Barça, qué pasa?

Tre sconfitte nelle ultime quattro gare, fuori dalla Champions e Liga riaperta: i motivi dell'inattesa involuzione dei blaugrana.

Avrebbero sempre potuto scomodare Rizzoli e quel mani di Gabi giudicato fuori area anziché all’interno dei 16 metri. Troppo facile, e anche imbarazzante, se ti chiami Barcellona: «Non commento l’operato dell’arbitro», ha tagliato corto Luis Enrique, mentre Jordi Alba è stato ancora più chiaro: «L’arbitro non ha nulla a che vedere con la sconfitta». Sacrosanto, anche perché l’eliminazione del Barcellona dalla Champions League arriva dopo una prova pessima di tutto l’undici blaugrana, la terza sconfitta in quattro partite tra campionato e Coppa: strano, anzi allarmante, per una squadra che non perdeva dal 3 ottobre (a Siviglia), che aveva messo insieme 37 risultati utili consecutivi, che in campionato aveva collezionato 12 vittorie di fila. Poi sono arrivati i tre ko in dodici giorni, cioè lo stesso numero di sconfitte patite durante tutta la stagione fino a marzo (due in campionato, una in Supercoppa spagnola). Ma quali sono i motivi dell’improvvisa involuzione del Barcellona che ha riaperto la Liga e chiuso l’avventura in Champions?

La sconfitta al Calderón

Messi

Non si può non partire da lui, specialmente se il giorno prima il grande rivale Ronaldo con una tripletta ha trascinato il Real Madrid in semifinale. “Messi a casa”, il titolo della Gazzetta dello Sport odierna, “Senza notizie di Messi”, va giù duro il Daily Mail. Senza notizie da un bel po’: nelle ultime cinque partite, la Pulce non ha né segnato né servito un assist. Non gli era mai successo in carriera. La partita di Messi contro l’Atlético si riduce a un galleggiamento apatico tra le linee, senza guizzi personali né opportunità create. Le uniche due volte che l’argentino ha attirato l’attenzione delle telecamere è stato in occasione di due calci di punizione, entrambi terminati fuori dallo specchio di porta. Così Messi è arrivato a 452 minuti senza segnare, a un passo dal gol numero 500 che non ne vuole sapere di arrivare. E scavando la fossa al Barcellona, che quando non può contare sul contributo realizzativo del suo miglior giocatore esce puntualmente dalla Champions: è già capitato sette volte (contro il Liverpool nel 2007, Manchester Utd nel 2008, Inter nel 2010, Chelsea nel 2012, Bayern nel 2013, Atlético nel 2014 e quest’anno).

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Gli altri due (e la mancanza di alternative)

Della MSN, ovvio. Suárez è stato l’uomo che ha tenuto a galla il Barça nel match di andata contro l’Atlético, ma nelle tre sconfitte contro Real Madrid, Real Sociedad e poi colchoneros nessuno dei tre è andato a segno (l’uruguaiano però non c’era a San Sebastián). «La dipendenza del Barcellona dai tre uomini davanti è assoluta», scrive Ramiro Aldunate su Marca. È facile rilevarne la veridicità: la Msn ha segnato 109 delle 143 reti complessive della stagione del Barça (45 Suárez, 37 Messi e 27 Neymar). È ovvio che, se non funziona nessuno dei tre, non funziona l’intero apparato offensivo della squadra. Toni Juanmartí, su Sport, ha scritto: «Urge un quarto attaccante». La panchina dei blaugrana, al Calderón, era composta da Bravo, Bartra, Adriano, Douglas, Sergi Roberto, Arda Turan, Munir. Proprio Munir è l’unico attaccante a disposizione di Luis Enrique, che però non è mai stato impiegato nella fase a eliminazione diretta della Champions (ha giocato 257 minuti nella fase a gironi, senza segnare). L’intoppo dei tre uomini davanti è da imputare anche agli estenuanti viaggi transoceanici a fine marzo per gli impegni in Nazionale: è stata la prima volta in stagione che tutti e tre sono stati convocati (Suárez è tornato pochi giorni fa in Nazionale dopo la squalifica per il morso a Chiellini, in precedenza Messi aveva saltato quattro gare per infortunio, Neymar due per squalifica).

