Not afraid

Hassan Whiteside, a Miami, è diventato uno dei migliori centri Nba, in grado di cambiare il gioco degli Heat. Il suo futuro, però, è tutto da scrivere.

All’interno della NBA si sono visti molteplici modi per affermarsi: c’è chi ha sfruttato un trend positivo, chi è risorto, chi si è creato un personaggio e chi, più banalmente, sa giocare a basket. Diverse le storie di vari “predestinati”, la cui sorte è prevedibile già dal Draft stesso e di cui si attende soltanto l’esplosione, ma, in questa lega spietata, c’è anche chi fa parte del lato oscuro e quel successo l’ha dovuto guadagnare fino all’ultimo istante. Hassan Whiteside, dei Miami Heat, oggi è uno dei migliori centri che il basket possa annoverare: è in grado di mutare l’approccio al gioco della propria squadra e rientra meritatamente in quella casta del “chissà cosa ha combinato stanotte, ma le sue radici affondano nel sacrificio, nel rischio, nell’abnegazione e nella costante sfida con il mondo e con se stessi. Se oggi Hassan Whiteside è chiamato a confermarsi, troppo spesso è stato chiamato a dover più semplicemente dimostrare.

Hassan Niam Whiteside è nato nel 1989 a Gastonia, un piccolo paese della North Carolina, da Hassan Arbubakrr, difensore dalla breve carriera in NFL, e da Debbie Whiteside, madre di dieci figli che ha cresciuto Hassan e le sue sei sorelle in Carolina a seguito della separazione col marito. Hassan ha visto la morte da molto vicino quando, a 10 anni, attraversando Davis Park Road a Gastonia, è stato investito da un’automobile fratturandosi una gamba. Durante l’operazione il suo cuore ha smesso di battere ed ha ripreso a farlo solo grazie alla defibrillazione: i medici gli rivelarono di come avrebbe potuto avere difficoltà a camminare e di come avrebbe potuto avere, in futuro, una gamba più corta dell’altra. Così, per sua fortuna, non è stato.

Contro i Pistons, riflessivo. Mike Ehrmann/Getty Images
Contro i Pistons, riflessivo. Mike Ehrmann/Getty Images

Il figlio di Debbie ha iniziato a rimbalzare già dalle High school, frequentando inizialmente in New Jersey dal padre e successivamente a Charlotte, per poi trasferirsi in un college del West Virginia, a Marshall. Durante i suoi anni di High school ha mantenuto cifre similari a quelle che conosciamo oggi in NBA, mentre al college, appena gliene è stata concessa occasione, è diventato in un anno il giocatore con più stoppate all’attivo di tutto il college basketball. Nel 2010 Whiteside è stato scelto alla 33 dai Sacramento Kings per poi essere parcheggiato, qualche mese dopo, alla loro squadra affiliata di D-League: i Reno Bighorns. Quella stagione è terminata a marzo a causa di un intervento al ginocchio, con una sola partita all’attivo in NBA. I due anni successivi sono ancora in D-League, ma la sua reputazione è in pezzi, colpa anche di un carattere difficile. Così decide di andare a giocare in Libano, agli Amchit Club: «L’unica squadra che mi voleva». Alla fine rompe con la società, specie per la costante presenza di forze armate munite di AK-47 che non riesce facilmente a digerire. Continua per un paio d’anni a muoversi tra Libano e Cina, non riuscendo a trovare pace, soprattutto per la nostalgia della sua patria, pur essendo stato insignito di un titolo di MVP delle Finals in NBL.

Quegli anni, ed in particolare quelli trascorsi in Oriente sono l’elemento che, parlando della sua carriera, permette di traslare il discorso dalla parola predestinato a quella di artefice del proprio destino. La permanenza in Libano e Cina, in senso cestistico, è stata ovviamente fuori da ogni parametro che quel tipo di pallacanestro potesse mai conoscere, ma è grazie ad altri fattori che quei trasferimenti hanno contribuito a formare la sua durissima scorza e la sua sicurezza: in Cina il suo interprete pare decidesse di aiutarlo soltanto quando ne aveva voglia, costringendo Hassan a vivere situazioni di disagio ogni giorno, a differenza di qualcuno che invece in Cina si è divertito. In Libano, a causa della guerra civile, Whiteside ha dovuto interrompere un visita medica per una presunta bomba impiantata nei pressi dell’ospedale nel quale si trovava. Durante la sua seconda gara, nel palazzetto è avvenuta una rissa a partita in corso (nel video, dal minuto 29). Oggi, prima di essere fiero delle sue scorribande difensive, Hassan è innanzitutto grato per il semplice fatto di trovarsi nella sua patria. Il lieto fine della sua storia si legge sicurezza e consapevolezza.

