Guida completissima alla Coppa d’Africa 2017

Protagonisti, curiosità, prospettive e storia: tutte le squadre della Coppa d'Africa al via sabato in Gabon.

Hotel Avenida di Lisbona, 6-7 giugno 1956. Si sta svolgendo il terzo congresso della Fifa. Lì si incontrano sette rappresentanti di tre paesi africani: ci sono l’ingegnere agronomo Abdelaziz Abdallah Salem, il tenente colonnello Latif e l’ex arbitro Youssef Mohamed per l’Egitto, Abdel Halim Mohamed, Abdel Rahim Shaddad e Bédawi Mohamed Ali per il Sudan e il sudafricano di origini britanniche Fred W.Fell. Lo scopo è quello di dar vita a una Confederazione africana e, di conseguenza, a un torneo tra le nazionali del Continente nero. Vogliono organizzarlo immediatamente, già l’anno dopo: a candidarsi come paese ospitante è il Sudan. La nazione è giovane, indipendente da poco più di sei mesi, ma ha la fortuna di avere uno stadio di livello internazionale a Khartoum. La carta vincente è servita, al Sudan spetta l’organizzazione.

L’idea di un torneo tra paesi africani è nata nella mente dell’egiziano Salem, nominato Presidente della neonata Caf; per questo motivo chiede che la competizione prenda il suo nome. L’opposizione dei colleghi è netta; si chiamerà Coppa d’Africa, al massimo come è avvenuto per la Coppa del Mondo (Coppa Rimet) o come sarà per l’Europeo (Coppa Delaunay), anche questo trofeo avrà il nome del suo ideatore, Trophée Salem. Il nome resisterà fino al 1978, fino alla vittoria per la terza volta da parte del Ghana, passando alla denominazione Coppa dell’Unità Africana.

Un brevissimo spezzone di Ghana – Uganda, finale del 1978

Il nome di Salem sul trofeo vacilla già alla terza edizione, nel volgere di sei anni (data la regola di un torneo ogni due anni) a causa delle vittorie della sua nazione, l’Egitto. A Karthoum gli egiziani hanno vita facile contro il Sudan e l’Etiopia in finale. Solo due partite e la Coppa è loro. Pensare che gli etiopi si ritrovano in finale senza aver mai giocato: doveva esserci infatti una doppia semifinale tra le quattro squadre partecipanti, ma il problema del Sud Africa si chiama apartheid e si legge esclusione dalla Coppa d’Africa. L’Egitto protesta per la finale diretta dell’Etiopia, ma ha modo di vendicarsi davanti a 30.000 persone a Karthoum il 16 febbraio del 1957, 60 anni fa. 4-0, quattro reti di Mohamed Diab El-Attar, morto ad 89 anni il 30 dicembre del 2016, primo marcatore della storia del campionato egiziano e della Coppa d’Africa e addirittura arbitro della finale del torneo del 1968 in Etiopia tra Congo-Kinshasa e Ghana.

L’edizione 2017, ormai ampliata a dismisura, capace di catalizzare l’attenzione mondiale (non solo per le ire europee visto il periodo in cui viene giocata) celebrerà sei decadi dalla sua nascita. Una storia complicata come il continente che la ospita. La politica, la povertà, le carenze di infrastrutture hanno recitato sempre un ruolo centrale nella Coppa. La Caf ha sempre trovato problemi per decidere il paese ospitante tra rinunce e rinvii. Così è stato anche quest’anno: si doveva disputare in Sud Africa; poi il conflitto libico nel 2011, con la Libia prossima ad ospitare la competizione due anni dopo, ha costretto la Caf ad anticipare la Coppa d’Africa a Johannesburg e rimandare il paese nordafricano al 2017.

La vittoria dello Zambia sulla Costa d’Avorio nel 2012.

La situazione libica però non è di certo migliorata, così nel 2014 è arrivata la rinuncia definitiva. La nuova procedura di assegnazione si è conclusa in favore del Gabon, dal punto di vista organizzativo una sicurezza, nonostante le violenze post-elezione di agosto. Libreville infatti ha già ospitato una fase finale del torneo, nel 2012, con la vittoria sorprendente dello Zambia. I Chipolopolo, ovvero “proiettili di rame”, uno dei maggiori prodotti d’esportazione del paese, ebbero così la loro rivincita in una terra dove vissero la loro più grande tragedia sportiva: il disastro aereo sulle coste del Gabon che costò la vita a diciotto calciatori della nazionale. Stavolta in Gabon lo Zambia non ci sarà, così anche la Nigeria, vincitrice l’anno dopo. Al loro posto però ci sono una schiera di squadre pronte a tutto per portarsi a casa la Coppa dell’Unità Africana.

