Le cinque anime di Praga

La capitale della Repubblica Ceca ha una tradizione calcistica importante, che attraversa storie, luoghi e personaggi: dallo Slavia al Dukla e allo Sparta, avversario della Lazio.

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«Ci vediamo dopo la guerra alla sei al U Kalicha, anzi, facciamo alle sei e mezza nel caso venissi trattenuto da qualche parte». L’appuntamento non avrà mai luogo, perché il buon soldato Svejk – creatura di Jaroslav Hasek e tra i personaggi più celebri della letteratura ceca – finirà travolto dagli eventi. Sbatacchiato, frullato, torchiato eppure sempre in piedi, questo fantaccino dal sorriso beffardo rappresenta l’essenza di Praga, città che la Storia ha piegato senza mai riuscire a spezzare. Solamente negli ultimi cento anni la capitale della Repubblica Ceca ha dovuto subire l’invasione nazista, poi quella dei carri armati sovietici, per finire con le devastanti inondazioni dell’agosto 2002 che hanno causato danni per miliardi di corone. Eppure oggi Praga è considerata la capitale storica meglio conservata di tutto il Vecchio Continente; una metropoli in costante sviluppo alla ricerca della fusione perfetta tra antico e moderno, tra un patrimonio artistico e architettonico di straordinario valore e il rapido adattamento a ritmi, stili e modi di vita tipicamente occidentali. Praga è anche calcio, e ciascuno dei principali club cittadini (in totale se ne contano 14) ne rappresenta un piccolo pezzo di storia.

Sparta Praga

Hradčany, il borgo del Castello, è una delle quattro città storiche, un tempo indipendenti, che oggi costituiscono il nucleo storico di Praga. Sita su un promontorio che domina la Moldava, essa offre suggestive vedute della capitale: il Karlův Most, il ponte medievale più lungo d’Europa, la fortezza di Vyšerhad e la Rozhledna, costruzione alta 53 metri ispirata alla torre Eiffel di Parigi e miracolosamente salvatasi dall’abbattimento voluto da Adolf Hitler perché, a suo dire, deturpava la vista del paesaggio dalle camere del palazzo reale. Volgendo lo sguardo in direzione nord-est invece ci si imbatte nella Generali Arena, teatro delle partite casalinghe della nazionale ceca, ma soprattutto casa dello Sparta Praga, il club più famoso e titolato del paese, nonché avversario della Lazio in Europa League. Club dalle radici operaie, i rivali principali non potevano che essere i borghesi dello Slavia. La prima edizione della stracittadina più sentita andò in scena il 29 marzo 1896 al Císarska Louka (il Prato dell’Imperatore), il primo campo da gioco sorto in città. L’incontro finì 0-0 di fronte a 121 spettatori paganti. Lo Sparta Praga era sceso in campo vestendo divise nere con una grossa “S” sul petto. Solamente nel 1906, dopo una viaggio in Inghilterra dell’allora presidente della società, che tornò da Londra con una borsa piena di maglie dell’Arsenal, il club adottò il colore sociale rosso, successivamente scurito fino a diventare granata.

during the UEFA Europa League match between AC Sparta Praha and Chelsea on February 14, 2013 in Prague, Czech Republic.
Tifosi entrano alla Generali Arena per assistere alla partita di Europa League contro il Chelsea, febbraio 2013 (Scott Heavey/Getty Images)

 

Lo Sparta Praga ha vinto 21 campionati cecoslovacchi e 12 della Repubblica Ceca, con l’ultima affermazione risalente alla stagione 2013/14. La prima invece è datata 1926, anno che sancì la nascita dello Sparta d’Acciaio (Zelezna Sparta), un soprannome derivante dalla capacità della squadra di giocare con il coltello tra i denti fino agli ultimi minuti e di ribaltare risultati apparentemente compromessi. Un’epoca d’oro che permise al club di mettere in bacheca anche due Coppe dell’Europa Centrale (una sorta di proto-Coppa Campioni), nonché di fornire alla nazionale il capocannoniere dei Mondiali del 1934, Oldrich Nejdelý. Dopo una flessione negli anni Settanta che ha portato la squadra alla prima e unica retrocessione della propria storia, il progressivo sgretolarsi della Cecoslovacchia ha visto lo Sparta rinascere e conquistare lo scettro di club leader del calcio ceco, anche se recentemente questo status è stato messo in discussione dalle ripetute affermazioni del Viktoria Plzen. Parlare oggigiorno di squadra del popolo non ha più senso; i milioni investiti dalla famiglia Rezes, proprietaria delle acciaierie Kosice, hanno permesso allo Sparta di creare e mantenere un buon margine di vantaggio su tutte le rivali del campionato, tanto in termini di infrastrutture quanto dal punto di vista economico e di investimento nel settore giovanile. Il club è lo specchio fedele della propria città: moderno e con lo sguardo permanentemente rivolto al futuro.

