Il tennis a Rio

Più defezioni del previsto, ma il tennis sarà uno degli appuntamenti olimpici più attesi. Soprattutto per chi, come Djokovic, insegue l'oro.

Quest’Olimpiade è partita storta ancor prima di cominciare. Intanto, la programmazione delle gare – 6-14 agosto -, subito dopo i mega-tornei sul cemento canadese di Toronto e Montreal, ed appena 15 giorni prima degli Us Open, ha considerevolmente appesantito la già dura estate sul cemento nordamericano sotto il sole estivo. L’elezione dello statunitense David Haggerty alla presidenza della Federazione mondiale ha armato un nuovo braccio di ferro fra Itf (che gestisce gli Slam, coppa Davis e Fed Cup), e Atp e Wta (che dirigono i circuiti pro), azzerando l’attribuzione di punti nella classifica mondiale ai partecipanti ai Giochi (che valeva da Atene 2004), disincentivando così il già scarso spirito olimpico di molti professionisti, allenati allo sport più individuale. Se ci aggiungete il virus Zika, i problemi di sicurezza della megalopoli brasiliana e gli infortuni, ecco spiegato perché ben 8 dei primi 20 del mondo Atp rinunciano in partenza a Rio – Federer, Raonic, Berdych, Gasquet, Thiem, Isner, Kyrgios, Lopez – più, fra le donne, le stelle Sharapova (doping), Azarenka (in dolce attesa), Halep e Karolina Pliskova (paura del virus Zika).

A dispetto della emozionante chiamata alle armi dell’eroe brasiliano, Guga Kuerten, campione di tre Roland Garros, bruciano soprattutto le defezioni delle giovani promesse, Tomic, Thiem, Kyrgios, Zverev e Belinda Bencic (l’unica giustificabile per i problemi fisici). Sono un brutto segnale per il tennis che era presente al via dei Giochi olimpici, è rimasto nel programma ufficiale dal 1896 al 1924, ci è uscito dal 1928, ci è tornato nel 1968 e nel 1984 come sport dimostrativo, e poi è rientrato stabilmente nei ranghi dal 1988, riacquisendo sempre più credibilità proprio in virtù della partecipazione delle sue stelle. A cominciare da Steffi Graf che quell’anno firmò il Golden Slam, aggiudicandosi anche l’oro olimpico insieme ai quattro maggiori del circuito. E continuando in un significativo crescendo, negli anni, fino all’acme dei Giochi di Wimbledon 2012, con i migliori.

La finale maschile del 2012, vinta da Murray contro Federer

La formula dei tennis olimpico è cambiata strada facendo: nel 1896, 1900, 1904, 1988, e 1992, sempre col classico tabellone ad eliminazione diretta, i semifinalisti sconfitti si dividevano il bronzo, consuetudine poi abbandonata per far posto alle finali per il terzo posto. La superficie, dal 1984, è stata il cemento, con l’eccezione della terra rossa nel 1992 e dell’erba nel 2012. A Rio, saranno rappresentate 55 nazioni, gli atleti ammessi direttamente al tabellone di singolare sono 56, in base alla classifica mondiale del 6 giugno, cui si aggiungono 6 promossi dalla Itf per allargare al massimo la presenza mondiale, e 2 wild card. I doppi, maschile e femminile, sono a 32 squadre (24 ammesse per diritto di classifica e 8 per scelta Itf), i misti – reintegrati da Londra 2012 – schierano 12 formazioni che entrano di diritto e 4 posti attribuiti dalla Itf. Ogni nazione può schierare un massimo di 6 giocatori e 6 giocatrici. Due i ripescaggio Vip da parte dell’Itf, sono Rafa Nadal e Caroline Wozniacki, che non avevano i requisiti di eleggibilità, non avendo partecipato a 3 weekend di Davis o Fed Cup nei quattro anni di “preparazione” olimpica, di cui almeno uno negli anni 2015 e 2016, ma erano stati davvero infortunati.

