Dieci uomini per dieci tappe

La corsa rosa anticipata attraverso le tappe e i protagonisti degli appuntamenti più significativi. Dieci tappe analizzate tra strade e uomini simbolo.

Il Giro d’Italia 2016 è pronto a partire. E come capita ormai sempre più spesso, si appresta a partire da lontano. Comincia ad Apeldoorn, nella regione olandese del Gelderland, l’avventura rosa numero novantanove. Inizia dal legno del velodromo locale, quello dei Mondiali del 2011, per concludersi, dopo 3.463 chilometri e cento metri, sull’asfalto di Corso Moncalieri a Torino. Ventuno tappe e 198 corridori che scriveranno la storia dell’ultimo Giro a due cifre, l’ultimo che sarà raccontato in decine. Per presentarlo abbiamo scelto, quindi, 10 tappe e 10 nomi che ci aspettiamo di sentir nominare in quelle giornate, nella speranza di essere sorpresi, come sempre capita con questa vecchia corsa in rosa. Il tutto grazie ai ragazzi di Bidon – Ciclismo allo stato liquido.

A man carries a poster of the Giro d'Italia cyling race at the Omnisport centre in Apeldoorn, on May 2, 2016. The Giro d'Italia will start in Apeldoorn on May 6, 2016. / AFP / ANP / Jerry Lampen / Netherlands OUT (Photo credit should read JERRY LAMPEN/AFP/Getty Images)
La preparazione della partenza del Giro ad Apeldoorn (Jerry Lampen/Afp/Getty Images)

Diavolo Oranje

Tappa 1 – Apeldoorn – Apeldoorn, 9,8 km

Si stringono gli scarpini partendo dall’estero, come altre undici volte in precedenza, con una cronoprologo di 9.8 km sul tracciato cittadino di Apeldoorn, nel cuore dei Paesi Bassi. Strade larghe, asfalti curati, qualche curva sparuta ad angolo retto. Una reminiscenza della scorsa edizione del Tour, che partì allo stesso modo attraversando le vie di Utrecht e annunciandosi con protagonisti identici a quelli attesi per l’esordio del Giro 2016: Tom Dumoulin e Fabian Cancellara. Dumoulin gioca in casa e, proprio come l’anno scorso, riempirà le voci incitanti del pubblico neerlandese che aspetterà lungo le transenne l’acuto della farfalla di Maastricht, ancora a secco in stagione, ma che quest’anno ha già sfiorato la vittoria nel prologo e nella cronometro del Tour de Romandie. Ad un passo dalla gloria proprio come un anno fa, quando sulle strade della Vuelta si sciolse ad una tappa dalla vittoria finale. Dumoulin sembra una crisalide sul punto di rompere l’involucro che lo separa dalla maturità più piena, finalmente raggiungibile sulle strade di casa. E allora il primo diavolo del Giro 2016, colui che, citando Paolo Conte, dimentico della strada contro luce tutto il tempo se ne va, ancor più che rosso, ancor più che rosa, stavolta potrebbe apparire decisamente più oranje. (Francesco Bozzi)

Swiss Fabian Cancellara of Trek-Segafredo rides during the 100th edition of the Tour of Flanders' (Tour des Flandres) one day cycling race, a 255km race from Zedelgem to Oudenaarde, on April 3,2016. / AFP / Belga / DAVID STOCKMAN / Belgium OUT (Photo credit should read DAVID STOCKMAN/AFP/Getty Images)
Fabian Cancellara durante la 100ima edizione del Tour delle Fiandre (David Stockman/Afp/Getty Images)

