Barthez chiama i rinforzi in barriera come una madre chiamerebbe i figli a riva vedendo il mare agitarsi.

Nel 1997 è una prova generale per palati raffinati. Quella sera si gioca Francia – Brasile. Punizione per i carioca, Dunga prepara la palla per una punizione scodellata in area. Poi la lascia lì e si allontana vedendo arrivare Roberto Carlos. La rincorsa è lunghissima, e aggiunge una buona decina di metri ai 35 tra la palla e la porta. Barthez chiama i rinforzi in barriera come una madre chiamerebbe i figli a riva vedendo il mare agitarsi. Più che una corsa per calciare, quella del terzino del Brasile sembra una partenza da gara di atletica.

È una specie di staffetta in cui Roberto Carlos lancia l’ultimo 100 all’impazzata del pallone. La corsia curva aggirando la barriera, Barthez non solo la battezza fuori ma le fa anche comunione e cresima. Si sbaglia, la palla cambia drasticamente traiettoria e rientra verso la porta che neanche sembrava dover sfiorare. Goal. Replay. Storia.
Tredici anni dopo, un’ equipe di scienziati francesi dedicherà uno studio a quella traiettoria. Ne farà un’equazione. Citerà leggi della fisica e teorie sul moto dei corpi.
Nel frattempo, un paio di generazioni proveranno a calciare “con tre dita” le punizioni sui campetti di mezzo mondo. Sarà un trionfo di battesimi, comunioni e cresime.Roberto Carlos dirà: «il tiro con le tre dita l’ho provato mille volte. Non mi è mai più riuscito».

124, i migliori giocatori viventi con lui nella classifica FIFA 100

C’è una squadra ideale in cui, dal 2004, gioca Roberto Carlos. Una nazionale dalla panchina decisamente lunga e con una media età non propriamente da under 21. Si chiama FIFA 100 e il suo selezionatore è un certo Pelè. Doveva contenere i migliori 50 giocatori di calcio in attività e i migliori 50 calciatori ormai ritiratisi, tutti viventi. Sarebbe servita alla Fédération Internationale de Football Association per festeggiare i suoi 100 anni di attività.

Sono diventati 125, alla fine, i giganti selezionati da “O Rey”: 123 uomini e 2 donne (le statunitensi Michelle Akers e Mia Hamm) e divisi tra 50 ancora in attività e 75 ormai con le scarpette appese al chiodo. Quasi quaranta nazioni rappresentate (per l’Italia 14 nomi, da Zoff a Del Piero, da Rivera e Facchetti a Nesta e Totti) svariati Palloni d’Oro sparsi qui e lì.

Una geografia del calcio planetaria, in cui trova posto anche l’Africa di Weah, di Jay Jay Okocha e il ghanese Abedì Pelè. Roberto Carlos è tra i15 brasiliani inseriti (i verdeoro sono i più rappresentati). Tra i 125 campioni della FIFA 100, tantissimi fenomeni da calcio piazzato. Sembra quasi di vederli, in una punizione ideale, tutti lì, i vari Zidane, Baggio, Beckham, Zico, Matthaus, Maradona contendersi il tiro con la conta. E poco oltre, lui, Roberto Carlos, pronto per distanze maggiori, magari con le tre dita, magari come contro la Francia quella sera di giugno del 1997. Il suo assolo da campione, nella lista dei migliori 100 giocatori viventi.

 

11, gli anni nel Real Madrid

Lontano dall’Inter, e da Hodgson, Roberto Carlos torna terzino sinistro. Sua madre non ha più problemi a riconoscerlo nel giusto ruolo. La fascia sinistra diventa il corridoio di casa sua. La fa migliaia di volte, avanti e indietro. Ogni tanto si accentra e lascia andare il suo mancino verso la porta. Spesso crossa.

Roberto Carlos Supercoppa spagnola
Festeggiamenti per la vittoria della Supercoppa spagnola in finale col Saragozza. Madrid, 22 agosto 2001 (Nuno Correia/AllsportUK)

Una volta traccia una traiettoria impossibile in corsa dal fondo sinistro del campo, quasi vicino il calcio d’angolo. Finisce sotto l’incrocio del palo lontano. È il 1998, sono passati 17 anni, e il portiere del Tenerife – a differenza di Barthez – non ha ancora adeguate motivazioni scientifiche per spiegare ai suoi figli quel goal subito.

Al Real disputa oltre cinquecento partite diventando il primo giocatore non nato in spagna per numero di presenze con i blancos. Dietro di lui un certo Di Stéfano.

Tutto, quello che ha vinto in carriera tra club e Nazionale

“Tutto” è la cifra per eccellenza dei vincenti. Indica il totale, senza il dettaglio. Evidenzia la qualità senza passare dalla quantità. “Tutto” è cosa per pochi. Con il suo Brasile ha vinto “tutto”: un bronzo olimpico, due Coppe America e un Mondiale. Con il Real Madrid ha alzato tre Champions, due Coppe Intercontinentali e una Supercoppa.

Lo ha fatto da terzino sinistro. Incarnando un prototipo ben definito di campione, uno stile di gioco, un particolare talento. Roberto Carlos è il mancino puro, è il terzino sinistro veloce, è una rincorsa lunga e un tiro violentissimo in cui la gamba lascia andare rigida la palla e accompagna la mezza rotazione del busto, come nel lancio dei pesi in atletica. Potenza insieme al controllo.

Nel quadricipite da 64 centimetri di diametro di Roberto Carlos ogni mancino sprovvisto del talento divino di Maradona ha trovato riparo. Impropriamente, senza apparenti meriti sportivi, direbbe qualcuno, per il solo fatto di calciare più forte che preciso e di farlo con il piede sinistro. D’altra parte, avere sei mogli non è roba da tutti, proprio come disegnare traiettorie degne di studi scientifici, tanto vale accontentarsi di quel po’ che si ha. Il resto è tifo e proiezione.

Roberto Carlos allena in Turchia, all’Akhisar Belediyespor. A chi chiede della sua carriera da mister risponde di voler essere libero di sbagliare e imparare, prima di provare con club più prestigiosi – Seedorf insegna.
Oggi è il suo compleanno, compie 42 anni. Sentire il suo nome pronunciato da bambini nati dopo il 2000, fa sempre un certo effetto. Ma lui è Roberto Carlos: più di un nome, un sinonimo.