Il lungo addio di Miracle Man

Un ricordo della più grande leggenda delle Bmx, star di molti X Games e ancora più adolescenze.

Quando avevo all’incirca sei anni i miei genitori mi regalarono una Bmx, non ricordo se quella fu di preciso la mia prima bici seria, una bici da grande, da ometto di casa. Di sicuro avevo avuto un’iniezione di felicità rara, come forse avrei provato ancora poche altre volte in futuro. Soltanto la mia prima Vespa elettrica mi aveva avevo restituito un piacere altrettanto intenso e sincero. Se state pensando a me come a un giovane pieno di folle attrazione per i trick impossibili e un po’ matti, vi state sbagliando. La mia era una di quelle Bmx da tardi anni ’80, con un rivestimento di gomma piuma sul tubo superiore – nel caso uno fosse veramente matto da provare qualche evoluzione, frutto estemporaneo di un momento – i manicotti blu e gialli, una splendida carenatura virata sull’azzurro e la sella in tinta con le ruote completamente gialle. Era una piccola e poco elegante copia delle vere Bmx, una versione giocattolo di qualche marchio italiano (probabilmente Atala) di quelle vere, belle e arroganti che avevo visto da qualche parte. Non ricordo nemmeno più dove; qualche tempo dopo anche mio fratello se ne fece regalare una. La sua era rossa e argento, molto più elegante e distinta della mia, solo che la trattava peggio.

A differenza mia, mio fratello era il tipo un po’ matto che se ne sbatte – o almeno così era quando eravamo ancora bambini – di farsi male, cadere e sanguinare. L’unico obiettivo era riuscire a raggiungere quello che voleva, il più delle volte lanciarsi con la bici dalle scale e, se c’era spazio, provare a tirare su la sua Bmx più bella della mia, facendo qualche evoluzione. Mi ha sempre affascinato quel tipo di personalità, così incosciente e diretta, che non perde tempo a calcolare tutte le variabili che nascono e crescono intorno a un avvenimento o ai potenziali danni che circondano ogni accadimento. Credo che la sua incoscienza, poi divenuta così pregna di lucidità, sia proprio una delle cose che maggiormente gli invidio da sempre. Nonostante quanto gli sia costata certe volte, quell’incoscienza.

24 Oct 1998: General view of a competitor gripping the handle during the NBL BMX Championships at the Nellis Track in Las Vegas, Nevada. Mandatory Credit: Donald Miralle /Allsport

È esattamente così che immagino fosse anche Dave Mirra, uno uomo dall’incoscienza quadrata e chiara. Un atleta che ho sentito nominare le prime volte quando, intorno ai 20 anni, ho cominciato a guardare con febbre estatica agli sport in cui le ruote vibrano e girano frenetiche in un turbinio di cerchi rapidissimi. Ho incontrato quel nome incidentalmente mentre mi appassionavo alle evoluzioni di gente come Tony Hawk, Bob Burnquist e tutta la crew di skaters che al tempo della mia infatuazione per i trick e le evoluzioni più assurde, faceva parte di un certo mondo allargato che consideravo come un’unica tribù a cui avrei voluto aspirare: purtroppo, o per fortuna, ero troppo consapevole dei miei limiti e delle mie paure. Dave Mirra l’ho incontrato esattamente in quel momento. Mirra ha rappresentato una vera e propria leggenda degli X Games, un personaggio che fino a pochi anni fa deteneva il record di medaglie vinte da una sola persona; nel 2014 vince il Race Across America e compete per il suo primo Ironman race: forse un modo per reinventarsi dopo la fine della carriera in Bmx. Mentre vive a Chittenango, nello stato di New York, entra a far parte della Haro Bikes BMX team in 1987, ha solo 13 anni ed è già un fenomeno in fieri. Nell’88 compare in uno dei video di Plywood Hoods –un collettivo che riunisce il gotha degli atleti su due ruote – e arrivano le prime sponsorizzazioni importanti.