Malgrado le defezioni di quest’anno, comunque, come spesso succede nel meraviglioso mondo dello sport, il panorama, a Rio, promette prospettive fantastiche, a cominciare da Rafa Nadal, il mancino di Spagna dalla ferrea volontà che, fermo da maggio, dopo due partite del Roland Garros, col polso sinistro disastrato, come già schiena, ginocchia e caviglie, è fortemente deciso a disputare a Rio singolare, doppio e anche misto. Per rivivere le emozioni dell’oro olimpico di Pechino 2008 e cancellare la forzata rinuncia di Londra 2012, mentre due degli altri Fab Four, Murray e Federer, si fronteggiavano in finale. Lo stesso vale per Serena Williams che, sulla strada del sorpasso a Steffi Graf, il 10 settembre, a New York, come titoli-record negli Slam era Open (sono tutt’e due a quota 22), è favorita per diventare la prima tennista ad aggiudicarsi due ori olimpici, dopo Londra 2012. Magari aggiungendoci il quarto oro di doppio accanto alla rediviva sorella Venus, dopo Sydney 2000, Pechino 2008 e ancora Londra, quattro anni fa. Venus che, dopo 22 anni da pro, 5 trionfi a Wimbledon e 2 agli Us Open, palpita per l’ideale olimpico: «Mettiamola così: quando lo speaker mi annuncia nelle partite aspetto proprio la parte in cui dice: “Quattro ori olimpici”. È il risultato che per me significa di più». Un messaggio che evidentemente ha motivato Serena. Anche se sono tanti gli interrogativi che accompagnano lo stato di forma di un’atleta di 34 anni, per una volata estremamente lunga, peraltro senza test, dopo la rinuncia a Montreal per un problema alla spalla. Serena che, in pratica, ha perso un solo match alle Olimpiadi, contro Elena Dementieva, nei quarti di Pechino ed è entusiasta dei Giochi: «Ho sempre avuto esperienze fantastiche, ho amato andarci e gareggiare, essere un’atleta olimpica è stata una delle migliori esperienze di sempre. Per me le Olimpiadi sono un bonus, una straordinaria opportunità in più. Vincere l’oro olimpico non è qualcosa che ho sognato, da tennista, ma è uno di quei successo che ho apprezzato di più». Serena che, fra le rivali, più che Angelique Kerber, con problemi al gomito, ritroverà piuttosto la spagnola Garbine Muguruza, insieme alla discontinua Petra Kvitova, e alle pericolose Radwanska e Cibulkova (anche lei però in dubbio). Senza dimenticare sua sorella Venus, oro in singolare a Sydney 2000.

US Venus Williams (L) and Serena Williams celebrate after winning the women's doubles gold medal match of the London 2012 Olympic Games by defeating Czech Republic's Andrea Hlavackova and Lucie Hradecka, at the All England Tennis Club in Wimbledon, southwest London, on August 5, 2012. AFP PHOTO / LEON NEAL        (Photo credit should read LEON NEAL/AFP/GettyImages)
Venus e Serena Williams esultano dopo la vittoria nel doppio a Londra 2012 (Leon Neal/AFP/GettyImages)