GRUPPO A

Gabon

Stadi – Il Gabon ospita la competizione in 4 città, ognuna ha il suo gruppo: in ordine alfabetico di girone, Libreville, Franceville, Oyem e Port Gentil. Lo Stadio D’Angondjé è una perla costruita recentemente (2011) grazie al sostegno economico del governo e della Cina, tramite la Shangai Construction.

Allenatore nuovo – A poco più di un mese dall’esordio, il Gabon ha cambiato l’allenatore: via Jorge Costa, dentro un altro ispanico, José Antonio Camacho, libero dopo l’esperienza in Cina, scelto dal Presidente Ali Bongo e del suo consulente per lo sport, Deco. A far storcere la bocca ai media locali, non sono state tanto le sue convocazioni, ma la sua presunta inesperienza del calcio continentale. Secca la risposta di Camacho: «Questo non è più calcio africano. Si tratta di calcio internazionale». Intanto Camacho ha già disertato la conferenza stampa ufficiale dello scorso 4 gennaio a causa di frizioni con la Federazione riguardanti la scelta dello staff tecnico.

99% Europa – Camacho ha detto che «il 99% dei giocatori del Gabon militano in Europa o nel resto del mondo»; solamente in quattro militano in squadre africane, mentre gli altri sono distribuiti in tutta l’Europa. Risalta un centrocampo giovane e di classe con Ndong del Sunderland, lo juventino Lemina e Merlin Tandjigora dei Meixian Hakka, (ancora) Cina.

Il più forte del Continente – Pierre-Emerick Aubameyang è la stella pronta a illuminare il torneo. Su di lui risiedono le speranze delle “pantere” di superare i quarti di finale, loro miglior risultato. È pronto ad agguantare il record di goal di Nzamba, ma la sua presenza basterà al Gabon?

Questo sarà il clima a Libreville 

Guinea-Bissau

Cenerentola – 102° nel Ranking Fifa aggiornato all’aprile 2016, unica esordiente nella Coppa d’Africa 2017, è impossibile che la Guinea-Bissau non diventi la squadra “simpatia”. I nostri idoli in Gabon saranno loro.

Politica – Da ex colonia portoghese la Guinea-Bissau si è resa indipendente nel 1973 tra numerose sofferenze e perdite, tra le quali quella di Amilcar Cabral, uomo della rinascita, fratello del futuro primo presidente guineano e alla quale è stato intitolato l’unico trofeo vinto dai Djurtus (Licaoni).

97° minuto – Il girone di qualificazione era partito molto male con un punto in due partite, poi la doppia vittoria con il Kenya, ma soprattutto il tardo pomeriggio speciale del 4 giugno 2016 contro lo Zambia: il goal al 97° minuto di Toni Silva porta, di fatto, la Guinea-Bissau alla sua prima Coppa d’Africa.

I campioni d’Europa – Nessuno lo sa, ma nel 2016 la Guinea-Bissau ha vinto il campionato europeo di Francia. Sì, in realtà è stato il Portogallo, ma a segnare lo storico goal del successo, portando i lusitani laddove nemmeno Eusebio era stato capace, è stato Éder, nato a Bissau e trasferitosi a tre anni a Coimbra; quindi, c’è speranza anche per i poco conosciuti guineani.

Scrivere la storia al 97° minuto

Burkina Faso

Storia d’amore – «Certi amori fanno giri immensi e poi ritornano», cantava Antonello Venditti. Non stava di certo pensando nel 1991 a Paulo Duarte, ct del Burkina Faso e al suo rapporto amoroso con i burkinabé, ma guardando alla sua carriera viene in mente proprio quel testo. Cinque anni insieme dal 2007, poi la delusione della Coppa d’Africa 2012 e l’addio. Un po’ di scappatelle per il mondo ed infine, nel 2016, di nuovo nella sua Ouagadougou.

