Discorsi da Derby

Un milanista e un interista ne parlano, semplicemente, come al bar. Tra i ricordi di Stankovic e Sheva, e le prospettive future.

Interno bar, pre Inter-Milan, 2015.

Davide Coppo: Dunque, io direi di iniziare con la dicotomia che vivo tra tifoso e giornalista, diciamo, o persona che legge i giornali e in parte li fa. Pare che questo derby sia diverso, almeno questo è il sottotesto degli articoli usciti in questi giorni precedente. Ma a te sembra davvero così diverso? Io non ne sono così sicuro.

Michele Dalai: Nemmeno io ne sono sicuro, in realtà questo è un derby atipico (se mai ne sono esistiti di tipici), ci arriviamo entrambi scornati e non troppo rinfrancati dall’eterna estate di calciomercato e amichevoli mediocri. A valutarla da tifoso, irrazionalmente, la vedo come una partita già vinta e considera che l’ultima volta che ho provato questa sensazione siamo usciti dallo stadio piegati dal regalo di Marco Tardelli, un sei a zero nel derby peggio allenato della storia (subito dopo viene il capolavoro di Leonardo con l’espulsione di Gattuso).

DC: Forse di diverso c’è il fatto che è così presto. E il fatto che sia così presto sul calendario mi fa pensare che lo dimenticheremo in fretta, che il suo peso sul calendario sarà ridimensionato quasi subito, perché i processi non si fanno alla terza giornata, a meno che tu non tifi Napoli o Palermo. Forse, ancora, ci stiamo auto-fomentando così tanto ma uno che ci guarda da Torino e Roma alza il sopracciglio e pensa «ma davvero, sono seri?». L’altro giorno ho rivisto gli highlights di quel 2-2 in cui pareggiò il Milan con un rigore di Andre Cruz. Ecco, mi sento ancora in quel periodo lì, un po’.

MD: No, il peggio è passato. Come il meglio, d’altronde. Ti assicuro che visti da lontano continuiamo a essere sobri, questo strano rapporto di reciproca comprensione (pur ammantata di sportivissimo astio), ha creato un microclima-derby unico al mondo. Restiamo comunque nipoti devoti di Prisco e OdB. Piuttosto, al di là del risultato del derby, è strano vedervi in questo limbo ed è strano continuare a vedervi (come nella seconda e lunghissima fase della gestione Galliani), così attendisti e reattivi, non più innovatori del sistema calcio. Dei conservatori, tutto il contrario del modello Milan che ci fece vergognare per anni della nostra marginalità.

Milan-Inter 0-4, 29/08/09

DC: Beh, ci stiamo rendendo conto, forse per la prima volta in questa estate 2015, che le squadre si fanno con il tempo. Ogni Milan vincente che ho visto aveva un forte gruppo ben radicato in spogliatoio, italiano o non, non è quello l’importante. Negli ultimi anni abbiamo cambiato tantissimo, e sempre un po’ a caso, senza una vera idea per il futuro. Oggi, per quanto Bertolacci e Romagnoli stiano facendo discutere visto il rapporto, per ora, tra costi e prestazioni, mi sembra che quella strada sia stata un po’ intrapresa. Certo, mi chiedo perché insistere con un Witsel e ripiegare su un Kucka quando ci sarebbe, che so, Tielemans. Questo non significa che io sia soddisfatto del mercato del Milan. Ma se vogliamo continuare a lisciarci il pelo a vicenda, mi sembra che l’Inter sia più avanti su questo processo. Quello che forse lo può ostacolare di più, a mio modo di vedere, è l’allenatore. Non perché sia un cattivo allenatore, ma perché ha già allenato un’Inter vincente.

MD: L’Inter mi ricorda il Milan dello scudetto di Ibrahimovic, la stessa sensazione di assoluta precarietà, lo stesso tipo di scommessa. All in, o la va o la spacca e salta tutta la pianificazione futura. L’allenatore? Un ottimo allenatore, un uomo che conosce il calcio con il limite di essere stato un campione e di faticare a convivere con il talento di alcuni suoi giocatori. Voi piuttosto, non siete un po’ perplessi di questo monolitico Miha, duro a tutti i costi, spietato a tutti i costi, grintoso a tutti i costi? Sembra uno che per un caffè appena un po’ freddo picchierebbe il barista. Ogni tanto mi pare un po’ forzato.

DC: Non so, mi immagino che sia come stare con una donna matura e di carattere dopo tre anni con una ventenne adorante. Potresti aver ragione, ma il sollievo di vedere su quella panchina uno capace di litigare tantissimo e mandarti a letto senza cena finché non hai chiesto scusa è grande. Pensavo ai nemici, invece: noi Mancio, sì, abituati, e pochi altri. Voi il grande ritorno di Balo. E lo stesso Mihajlovic? Non vorrei dire che mi manca Stankovic, ma ci siamo quasi.

