Abbiccì – La rabona

La seconda puntata della rubrica sulla storia e l'evoluzione dei gesti tecnici del calcio. La rabona o "incrociata", da Claudio Borghi a Di María.

Rabona: consiste nel gesto tramite il quale un giocatore colpisce il pallone incrociando la gamba con cui tira con quella d’appoggio. In Italia era prima conosciuta come incrociata.

È il 19 settembre 1948 e l’Estudiantes de La Plata sta affrontando il Rosario Central. La partita è sul 2 a 0 (doppietta di Pellegrina), quando un tiro di Gagliardo colpisce il palo e rimbalza vicino al piede sinistro di Ricardo Infante, posizionato a 35 metri dalla porta. Il giocatore argentino, essendo puro destro, decide, con la genuinità dei grandi inventori e quel poco di pazzia tanto conclamata, di incrociare le gambe e tirare. È la prima volta che su un campo di calcio durante una partita ufficiale si vede un gesto del genere, ancora senza nome, e quando la palla supera il portiere per il conclusivo 3-0, l’avversario battuto (Pedro Botazzi) e l’arbitro (Miguel Padron) non possono fare a meno di andare a congratularsi con lui. L’unico reperto che si ha di quello straordinario gol è questa fotografia, scattata da un giornalista del defunto El Argentino: si notino la faccia del portiere a seguire la palla, e la gamba destra di Infante che deve ancora posizionarsi completamente.

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A parte questa immagine il gol non ha avuto un tributo all’altezza, il giorno successivo i giornali non ne parlarono, fino a quando la foto non spopolò e sulla rivista El Grafico uscì una vignetta dal titolo “El Infante que se hizo la rabona”, da dove è arrivato il nome. Nel disegno si fa un gioco di parole con infante che vuol dire bambino e hizo la rabona che, in lunfardo, vuol dire saltare scuola, marinarla. L’idea è che il giocatore argentino abbia fatto qualcosa di irregolare e di sottolineare la sua ribellione nel non usare il piede sinistro, ma incrociare il destro. Il bambino che saltò la scuola, Infante che fece la rabona.

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– «Come ha fatto? Che ha fatto? È qualcosa di speciale!» – «Chiamatelo solo Gol Infante»

Riccardo Infante, ultimo di sei fratelli, è cresciuto con la palla tra i piedi come nelle migliori tradizioni. Originario di La Plata, ha passato quasi tutta la carriera con la camiseta biancorossa dell’Estudiantes, diventando il sesto marcatore della storia argentina, un centravanti da 217 gol in 439 partite. Non ha portato a casa molti trofei in carriera, ma può essere considerato l’inventore di un nuovo gesto tecnico. Rabona, dunque. Un gesto antiestetico visto al rallentatore, un gesto che acquista un fascino difficilmente spiegabile se fatto in velocità e con la giusta potenza. Se un giocatore fosse capace di usare entrambi i piedi potrebbe benissimo vivere senza la rabona, ma quando si è capaci di usare bene un solo piede «è la possibilità di trasformare in vantaggio una debolezza», disse Claudio Borghi, uno tra i più prolifici a usare questa tecnica.

(Per la piccola rubrica interna di Abbiccì: Le svolte della storia del calcio: Borghi fu il primo giocatore che il Milan di Berlusconi comprò dal Sud America, ma avendo già due extracomunitari in squadra, Van Basten e Gullit, dovette darlo in prestito al Como. Quando il limite venne allargato a tre giocatori Sacchi preferì prendere Rijkaard piuttosto che Borghi e il giocatore argentino se ne tornò in patria).

Claudio Borghi, uno dei maestri della rabona

Anche in questa storia però c’è di mezzo un italiano. Perché la prima volta che una rabona venne filmata fu in Italia a opera di Giovanni “Cocò” Roccotelli, ala destra barese. Veniva chiamata all’epoca, da Roccotelli e da tutti gli altri, l’incrociata, perché naturalmente il termine rabona, in Italia, non era ancora arrivato. Roccotelli racconta che «a Bari negli anni Cinquanta non c’era la tv, possedere un pallone era già tanto. Un giorno in strada ebbi un’intuizione inspiegabile: avevo la palla sul lato sinistro, così infilai il piede destro dietro il ginocchio mancino e calciai. Stupore: ooohhh, che hai fatto! E io: ma che ne so». E lui la reinventò una seconda volta e poi ne fece il proprio marchio di fabbrica e lo rese famoso, tanto che una volta che Pelé venne in Italia disse: «So che c’è un italiano bravo a fare le rabone, un tipo coi baffi». Come sia iniziata la sua carriera lo racconta lui stesso:

Roccotelli racconta se stesso

Roccotelli, prima di passare al Cagliari, squadra che per prima gli diede fiducia, vinse con solo due presenze il campionato 1975/76 con il Torino, l’ultimo della squadra granata. Di lì in poi giocò per nove squadre diverse, cambiando maglia ogni anno o due. Da Roccotelli in poi, naturalmente, altri giocatori hanno inserito la rabona tra le proprie armi. La maggior parte di questi sono argentini, che da Infante in avanti hanno assimilato il colpo e l’hanno reso parte della tradizione calcistica. Alcuni gol di rabona degli ultimi tempi:

Lamela con il Tottenham nella vittoria 5 a 1 in Europa League contro l’Asteras Tripolis (2014):

Di María con il Benfica nel 2-1 contro l’Aek Atene (2009) sempre in Europa League:

E nel 2011 Matías Urbano, attaccante argentino allora militante nell’Unión San Felipe del Cile, ne ha messo a segno addirittura due in due partite di fila (Unión San Felipe vs Union La Calera e Unión San Felipe vs Iquique):

Tornando a Roccotelli, con lui è passata alla storia anche una diatriba nella redazione sportiva del Corriere della Sera: Zelio Zucchi, prima firma della pallacanestro, avrebbe voluto avere più spazio per parlare del suo sport; Giudo Lajolo a risposta disse: «E piantala, un cross di Roccotelli vale più di tutto il campionato di pallacanestro».

 

Nell’immagine in evidenza, una rabona di Gascoigne nel 1991, con la maglia inglese (Nick Potts/Allsport Uk/Getty Images)