Sparta Prague fans celebrate during the match between their team and FK Vysocina Jihlava on May 31, 2014 at the Generali Arena, in Prague. Sparta defeated Jihlava 4-1 and won the first place in the Czech Republic football league and their 12nd title since the national league was formed in 1993. AFP PHOTO/MICHAL CIZEK (Photo credit should read MICHAL CIZEK/AFP/Getty Images)
Maggio 2014, lo Sparta vince il dodicesimo titolo ceco (Michal Cizek/Afp/Getty Images)

 

Slavia Praga

A cavallo tra gli anni Sessanta e i Settanta, il gruppo rock psichedelico Plastic People of the Universe, ispirato dai Velvet Underground di Lou Reed, rappresentava la Praga progressista e dissidente che si opponeva al regime comunista instauratosi nel 1948 con un colpo di stato. Possedere una copia di Egon Bondy’s Happy Hearts Club Banned (album parodia del capolavoro dei Beatles Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band, e basato sui testi del poeta-filosofo antagonista Egon Bondy) o assistere a un loro concerto significava rischiare la galera, dal momento che non erano autorizzate né le esibizioni del gruppo, tantomeno la commercializzazione dei loro dischi. Tra i fan più accesi della band, successivamente messa al bando dal regime e scomparsa fino al 1989, c’erano i tifosi dello Slavia Praga, il club degli intellettuali, degli studenti e della borghesia illuminata della capitale. Lo Slavia era stato fondato sul finire dell’Ottocento quando Praga era ancora dominata dagli Asburgo e da Vienna, e il nome della società era stato scelto proprio in riferimento ad un circolo sportivo-letterario, denominato appunto Slavia, la cui unica lingua ammessa al proprio interno era il ceco. Nazionalismo unito a progressismo, un binomio che dopo l’ascesa al potere dei comunisti poteva rivelarsi letale, considerata la scarsa simpatia mostrata dal regime nei confronti di gran parte di studenti e intellettuali, ritenuti potenziali elementi di sovversione nonché “amici dell’imperialismo britannico e americano”. Lo Slavia venne in breve tempo depauperato di tutti i suoi giocatori migliori, passando da potenza del calcio cecoslovacco a mediocre compagine di bassa classifica destinata a scivolare, come in effetti accadrà in più di una occasione, nella serie cadetta del campionato. Si spegneva così la stella di una squadra che tra le due guerre aveva dominato il panorama calcistico nazionale, vincendo otto titoli nazionali e fornendo otto giocatori alla Cecoslovacchia finalista nel Mondiale 1934, vinto dall’Italia di Vittorio Pozzo.

Stadium of SK Slavia Praha before SK Slavia Praha vs. SK Sigma Olomouc soccer match on 26 October 2009 in Prague.PHOTO AFP/MICHAL CIZEK
Lo stadio dello Slavia (Afp/Michal Cizek)

 

Diversi i personaggi da ricordare: l’allenatore scozzese John William Madden, il primo tecnico nella storia dello Slavia e l’uomo che condusse la squadra a vincere, tra il 1906 e il 1930, ben 134 sulle 169 partite casalinghe disputate; il nazionale František Plánička, soprannominato “il gatto di Praga”, considerato all’unanimità il miglior portiere nella storia del calcio ceco (e slovacco); la punta Josef “Pepi” Bican, austriaco naturalizzato cecoslovacco la cui abilità sotto porta era pari al proprio coraggio, dal momento che rifiutò di aderire sia al partito nazionalsocialista in Austria sia, anni dopo, a quello comunista in Cecoslovacchia. Nel 1989 l’imponente manifestazione studentesca contro l’ormai crepuscolare regime venne preceduta da una partita amichevole disputata in loro onore proprio dallo Slavia. Nel 1996, 49 anni dopo l’ultimo titolo, Karel Poborsky, Radek Bejbl e Vladimir Smicer hanno riportato lo Slavia sul gradino più alto del podio. Circa un mese dopo gli stessi giocatori saranno tra i principali protagonisti agli Europei inglesi con la Repubblica Ceca, piegata solamente in finale ai tempi supplementari dalla Germania. Nel biennio 2007-2009 lo Slavia ha vinto rispettivamente per la seconda e la terza volta la Gambrinus Liga ceca. Nel 2011 i Plastic People of the Universe hanno pubblicato il loro ventunesimo album.