2013 – Ha rappresentato l’anno zero per il movimento calcistico degli Stalloni. Una finale conquistata con i denti nella Coppa d’Africa 2013, superando il Togo ai supplementari e il Ghana ai rigori. Il goal del nigeriano Mba ha impedito una vittoria storica.

Poche certezze – Il Burkina Faso è un cantiere a cielo aperto. Il modulo è ancora da decifrare, con le sole certezze di una difesa a quattro che vedrà la presenza di Bakary Koné e Steve Yago (non si sa se da centrale o terzino destro) e il perno mediano Kaboré. Un piccolo infortunio sta facendo tremare Duarte che non può privarsi del suo capitano e dei suoi palloni rubati.

Tenere d’occhio – I calciatori più interessanti sono i fratelli Traoré. Se Alain, espulso nella penultima amichevole persa con il Marocco, ormai ventottenne ha già fatto la storia dei burkinabé, Bertrand, proprietà del Chelsea ma in prestito all’Ajax, è pronto a scriverla. Se gli Stalloni passano il turno, occhio al classe ’95, potrebbe diventare un pezzo pregiato.

B.Traoré e l’inutilità del piede destro

Camerun

Speranze – Il Camerun dopo anni passati sotto tono può recitare un ruolo da protagonista in questa competizione; a dirlo è soprattutto il girone capitato in sorte ai camerunesi, sulla carta, abbordabile al pari da quello appena affrontato per qualificarsi alla Coppa d’Africa.

Disertori – A far pendere però l’ago della bilancia a sfavore del Camerun per la vittoria finale sono stati otto calciatori: Onana dell’Ajax, Assembe del Nancy, Nyom del Wba, Puondjé del Bordeaux, Anguissa del Marsiglia, Amadou del Lille e Joel Matip che hanno rifiutato la convocazione. Motivo: non perdere il posto da titolare nel club. La diserzione più grave è l’ultima, quella di Choupo-Moting, troppi i problemi per il ct Bross.

Il passato che non passa – I Leoni indomabili restano, nell’immaginario europeo, il livello più alto del calcio africano, espresso già ad Italia ’90 con Nkono, l’idolo di Buffon, e Milla, fino a Samuel Eto’o. Che sia quella intrapresa dai camerunesi una “deriva europea” simile a quella della Nigeria?

Duttilità offensiva – Nonostante tutto l’allenatore belga Hugo Bross ha a disposizione un’ampia gamma di opzioni offensive. Può scegliere il 4-2-3-1 o il 4-4-2 e mantenere la stessa forza negli ultimi 20 metri. Merito di giocatori come N’jie, Salli, Moukandjo ma soprattutto Aboubakar.

Nostalgia canaglia

Gruppo B

Algeria

Gruppo della morte – Il Gruppo B è il più difficile di tutti e lo sa bene il ct Leekens. La partita che conta di più sarà la prima, quella con lo Zimbabwe; non fare tre punti lì, significherà salutare anzitempo la competizione. Per questo motivo la Federazione algerina ha scelto di giocare in amichevole contro la Mauritania (3-1), quella che secondo Leekens somiglia di più ai Guerrieri.

Migliori di sempre – Quella del 2017 è l’Algeria più forte di sempre, superiore a quella fatta fuori dal Mondiale 1982 dal Patto di non belligeranza di Gijon tra Austria e Germania Ovest e più forte anche della squadra campione dell’unico trofeo della sua storia, la Coppa d’Africa vinta in casa nel 1990 con i goal di Djamel Menad.

Imprevedibilità – Georges Leekens ha all’attivo sulla panchina algerina una sola partita ufficiale, escluse le amichevoli. Oltre tutto il risultato non è stato positivo, vista la sconfitta con la Nigeria che ha complicato terribilmente la qualificazione al Mondiale 2018. Non conosciamo il modulo con cui vorrà giocare, ma l’indicazione del 4-3-3 schierato contro i nigeriani e i nomi dei convocati possono aiutarci.

L’attacco più forte – Brahimi, Ghezzal, Slimani, Mahrez, Soudani. Tanti nomi e tante alternative, che rendono l’Algeria l’attacco più temibile del torneo. Leekens ha avuto la possibilità addirittura di lasciare Feghouli a casa, scegliendo solo calciatori in forma, pronti a portare l’Algeria alla vittoria.

In quanti sanno farlo in questa Coppa d’Africa?