L’ultimo giro della locomotiva 

Tappa 4 – Catanzaro – Praia a Mare, 200 km

L’ultima volta che Fabian Cancellara ha preso parte al Giro d’Italia è stato nel 2009. Era il Giro meno adatto possibile alle cosce possenti della Locomotiva di Berna, persino la splendida cronometro delle Cinque Terre si risolse con una sfida tra i big della classifica. Oggi Cancellara torna alla corsa rosa per la terza ed ultima volta: per la sua stagione di addio si è posto alcuni obiettivi importanti, ma sin qui, per una ragione o per l’altra, se li è visti tutti sfuggire tutti. Adesso tocca al Giro, unica grande corsa a tappe in cui lo svizzero non ha mai vinto una tappa né vestito la maglia di leader. Tappa e maglia le inseguirà già nel cronoprologo olandese, e per il successo parziale avrà a disposizione anche la crono del Chianti. Ma occhio alla tappa numero 4. La prima tappa italiana del Giro sono i 200 km da Catanzaro a Praia a Mare, pedalabili fino ai -10 quando, a due isolati dal traguardo, è un vero e proprio muro ad aprire il tortuoso finale cittadino. Un chilometro e mezzo con punte al 18% che gli appassionati hanno già ribattezzato Praienberg: qui chi ha l’esplosivo nelle gambe può andarsene di netto, buttarsi nelle gallerie in discesa e poi resistere sui 2 km di lungomare finale. Piano perfetto per un campione che non perde occasione per ricordare le sue origini lucane e che, sì, meriterebbe almeno due giorni in maglia rosa. (Filippo Cauz)

Movistar's Spanish cyclist Alejandro Valverde sits beside a fountain with his legs propped on his bike before the fourth stage of the 2015 Vuelta Espana cycling tour, a 213,6 Km stage between Estepona and Vejer de la Frontera on,August 25,2015. AFP PHOTO/JOSE JORDAN (Photo credit should read JOSE JORDAN/AFP/Getty Images)
Alejandro Valverde nel 2015 (José Jordan/Afp/Getty Images)

Don’t bother me, Alejandro 

Tappa 6 – Ponte – Roccaraso, 157 km

Il primo arrivo in salita, in una grande corsa a tappe, è sempre una roba tipo macchina della verità. Non sono i pochi secondi di ritardo in un cronoprologo a smascherare la reale condizione atletica di un corridore, ma pochi chilometri di salita, quelli sì, possono essere sufficienti. Nessuno o quasi riesce a vincere una grande corsa a tappe sul primo arrivo in salita, ma in tanti è lì che acquisiscono coscienza di una imminente sconfitta. Il Giro 2016 segna l’esordio nella corsa rosa del corridore più abile al mondo nell’ottenere risultati nascondendosi: Alejandro Valverde Belmonte. Non è un fatto da niente, perché arriva al quattordicesimo anno di professionismo di quello che, a conti fatti, può essere considerato il fenomeno più completo del ciclismo in questo millennio. El Imbatido non è certo un cannibale delle grandi corse a tappe, eppure può vantare in carriera un podio al Tour e una Vuelta. A dispetto dell’età, Valverde questo Giro vuole provare a vincerlo, o a concluderlo tra i primi, come ogni volta che prende il via a una gara. A Roccaraso, su una salita dolce con finale teso, proprio come piace a lui, si comincerà a capire se potrà farlo per davvero. (Filippo Cauz)

Cyclists during stage 5 of the 94th Giro d'Italia on May 11, 2011 in Livorno. Slagter fell around 15 km from the finish and was given medical attention at the scene before being taken to hospital. AFP PHOTO / POOL / ROBERTO BETTINI (Photo credit should read ROBERTO BETTINI/AFP/Getty Images)
Immagini da un Giro d’Italia di qualche anno fa (Roberto Bettini/Afp/Getty Images)

La più classica delle tappe

Tappa 8 – Foligno – Arezzo, 186 km 

Fino a qualche anno fa, i più importanti ciclisti al mondo si presentavano bene o male a tutti i più grandi appuntamenti. Il corridore da classiche e il corridore da giri si frequentavano costantemente, a prescindere dagli obiettivi. Fino a qualche anno fa, i grandi giri alternavano dure giornate di montagna, lunghe cronometro e soporiferi tapponi pianeggianti su strade larghe dove i fuggitivi si cuocevano al sole e i velocisti arricchivano I propri palmares. Da qualche tempo, al Giro in particolare, questa tendenza è cambiata, e le tappe miste, quelle in cui non ci  si può distrarre un attimo, sono diventate una consuetudine. Una conseguenza naturale di quel patrimonio di stradine, borghi e colline che è l’Italia centrale. Un boccone gustoso per I protagonisti delle classiche, che nei grandi giri tornano protagonisti, come si fosse ancora nelle Fiandre o in Vallonia. I classicomani non mancano a questo Giro, compresi quelli che ancora una classica non l’hanno vinta, ma ci hanno sempre provato. Come Tim Wellens, uno che l’attacco lo vive come una condizione esistenziale cui non si può dire di no. Non dirà di no nemmeno al Giro, e avrà tutto il supporto di chi, amando il ciclismo, ama di riflesso uno come lui. (Filippo Cauz)