MD: Balotelli mi fa una gran tenerezza e attenzione, non c’è alcun sarcasmo. Mi pare che il calcio sia un tema minore in mezzo a tutti quei demoni. Poi certo, bacia la maglia e lancia la nostra, sarebbe fastidioso un suo gol, ma non è un nemico come non lo è Sinisa, che fa il suo sporco mestiere di manicheo. Inter o morte, Milan o morte, troppi proclami. Insomma, mi manca Ambrosini, uno da detestare con grande rispetto. Mi manca quel Milan. Ecco, l’identità. Noi ce ne siamo andati in Indonesia, parliamo in termini di marketing e ragioniamo su fogli excel. E voi, vogliamo crederci veramente al babau Bee?

DC: Forse sui presidenti ho sviluppato una specie di difesa tipo non-voglio-vedere-non-voglio-sentire. Voglio dire: tu, voi, non vi renderete mai conto cosa significa avere come presidente della squadra che tifi, effettivo artefice del ciclo più vincente di sempre, Silvio Berlusconi. E vivere continuamente questa dicotomia da elettore di sinistra e innamorato di una squadra in cui quello lì alza la Champions League. Quindi Bee è il male minore, credo. Non so nemmeno che faccia abbia. Ma andrai allo stadio? In curva ci vai più?

MD: Ci vado e ci andrò. Allo stadio intendo, la curva l’ho abbandonata nel 1997 e l’ho frequentata da tifoso e non da ultras, senza alcun giudizio né moralismo nei confronti di chi l’ha fatto, ho moltissimi amici che sono stati più attivi di me e gli invidio quel ribellismo giovanile mai sopito. Una cosa mi ha sempre stupito: voi non capite il dolore che molti di noi hanno celato per anni, la tristezza di un presidente-padrone capriccioso e poco capace di gestire il suo capriccio. Quindi, meglio un padrone borghese e rispettabile ma grottesco o un pirata di talento?

DC: Forse la situazione presidenziale in Italia è davvero un casino da qualsiasi parte lo si guardi: la Juve legatissima a una dinastia però odiata da molti per questioni molto poco calcistiche, la Lazio con un truffatore che la fece grande, il Parma pure, la Roma e i Sensi… La nostra frande Serie A delle sette sorelle è la figlia di tanti presidenti, diciamo, strani. Ah dimenticavo Cecchi Gori. Mi ha sempre fatto strano poter andare alle feste del figlio del vostro presidente, ecco (non che ci sia andato spesso, e non che fossero divertenti). Cioè questo rapporto spugnoso tra vita quotidiana e piani alti diciamo. Una roba proprio milanese, no? In realtà forse siamo arrivati a volerci troppo bene, o forse è che ci abbracciamo e compatiamo vicendevolmente. Il vostro 2010 è sparito in un anno, il nostro 2005 (apice secondo me del Milan moderno) collassato  in un po’ di anni in più, pur con un allenatore che ho amato e amo moltissimo, Allegri. Mi ricordo quando perdevo un derby e non dormivo la notte, ora non succede più e non so se sono i trent’anni o il nostro ridimensionamento. Vorrei gli americani.

MD: L’età in effetti smorza gli entusiasmi. Ho dieci anni più di te e mi emoziono molto più difficilmente di un tempo ma in compenso sono attento a momenti e aspetti della partita che prima sottovalutavo. Dei derby di tanti anni fa, l’arco sacchian-capelliano per intenderci, ricordo la terribile sensazione di pericolo costante, l’asfissia dell’assedio, i giocatori del Milan che visti dal secondo anello sembravano più grandi, più forti e veloci. Uno strapotere tecnico e tattico che però mi dava la sensazione di appartenere a una bellissima minoranza, alla riserva indiana. Ti parlo dei tempi di Pellegrini e di una squadra che aveva perso la sua identità Bauscia e si era trasformata in un blocco di pedatori-operai (Seno, i fratelli Paganin, Angelo Orlando). Insomma in campo quelli ganassa ed eleganti eravate voi, noi i veri casciavìt. Poi è arrivato Moratti con il suo velleitarismo e prima di imbroccarne una che fosse una (tolta la squadra di Simoni, 9 + Simeone e Ronaldo), ci siamo trasformati in macchiette tristi. Toglimi una curiosità: vi rendete conto di quali gioie, di quanta soddisfazione ci avete dato in quegli anni (e parlo di tifoseria), occupandovi ossessivamente di noi? Non c’è vittoria del Milan che non sia stata dedicata alla memoria dell’Inter. Vincete e pensate a noi. Saltate, cantate, create cori, sfottò… Posso confessarti una verità assai triste? Io al Milan penso pochissimo, nel bauscismo che sta nel mio corredo genetico è compresa una colossale indifferenza nei confronti del Milan. Il contrario sarebbe una debolezza, questo forse è uno snobbissimo antidoto coltivato negli anni dei vostri trionfi.

