Morire di vecchiaia

Il Recreativo Huelva è il club più antico di Spagna, ma ora rischia di scomparire: una piccola, ma significativa realtà che si aggrappa alla sua singolarità.

Huelva è una landa arida su cui il sole si accanisce per tremilacentoventi ore l’anno, più che in qualsiasi altro angolo di Spagna. Un crocicchio di mari, fiumi e lingue, nell’estremità sud-orientale della Spagna, a pochi chilometri dal confine con il Portogallo: da qui Colombo salpò per le Americhe, e sempre qui, all’incirca quattro secoli dopo, la zona divenne terreno di conquista per uomini d’affari inglesi. Nell’entroterra di Huelva sorgono le miniere di Rio Tinto: se oggi della zona si parla più per un selvaggio quanto appassionato turismo e per qualche campo da golf extralusso, a fine Ottocento impresari inglesi colonizzarono massicciamente il territorio per sfruttare le miniere e farne uno dei maggiori centri mondiali di estrazione del rame. Le condizioni di vita di quei minatori erano tremende, al punto che nel 1888 ci fu una grande sollevazione popolare per rivendicare migliorie: per tutta risposta, l’esercito sparò sulla folla, causando un centinaio di morti. Un anno dopo, due dottori scozzesi, William Alexander Mackay e Robert Russell Ross, crearono una “Sociedad de Juego de Pelota”, con il fine di alleviare le sofferenze e lo spirito di chi lavorava in miniera. Era nato il Recreativo Huelva, il primo club spagnolo di calcio.

Una storia di quasi 127 anni che rischia bruscamente di interrompersi: il club versa in una situazione di profondo dissesto economico, con possibilità di risanamento praticamente inesistenti. Oggi il Recreativo milita in Segunda División B, l’equivalente della nostra Lega Pro, una categoria dove i ricavi sono pressoché nulli e dove un debito come quello degli andalusi, pari a circa 14 milioni di euro, rischia di essere fatale. La proprietà è quasi scomparsa, e il continuo ricambio di presidenti negli ultimi mesi ha accentuato l’immagine di instabilità del club. Lo scenario è talmente grave che quella contro il Granada B, dello scorso 19 marzo, rischiava di essere l’ultima partita della storia, senza nemmeno la possibilità di portare a termine il campionato. I biglietti erano in vendita alla simbolica cifra di un euro, con lo scopo di portare allo stadio il maggior numero di tifosi in modo che potessero stringersi attorno alla squadra: detto fatto, in poche ore i biglietti sono andati esauriti.

Il calore dei tifosi dopo il fischio finale della gara contro il Granada B

È anche vero che il “Decano” – così è soprannominato il club – nella sua storia ha raccolto molto poco: appena cinque apparizioni in Primera División. Una piccola squadra, una città di non più di 150.000 abitanti, alle prese con un’eredità storica fin troppo ingombrante. «Quando ero piccolo io» dice a Panenka José Miguel de la Corte, ex presidente del club, «le uniche cose di cui ci potevamo vantare era che Colombo era partito da Palos e che il Recreativo era il club più antico di Spagna. Se il club esiste è unicamente grazie al sentimiento de decanato che la gente vuole che non scompaia. Se non lo si difende, c’è il rischio che si perda. Il Recre è stata squadra di Tercera, Segunda B o Segunda. Non certo di Primera. Siamo una piccola città, con l’handicap che anche le realtà cittadine vicine sono piuttosto piccole. E la gente dei paesi vicini generalmente preferisce andare a vedere una partita del Siviglia o del Betis: qui è più facile vedere qualcuno che arrivi dall’Extremadura piuttosto che dall’Andalusia».

Un patrimonio esiguo, ma sacro. A ottobre, quando la situazione stava precipitando, ben diecimila tifosi del Recreativo sono scesi per le strade della città per protestare. E il malcontento per le sorti sportive si mescola a quello per la città: «Il Comune è in preda ai debiti. Le industrie principali di Huelva sono le compagnie chimiche, ma ora cominciano a chiudere. Anche se negli ultimi decenni turismo e agricoltura sono cresciuti, la disoccupazione dell’area è ancora tra le più alte in Spagna», ha detto un tifoso al Guardian. Il club, intanto, attraversava periodi surreali, dal pignoramento dello store ufficiale da parte dell’Agencia Tributaria al blocco sul mercato, con il Recre costretto a contare su una rosa di appena 14 giocatori (oltre ai ragazzi del vivaio). Alcuni tifosi si sono mobilitati costituendo un supporters’ trust, altri cercano di rendersi utili con piccoli gesti come provvedere alle cure mediche dei giocatori.

Mezzo Recreativo sulle tracce di Leo Messi, stagione 2008/2009. (Cristina Quicler/AFP/Getty Images)
Mezzo Recreativo sulle tracce di Leo Messi, stagione 2008/2009. (Cristina Quicler/AFP/Getty Images)

Eppure, l’ultima stagione in Primera División non è così lontana: era il 2008/2009, e il club veniva da due salvezze consecutive (mai successo in precedenza). I tifosi contestano il modus operandi della società dopo la retrocessione: negli anni di crescita della squadra, dopo la promozione in Primera nel 2006, la dirigenza non spendeva più di quello che poteva, puntando soprattutto sui giovani di talento come Santi Cazorla (34 presenze e 5 reti nella stagione 2006/2007). Una volta tornati in Segunda, si è speso più del dovuto per inseguire un ritorno in Primera che, alla fine, non è mai arrivato e che ha affossato definitivamente le finanze del club. Sperperando il tesoretto di un club che nel 2006/2007 era stata, da neopromossa, la rivelazione del campionato, ottenendo un impronosticabile ottavo posto alle spalle dell’Atlético Madrid. In panchina, un tecnico allora emergente e oggi molto conosciuto come Marcelino Toral, oggi alla guida del Villarreal. E una serata indimenticabile, quella del 20 dicembre 2006: il Recre vinse 3-0 contro il Real Madrid al Bernabéu 3-0, gol di Sinama Pongolle, Uche e Viqueira.

Real Madrid-Recreativo 0-3, dicembre 2006

Eppure, a sentire i tifosi, è stato un altro 3-0, a sfavore per giunta, il punto più alto della storia del Recreativo. Era il 28 giugno 2003, finale di Coppa del Re contro il Maiorca di Samuel Eto’o che in quella gara segnò una doppietta. «Sì, è vero, abbiamo avuto momenti felici nella nostra storia, e penso soprattutto alle promozioni», ricorda de la Corte. «Però i ricordi più belli sono legati a quella finale, giocata a Elche. Treni interamente occupati da tifosi. File e file di autobus. Non si era mai visto qualcosa del genere a Huelva».

 

Nell’immagine in evidenza, tifosi del Recreativo Huelva sconsolati (Jose Jordan/Afp/Getty Images)