Sotto l’aspetto fisico, stanno messi meglio i due sfidanti del momento della scena maschile, il numero 1 e 2 della classifica mondiale, Novak Djokovic e Andy Murray, protagonisti degli ultimi Slam, col serbo che si è aggiudicato Melbourne e Parigi battendo in finale lo scozzese, e Andy che ha fatto il bis a Wimbledon, approfittando del prematuro scivolone di Nole contro Querrey. Il campione di caucciù ha un rapporto conflittuale con l’Olimpiade: nel 2008 ha strappato un bronzo ma, quattro anni fa sull’erba a cinque cerchi di Wimbledon, è uscito da Londra a mani vuote, talmente frustrato da cedere poi anche la finale degli Us Open contro il solito Murray (dopo aver perso quella, precedente di Wimbledon classico, contro Federer), guastandosi in pratica la stagione. E vista la delusione che ha accumulato anche quest’anno a Wimbledon, quando sembrava essere sulla strada dello storico Grande Slam, viene spontaneo domandarsi in quali condizioni psicologiche si presenterà ai Giochi. Lui così tanto nazionalista, e così voglioso di far grande la piccola Serbia. «Partecipare all’Olimpiade è fantastico, dà una sensazione straordinaria, frequentare i più forti atleti del modo, vivere al villaggio olimpico, rappresentare il proprio paese, dividere le esperienze con la squadra è qualcosa di unico. Assolutamente diverso dalle altre gare, ed è ancor più speciale perché si verifica ogni quattro anni», rivela infatti il numero 1 del mondo che, sia nel 2008 che nel 2012, è stato battuto in semifinale dal futuro campione olimpico, ora Nadal ora Murray. Murray, che l’Olimpiade l’ha già vinta, e in patria, e difende il titolo, sulle ali del nuovo successo sulla sacra erba dei Championships, avrà quindi voglia di mettere davvero in gioco fino in fondo nervi, determinazione e gambe oppure guarderà oltre, agli incombenti Us Open, dov’è favorito almeno alla pari, se non di più, di Djokovic? Uno dei più carichi di motivazioni sarà Stan Wawrinka che, dopo due titoli Slam di singolare e l’oro olimpico in doppio a Pechino 2008, lotterà col coltello fra i denti per coronare la carriera salendo sul podio ai Giochi anche in singolare. Sarà peraltro liberato dal peso del caposquadra, Svizzera I, Federer, stoppato dai guai fisici nella corsa al suo sogno più bello, appunto l’oro olimpico, l’unico grande alloro che manca alla sua straordinaria collezione.

Great Britain's Andy Murray celebrates after winning the men's singles gold medal match of the London 2012 Olympic Games by defeating Switzerland's Roger Federer, at the All England Tennis Club in Wimbledon, southwest London, on August 5, 2012.   AFP PHOTO / MARTIN BERNETTI        (Photo credit should read MARTIN BERNETTI/AFP/GettyImages)
La gioia di Andy Murray dopo aver sconfitto Roger Federer nella finale di Londra 2012 (Martin Bernetti/AFP/GettyImages)

Ai Giochi, saranno di grande attrazione anche i doppi. Dove l’Italia con le Cichi, Errani-Vinci, che sono appena tornate insieme, potrebbe dire la sua nella gara, sulla carta, già nelle mani delle Williams. Mentre la rinuncia dello sfortunato Bolelli cancella la coppia campione degli Australian Open e riporta Seppi al fianco di Fognini, nella gara apertissima, dopo la defezione dei gemelli Bryan (sempre per la famosa Zika), con francesi (Monfils-Tsonga e Mahut-Herbert), canadesi (Nestor-Pospisil), cechi (Berdych-Stepanek), britannici (i fratelli Murray), croati (Dodig-Cilic), brasiliani (Melo-Soares), indiani (Bopanna-Paes), spagnoli pretendenti al podio. In misto, qualsiasi coppia con una Williams è favorita, con a ruota cechi, francesi, cechi, indiani. Mentre la Svizzera ha già perso una medaglia sicura: Wawrinka s’è rifiutato di fare da riserva di Federer al fianco di Martina Hingis, 35enne-prodigio alla seconda, o forse addirittura terza, carriera. Ne ha 34 e 7 mesi il neo numero 1 italiano nella classifica mondiale, Paolo Lorenzi, che guida i magnifici 7 azzurri, Sara Errani, Fabio Fognini, Karin Knapp, Andreas Seppi, Roberta Vinci e, in extremis, Thomas Fabbiano.

 

Nell’immagine in evidenza, Novak Djokovic esulta dopo la vittoria nel torneo di Toronto (Vaughn Ridley/Getty Images)