DC: Abbiamo pensato molto a voi perché gli anni da cui venivamo ci mostrano un panorama opposto: eravate voi la squadra più vincente di Milano, quella dei record, e noi dovevamo farvi notare il cambiamento. E poi non lo so, un tempo c’era una grande curva capace di creare cori divertenti senza essere offensivi, e credo che quello abbia influito: evidentemente i parolieri erano particolarmente ispirati quando si trattava dell’Inter. Però i festeggiamenti il 5 maggio li giustifico, stava per spezzarsi una certezza, quella che l’Inter non avrebbe mai vinto uno scudetto, e avevo una paura come di vertigini, di ignoto. Poi la certezza si è spezzata, pochi anni dopo, ma quel 2006 fu così un terremoto che cambiò anche molte emozioni in campo. Da parte mia, non capisco questa ossessione vostra con la Serie B, la nostra.

MD: La vostra (doppia) retrocessione è stata a lungo un feticcio per noi. Prima occasione di bullismo (quando eravamo più forti, solidi e ricchi), poi unico appiglio per farvi male. L’idea che tra tante coppe ci fosse una Mitropa era divertente. Insomma, meglio quello che gli scambi di messaggi criptici e lugubri che si scambiano ora tra curve, striscioni incomprensibili e autoreferenziali. Al netto di coreografie spesso memorabili, anche le curve sono cambiate molto.

DC: Ah certo. Io ci sono andato fino al 2014, e ci ero andato per quindici anni più o meno, dal 2000. Mi ricordo quanto mi piaceva, nei primi anni Duemila, stare d’inverno al caldo sotto il telo della coreografia che puzzava di vernice, e andava bene anche non vedere i primi minuti di partita per quel telo e per i fumogeni, perché tanto tutto lo stadio stava guardando noi, non il campo.

Comunque i derby io li ho sempre vissuti molto male, cioè ne ho vinti di bellissimi e storici, il 6-0 e il 3-2 di Seedorf (che poi mi pare fossero 0-6 e 2-3) e quelli di Champions (quelli vinti, ma anche quelli pareggiati), però l’Inter è sempre stata forse la squadra che mi immaginavo più difficile da affrontare. In situazioni di parità di motivazioni mi sembra che voi siate sempre stati più forti.

Milan-Inter 3-2, 21/02/2004

MD: Ci sono giocatori che mi hanno fatto sentire al sicuro. Il derby nelle loro mani e io meno terrorizzato. I miei tre: Simeone, Stankovic e Milito.

DC: Stankovic e Simeone degli incubi veri. Ma mi ricordo ancora Ronaldo. Noi, dopo Sheva, stiamo ancora aspettando un uomo-da-derby.

MD: Potessi togliervi qualcuno mi prenderei Bonaventura. I calciatori intelligenti sono merce rarissima. Tatticamente, intendo.

DC: Dici? Hai visto che non ci sarà Miranda? Io allora immagino che vi sarà difficile tenere Bacca. E Kondogbia vs Poli mi spaventa abbastanza. Ma questa cosa che ieri Luiz Adriano e oggi Ausilio dicono che possiamo vincere lo Scudetto? Pazzi.

MD: Ranocchia è la nemesi di un’intera stirpe di grandi centrali. Ferri, Materazzi, Samuel e poi ti ritrovi con il timido Ranocchia a fare pasticci su pasticci e a innervosire la squadra. Con lui in campo partite in vantaggio. Lo scudetto? È 10 settembre, lasciamo che ne parlino Luiz Adriano e Ausilio.

DC: Vado sempre sulla nostaglia, ma una volta anche il 10 settembre scommettevamo.

MD: Si stava meglio quando si stava meglio.

DC: Quindi ‘sto Scudetto chi lo vince?

MD: La Roma. Che a ripeterlo tre volte, tipo Beetlejuice, magari lo perde davvero anche da favorita, terrorizzata dai suoi fantasmi. Noi dipendiamo, più che dalla qualità di un attacco fortissimo, dagli umori altalenanti sel Dottor Melo. Se la imbrocca siamo in corsa. E voi?

DC: Se va bene arriviamo terzi. Ma bene-bene-bene, e non è scaramanzia. A meno che a gennaio non arrivi Witsel o chi-per-lui. Ma sono abbastanza rilassato: per ora le concorrenti sono Fiorentina e Napoli. E che nervi poi, se andasse bene, a fare la Champions per parteciparvi e basta.

 

Tutte le immagini Getty Images:
Bacca e Miranda durante il Trofeo Tim 2015 (Giuseppe Bellini)
Pato dopo il gol nel derby di aprile 2011 (Claudio Villa)
Crespo nel derby dell’ottobre 2006 (New Press)