Zimbabwe

Preparazione travagliata – Lo Zimbabwe parte senza i migliori auspici. Il rifiuto della squadra di cenare ad Harare con il Presidente in carica Emmerson Mnangagwa è stato motivato dal mancato pagamento del premio qualificazione e la discussione intavolata per il compenso a partita in Gabon. Si era paventato addirittura un boicottaggio. Peggior inizio di questo non poteva esserci.

Senza Mondiali – La loro qualificazione sarebbe stata comunque complicata, ma se hanno fatto fuori la più quotata Guinea per essere in Gabon, qualche speranza poteva sussistere. A tagliare ogni possibilità concreta di vederli in Russia ci ha pensato la squalifica da parte della Fifa, sempre per la questione pagamenti.

Giovani – Per ogni reparto il ct Pasuwa ha disseminato giovani molto interessanti: in porta Mkuruva del 1996, Hadebe in difesa (1995, dal nome evocativo Teenage), a centrocampo Nakamba, pallino di Pasuwa e uno dei pochi a militare in Europa, in attacco la stella Musona.

Campione d’Africa – Khama Billiat è stato il miglior calciatore africano a giocare nel suo continente. La vittoria della Champions League africana da parte dei sudafricani della Mamelodi Sundowns è passata per i piedi di questo centrocampista offensivo di 26 anni. Arriverà alla Coppa un po’ stanco dopo aver giocato anche il Mondiale per Club, ma lui è il guerriero dei guerrieri.

KM7

Tunisia

Possibile sorpresa – In un girone equilibrato, pur partendo un gradino sotto Senegal e Algeria, la Tunisia ha le carte in regola per sfruttare eventuali errori altrui. È qui per raggiungere almeno i quarti, quindi giocherà ogni partita con il coltello tra i denti.

Il ritorno – Doveva essere rottamato, invece Youssef Msakni non solo torna a pieno regime nella spedizione tunisina, ma a detta dell’allenatore Kasperczak e del direttore Zouaoui ha la possibilità di inserirsi nel tridente accanto a Sliti e Khazri. Dal 2007 si parla di lui, ma dopo gli ottimi campionati con l’Espérance in Tunisia e il goal storico nel derby del Maghreb con l’Algeria nella Coppa d’Africa del 2013, è arrivata la decisione di andare in Qatar. Può aprirsi le porte, stavolta, verso l’Europa?

Alla ricerca della difesa – Le aquile di Cartagine dopo la serie di amichevoli hanno capito che per passare il turno devono blindare la difesa. Kasperczak potrebbe optare addirittura per una difesa a cinque, ma solo nel caso in cui a Ben Youssef e Yaakoubi possa affiancarsi Abdennour.

Quarti amari – L’ultima esperienza in Coppa d’Africa è terminata con la discussa sconfitta contro la Guinea Equatoriale, squadra ospitante. Tante le decisioni dubbie, come l’evidente abbaglio dell’arbitro mauriziano Rajindraparsad Seechurn nel caso del rigore del pareggio al 91°, che gli sono costate il posto nelle liste internazionali della CAF e la rincorsa dei calciatori tunisini alla ricerca di giustizia.

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Msakni e il derby del Maghreb

Senegal

Nuova generazione – Era dai tempi del Mondiale nippocoreano che il Senegal non godeva di una nidiata di talenti così forte. Ce ne sono più d’uno per ogni reparto: Mané e Keita Balde davanti, Koulibaly, uno dei migliori difensori della Serie A, a centrocampo ci saranno poi Kouyaté e Gueyé che tanto bene stanno facendo in Premier.

Dal dischetto alla panchina – Nel 2002, pochi mesi prima dell’incredibile vittoria del Senegal contro la Francia, la truppa di Fadiga, Diouf e Coly arrivò in finale di Coppa contro il Camerun. Il quinto rigore lo calciò, sbagliandolo, Aliou Cissé. A distanza di 14 anni arriva la sua grande occasione per cancellare quell’onta. Si presenta con un importante biglietto da visita: 10 vittorie su 13 partite.

Lion affamé – Il curioso soprannome della squadra senegalese è Leoni della Terenga. Nell’idioma wólof  Terenga si traduce con “ospitalità”: lo straniero accolto in casa è coccolato, gli sono concessi diritti straordinari e per lui vengono cucinati i piatti migliori con gli ingredienti più pregiati. Il “leone” meno affabile pare essere Moussa Sow, nove goal in stagione di cui un paio da cineteca.

