Neymar e il riscatto

Il primo oro olimpico del calcio brasiliano non è una vera vendetta, ma può servire molto al movimento del futebol verdeoro.

Un grido fortissimo, tenuto in gola per due anni, parte dai settantamila del Maracanã e si espande fra milioni di brasiliani incollati davanti al televisore. Una finale dal copione perfetto, i rigori che finiscono tutti in rete, poi lo sbaglio del tedesco Petersen sulle mani del portiere Weverton e l’idolo nazionale che infila il tiro dal dischetto finale. Vittoria e medaglia d’oro olimpica, l’unico titolo che mancava nella ricchissima bacheca della Nazionale brasiliana. Tre finali e tre sconfitte sono roba pesante. Ci aveva provato Dunga a Los Angeles, poi Romario, Taffarel e Bebeto a Seul e poi Londra quattro anni fa. Neymar, questa volta, ha vinto e la Seleção si toglie una piccola rivincita dopo la batosta del Mineiraço. Il confronto, intendiamoci, è improprio. Fra torneo olimpico e Mondiali la differenza è enorme, ma se hai già perso in malissimo modo la sfida più importante, l’ultima cosa che vuoi è perdere pure la seconda, di nuovo in casa, davanti al tuo pubblico.

La punizione contro la Germania

Neymar lo sapeva fin dall’inizio. Per questo, oltre che per più che intuibili pressioni di Stato, ha scelto di partecipare alle Olimpiadi invece che alla Copa América Centenario negli Stati Uniti. Cosciente che a lui il posto non lo porta via nessuno, ha preferito Rio, mettendo in gioco la sua popolarità in patria. Un rischio, perché se è vero che, da un lato, agli idoli si perdona molto, quando ti carichi la squadra sulla spalle e quelle non reggono, il peso della caduta sta tutto su di te. Per questo si è scocciato molto alla domanda di un giornalista brasiliano che nel ritiro di Teresópolis, prima ancora che iniziassero i Giochi, gli ha chiesto se non avesse qualcosa da dire rispetto al suo scarso rendimento recente con la Nazionale, e alle sue responsabilità nelle espulsioni sciocche che lo hanno tagliato fuori ai quarti dei Mondiali e poi alla Copa América del Cile nel 2015. Silvio Barsetti, dell’agenzia Terra, è andato oltre, chiedendogli anche spiegazioni su quella volta che, dopo un’altra deludente prestazione in una partita delle qualificazioni ai Mondiali, ha preso subito un aereo per attraversare il Brasile e partecipare alla festa di un amico. Domande coraggiose pensate per far uscire Neymar da quel cordone di protezione che la grande stampa brasiliana, ossia la Globo, gli assicura da anni, evitando questioni scomode, elogiandolo anche quando gioca mediocremente, occultando capricci e bizze dentro e fuori dal campo. Neymar in quell’occasione ha guardato il giornalista e ha risposto: «Ho sbagliato, lo so, e ho ammesso di averlo fatto. Sbagliare è umano, se tu avessi la mia età, i miei soldi, le mie possibilità non faresti lo stesso? Ma dentro il campo lascio sempre il massimo; quando non è così il pubblico, ancora prima di voi giornalisti, ha tutto il diritto a criticarmi».

Le prime pagine del 9 luglio 2014, il day-after il Mineiraço (Rodrigo Arangua/Afp/Getty Images)
Le prime pagine del 9 luglio 2014, il day-after il Mineiraço (Rodrigo Arangua/Afp/Getty Images)

 

A volte basta un episodio per cambiare il corso di un torneo. Il Brasile ha iniziato nel peggiore dei modi, due pareggi contro Sudafrica e Iraq. Poi, nella partita che poteva segnare una clamorosa eliminazione, ha tirato fuori le unghie battendo 3-1 la Danimarca. Quarti di finale sostanzialmente dominati contro la Colombia e poi semifinali in scioltezza con l’Honduras, battuto 6-0. La finale, al Maracanã, con la Germania. Ancora una volta, anche se non si tratta della nazionale di Löw, il fantasma appare. Il Brasile ha già vinto 6 ori, la Nazionale di volley di Bernardinho deve giocare il giorno dopo la finale con l’Italia, ma al Paese, a questo punto, importa solo il futebol. La Nazionale femminile guidata da Marta, eletta cinque volte migliore giocatrice al mondo, è stata clamorosamente eliminata in semifinale dalla Svezia. Neymar non può sbagliare. Il tecnico è Rogerio Micale, sconosciuto ai più e che nei piani iniziale della Cbf avrebbe dovuto fare solo la preparazione della squadra, che sarebbe poi scesa in campo con Dunga. Ma Dunga viene dimesso e al suo posto arriva il tecnico del Corinthians Tite, che dice fin da subito di non essere interessato alla Nazionale olimpica perché vuole concentrarsi sulle qualificazioni ai prossimi Mondiali. Micale costruisce tutto intorno al campione, Gabriel Barbosa e Gabriel Jesus sono lì per aiutarlo.

Tutto Neymar contro l’Honduras: due gol per lui, più due gol per Gabriel Jesus

L’oro esalta gli animi. Neymar posa davanti ai fotografi facendo la posa del raggio alla Bolt. Festeggia come se avesse vinto un Mondiale, e forse per lui è proprio così. «Lo dovevamo al nostro pubblico». «Abbiamo salvato la nostra autostima» ,spiega Micale, «abbiamo dimostrato che non è tutto perduto, il calcio brasiliano è vivo». Adesso tocca a Tite. Fra settembre e novembre ci sono cinque partite delle qualificazioni, fare bene significa mettere un piede in Russia. Il Barcellona, che ha ceduto Neymar per le Olimpiadi, così come fece per Messi ai Giochi di Pechino, adesso lo vuole indietro e concentrato su Liga a Champions. Lui si è preso qualche giorno per riposarsi, ed è pure andato a vedere l’oro brasiliano della pallavolo. Ha già detto che non vuole più avere la fascia da capitano della Nazionale: troppa pressione, non ne ha bisogno. È affamato di vittorie pesanti. Ha dimostrato che sa vincere trascinandosi la squadra, ma non basta. Dopo Confederations Cup e oro Olimpico, i brasiliani adesso vogliono di più. La Russia è dietro l’angolo.