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Maledetta pausa

Ecco, la pausa per le Nazionali. Prima che incombesse sul calendario, il Barça sembrava una macchina inarrestabile. Al rientro, è arrivata la sconfitta contro il Real Madrid che ha aperto più di una crepa nell’apparente solidità della squadra di Luis Enrique. «Non siamo in un buon momento», la lapalissiana conferma del tecnico. Che ha anche aggiunto parole significative: «In questo stadio (il Calderón, ndr), altre volte, abbiamo sofferto molto di più. Eppure abbiamo vinto». La riprova che, più che i meriti dell’Atlético, a decidere la doppia sfida sono stati i demeriti dei blaugrana. La sintesi della partita sta tutta qui: le azioni dei colchoneros si chiudevano con un tiro, quelle del Barça no. Le uniche conclusioni sono arrivate dalla distanza, eccezion fatta per l’occasione capitata sui piedi di Suárez neutralizzata da Oblak. Il primo tiro? Al minuto 42. È questo che stona: il Barcellona, fino al gol di Griezmann (e anche oltre), ha sonnecchiato. Molti passaggi all’indietro o in orizzontale, tocchi superflui più del solito, gioco a tratti stantio. Il Barcellona ha totalizzato il 76,9 per cento di possesso palla, con 589 passaggi completati (contro i 116 dell’Atlético). Ma di questi 589, 48 sono stati passaggi tra Piqué e Mascherano, 54 tra Iniesta e Jordi Alba, 37 tra Piqué e Alves. Molto pochi gli scambi tra gli interpreti offensivi. Graham Hunter su Espn ha trovato un termine: “saturazione”. Una stanchezza mentale che produce una prova del genere: piccoli errori, posizioni non ottimali, scelte sbagliate, opzioni di passaggio non viste. E in generale, come dimostra l’abulico primo tempo, il Barcellona ha impostato la gara sul non prendersi rischi. Una scorciatoia, ma una soluzione sconosciuta ai blaugrana, che hanno sempre fatto della pressione e del gioco anche rischioso il loro marchio di fabbrica. Basta vedere com’è nato il primo gol: anziché provare a giocare palla servendo un compagno – prendendosi dei rischi, appunto – Jordi Alba ha frettolosamente rilanciato il pallone in avanti sulla pressione dei giocatori avversari. Palla recuperata dall’Atlético, cross di Ñíguez e gol di Griezmann.

Il 2-1 del Real Madrid al Camp Nou

La condizione fisica

Stanchezza mentale, certo, ma anche fisica. Come visto, il sovraccarico di impegni, anche con le rispettive Nazionali, ha logorato la MSN. Non che il resto della squadra goda di una buona condizione fisica: stanti le differenze di gioco (e di corsa) tra Atlético e Barcellona, nella gara del Calderón i colchoneros hanno corso ben 12 chilometri in più (114.578 vs 102.578). Come ha scritto Joan Poqui su El Mundo Deportivo, «la stagione del Barcellona è cominciata con due Supercoppe di estrema intensità, dopo una preparazione atletica non ottimale. La squadra ha retto, ma ha pagato momenti difficili e impegni di calendario sfibranti. Senza nemmeno la possibilità di rinforzarsi in estate per la sanzione Fifa, la squadra ha pagato a caro prezzo gli sforzi fatti». Suárez ha giocato 4.170 minuti tra tutte le competizioni, Busquets, Neymar e Mascherano si avvicinano a 3.800. Eppure solo dodici giocatori hanno superato quota 2.500 minuti. Giocano sempre gli stessi, nonostante il Barcellona quest’anno abbia disputato sei competizioni.

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Campionato riaperto

Quella contro il Real Madrid il 2 aprile è stata la sconfitta madre del Barcellona. Perché è stata la prima delle tre; perché arrivata contro i rivali, in casa; per le dinamiche; perché ha riaperto il campionato. In una settimana i blaugrana hanno scialacquato il vantaggio di nove punti sull’Atlético e dieci sul Real, ridotti oggi rispettivamente a tre e quattro. Se il Real Madrid, al Camp Nou, lottava per una sopravvivenza più ad personam (Zidane) che di squadra, il Barcellona ci è arrivato con una certa rilassatezza, conscio che erano gli avversari quelli che avevano di più da perdere. Il segnale più clamoroso è stato l’errore madornale, nei primi minuti di gara, di Suárez, che ha ciccato a porta spalancata. Eppure il Barça era passato in vantaggio con Piqué nella ripresa, ma l’1-0 ha destato il Madrid che ha prima pareggiato la partita e poi l’ha vinta addirittura con un uomo in meno. Distruggendo l’idea di invincibilità di una squadra.

 

Nell’immagine in evidenza, Sergio Busquets recupera il pallone dalla porta, appena perforata da Antoine Griezmann (JAVIER SORIANO/AFP/Getty Images)