Quel che resta di José

Perde spesso, è nervoso, non ha più presa sui giocatori. Lo Special One, rispetto al Mourinho di oggi, era un'altra persona?

Pensate a questo. Solo grazie all’accordo di sponsorizzazione con Heineken, José Mourinho guadagna più di ogni allenatore in Serie A, eccetto Max Allegri. Una macchina da soldi, ed è significativo che l’altro testimonial della campagna pubblicitaria dell’azienda olandese sia un attore di Hollywood, Benicio del Toro. Ad aprile, quando era ancora senza panchina, Mourinho andò a Praga per girare uno spot per loro, intitolato The Prep Talk. Il regista era Guy Ritchie, tifoso del Chelsea, che di recente ha girato Operazione U. N. C. L. E. e ha rilanciato la saga di Sherlock Holmes, ma in Inghilterra è più conosciuto per essere l’ex marito di Madonna e per il gergo cockney nella commedia Lock & Stock. Dio sa quanto è costato quello spot. Se Pete Campbell avesse illustrato l’idea a Don Draper, la cosa probabilmente lo avrebbe fatto rabbrividire.

Lo spot è un mash-up tra il discorso di Al Pacino in Ogni maledetta domenica e un film della DC Comics. Lo chiamerei Mourinho: Il Cavaliere Oscuro. Sotto un cielo apocalittico e su un tetto di una città che potrebbe essere Gotham, il 53enne declama un soliloquio infiammato. I tuoni strepitano mentre scandisce le parole. «Voi siete gli eletti! Gli Special Ones!». Non è Enrico V alla vigilia del giorno di San Crispino, questo è sicuro. In realtà, si avvicina a un’autoparodia. Mourinho ha “saltato lo squalo”. Invece che Gotham, la metropoli dove si trova potrebbe facilmente essere Emerald City. Alla fine dello spot, mentre il cielo si schiarisce, Mourinho beve un sorso di birra e richiama nel suo attico Salsicha, il suo West Highland Terrier. Il cane potrebbe essere Toto del Mago di Oz. Anzi, non è questo il momento in cui, con le tende ritirate, Mourinho sembra un uomo qualunque e non lo Special One?

Lo spot con il portoghese protagonista

Una volta Mourinho era abilissimo nel convincere i suoi giocatori nell’avere una risposta per tutto. Era come Oz, che anche alla fine del libro di L. Frank Baum riesce a convincere lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta e il Leone Codardo che avrebbe dato loro un cervello, un cuore e il coraggio, anche se non aveva nulla più di spille, aghi, segatura e una pozione fasulla. La loro fede nel suo potere facevano di questi oggetti la rappresentazione materiale del loro desiderio. Ci credevano con tutto il cuore. E ora? I giocatori di oggi credono ancora che Mourinho sia l’allenatore capace di controllare e conquistare tutto, l’uomo infallibile che era all’apice dei suoi poteri nel 2010? Al contrario, lo capiscono ancora?

Il periodo di Madrid, il dito nell’occhio di Vilanova, i suoi ultimi giorni al Chelsea, il caso Eva Carneiro e questo deludente inizio con il Manchester United hanno diminuito la sua aura. «Non sei più special!» è una canzone che Mourinho è abituato a sentire in Inghilterra. Oh, la Schadenfreude. Mourinho rimane uno degli allenatori più grandi di sempre. Quanto grande dipenderà in larga misura da come gestirà questo momento della sua carriera, soprattutto per uno come lui che non ha intenzione di ritirarsi per altri 15 anni. Noto per le sue capacità profetiche, Mourinho sostiene di aspettarsi l’arrivo dei problemi. «Tutto questo è nuovo per me», disse un anno fa. «Non avevo mai vissuto qualcosa del genere prima. Ieri un amico mi ha mandato alcune mie frasi dette nella conferenza stampa dopo la finale di Champions League del 2004. Dissi che un giorno, nella mia carriera, sarebbero arrivati cattivi risultati… È successo undici anni dopo, direi che ho resistito bene alla natura del mio lavoro e del calcio». Forte di quest’abilità di leggere il futuro, si potrebbe pensare che Mourinho fosse più preparato nell’affrontare certe situazioni. Eppure, ahimè, sembra impotente nel fermare la caduta. La cieca fedeltà ai suoi metodi ha impedito a Mourinho di accorgersi che forse la sua “Bibbia”, che teneva molto a revisionare soprattutto nel periodo intercorso tra gli incarichi al Chelsea e all’Inter, è in ritardo negli aggiornamenti. Diciassette dei suoi 23 trofei li ha vinti tra il 2002 e il 2010. In quei giorni Mourinho era la cosa più vicina alla garanzia di successo.