La più bella – Di tutte le squadre impegnate in Coppa d’Africa, è quella che suscita più curiosità e attenzione. Può vincere per la prima volta un trofeo importante e può farlo giocando anche bene. L’investituta ufficiale è arrivata da parte del Ct del Marocco Renard a BeIN Sports, uno che di vittorie in Coppa d’Africa se ne intende.

Cissé: Ripartire da questo momento

Gruppo C

Costa d’Avorio

Ricambio generazionale – Li abbiamo lasciati, felici e vincenti, due anni fa nell’ultima Coppa d’Africa in Guinea Equatoriale. 11 rigori per battere il Ghana, con la rete decisiva del portiere Barry. Li ritroviamo con un nuovo allenatore, ancora francese, Michel Dussuyer, e con una squadra totalmente differente. Dei ventitre eroi del 2015, sono “sopravvissuti” solo in nove.

Novità – Non leggere i soliti nomi dei fratelli Tourè, Gervinho (infortunio) e Doumbia può disorientare gli osservatori meno attenti. Le novità sono tante, ma forse non ancora capaci di farci dimenticare il passato, a parte qualche eccezione di lusso.

La stella – Franck Kessié nonostante i suoi 20 anni rappresenta il faro della squadra. Ha giocato titolare nell’ultima amichevole del 2016 contro la Francia, come nelle ultime sfide del girone vinto contro Sierra Leone e Sudan. É la punta di diamante di una Costa d’Avorio che sembra brillare meno, in special modo in fase offensiva.

Difesa di ferro – Se l’attacco non funziona (Dussuyer ha chiesto più “realismo” agli attaccanti), la difesa regge benissimo. In 15 partite tra amichevoli e qualificazioni a Mondiale e Coppa d’Africa ha subito solamente otto reti. Su Bailly poggia l’intera ossatura della Costa d’Avorio; Mourinho ha ironizzato “di sicuro vincerà la Coppa”, pensando alle otto partite di Premier che perderà.

In Kessié we trust

Togo

Stregone bianco – In Africa quando un allenatore europeo/caucasico si afferma nel loro calcio, diventa quasi di conseguenza lo stregone bianco. È il caso di Renard, ma anche quello di Claude Le Roy. Il termine gli calza a pennello perché la qualificazione del Togo come lui stesso l’ha definita ad Jeune Afrique era “inimmaginabile”, non a caso al Presidente Gnassingbé aveva dato 1% di possibilità.

Canto del cigno – Il Togo è al capolinea di una generazione. Questa potrebbe essere l’ultima competizione giocata tutti assieme da un gruppo di calciatori che hanno trainato il movimento, come Romao, Dossevi, Boukari, Ayité, Agassa e Adebayor. Tra due anni tutti saranno over 30.

Senza ricambio generazionale – La selezione togolese non ha di fatto costruito un post-2017. Non ci sono giovani di rilievo e tra i titolari l’annata più “bassa” è quella del 1987.

Senza squadra – Mai il Togo ha avuto un calciatore della qualità di Adebayor. Senza un contratto, si è allenato in pratica solo per questo evento e Le Roy non ha potuto far altro che convocarlo. Vuole tornare in Inghilterra, ma sa bene quanto il suo destino passi per questa Coppa. A 32 anni si sente le energie di un ventenne: «ho ancora qualche stagione ad alto livello».

Training Adebayor

Repubblica Democratica del Congo

L’assenza emotiva – Sui campi di Oyem non vedremo la storica Bum Dance. Robert Kidiaba si è ritirato, lasciando il vuoto difficilmente colmabile dei suoi saltelli con il sedere per i prati verdi di ogni stadio. La definiva “una danza di libertà” e così la vogliamo considerare.

L’assenza pesante – L’infortuno di Yannick Bolasie ad inizio dicembre cala un pesante macigno sulla formazione congolese. Per la Repubblica Democratica del Congo questo è “un duro colpo”, come lo ha definito Bakambu in un’intervista a So Foot. Farne a meno è difficile, ma in questi due anni il Congo ha lavorato bene sul fronte interno e sui giocatori impegnati all’estero.

