Ciao!

L'immagine coordinata dei Mondiali italiani del 1990 fu un terreno di sperimentazione di linguaggi nuovi e di modalità progettuali corali

«Un’idea sfruttabile tridimensionalmente, giochi tecnologici futuri, immagini televisive, consumismo». Nel novembre 1986, all’indomani della presentazione ufficiale dell’identità visiva dei Mondiali di calcio Italia 90, Lucio Boscardin, autore della mascotte snodata Ciao, espone queste dichiarazioni visionarie per cristallizzare lo spirito del suo progetto, sulle pagine di Epoca. D’altra parte concetti quali “futuro” e “tecnologia” (legati all’evoluzione sia dello strumento televisivo dei software di progettazione 3d) saranno ricorrenti nella costruzione dell’immagine di una manifestazione che vuole consegnare al mondo un volto rinnovato dell’Italia, lontano da regionalismi e stereotipi da “bel paese”.

Con i propositi di coinvolgere la collettività nella costruzione di un’identità nuova, il Comitato Organizzativo Locale (Col), diretto dal trentanovenne Luca Cordero di Montezemolo, indice nel 1986 un concorso di idee per la realizzazione di un logo per «contraddistinguere» e di una mascotte per «caratterizzare». La mascotte di Boscardin, che in un primo momento è didascalicamente chiamata l’italiano, si differenzia nella gara proprio per il suo essere astratta e sganciata da riferimenti storici, spiccando sulle quasi cinquantamila proposte pervenute, contraddistinte nella maggior parte dei casi da icone della gastronomia regionale o dei fasti imperiali. La volontà di sfoggiare l’etichetta del “made in Italy” come garanzia di eccellenza trapela in ogni evento della manifestazione; nel caso del concorso per la realizzazione di logo e mascotte si percepisce nella scelta di una giuria prestigiosa composta, oltre che da Franco Carraro, dal grafico Armando Testa, dai designer Sergio Pininfarina e Marco Zanuso e dallo storico dell’architettura Bruno Zevi. A ben vedere, alla chiara fama della commissione giudicatrice non corrisponde un’unanime competenza in tema di immagine visiva; ciò porta il Col a rivolgersi, per una selezione preliminare, a una commissione tecnica composta da soli progettisti grafici, a cui prende parte anche AG Fronzoni, designer noto per il rigore progettuale e l’austerità compositiva.

I bozzetti del logo

La centralità della terza dimensione nei Mondiali del 1990 si intuisce anche nel marchio scelto dalla giuria: un pallone sintetizzato nei soli pentagoni neri sdoppiati in ombre verdi o rosse. «Pininfarina lo considerò tridimensionale perché individuava un rimando alle stampe stereoscopiche, spesso verdi e rosse, che si decifrano solo con gli occhiali 3D.» Vittorio Picconi, l’autore del marchio, dopo una breve parentesi calcistica come centravanti del Rieti in Serie D, si dedica alla grafica a tema sportivo: dal 1983 realizza l’identità per i Giochi della gioventù, nel 1985 si occupa della grafica per i Mondiali di pattinaggio artistico e della coreografia della cerimonia inaugurale dei Campionati mondiali di sci. L’eco mediatica del marchio del pallone tricolore, premiato dal Col con sessanta milioni di lire, è tale che Picconi vorrà utilizzarlo sui propri biglietti da visita. Resterà legato per tutta la sua carriera professionale alla costruzione dell’immagine visiva di manifestazioni ed enti sportivi ricorrendo alla sintesi cinetica, che lo ha reso noto con il logo di Italia 90, in alcuni suoi marchi successivi tra cui quello per i Campionati mondiali di atletica ’87, per la Federazione Italiana Atletica Leggera e per la Federazione Italiana Rugby.

Sarebbe riduttivo comunque attribuire la paternità del logo Italia 90 solo al designer reatino dal momento che, durante la cerimonia del 13 novembre 1986 a Palazzo del Quirinale, oltre a essere svelati il marchio e la mascotte dei futuri Mondiali, viene presentato anche un manuale di utilizzo dei simboli di Italia 90, realizzato dallo studio di Giovanni Brunazzi (Image+ Communication di Torino) a partire dai progetti selezionati di Boscardin e Picconi.

Nelle pagine del manuale, il pallone sdoppiato è affiancato al logotipo Italia 90 nella versione che tutti conosciamo, cioè quella composta con un carattere stencil. Anche Picconi in un primo momento, nei bozzetti preparatori, prospetta l’utilizzo di un carattere stencil, ma alla fine opta per presentare la proposta con un più prudente carattere Helvetica. Nonostante non siano intercorsi rapporti diretti tra Picconi e Brunazzi è curioso notare come entrambi si fossero indirizzati verso la scelta dello stencil, segno che probabilmente costituiva un trend in linea con l’estetica del tempo.