 

Dukla Praga

L’Urban Store in Malá Strana, la Città Piccola, è uno dei negozi sportivi più forniti della città. Ma non si possono acquistare maglie del Dukla Praga perché, a detta di uno dei commessi, è una squadra di basso livello e non interessa a nessuno. Sono in pochi a voler ancora sentir parlare di una delle vecchie glorie del calcio cecoslovacco. Ieri la squadra più odiata, oggi semplicemente ignorata. La storia del Dukla iniziò nel 1947 quando, dopo Mosca con il Cska, anche Praga aveva il suo club legato alle forze armate. Era stato fondato con il nome di Atk e, per precisa volontà del governo, sarebbe dovuta diventare la società calcistica più importante di tutto il paese. Per accelerare la sua ascesa ai vertici del calcio cecoslovacco fu introdotta una regola particolare: ogni giocatore che aveva prestato servizio militare di leva sarebbe entrato automaticamente tra le fila del Dukla Praga, non importava se fosse già sotto contratto con un’altra squadra. Il nuovo club vinceva sul campo (11 titoli nazionali tra il 1953 e il 1982), nel 1967 in Europa arrivava sino alla semifinale di Coppa Campioni, ma in patria gli animi della gente rimanevano piuttosto freddi. Lo testimoniano i 28mila posti del Julisce Stadion raramente esauriti quando scendeva in campo il Dukla, puntualmente occupati fino all’ultimo invece quando erano di scena Sparta o Slavia Praga.

Barbora Spotakova of Czech Republic, Olympic gold medalist, world champion and world record holder in the javelin during the 'Day in Life' feature at on April 3, 2009 in Prague,Czech Republic. (Photo by Michael Steele/Getty Images)
Barbora Spotakova, medaglia d’oro olimpica, si allena nello stadio del Dukla (Michael Steele/Getty Images)

 

L’epoca d’oro del Dukla coincise con l’arrivo in squadra di un fuoriclasse quale Josef Masopust, Pallone d’Oro nel 1962, otto volte campione di Cecoslovacchia nonché leader di una nazionale che al Mondiale cileno del 1962 arrivò a contendere al Brasile in finale la Coppa del mondo. I verdeoro, privi di Pelé ma con Garrincha, Didi e Amarildo in squadra, vinceranno 3-1, ma la Cecoslovacchia e Masopust, autore del gol della bandiera, usciranno dalla competizione a testa altissima. La storia del club finì con la Rivoluzione di velluto, la pacifica rivolta guidata da Václav Havel che rovesciò il regime comunista conducendo la Cecoslovacchia verso un modello politico di repubblica parlamentare. L’immagine scomoda del Dukla, troppo compromesso con il vecchio apparato di partito, non ha permesso al club di reperire i necessari fondi – leggi investitori e sponsor – per salvarsi dal declino economico e sportivo. Dopo aver lanciato, nella stagione 1991/92, un certo Pavel Nedved, il Dukla è entrato in un tourbillon di fusioni e retrocessioni dal quale è uscito solamente nel 2006, ricomparendo nella serie cadetta del campionato ceco grazie all’acquisto della licenza posseduta da un’altra squadra, il Jakubčovice. Ma il club, seguito da meno di un migliaio di persone, stenta a scrollarsi di dosso l’etichetta di cimelio del passato direttamente uscito dal Museo del Comunismo di Ná Příkopě 10, posizionato, per un sarcastico sberleffo del destino, nella via più fashion di tutta Praga, al primo piano di un palazzo che sotto ospita un McDonald’s.

 

Bohemians

Nel 1976 la Cecoslovacchia fu il secondo paese dell’Est Europa, dopo l’Urss, ad aggiudicarsi una grande trofeo internazionale, vincendo l’Europeo dopo aver sconfitto in successione quelle che all’epoca erano le due nazionali migliori del mondo: la Germania Ovest di Franz Beckenbauer e l’Olanda di Johan Cruyff, vale dire campioni e vice-campioni del mondo in carica. I tulipani caddero 3-1 in semifinale, mentre i tedeschi furono piegati solamente ai rigori. Il penalty decisivo lo realizzò Antonin Panenka con un beffardo cucchiaio che non lasciò scampo al portiere tedesco Sepp Meier. Perito alberghiero di 28 anni, Panenka è passato alla storia grazie a un gesto tecnico che da allora vanta una folta schiera di imitatori, tra cui Robbie Fowler e Francesco Totti, spesso erroneamente indicati, rispettivamente dalla stampa inglese e da quella italiana, come gli inventori di questo particolare modo di calciare dagli undici metri. Panenka militava in uno dei club più amati di Praga, il Bohemians 1905, la squadra più affascinante da seguire dal vivo, nel piccolo impianto chiamato Dolícek, per il tifo caldo, coinvolgente e molto british dei propri tifosi. La centenaria storia del Bohemians 1905 narra di un tour in Australia nel 1927 dal quale i giocatori tornarono con due canguri, poi donati allo zoo di Praga, che divennero la mascotte societaria e contribuirono a ridisegnare il logo del club.