Divenuto professionista nel 1992, da quell’anno Mirra comincia a vincere medaglie su medaglie, che potete trovare elencate nella sua bio. Ha passato il post carriera a gareggiare con il Subaru Rally Team Usa, nel Global RallyCross Championship, costantemente alla ricerca di quella adrenalina che si prova volando a decine di metri da terra, che esplode tonante quando le ruoto toccano terra, alzando una filigrana leggerissima di polvere.

«I was born in 1974 in a small town in upstate New York — a time when bicycle motocross was just about to blow up the scene. By the mid-’80s, freestyle Bmx was the coolest thing I’d ever seen. It was a movement, and I was part of it. Just about every kid across America was riding Bmx. There was at a time in high school when most kids traded their bikes for a car. I had to make a choice: Follow them or follow my heart. … I just kept on riding. As far as I was concerned, I was sentenced to life».

LOS ANGELES - AUGUST 6: Dave Mirra performs a trick during the BMX Freestyle park final at X-Games Eleven on August 6, 2005 at the Home Depot Center in Los Angeles, California. (Photo by Nick Laham/Getty Images)
Dave Mirra durante la finale del BMX Freestyle park X-Games Eleven di Los Angeles, California (Nick Laham/Getty Images)

Quella di Mirra è stata una carriera fatta di grandi successi, ma che al tempo stesso lo ha visto coinvolto in due incidenti tali da distruggere la carriera di chiunque. Non la sua. Il corpo del rider è stato devastato, tanto da far nascere, in chi gli gravitava intorno, domande sulle reali possibilità di un ritorno alle gare. Nel 1993, quando ancora era soltanto un ragazzino diciannovenne, era diventato un pro della Bmx appena finito il liceo: mentre lasciava un club nei pressi di Syracuse un autista ubriaco lo colpì in pieno fratturandogli il cranio e una spalla. Probabilmente è stato un dolore mai provato prima, nonostante le cadute e le ferite riportate in anni di gare, nonostante i colpi che possono essere un compagno di viaggio a cui ci si abitua facilmente: «A car going 45 hurts a lot more than you falling from 15 feet and hitting the ground, but it all hurts». Un coagulo di sangue rimase per un tempo lunghissimo a ricordargli di quanto accaduto, e tempo dopo dichiarò che se fosse stato un giocatore di football, i medici non lo avrebbero mai più fatto gareggiare. In meno di un anno Mirra era nuovamente in sella alla sua Bmx. Nessuno poteva controllarlo: faceva parte di uno sport indipendente, nessuna restrizione o obbligo di stop avrebbe potuto fermarlo.

Ancora nel 2006, Mirra è coinvolto in un incidente che lui stesso definirà “il peggiore di sempre”. Nel primo giorno di park practice della Bmx prima dei Summer X Games. Dopo aver spinto fortissimo nei primi round, l’ultimo lascia addensare un’aria torva sulla figura di Mirra: «I missed the landing and came down flat. As I leaned back to suck it up, my ass hit the back tire, my bike instantly stopped, and I went straight over the bars to the ground. I basically fell 16 feet straight to my head. Just after I hit the ground, I thought for sure I broke all the ribs on the right side and my sternum was smashed. I couldn’t breathe, so a collapsed lung crossed my mind. I knew something was wrong». Nonostante gli infortuni, le ossa rotta, il rischio che incombe costante sulla propria testa, Mirra ha continuato a gareggiare e vincere senza soluzione di continuità: tra il 1995 e il 2008 ha vinto una medaglia all’anno, 14 d’oro. Il suo record di 24 medaglie è stato battuto soltanto nel 2013, da Bob Burnquist. Quando parliamo di Dave Mirra parliamo di uno sportivo che ha avuto sulle generazioni di giovani rider un’ influenza seconda a nessuno. Conduce anche due stagioni del Mtv’s Real World/Road Rules Challenge, da quando ha cominciato è arrivato dove pochi altri sono riusciti: sul tetto del suo mondo di riferimento.