German cyclist Marcel Kittel puts on his pink jersey of overall leader on the podium after winning the first stage of the Four Days of Dunkerque cycling race on May 4, 2010 in Orchies, northern France. AFP PHOTO/ PASCAL PAVANI (Photo credit should read PASCAL PAVANI/AFP/Getty Images)
Marcel Kittel con la maglia rosa della Quattro giorni di Dunkerque nel 2010. (Pascal Pavani/Afp/Getty Images)

Veloci come il vento

Tappa 12 – Noale – Bibione, 182 km

Gli appassionati di ciclismo si distinguono dagli amanti di altri sport per una dote peculiare che spartiscono forse solo con quelli della Formula 1: la pazienza. Proprio questa dote sarà messa alla prova lungo i 182 km completamente pianeggianti della tredicesima tappa, una tabula rasa che porterà il gruppo da Noale a Bibione. Come percorrendo una lunga pista di decollo, i motori dei cosiddetti uomini-jet si scaldano in vista dei metri finali, che potrebbero consacrare la sfrontata velocità del giovane Jakub Mareczko. Italiano, ma di origini polacche, potrebbe riproporre una sfida mitteleuropea a colpi di pedale con André Greipel e con l’altro tedesco Marcel Kittel, tornato ai fasti degli anni passati dopo un deludente 2015. Un asse italo-tedesco tra potenza teutonica e gioventù italiana che dovrebbe vedere parte della contesa anche Elia Viviani, Sacha Modolo, Giacomo Nizzolo e Matteo Pelucchi. Tuttavia il condizionale è d’obbligo, perché le lande senza sussulti che portano a Bibione assomigliano sinistramente a quelle che nell’edizione passata conducevano il plotone a Forlì, che fecero arrivare al traguardo l’improbabile fuga del quartetto formato da Busato, Boem, Malaguti e Marangoni e che tagliarono fuori dalla contesa per la classifica generale Richie Porte, caduto e penalizzato per la troppa foga nella ricerca di una nuova ruota. La pazienza, si sa, a volte paga. (Francesco Bozzi)

Italian cyclist Vincenzo Nibali wears the pink jersey as he prepares before the start of the 11th 184 km-long stage of the 96th Giro d'Italia from Tarvisio to Erto, on May 15, 2013, in Erto. AFP PHOTO / Luk Benies (Photo credit should read LUK BENIES/AFP/Getty Images)
Vincenzo Nibali in un momento di concentrazione prima di una tappa del Giro d’Italia 2013 (Luk Benies/Afp/Getty Images)

Fisiognomica 

Tappa 13 – Palmanova – Cividale del Friuli, 170 km

Per decifrare l’indole di certi campioni del ciclismo è sufficiente dare uno sguardo all’altimetria delle tappe in cui rendono al meglio. La forza imperturbabile di uno come Miguel Indurain, per esempio, si rispecchiava nella perfezione orizzontale delle sue amate cronometro; i picchi umorali di uno come Marco Pantani, i conflitti tra il bianco e l’augusto della sua anima, erano riflessi nei dislivelli impossibili delle frazioni di alta montagna che prediligeva. Volete conoscere qualcosa in più sul carattere di Vincenzo Nibali? Aprite il garibaldi a pagina 252 e guardatevi la cartina della tredicesima tappa, Palmanova-Cividale del Friuli. Zero cime sopra i 1.000 metri, dislivello piuttosto contenuto, ma un mare di su e giù insidiosi, scostanti, nervosi. Un profilo spigoloso proprio come quello psicofisico di Nibali, un atleta di quelli che la nozione del “restare anonimi” non l’hanno mai appresa. Dopo un Giro del Trentino deludente, qualcuno avanza dubbi sul suo stato di forma, ma il messinese possiede l’invidiabile dote di tramutare il proprio temperamento in energia muscolare supplementare. Sulle salite (e lungo le discese) di Porzus e Valle, insomma, lo Squalo ci sarà. (Leonardo Piccione)

he pack with US Lance Armstrong (Astana/KAZ) (C) rides during the fifth stage of the 92nd Giro of Italy between San Martino di Castrozza and Alpe di Siusi on May 13, 2009. Russia's Denis Menchov (Rabobank/NED) won the stage while Italy's Danilo Di Luca (LPR/IRL) took the overall lead. AFP PHOTO / DAMIEN MEYER (Photo credit should read DAMIEN MEYER/AFP/Getty Images)
Il gruppo del giro nel 2009, in una tappa vinta da Denis Menchov (Damien Meyer/Afp/Getty Images)

