Ann Budge è una donna di mezza età con un caschetto biondo che le dà l’aria tranquilla di una giovane nonna. Nel giugno 2014 è diventata il presidente della squadra protestante di Edimburgo, una delle più antiche società di calcio al mondo: l’Heart of Midlothian. Per lei il pallone è “business as usual” e quando ne ha preso il timone ha ripulito il bilancio, si è circondata di persone appassionate ed ha salvato il club da uno spettrale fallimento. Al suo fianco la Foundation of Hearts, più di ottomila tifosi che raccolgono milioni di sterline per finanziare la rinascita della squadra con una sottoscrizione mensile volontaria. Da novembre la terza maglia del club celebra il loro impegno: è un pezzo da collezione che riporta i nomi di tutti gli 8mila autotassatisi per il bene dei Maroons.
La Fondazione nasce per reazione. Nel 2005 un uomo d’affari lituano con origini russe compra l’Heart: Vladimir Romanov arriva a Edimburgo con il piglio da vero magnate e i suoi soldi aiutano a conquistare nel 2006 e nel 2012 la Coppa di Scozia, oltre ad ottenere buoni piazzamenti in Scottish Premiership. Le vittorie non aiutano a mettere in ordine i conti del club e dopo il crack delle lituane Ukio Bankas e Ubig – nella galassia di Romonov e controllanti dell’Heart – nel 2013 la società entra in amministrazione controllata, con 25 milioni di debiti e una sorta di ipoteca nelle mani della Ukio Bankas sullo storico stadio Tynecastle, casa dei Maroons. La squadra viene punita con un meno quindici in campionato e la retrocessione, quell’anno, è inevitabile. Come unica consolazione, l’Heart si trascina con sé i nemici dell’Hibernian anche grazie a un derby giocato (e vinto) il 30 marzo 2014, penultima giornata prima dello split tra pole scudetto e salvezza. I Maroons sono obbligati a vincere per non rassegnarsi all’aritmetica, l’Hibernian – che fino ad allora era andato piuttosto bene – vuole chiudere la pratica. La partita è empatica, con molti falli e pesanti errori arbitrali a favore dell’Heart. Il finale è un 2 a 0 che tiene viva la speranza.
Marzo 2014: l’Heart tiene viva la speranza salvezza battendo i rivali dell’Hibernian.
Proprio nei mesi in cui si concretizza la retrocessione, un anno dopo il fallimento dei Rangers Glasgow, l’Heart viene salvato dalla milionaria signora Budge, storica tifosa e membro della Foundation of Hearts. Attraverso la “Bidco 1874”, Budge conquista la quota di controllo del club grazie a un accordo da 2,5 milioni di sterline con la Ukio, una settimana dopo aver convinto i liquidatori di Ubig a cedere la loro parte. Quello della Budge è una sorta di prestito nei confronti degli ottomila fan che dal 2010, per reagire alle bizzarrie del magnate lituano, si erano costituti in associazione. Un patto tra lei e la Foundation le assicura la restituzione dell’intera somma nel giro di cinque anni e l’impegno è di traghettare l’Heart nelle mani dei tifosi che nel frattempo alimentano le casse della società con le sottoscrizioni volontarie. In totale saranno 6,3 i milioni di sterline raccolti per salvare il club dei protestanti di Edimburgo e l’impegno è che nessuno ci debba guadagnare, se non la squadra.
Per partecipare, i tifosi dal 2013 possono scegliere di donare mensilmente una cifra che varia da dieci a 500 sterline o possono optare per un bonifico one-shot che può arrivare fino a 10mila sterline. Ogni pound speso equivale a 1,5 maroon points e più si va avanti con le donazioni, più si raggiungono dei piccoli traguardi. Con 50 punti in un anno – cioè dopo aver speso poco più di 33 sterline – si conquista la Premium benefits discount card che dà diritto a diversi sconti; con più punti si può arrivare a far parte di ‘club’ dedicati alle più grandi imprese sportive della squadra – ad esempio, quelli fondati in onore delle due vittorie in Coppa di Scozia del 2006 e del 2012. A incidere il loro nome sulla maglia-tributo sono stati i tifosi che entro il 28 febbraio 2015 avevano conquistato 180 maroon points: appena 120 sterline per rimanere nella storia della propria squadra.
Nella prima stagione della nuova èra l’Heart è sempre in testa. È la 118esima a livello professionistico, ma è la prima dopo oltre 30 anni in seconda serie: stravince il campionato con 29 vittorie, quattro pareggi e tre sconfitte. Il debutto in Championship non è una partita banale: il 10 agosto, con un’oretta di treno, l’Heart arriva all’Ibrox, il tempio dei Rangers. Ad attendere i Maroons ci sono i 43mila tifosi che vogliono celebrare il ritorno al fùtbal di qualità degli azzurri di Glasgow, dopo anni nelle serie infime scozzesi per colpa della maledetta bancarotta. Più un tempo del match va via tra tatticismi e paure; al 53esimo Danny Wilson, Ranger di nascita e maroon di professione, svetta in area e impatta il pallone sugli sviluppi di un calcio d’angolo. È gol, ma non esulta. Gli azzurri di casa spingono, ci provano e trovano il pareggio con Nicky Law, proprio quando scocca il 90esimo e partono i sei minuti di recupero decisi dall’arbitro. Ma ne bastano molti di meno per spegnere gli entusiasmi. Osman Sow, attaccante dell’Heart, passa nel mezzo della difesa, sguscia a cinque avversari e calcia la palla sul palo prima che caramboli in rete: «What a start of their season».