Allora com’è possibile che lo scorso 4 febbraio si stato trovato morto nel suo pick-up parcheggiato nella strada adiacente la casa di Scott Ashton, suo miglior amico e persona a cui aveva confidato i piani per il futuro? Un colpo alla testa ed è tutto finito. Senza alcuna nota, se non due foto lasciate sul suo profilo Instagram ore prima della morte, gli amici di Mirra hanno preso a chiedersi come mai un uomo che ha sempre combattuto contro elementi tanto più grandi di lui avesse infine ceduto a qualcosa di apparentemente insostenibile. Il giorno precedente la sua morte aveva postato su Instagram una foto di lui mentre combatte in guantoni, la caption recita: «Fight to win! We all have a battle to fight. Never back down. Love you all. #diewithyourbootson»

La teoria più accreditata, esposta anche dal sindaco di Greenville, Allen Thomas, è che Mirra avesse scoperto di avere dei problemi al cervello che gli avevano causato una profonda depressione. Secondo Thomas, che avrebbe incontrato Mirra poche ore prima della sua morte, gli infortuni subiti in anni di competizioni avrebbero avuto un effetto deleterio sulle condizioni mentali di Dave. Non è bastato combatterli al tempo, tornare a correre schizzando sul legno lucido di piste sempre uguali ma bellissime, alla fine quegli infortuni hanno vinto. Hanno avuto la meglio sul suo corpo costringendolo al ritiro; ma non avevano intenzione di lasciarlo in pace nemmeno dopo aver chiuso un capitolo centrale della carriera.

CHICAGO - JUNE 27: Dave Mirra, of Greenville, North Carolina, performs on his way to 1st place during the BMX Park Final of the Nike 6.0 BMX Open on June 27, 2009 at Grant Park in Chicago, Illinois. (Photo by Jonathan Daniel/Getty Images)
Dave Mirra mentre gareggia al Bmx Park Final Nike 6.0 BMX Open, a Chicago (Jonathan Daniel/Getty Images)

In un momento in cui si parla sempre più profondamente di consussions e dei danni che gli atleti subirebbero durante l’arco di un’intera carriera, anche sport fuori dai radar dei grandi palcoscenici si trovano ad affrontare problematiche legate a traumi invisibili ma profondamente debilitanti, arrivando a toccare livelli di criticità prima sconosciuti. Il freestyler Jamie Bestwick ha dichiarato:«[A concussion] is not something that’s visible like a broken hand, or a pulled hamstring where you’re walking with a limp, it’s like you had a couple too many [drinks], like you had a bit of a hangover. Back then you threw caution to the wind because who cares»? Anche se manca un legame ufficiale tra la morte di Mirra e le commozioni cerebrali subite nell’arco dell’intera carriera, moltissimi atleti cominciano ad avere paura per il proprio futuro. Donny Robinson, che ha vinto una medaglia di bronzo nella Bmx ai giochi Olimpici del 2008, ha stimato di aver avuto all’incirca 25 commozioni cerebrali nell’arco della carriera: «I don’t see any side effects from it. Maybe some short-term memory stuff, but everything else is normal. But I do think, what if these things that happened to the brain hasn’t happened yet, what if one day it clicks? It’s petrifying», ha dichiarato Robinson, che a 32 anni è ancora nel giro delle gare professionistiche.