L’ora di Landa 

Tappa 14 – Alpago (Farra) – Corvara, 210 km

Ci sono rivincite per cui è doveroso aspettare. È dal 30 maggio dello scorso anno che Mikel Landa aspetta la quattordicesima tappa del Giro 2016: Alpago-Corvara, Dolomiti, 5.400 metri di dislivello. Li aspetta uno ad uno quei metri, li vuole tutti in una sequenza che è cantilena ed è filastrocca: Pordoi, Sella, Gardena, Compolongo, Giau e Valparola. E poi il Muro del Gatto, per scaricare, se ce ne fosse ancora bisogno, tutta la rabbia accumulata alle pendici del Sestriere durante la penultima tappa del Giro dell’anno scorso. Gli urlarono di fermarsi, perché andava troppo forte e perché c’era il capitano, Fabio Aru, da sostenere: Contador, la maglia rosa, era in crisi sul Colle delle Finestre. «Potevo vincere il Giro», bisbigliò in lacrime all’arrivo. Probabilmente non era vero, ma chi può giurarlo? Da quel giorno Mikel ha raccolto le sue lacrime e ne ha fatto una clessidra, le ha osservate scendere una ad una: un anno di attesa per riprendersi tutto. Ha cambiato squadra (ora è alla Sky) e, dopo un avvio di stagione difficile, ha dominato il Giro del Trentino. A Landa, dodici mesi fa, non ha fatto male tanto perdere, quanto non aver avuto la possibilità di mostrare la migliore rappresentazione di sé stesso. Se questa volta ci riuscirà, e se la sua rivincita si potrà tradurre nella vittoria del Giro, lo sapremo proprio qui, nella prima, vera tappa di montagna. (Riccardo Spinelli)

BAROLO, ITALY - MAY 22: Stage winner and new race leader and wearer of the Maglia Rosa Rigoberto Uran of Colombia and Omega Pharma-Quickstep celebrates and sprays prosecco on the podium after winning the twelfth stage of the 2014 Giro d'Italia, a 42km Individual Time Trial stage between Barbarasco and Barolo on May 22, 2014 in Barbarasco, Italy. (Photo by Bryn Lennon - Velo/Getty Images)
Rigoberto Uran in Maglia Rosa festeggia la vittoria della dodicesima tappa del Giro d’Italia 2014 (Bryn Lennon – Velo/Getty Images)

Come a Medellín 

Tappa 15 – Castelrotto – Alpe di Siusi, 10,8 km

Rigoberto Uran ha iniziato a correre a 14 anni, per necessità. A tre mesi dalla sua prima vittoria, una cronometro, il padre venne ucciso accidentalmente in una sparatoria tra narcos. Da allora Rigo ha iniziato a pedalare su e giù per le strade del pueblo di Urrao,  1800 metri di altitudine, per vendere biglietti della lotteria. Uno scalatore nasce anche così, promettendo agli altri un colpo di fortuna che non arriverà mai. La cronoscalata dell’Alpe di Siusi, quindicesima tappa del Giro 2016, deve assomigliare a qualche ascesa nei dintorni di Medellin, perché ha tutto per essere la  tappa dei colombiani: 10,8 km quasi tutti in salita, 8,3% di media, senza respiro. Se non sarà Uran potrebbe essere Johan Esteban Chaves, o magari Carlos Betancur, il campione che sembrava disperso in pranzi luculliani, a cui pare tornato anche l’appetito per la vittoria. Ma siccome l’aria rarefatta non ha confini geografici, siccome le fatiche del giorno prima saranno state terribili, siccome il ciclismo, come sa bene Uran, spesso è un biglietto della lotteria, la cronoscolata sarà come sempre terreno incerto. Insomma, ricordatevi pure di Pozzovivo e Peraud, già che ci siete. Il vincitore, comunque vada, sarà uno scalatore, uno che magari abbia letto e assimilato per bene la Nuova confutazione del tempo. (Riccardo Spinelli)