Chan – Questo acronimo sta per Championnat d’Afrique des nations, un torneo che si gioca a cadenza biennale e che di fatto è identico alla Coppa d’Africa, escluso un particolare: giocano solo calciatori che militano in un club della propria nazione. La Rd del Congo ha vinto l’ultima edizione grazie alle reti di Meschack e Bolingi, entrambi presenti anche nella spedizione in Gabon.

All’estero – Le due stelle del 4-4-2 preparato da Florent Ibengé sono Mbokani e Bakambu. Il primo, che nel suo nome Dieumerci porta un esplicito ringraziamento al cielo da parte della madre, è la storia del Congo degli ultimi anni; l’altro, dopo aver ponderato la scelta della Nazionale, ha optato per i Leopardi. Entrambi vengono da problemi fisici e pochi minuti sulle gambe, ma il peso dell’attacco grava su di loro.

Mancherà…

Marocco

Il guru – A neanche 50 anni è uno degli allenatori più vincenti in terra d’Africa; Hervé Renard ha già vinto la Coppa nel 2012 con lo Zambia e l’ultima con la Costa d’Avorio. Come nuovo lido ha scelto il Marocco, promettendo i quarti di finale a una selezione che da 12 anni non passa il primo turno.

Scelte controverse – Nessuno più di Renard ha generato così tante polemiche attorno alle sue convocazioni: fuori Nahiri, Haddad, Feddal, Lazaar, tutti per scelta tecnica. I problemi fisici hanno fermato Boufal, Amrabat e Belhanda. A far discutere però è l’assenza del miglior prospetto marocchino: Hakim Ziyech. Lo aveva chiamato il ct olandese Blind, ma lui aveva già scelto il Marocco. Peccato che Renard abbia avuto altre idee.

Paura – Attorno a questa spedizione si è generato un pessimismo esasperato dei tifosi. Le scelte di Renard danno l’impressione di aver indebolito fortemente sia l’attacco, con ben 5 punte convocate a fronte di un modulo solitamente con una sola, sia la difesa, visto che di fatto sono solo due i centrali di ruolo (Benatia e Da Costa).

Collettivo – Il mantra del Marocco in questa Coppa lo ha enunciato Renard in conferenza stampa pre-amichevoli: «Non conta il singolo ma è il gruppo che fa la differenza».

La forza in più del Marocco

Gruppo D

Ghana

Gruppo più titolato – In questo girone sono presenti le due squadre più vincenti in terra africana: Ghana + Egitto = 11 Coppe d’Africa. Anche il Mali è una pietra miliare del torneo, tra i primi quattro ben cinque volte. L’Uganda con la sua unica finale guarda e piange, dominando solo nella Cecafa Cup, dedicata alle nazioni dell’Africa centro-orientale.

Black Stars – Per i non addetti ai lavori è forse la formazione che contiene i nomi più conosciuti: Acheampong, Mensah, Amartey, Badu, Acquah, Atsu, Asamoah Gyan e i fratelli Ayew. Manca solo lo juventino Asamoah, per il resto il Brasile d’Africa è al completo; non sta però attraversando un gran periodo di forma (vedi le qualificazioni al Mondiale russo).

Oltre i fratelli Ayew – La speranza per questa Coppa d’Africa ha un nome ben preciso: Samuel Tetteh. Proprietà del Salisburgo, gioca nel Leifering ma ha già gli occhi addosso del Manchester United. Non partirà probabilmente tra i titolari, ma ha le qualità e la velocità per ribaltare le partite.

Rigori? No, grazie – Iniziano gli scongiuri. Se il Ghana arriverà fino in fondo, il ct Avram Grant vuole evitare i rigori. Ha perso la finale di Champions ’08 con il Chelsea a causa della scivolata di Terry, in Fa Cup ha avuto il match point di Boateng fallito dal dischetto con il Portsmouth nel 2010 ed infine la sfortunata lotteria di due anni fa in Coppa d’Africa arrivata fino ai portieri. Basta così.

Il primo gol in carriera per Tetteh

Uganda

39 anni fa – Era il 1978, l’Uganda giocava la finale contro il Ghana ad Accra, perdendo per due reti a zero; quello era già un grande risultato per le Gru allenate da Peter Okee, morto nel 1998 in estrema povertà. Nessuno immaginava che quella fosse la loro ultima partita in Coppa d’Africa.