La verità è che forse siamo troppo abituati a vedere questi come dei novelli super eroi, atleti estremi in ogni aspetto e, soprattutto, sempre alla ricerca di una nuova competizione che possa portarli a un nuovo livello di consapevolezza. Che possa spingerli oltre quanto fatto prima, anche se il picco raggiunto è alto metri e metri da terra. Lo stesso Mirra era solito parlare della propria carriera come qualcosa di facilmente associabile ai concetti di perdita (di forma, energia, attenzione, guadagni) e morte: « Athletes die twice, but extreme athletes are distinct in their retirement as well. The thrill-seeking engine that has propelled them forward suddenly goes silent, and they’re left trying to figure out how to reignite. Retired riders talk about searching for something – anything – that will give them the old feeling. I tried riding street bikes a little bit». Probabile che la fine della carriera abbia significato per Mirra l’inizio di una nuova ricerca, quella di uno spazio in cui ritrovare l’adrenalina delle gare di cui era stato protagonista.

LOS ANGELES - AUGUST 7: Dave Mirra leaves his bike while in a 360 backflip in the Bike Stunt Park competition during the ESPN X-Games on August 7, 2004 at the Staples Center in Los Angeles, California. Mirra would finish first. (Photo by Harry How/Getty Images)
Dave Mirra durante un 360 backflip agli Espn X-Games2004 a Los Angeles, California (Harry How/Getty Images)

Dallo scorso inverno il profilo Instagram di Mirra aveva preso a essere una specie di diario, un compendio della vita da atleta e da uomo, un marito e padre che cercava il senso di una vita ordinaria dopo un’esistenza costruita fuori dagli ordini prestabiliti. Ha continuato a postare immagini di sé e della propria famiglia forse nel tentativo di ricordare a se stesso quanto importanti fossero le cose che aveva intorno, e quanto bisogno avessero di lui i suoi affetti. Foto di Mirra mentre spara con un fucile semiautomatico o durante una gita al lago, ci restituiscono l’istantanea concreta di un ex idolo compresso tra normalità quotidiana e la ricerca ossessiva di attimi di eccezionalità. Alcuni amici di Dave sostengono che nelle ultime settimane non fosse più lo stesso. Volubile e costantemente alla ricerca di un nuovo piano, una soluzione che lo allontanasse da quel sentimento oppressivo e greve di una cupio dissolvi che aveva evidentemente preso a tormentarlo come un punteruolo che ogni istante gioca con i nostri nervi. Mirra parlava senza paura di depressione, la mente non funzionava più nel modo giusto, alcuni avrebbero avanzato l’ipotesi di una dipendenza da farmaci, teoria che si alterna con quella del disorientamento causato dai danni cerebrali subiti durante le intense gare in cui ha volato sempre più in altro degli altri.

Kenan Harkin, un altro Bmxer che ora gestisce un piccolo business di rettili esotici in cattività in Florida, ha riportato una discussione in cui Dave gli avrebbe detto: «We are not normal people. In the best sense of the word, we are childlike. We’re not happy idiots, but as I talk to you, I’m standing among giant tortoises». Harkin sentiva una profonda preoccupazione per la condizione dell’amico ed ex collega, ricorda di aver chiamato una serie di amici chiedendosi: «What can we do about Dave?»L’ultima immagine che Dave Mirra ha postato sul suo profilo Instagram lo vede protagonista di uno dei suoi trick durante una gara ai tempi del college: la caption recita soltanto Rose high school Greenville Nc.

 

Rose high school Greenville Nc

Una foto pubblicata da Dave Mirra (@davemirra) in data:

In un’intervista gli è stato chiesto, in un ipotetico film sulla sua vita, quale sarebbe stata la difficoltà principale da superare. Mirra rispose: «Te stesso, la guerra dentro la tua testa. Per essere il migliore in qualcosa devi essere riuscito a sconfiggerlo». Resta assurdo credere che chi ha sconfitto la gravità, piegandola al proprio volere, ceda a qualcosa, ma con Dave Mirra sembra essere successo esattamente questo. Le immagini di lui mentre spinge le braccia per spostare il peso della sua Bmx nell’aria ce lo restituiscono immarcescibile e reale, capace di volare più in alto di ogni altra persona o cosa. Lo ricorderemo incosciente e lucido mentre respira forte dentro il proprio casco.