Primo marzo 2016: career high contro Chicago, 26 punti

Nel settembre 2014, dopo 17 partite disputate con la maglia degli Jiangsu Tongxi in Cina, Hassan Whiteside riceve una proposta dai Memphis Grizzlies e si trova di fronte ad un bivio: rimanere in Cina con un contratto ad elevato numero di zeri o ritentare la strada della NBA, senza alcuna garanzia. Whiteside opta per la seconda eventualità e, dopo essere stato sballottato tra D-League e NBA per altri due mesi, viene messo sotto contratto dai Miami Heat su, pare, volontà di Erik Spoelstra. A Miami, Whiteside sta provando ad imporsi con un approccio al gioco del tutto particolare: preferisce giocare in difesa che in attacco, perché è in quella zona che sente di avere un maggior controllo sulla partita, pur essendo in grado di esprimersi al meglio sui due lati del campo. Il paradosso è che la forgiatura di un giocatore che ha compreso le matrici della pallacanestro NBA sia avvenuta al di fuori della lega stessa: il compito è ancor più difficile se si considera che i Miami Heat hanno costruito i successi degli ultimi anni senza la presenza stabile sul parquet di un centro abile in fase difensiva, ma non esente dal gioco offensivo. Il numero 21, comunque, sta ancora affinando le sue tecniche difensive, alternando a molti episodi sbalorditivi qualche sbavatura causata soprattutto dalla distrazione.

Whiteside si rivela ottimo come difensore d’area, è infatti attualmente primo per BPG in NBA con un ottimo 3.9. Oltretutto, analizzando il suo metodo di stoppare i tiri avversari, è facile notare come le sue stoppate arrivino frequentemente in aiuto e siano molto spesso seguite dal recupero della palla da parte della sua squadra, dribblando goaltending o stoppate che, analizzando l’azione complessiva, permettono all’attacco avversario di prendere un tiro più semplice di quello precedentemente neutralizzato dalla difesa.

Tutte le stoppate di Whiteside della stagione scorsa. Il centro degli Heat arriva spesso in aiuto ed ha la capacità di capire quale sia il momento giusto per intervenire nell’azione, riuscendo a non concedere il tiro né all’uomo che deve marcare né all’attaccante su cui porta l’aiuto

Al di là dello stretto numero di blocks dispensate ogni sera, è questo il motivo per cui Whiteside è uno dei migliori della lega in questo tipo di giocata. Il 25 gennaio 2015, siglando una tripla doppia da 14 punti, 13 rimbalzi e 12 stoppate, Whiteside è diventato il quarto giocatore NBA degli ultimi 25 anni a siglare una tripla doppia da 12-12-12 nei parametri considerati ed il secondo in assoluto a mettere a referto 12 stoppate uscendo dalla panchina – in 25 minuti, due in più del primo, Manute Bol. Durante questa stagione, Whiteside ha messo a referto altre triple doppie, permettendo ai Miami Heat di portare il valore di DEF Efficiency dal 103.8 della passata stagione al 100.6 della corrente, con Whiteside maggiormente coinvolto nella rotazione. Sempre dal punto di vista difensivo, è doveroso evidenziare come il numero 21 non abbia paura a portare aiuto anche durante un pick’n roll avversario per contestare il tiro, manifestando anche buone doti difensive perimetrali. Tra il 20 e il 22 febbraio, è stato decisivo nelle vittorie di Miami contro Washington e Indiana: 25 punti e 23 rimbalzi nella prima gara, 19 + 18 nella seconda. Era dai tempi di LaSalle Thompson, anno di grazia 1984, che un giocatore entrato dalla panchina non metteva a referto almeno 18 punti e 18 rimbalzi in due gare di fila. A ciò si aggiungano i 21 punti e 13 rimbalzi contro Golden State, sempre dalla panchina: un totale, in tre partite, di 65 punti e 53 rimbalzi, record dai tempi di Charles Barkley. Il primo marzo, poi, 26 punti (e 14 rimbalzi) contro Chicago, personale career high.