Prague, CZECH REPUBLIC: TO GO WITH AFP STORY "Le Bohemians Prague renait grace a une collecte de ses supporteurs" Soccer players of FC Bohemians thank their fans after the match with Slavia Prague at Vrsovice stadium in Prague 07 August 2005. Czech football club Bohemians Prague, a former first division team which reached the semi-finals of the UEFA cup in 1982-1983, has reemerged from a financial crisis that threatened to wipe it out, thanks to a collection by fans this year. The club, founded 100 years ago and where the celebrated Antonin Panenka, the hero of the Czechoslovak Euro-1976 final vistory over West Germany, once played, is now back, after losing its licence at the start of the year. Now playing in the third division, club officials hope to return to the top by 2010. AFP PHOTO (Photo credit should read STRINGER/AFP/Getty Images)
Giocatori e tifosi dei Bohemians nel 2005 (Stringer/Afp/Getty Images)

 

Campioni nazionali e semifinalisti in Coppa Uefa nel 1983, i bianco-verdi rischiarono di scomparire nel 2005 con la retrocessione d’ufficio in terza divisione a causa di una pessima gestione finanziaria, che costrinse i tifosi a organizzare una raccolta fondi per pagare parte dei debiti del club. Da tre anni i canguri saltano di nuovo nella Synot Liga, il massimo livello nazionale. Doverosa una precisazione: il Bohemians 1905 non va confuso con l’Fk Bohemians Praga, che possiede gli stessi colori sociali e una mascotte identica ai primi. Motivo? Aveva acquistato il tutto quando il Bohemians 1905 era sprofondato nelle divisioni inferiori. Una vicenda singolare sulla quale si è pronunciato qualche anno fa il Tribunale di Praga, sancendo per l’Fk (una società con scarsissimo seguito e oltretutto priva di uno stadio di proprietà) il divieto di utilizzo del nome Bohemians, a causa della mancanza di legami con lo storico club di Panenka. Ma tra ricorsi e appelli, la ragione sociale di quello che una volta era conosciuto con il nome di FC Střížkov Praga 9 è rimasta immutata.

 

Viktoria Zizkov

A est del nucleo storico, il quartiere popolare di Žižkov appare come un museo a cielo aperto della Praga “rossa” di venticinque anni fa. Nulla è cambiato in questa roccaforte del proletariato piena di casermoni che fanno tanto Berlino Est, e di fumosi pub dall’illuminazione fioca modello antro di caverna. Uno scenario di grigiore urbano dominato dalla Torre della Televisione, la struttura più alta di tutta Praga con i suoi 216 metri, progettata a metà anni Ottanta dal regime comunista con il principale scopo di schermare le emittenti televisive della Germania Ovest. Un paio di isolati a nord della torre si accede alla casa dell’ennesimo storico club del calcio ceco, il Viktoria Žižkov, fondato nel 1903 da un gruppo di studenti e diventato parte integrante del calcio praghese venti anni dopo, quando l’allora cittadina di Žižkov venne inglobata dalla capitale diventandone un quartiere.

Photo taken on February 27, 2010 from the Vitkov National Memorial in Prague shows the roofs of the Zizkov district and "climbing baby" by artist David Cerny adorning the Zizkov Television Tower. AFP PHOTO /MICHAL CIZEK (Photo credit should read MICHAL CIZEK/AFP/Getty Images)
Il quartiere di Zizkov con parte della torre televisiva (Michal Cizek/Afp/Getty Images)

 

A dispetto della forte connotazione proletaria della squadra, il Viktoria non ha in alcun modo beneficiato dell’avvento del socialismo reale nel paese. L’unico campionato vinto risale al 1923, mentre le nove coppe nazionali in bacheca arrivano tutte dall’epoca pre-bellica oppure da quella successiva alla nascita delle repubbliche indipendenti ceche e slovacche. Proprio la creazione di un campionato slovacco autonomo ha permesso al Viktoria Žižkov di riassaporare il sapore della massima divisione, ma il declino è continuato in maniera irreversibile, e oggi club, dopo essere anche stato coinvolto in un affare di calcio scommesse, è sprofondato al terzo livello del campionato ceco. Avviso ai turisti per calcio: il Viktoria disputa le proprie partite casalinghe alle 10:15 di domenica mattina.

Nell’immagine in evidenza, vista mattutina del castello di Praga (Michal Cizek/Afp/Getty Images)