Manchester United v Leicester City - Premier League
L’agitazione di Mourinho, di fronte all’impassibilità di Ranieri (Laurence Griffiths/Getty Images)

Da allora, però, Mourinho ha avuto sempre meno medaglie da lanciare alla folla. Solo due dei suoi otto campionati vinti sono arrivati dopo essere salito sull’Audi di Florentino Pérez. Sarebbe sbagliato definirlo un declino. Pep Guardiola in carriera ha vinto il campionato ogni anno, eccetto uno: fu quando Mourinho fermò lui e forse il miglior Barcellona di sempre, nel 2012; un risultato ancora più eclatante se si pensa che quello rimane ancora oggi l’ultimo successo del Real Madrid nella Liga. Mourinho era ansioso di ricordare ai giornalisti, nel primo giorno da allenatore del Manchester United, che non è passato molto tempo dalla vittoria del suo terzo titolo in Premier League. «Ci sono alcuni allenatori che hanno vinto l’ultimo campionato dieci anni fa. Per qualcuno di loro l’ultima volta è stata mai. L’ultima volta che ho vinto io è stato un anno fa. Se io ho molto da dimostrare, figuriamoci gli altri».

Non c’era nulla della spavalderia che ci aspettiamo da Mourinho. Nessuna uscita in stile Special One o «io non sono pirla». Invece, per la prima volta in assoluto in una conferenza stampa di presentazione, Mourinho si è messo immediatamente sulla difensiva. Per quanto non mi piaccia utilizzare una delle sue espressioni più famose contro di lui, forse non dovrebbe essere così sorprendente dopo che tre delle sue ultime cinque stagioni si sono concluse con zeru tituli. In tutta onestà, la scaletta delle domande non poteva che virare sullo scetticismo, dopo lo spettacolare crollo con il Chelsea, la peggior difesa del titolo da parte di un detentore del trofeo dalla creazione della Premier League nel 1992. La spirale continua allo United.

LONDON, ENGLAND - NOVEMBER 29: Jose Mourinho manager of Chelsea looks on prior to the Barclays Premier League match between Tottenham Hotspur and Chelsea at White Hart Lane on November 29, 2015 in London, England. (Photo by Mike Hewitt/Getty Images)

In entrambi i casi ci sono delle attenuanti. Al Chelsea, la società si disinteressò del “report sulla proiezione stagionale” che sottopose alla dirigenza nell’aprile del 2015. I giocatori che voleva – John Stones, Paul Pogba e Antoine Griezmann – erano troppo costosi e la squadra non venne rinforzata. Mourinho commise l’errore di premiare i giocatori aumentando i loro giorni di vacanza dopo la vittoria del campionato. Diego Costa tornò sovrappeso e altri giocatori della squadra ammisero in seguito che la condizione fisica inaccettabile contribuì alla partenza stentata del Chelsea, da cui poi la squadra non si riprese più.

Allo United forse abbiamo sottovalutato la portata dei problemi che ha ereditato. Anche se c’è un’enorme differenza di ricchezza, la situazione non è diversa da quella in cui si trovano Inter e Milan dal 2011. Quattro diversi allenatori con idee diverse hanno supervisionato le ultime 10 finestre di mercato. Quello che è rimasto allo United è una rosa assemblata in maniera confusa. «Un piatto con su una bolognese, un pollo tikka masala e un roast dinner con un po’ di curry e sugo sparso in cima», ha sintetizzato Gary Neville. Non c’è nessuna sorpresa nel vedere una squadra giocare con una grossa indigestione. Per inciso, lo United è stata la squadra che ha corso di meno in questa stagione di Premier. Ci si aspettava di più da loro e da Mourinho. È la sua peggior partenza in un nuovo club da quando è passato dall’esonero nel Benfica all’União Leiria nel 2001. Persino David Moyes e Louis van Gaal hanno fatto meglio di lui.