Stoppa Nowitzki, prende il rimbalzo, partecipa al contropiede e prende anche il rimbalzo in attacco, ad inizio video. Mangia in testa a Chandler, corre e segna un jumper dal gomito, poi sorride con quel viso angelico, quasi a scusarsi di essersi permesso un’azione del genere

Whiteside con 46.1 è nono in NBA per percentuale concessa all’avversario al ferro (primo in classifica è Rudy Gobert con un 39.9 mostruoso): tuttavia, il lungo degli Heat è secondo in assoluto per numero di tiri tentati dai suoi diretti marcatori con 10.3, secondo solo al 10.5 di Pau Gasol. Sui rimbalzi, Whiteside è tra i migliori della lega con 11.5 RPG che gli valgono il quinto posto assoluto, ed è anche il terzo giocatore della lega per numero di rimbalzi contestati per partita, fattore che può far scendere le quotazioni di rimbalzisti più noti come Drummond o Jordan.

Dal punto di vista offensivo il giocatore è indubbiamente in crescita e non disprezza conclusioni dal mid range, dimostrando, seppur segnare non sia propriamente il suo compito, di avere una mano educata. Dove invece Whiteside è rivedibile è il suo atteggiamento sul campo: talvolta difensivamente si dimostra avulso dal contesto, indeciso ed un po’ lento.

Senza titolo

Ma soprattutto, Hassan Whiteside deve compiere uno degli ultimi passi verso la sua maturità cestistica: suo padre, difensore tenace, gli ha sempre inculcato il senso della sfida ed ha voluto fargli capire di come non debba «take shit from somebody». La scorsa stagione si è reso protagonista di uno e due episodi non esattamente piacevoli. Nessuno ha mai creduto nella sua malafede, ma il problema è prevalentemente di concentrazione: in alcuni momenti il centro ex Marshall ha difficoltà nel gestire ed esprimere quella sicurezza e consapevolezza forgiate durante la sua carriera, finendo – anche un po’ goffamente – fuori dalle righe nel tentativo di guadagnare rispetto. Tornando su uno di quegli episodi, ha detto in un’intervista: «È stato un momento, come può accadere ad ogni giocatore di basket. Nessuno è perfetto», frase che suona più come una giustificazione che come un sincero pentimento.

La gomitata rifilata a Marjanovic: Whiteside deve lavorare sull’aspetto comportamentale

Quest’anno, ha ripetuto una delle sue uscite infelici. La gomitata a Marjanovic gli è costata un flagrant di tipo 2 con conseguente parziale di 0-7 per gli Spurs e sconfitta ai danni degli Heat. Una sorta di giustificazione è arrivata anche da Chris Bosh che ha dichiarato: «Immagino sia tempo di una pausa. Lui sa quanto è importante per la squadra, ma sa anche quanto è necessario rimanere concentrati in ogni istante». Erik Spoelstra è stato più duro: «Saranno presi dei provvedimenti verso Hassan. Ci siamo già passati, ma è un atteggiamento che non condividiamo affatto. Questo non è basket».

Questo è il suo ultimo anno di contratto con i Miami Heat, a seguito del quale diventerà un unrestricted free agent. Le possibilità della franchigia in mano a Riley di prolungargli il contratto sono minime, perché gli Heat non hanno spazio salariale. Durante l’estate 2016 un altro free agent sarà Dwight Howard, scontento in Texas: ecco perché gli Houston Rockets potrebbero tentare di firmare il centro con il 21 sulle spalle. Comunque sia, il percorso compiuto da questo ragazzo ha dell’incredibile: il suo continuo impegno gli è meritatamente valso la rivalsa in NBA. Hassan Whiteside sa giocare a basket, ha sfruttato ogni trend positivo, è risorto ed ha anche creato un personaggio unico.

 

Nell’immagine in evidenza, Hassan Whiteside durante un match contro i Trail Blazers all’American Airlines Arena di Miami, lo scorso 20 dicembre. Mike Ehrmann/Getty Images