The pack rides during the tenth stage of 92nd Giro of Italy between Cuneo and Pinerolo on May 19, 2009. Italy's Daniele Di Luca (LPR/IRL) tightened his grip on the race leader's pink jersey by winning the 262km tenth stage after attacking on the descent of the Pra Martino climb and leaving all his rivals in his wake to take the victory in a little over six and a half hours. AFP PHOTO / DAMIEN MEYER (Photo credit should read DAMIEN MEYER/AFP/Getty Images)
Il gruppo durante il Giro del 2009 mentre passa Pinerolo (Damien Meyer/Afp/Getty Images)

Lo spirito di Pinerolo

Tappa 19 – Pinerolo – Risoul, 162 km

L’aria di Pinerolo, fresca di Alpi e di Risorgimento, è considerata ispiratrice dalla fuga più splendente della storia del Giro. Nominare la Cuneo-Pinerolo del ’49 è evocare un’attitudine: possedere “lo spirito di Coppi a Pinerolo” vuol dire lanciarsi, con coraggio e un po’ di incoscienza, in tentativi di imprese tanto difficili quanto potenzialmente leggendarie. E uno degli aspetti che più amiamo del ciclismo è che lo spirito di Coppi a Pinerolo spesso prende possesso delle membra di uomini che campionissimi, almeno stando a gambe e palmares, non lo sono affatto. Per questo motivo il 17 maggio segnatevi (senza errori, se ci riuscite) le generalità di Steven Kruijswijk. L’olandese, 29 anni, l’anno scorso ha ottenuto un settimo posto finale, godurioso come raramente un settimo posto può essere. Attardatosi nella prima settimana, Steven ha attaccato costantemente per i restanti 14 giorni, entrando in decine di fughe, per la gioia degli spettatori e la disperazione dei cronisti cui toccava pronunciare un giorno sì e l’altro pure l’inno all’allitterazione che l’olandese si ritrova per cognome; soprattutto, ha mostrato consistenza sulle erte più impegnative: sul Mortirolo fu il solo a tenere il passo di Landa e Contador. La diciannovesima tappa del Giro 2016, con in mezzo i quasi 3000 metri di quel gigantesco trampolino che è il Colle dell’Agnello, parte proprio da Pinerolo, e sembra essere disegnata per stuzzicare uomini come lui. Gente che poi magari alla fine arriva solo settima, ma tu te la ricordi lo stesso, e l’applaudi. (Leonardo Piccione)

Russian Ilnur Zakarin celebrates on the podium after winning the 74th edition of the Paris-Nice cycling race between Nice and La Madone d'Utelle on March 12, 2016. / AFP / KENZO TRIBOUILLARD (Photo credit should read KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)
Ilnur Zakarin sul podio della 74ima edizione della Parigi-Nizza (Kenzo Tribouillard/Afp/Getty Images)

Fortezza Bastiani 

Tappa 20 – Guillestre – Sant’Anna di Vinadio, 134 km

L’ora miracolosa che almeno una volta tocca a ciascuno. Per questa eventualità vaga, che pareva farsi sempre più incerta col tempo, uomini fatti consumavano lassù la migliore parte della vita.

Difficile dire se Ilnur Zakarin, 27 anni, sia un uomo fatto: il pizzetto caprino, biondo e incolto, tradisce una giovinezza più marcata di quella recitata dalla carta d’identità. Di sicuro c’è che è molto prossimo alla migliore parte della sua vita: dopo un inizio controverso (a soli 19 fallì un controllo antidoping e fu squalificato per due anni), ha rimesso progressivamente insieme i pezzi del suo talento fino ad imporsi come uno dei nomi più caldi per le corse a tappe del prossimo quinquennio. L’anno scorso ha vinto la tappa di Imola, dopo essersi liberato della compagnia di gente tipo Hesjedal e Intxausti; quest’anno, dopo un brillantissimo inizio di stagione, punta forte sulla generale. La 20a tappa – con 4.000 metri di dislivello in 134 km, il giorno prima della conclusione torinese – offrirà a lui (e magari pure all’altro europeo dell’est in odore di rosa, Majka) l’ultima opportunità per insediare i favoriti di prima fascia. Occhio perché Zakarin, alto e leggero, viene da Naberezhnye Chelny, piena Russia orientale. Cioè, Zakarin è un Tartaro. E il santuario di S. Anna di Vinadio certi giorni assomiglia di brutto alla Fortezza Bastiani. (Leonardo Piccione)

 

Nell’immagine in evidenza, Philippe Gilbert vince davanti ad Alberto Contador (tra Imola e Vicenza nel 2015 (Luk Benies/Afp/Getty Images)