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Ad ogni modo anche il contributo di Brunazzi risponde a un tentativo di rappresentare la terza dimensione. Infatti la scritta in Glaser Stencil (disegnato dal designer statunitense Milton Glaser nel 1970) è distorta, fotografando il foglio inclinato su cui è stampata, al fine di ottenere una superficie in prospettiva, quasi un campo da gioco, su cui far “rimbalzare” il pallone disegnato da Picconi.

La scelta di affidare la coordinazione dell’intera identità visiva a Brunazzi non è arbitraria. Egli ha maturato una profonda esperienza nell’ambito dell’immagine coordinata sia come teorico (pubblicando diversi saggi a partire dagli anni settanta) sia come grafico, prima all’interno della Fiat (dal 1958 al 1975) e poi come responsabile della corporate identity della Iveco (per la quale riceve un Compasso d’oro nel 1979). Per di più Brunazzi nel 1986 ha già avuto modo di lavorare al fianco di Montezemolo dal momento che, nel 1976, l’esperienza maturata nel gruppo Fiat lo porta a progettare la comunicazione per la candidatura al Senato, nelle fila della Dc, di Umberto Agnelli, la cui campagna elettorale è gestita proprio dal futuro presidente della Ferrari.

Una pagina pubblicitaria della Mondo

Brunazzi a partire dal giugno 1986 imbastisce due manuali. Oltre al già citato volume relativo all’immagine coordinata, ne realizza uno con le linee guida per l’applicazione del marchio e della mascotte rivolto alle aziende interessate ad acquisire le licenze ufficiali di riproduzione. Tra di esse vi è una società leader del settore dei materiali plastici per attrezzature e pavimentazioni sportive, la Mondo Spa di Alba, produttrice dagli anni sessanta dei leggendari palloni in gomma Super Tele e Super Santos. Il marchio piemontese a ridosso del Mondiale subisce un’operazione di restyling del logo aziendale proprio ad opera di Brunazzi secondo un’estetica non lontana dal gioco di ombre presente nel simbolo di Italia 90.

Oltre al lavoro svolto da Boscardin, Picconi e Brunazzi, un ulteriore contributo alla costruzione dell’immaginario visivo di Italia 90 proviene dal piccolo schermo. Nel 1989 la Rai e il Consorzio Internazionale delle Televisioni assegnano alla Olivetti la realizzazione dei servizi grafico-informatici delle partite della Coppa del Mondo. La grafica televisiva del mondiale è affidata a Giovanni Anceschi (artista, designer e teorico milanese che già in occasione dei Mondiali di Atletica del 1987 cura la grafica televisiva per Rai-Olivetti) e Mario Convertino.

Quest’ultimo, a partire dagli anni ottanta, contribuisce ad accelerare l’evoluzione della “computer grafica” italiana, che proprio nelle sigle televisive e nelle infografiche dei notiziari sportivi trova campi di sperimentazione privilegiati. Maturato a contatto con le sottoculture musicali e con la grafica per l’industria discografica, all’inizio degli anni ottanta Convertino sposta la sua attenzione sul mezzo televisivo proprio con la direzione artistica della trasmissione musicale Mr. Fantasy a cui fanno seguito progetti per programmi sportivi quali La Domenica sportiva e 90° minuto.

Burri X Italia 90

Sensibile ai linguaggi e alle tecnologie contemporanee, sceglie la modellazione e l’animazione 3D per comunicare la modernità del Mondiale italiano. Il pallone-logo viene riproposto da Convertino, nella sigla di apertura delle partite del Mondiale, con una rappresentazione tridimensionale della sfera. Nella sequenza animata, sul tappeto musicale delle Notti magiche di Giorgio Moroder, la palla carambola in una piazza metafisica delimitata dai monumenti delle dodici capitali del Mondiale. Il tema del pallone che rimbalza su un paesaggio sintetico caratterizza anche i fotogrammi di apertura della sigla con cui La domenica sportiva va in onda a partire dal 1987.

Il fattore forse più interessante che emerge dalla cronaca degli eventi che qui si è cercato di sbrogliare è il ruolo giocato dal Comitato Organizzativo Locale nella gestione di un’identità visiva che, nonostante i manuali d’immagine coordinata, risulta comunque corale, a più teste, partecipata, tutt’altro che rigida. A conferma di ciò l’artista Alberto Burri nel 1987 viene chiamato a realizzare una serie di sei poster ufficiali della manifestazione nei quali non solo non vi è alcuna traccia della tecnologia snodata di Boscardin o del pallone stereoscopico di Picconi-Brunazzi, ma anzi il carattere tipografico utilizzato è un sobrio Helvetica e in primo piano vi è il Colosseo, il simbolo per antonomasia di un passato stereotipato. Ma d’altra parte l’Italia nel 1990 era forse anche questo.