Jugoslavia love Africa – «Una volta contagiati dal calcio africano, è difficile guarire». Lo dice un allenatore come Milutin Sredojevic, detto Micho, che ha “esplorato” il Continente nero senza pregiudizi e con la voglia di conoscere e apprendere. La Jugoslavia, terra di viaggiatori, ha da sempre un legame speciale con l’Africa: l’allenatore dell’Etiopia, campione d’Africa 1962 con capitano Luciano Vassallo, è Slavko Milosevic, originario di Belgrado.

Stabilità – Incredibile a dirsi per uno dei paesi che negli ultimi 40 anni ha sofferto maggiormente stravolgimenti politici e militari, ma dal 2013 l’Uganda ha trovato calcisticamente una sua stabilità. Sredojevic ha convocato quasi sempre gli stessi giocatori. Si conoscono bene e in una competizione in cui conta la solidità, questo potrebbe essere un vantaggio.

Capitano Under 21 – Tra i calciatori più interessanti c’è sicuramente Farouk Miya. Gioca in Belgio con lo Standard Liegi, è il giocatore ugandese più pagato della storia, è in nazionale dal lontano 2014 ma ha solamente 21 anni. Incredibilmente il giovane trequartista ha vestito più volte la fascia da capitano, è reduce da tre goal in due partite nelle qualificazioni al Mondiale 2018 e si ispira, molto liberamente, a Ronaldo e Aubameyang.

Miya, la possibile sorpresa del torneo

Mali

Costanza – Negli anni Duemila il Mali è quasi sempre arrivato tra i primi quattro, ma è non mai riuscita ad acciuffare la finale nè tantomeno la vittoria. L’ultima è datata 1972, battuti dal Congo-Brazzaville.

Centrocampo di qualità – Nel possibile 4-3-3 la linea mediana di Alain Giresse è forse la più interessante: Yacouba Sylla in posizione più difensiva, Sambou Yatabare e Adama Traoré come possibili mezz’ali, in un modulo particolarmente offensivo.

Un altro stregone bianco – Nel 2001 Alain Giresse ha cambiato vita: via dalle panchine francesi, si inizia l’avventura africana (esclusa la parentesi georgiana). Il Mali è una costante della sua carriera e, se ripeterà il terzo posto del 2012, sarà già un successo.

Capocannoniere – Vedremo in che condizioni sarà Bakary Sako, ma intanto il Mali ha già un’ottima soluzione offensiva, Moussa Marega. In Portogallo si parla molto di André Silva, ma a pari reti, 10 goal, c’è anche lui con il Vitória de Guimarães. Il Porto lo aveva dato in prestito senza molte speranze, ma ora l’attenzione di Tottenham e Liverpool hanno già fatto lievitare la valutazione.

Fisico da bestia + Stagione perfetta = M.Marega

Egitto

8? – L’Egitto è la squadra più vincente d’Africa. Sono lì a testimoniarlo 7 Coppe d’Africa, di cui una vinta nel ’59 come Repubblica Araba Unita con la Siria. Ai successi nel Continente non hanno corrisposto buoni risultati nelle competizioni mondiali, ma l’Egitto resta la squadra solida per eccellenza.

Héctor Cúper – Poche parole e tanti fatti. Sulla panchina egiziana ha il preciso obiettivo di riportare la squadra sul tetto d’Africa e, se possibile, al Mondiale russo dopo la lontana esperienza del ’90. Ha costruito attorno a un’ossatura costituita da Salah, Sobhy ed Elneny un Egitto forte, capace nelle sue prime 17 partite, di ben 12 vittorie.

Da Zidan a Trezeguet – Oltre a un gruppo solido e compatto, un po’ di kabala non fa male. L’ultima vittoria in Coppa d’Africa risale al 2008, quando la stella del gruppo era Mohamed Zidan. Allora militava in Germania, oggi è stato rimpiazzato da un calciatore che milita in Belgio, stavolta con un soprannome alla francese: Mahmoud Hassan, detto “Trezeguet”.

Sotto il nome di Mohamed – Salah ha un preciso compito: condurre l’Egitto fino in fondo e diventare il vero erede di Aboutreika, il più forte calciatore di tutti i tempi a non aver mai giocato i Europa o Sudamerica. Lui, con le sue due Coppe d’Africa, è il modello da imitare, con buona pace dei tifosi romanisti.

Semplicemente fondamentale