L’incredibile vittoria a Ibrox.
La stagione trascorre così, con l’Heart avanti e gli altri a inseguire. La sfida cittadina con l’Hibernian non vede né vincitori né vinti – un match a testa e due pareggi – ma alla fine saranno i solo i Maroons a tornare in Premier, con i rivali cattolici fuori dai giochi ai play-off. Quando al Tynecastle si incominciava ad accarezzare l’idea di un rapido ritorno in Premier, la patron Budge si sentì in dovere di ricordare alla squadra l’importanza della promozione: «I vantaggi economici – spiegò – sarebbero enormi grazie ai finanziamenti delle “football authorities”. La differenza sarebbe di milioni di sterline, certo che sarebbe fantastico». Fu accontentata il 22 marzo 2015: grazie alla vittoria dei Rangers sull’Hibernian, l’Heart lasciò la Championship con sette turni d’anticipo, un record per la serie cadetta.
Tornata in Premiership, l’Heart of Midlothian oggi è terzo. Il 28 novembre 2015 è il giorno del debutto al Fir Park di Motherwell della maglia-tributo con i nomi degli ottomila tifosi che hanno contribuito al salvataggio del club: «È un momento che ci rende immensamente orgogliosi ed emozionati – ha detto il presidente della Foundation of Hearts, Brian Cormack – ed è così per ogni singola persona legata alla Fondazione». La partita finisce due a due, un pareggio fuori casa che aumenta un po’ il distacco dalla vetta, ma che unisce ancor di più squadra e tifo.
La deadline del piano-Budge, secondo gli accordi, è nel 2019 e solo allora la società potrà passare totalmente nelle mani dei suoi sostenitori. Intanto la chairwoman va avanti con disinvoltura, dopo essere stata per decenni tra i manager più apprezzati al mondo nell’information technology. La stagione 2014-2015 ha portato «risultati grandissimi», ha spiegato, sia dal punto di vista sportivo che finanziario: sono stati superati i sette milioni di sterline di fatturato, andando oltre le previsioni, e si sono ridotte le perdite. «Siamo avanti con il piano quinquennale e il nostro futuro è positivo: proseguiamo facendo le cose giuste e le facciamo bene», ha aggiunto.
La sua inclinazione manageriale è stata uno degli elementi di rottura con la vecchia storia del club. «Per molti aspetti – ha spiegato in passato durante un’intervista – il calcio è un business simile agli altri: bisogna cercare di fare utili, mantenere i costi e prestare attenzione al bilancio. Ma è diverso per due motivi: primo, qualsiasi cosa tu faccia è giudicata da tutti; secondo, invece di avere qualche centinaia di “corporate client”, hai migliaia di consumatori fedeli: i tifosi».
Quelli della squadra protestante di Edimburgo, riuniti nella Foundation of Hearts, hanno racchiuso il loro credo in un manifesto che è più politico che sportivo. Nella loro visione, l’Heart of Midlothian deve diventare quella squadra in grado di essere gestita direttamente dai tifosi, con una amministrazione trasparente che sappia costruire la squadra senza sperperare denari, ma valorizzando il proprio vivaio. Non solo. Lo shock del regno di Romanov ha segnato i cuori maroon che hanno visto traballare le fondamenta del loro stadio e minacciata la loro esistenza. In vista di quel futuro da proprietari via via sempre più vicino, promettono alla squadra nata nel 1874 un futuro stabile e giurano che il Tynecastle resterà la sua «spiritual home».
Anche Budge blinda lo stadio, come se fosse un premio nei confronti di chi non ha esitato a mettere in gioco i propri risparmi per sostenere la sua passione. «Nel caso in cui qualcuno avesse ancora dubbi – ha detto il 3 dicembre 2015 – il futuro dell’Heart sarà al Tynecastle» e c’è un piano per ampliarlo, in modo tale che tutta Edimburgo «possa esserne orgogliosa». Silenzio sui dettagli «fino a quando non saremo sicuri al 100% che tutti gli ostacoli siano stati superati, ma mi aspetto di poterlo rivelare nel giro di qualche mese». In Scozia fanno molta invidia.
Per la Foundation of Hearts, Ann Budge rappresenta «una fresca boccata d’ossigeno nel panorama del calcio scozzese», anche se ora è il solo Cormack a rappresentarla nel board, con un ruolo non esecutivo: «Lavora – scrive il club – per sviluppare la strategia che possa permettere il passaggio della proprietà ai fan nell’arco dei cinque anni». Quando i tifosi saranno in grado di rilevare le quote della società, la loro partecipazione diventerà, insomma, più attiva: i membri della fondazione saranno proprietari di una singola quota e ciascuno di loro peserà allo stesso modo, secondo il principio per il quale una testa vale un voto.
Questo rappresenta un ritorno all’origine ed è nello spirito della rivoluzione compiuta a Edimburgo: è il calcio artigianale dell’Ottocento che si trasforma in impresa sostenibile; il tifo che diventa impegno civico, simbolo di una fede inossidabile. A guidare la pattuglia maroon è il volto rassicurante di una donna che ha un po’ perso la sua privacy e che è costretta, come lei racconta, a scattare foto sorridenti con chi la ferma in strada per complimentarsi. La scorsa estate, intervistata dall’Observer, Budge ha confessato di sentire la mancanza delle sue rilassanti vacanze in barca a vela nel Mediterraneo: «Le rifarò», ha detto. Adesso è impegnata a far coltivare sogni sugli spalti del suo Tynecastle.