Manchester United Training and Press Conference

Già lontano otto punti dal vertice e sette dai piazzamenti che valgono la Champions League, lo United ha vinto solo una delle ultime sei partite in Premier. Guardando alle squadre che Mourinho ha battuto dall’inizio della scorsa stagione, Arsenal e Leicester a parte, non si riesce ad avere molta fiducia: West Bromwich, Aston Villa, Norwich, Bournemouth, Southampton e Hull. Mourinho ha perso 13 delle ultime 28 partite di Premier, lo stesso numero di sconfitte subite nelle prime 119 gare in Inghilterra. Quello che ha aggravato lo 0-4 contro il Chelsea è il fatto che Antonio Conte ha ereditato una situazione molto più complicata di quella di Mourinho allo United. La ricostruzione è molto più complessa allo Stamford Bridge, e non ci sono nemmeno i giocatori che il tecnico chiedeva. Eppure Conte sta ripulendo il disordine lasciato da Mourinho. Ha ribaltato una situazione che il portoghese non era stato in grado di risolvere, e questa è un’umiliazione quanto lo è stato lo scarto di reti nella sconfitta dello United, la peggiore per il portoghese dai tempi della manita del Barcellona nel Clásico del 2011.

La cosa più preoccupante di tutte è che l’inizio del primo anno di Mourinho allo United somiglia moltissimo ai suoi intossicanti terzi anni al Bernabéu e a Stamford Bridge. Bastian Schweinsteiger è stato spedito tra le riserve ancor prima dell’inizio del campionato. Juan Mata è stato sostituito dopo soli 15 minuti dal suo ingresso in campo nel Community Shield. Anthony Martial, il miglior giocatore della scorsa stagione nello United dopo David de Gea, ora è sempre in panchina. Luke Shaw è stato pubblicamente criticato e le ripetute esclusioni di Henrikh Mkhitaryan, costato 42 milioni di euro e giocatore dell’anno dell’ultima Bundesliga, sono un mistero. La gestione dei calciatori era la forza più grande di Mourinho. Basti ricordare i giorni in cui Wesley Sneijder e Zlatan Ibrahimovic avrebbero ucciso o sarebbero morti per lui, mentre Marco Materazzi piangeva come un bambino quando Mourinho lasciò il Bernabéu dopo la finale di Champions League del 2010. La stessa devozione era evidente tra i giocatori del Porto e quelli del suo primo Chelsea. Ma ora non più.

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L’unica fedeltà che ora Mourinho si aspetta, dopo le “talpe” di Madrid e i “topi” del Chelsea, sembra quella del suo assistente Rui Faria e del preparatore dei portieri Silvino Louro, che lavorano con lui sin dai tempi del Leiria. Sir Alex Ferguson ha avuto sette diversi assistenti nei 27 anni nello United. Tutti, in un certo modo, hanno contribuito a portare una ventata di novità a Carrington quando le cose cominciavano a ristagnare. Per esempio, Carlos Queiroz fu assunto per evolvere il 4-4-2 ad alto voltaggio in uno stile più controllato, misurato. Questo è stato uno dei segreti della longevità di Ferguson. Era al passo con i tempi. La questione è: Mourinho sarà ugualmente capace? Ad ora, la tattica delle sue squadre appare datata e unidimensionale.

Non c’è dubbio che Mourinho respingerà questa tesi come qualcosa di poco sensato che arriva da un altro aspirante «Einstein del pallone». Ma finora allo United sta ripetendo gli stessi errori che ha commesso nel Chelsea. Einstein probabilmente aveva una teoria in merito. Come definì esattamente la follia? Non era: fare la stessa cosa ancora e ancora, aspettandosi risultati diversi? Mourinho non è un folle, ma se non si adatta rischia di far impazzire i tifosi dello United. Non siamo più in Kansas.