Due partite di calcio. Stesso giorno (sabato 13), stesso campionato (Ligat Ha’al, la prima serie israeliana), pochi chilometri di distanza (tra le due città, Tel Aviv e Shmona, appena 184 km). Ma posizioni, idee e soprattutto striscioni completamente diversi. Il tema è caldo, di respiro internazionale: l’accoglienza ai migranti. Il calcio degli altri e dei grandi ha risposto con un unico coro di solidarietà: il Borussia Dortmund ha invitato allo stadio 220 rifugiati, la Roma ha destinato i fondi raccolti dal progetto “Football Cares” al tamponamento dell’emergenza. Parecchi, in tutta Europa, gli striscioni “Refugees Welcome”.
Proprio da questi ha forse preso spunto la tifoseria del Maccabi Tel Aviv, presentatasi sul campo del Moadon Kiryat Shmona con questo striscione. Un “not” che sembra aggiunto a penna fa tutta la differenza del mondo.
After this sign tonight will they still claim that any protest outside MSG when Maccabi comes to NYC is antisemitism? pic.twitter.com/8XwZv3plrZ
— Abraham Gutman (@abgutman) 13 Settembre 2015
Poi ci sono gli altri, quelli in disaccordo. Rappresentano l’altra metà calcistica di Tel Aviv, si chiamano Hapoel e hanno il bianco e il rosso come colori di rappresentanza. Loro hanno giocato in casa, contro il Netanya. Hanno pareggiato per 1-1, ma sugli spalti hanno esposto questo striscione qui.
אוהדי הפועל ת”א מראים אנושיות במשחק מול מכבי נתניה pic.twitter.com/romSZb8lNu
— Yoav Cohen (@ycohen84) 12 Settembre 2015
La traduzione dall’israeliano: “Who isn’t a migrant?”. Dall’inglese: “Chi non è un migrante?”. Due vedute diverse, opposte. Per un derby che non si gioca solo in campo ma anche sugli spalti e sulle posizioni in politica internazionale.