Il paziente Berardi

Come dovremmo valutare la carriera di Domenico Berardi finora? E soprattutto, come sarà il suo futuro prossimo?

Giornalisti e addetti ai lavori hanno parlato di lui come il futuro del calcio italiano, e Domenico Berardi finora ha rispettato le aspettative. O forse no. La sua storia ha qualcosa di letterario e di misterioso. Il giovane attaccante del Sassuolo, classe 1994, alla sua quarta stagione in Serie A con la maglia verdenera ha segnato 42 gol in 106 presenze dal 2013 a oggi, ai quali si sommano gli 11 gol in 37 presenze che nel campionato cadetto 2012/13 hanno regalato alla squadra della provincia emiliana la storica promozione in Serie A. Uno score rispettabile che diventa ragguardevole nel blitz continentale del Sassuolo in Europa League: 5 gol in 4 presenze nella fase preliminare della scorsa estate. Proprio giocando da campione quelle partite internazionali, Berardi convinceva pubblico e critica che le sue grandi potenzialità erano ormai realizzate e posizionava la sua carriera calcistica su una parabola ascendente. Il futuro del calcio italiano, appunto.

Poi arriva il giorno di Sassuolo-Pescara, 28 agosto 2016, seconda giornata del campionato 2016/17. Il Sassuolo domina, l’attaccante calabrese segna il raddoppio al 66esimo con un prodigioso tiro al volo dal limite dell’aria di rigore, ma 17 minuti più tardi è costretto a uscire dal campo per un infortunio. È solo una botta, due settimane fuori e poi rientro nel gruppo. Ma Berardi rimetterà i piedi in campo in una partita ufficiale solo quattro mesi e mezzo dopo. Il futuro si prende una pausa inaspettata. I bollettini medici del club emiliano, in prima battuta, parlano di fortissima contusione al ginocchio senza lesioni all’articolazione, Berardi sarebbe potuto rientrare dopo la sosta per la Nazionale perdendo al massimo una giornata di campionato. Cominciano a quel punto una serie di ritardi, accompagnati da comunicati sanitari sempre più nebulosi. Si parla di stiramento al legamento collaterale del ginocchio sinistro, ma sui tempi di recupero mai una parola chiara.

La rete contro il Pescara, poco prima dell’infortunio

I giornali e i siti sportivi cominciano ad usare la parola “giallo” per titolare articoli sull’infortunio di Berardi; arrivano dichiarazioni paradossali di Eusebio Di Francesco che il 30 ottobre, al secondo mese di assenza, in conferenza stampa, sollecitato sul tema, dice: «Quando torna Domenico? Ormai allargo le braccia, sono disperato. Non lo so vedremo». Qualche settimana più tardi lo stesso allenatore confesserà di non avere più notizie del pezzo più pregiato della sua rosa, non lo vede al campo di allenamento, non sa dove sia. Il mistero si infittisce, l’infortunio di Berardi sembra una storia buona per Chi l’ha visto? o, ancora peggio, il calciatore sembra vivere il destino del protagonista del bellissimo racconto di Dino Buzzati Sette Piani, ricoverato per una lieve malattia e scivolato accidentalmente di piano in piano per finire sano tra i malati incurabili.

Se provate a googlare “Domenico Berardi” troverete la storia del suo precoce esordio nel calcio che conta raccontata come “una bella favola”. Nato il primo agosto del 1994 a Cariati Marina, un piccolo centro balneare calabrese, vissuto a Bocchigliero, un paese della Sila, fortissimo col pallone ma relegato in una squadra dilettantesca satellite del Cosenza e con scarse possibilità di incrociare il calcio professionistico, come tanti ragazzi del Sud. Fino al viaggio verso nord, a Modena, per far visita a suo fratello maggiore studente di scienze infermieristiche. A 16 anni, nel capoluogo emiliano impressiona gli amici in un torneo di calcio a 5, tanto che uno dei compagni di squadra mette la pulce nell’orecchio di Luciano Carlino, allenatore degli allievi del Sassuolo, che gli procura un provino. Mimmo ci mette poco a convincere tutti che non è solo uno bravo come tanti altri.

US Sassuolo Calcio v AC Milan - Serie A

Gli articoli apologetici sul futuro di Berardi sono datati quasi tutti 2015, alla fine della sua stagione migliore, quella in cui segnò 4 gol al Milan nella partita che convinse Massimiliano Allegri a cambiare aria. Si parla dell’interesse del Manchester United per volontà diretta di uno degli dei dell’olimpo come sir Alex Ferguson e dell’acquisto, poi trasformato in prelazione, da parte della Juventus. Ad agosto di quello stesso anno, in piena preparazione pre-campionato, Berardi subisce un altro infortunio che lo terrà lontano dal rettangolo verde per sei turni di campionato. Anche quella stagione sarà in qualche modo compromessa; non si può dire che agosto gli porti bene.

Quello che troverete con grande fatica in rete sono dichiarazioni o video-interviste. Berardi parla pochissimo in pubblico, quello che si sa di lui raramente proviene dalla sua voce. È schivo, dicono; è opinione diffusa che il ragazzo non abbia un buon carattere. In campo non si risparmia, si parla di lui come un attaccante moderno perché sa muoversi benissimo senza palla, occupa il campo in modo da farsi trovare spesso libero da marcature e soprattutto non esita a indietreggiare, non solo per trovare palloni giocabili, ma anche per attaccare difensori e centrocampisti avversari. Non tira indietro la gamba, anzi, non si fa pregare per entrare in tackle, ed è uno dei migliori attaccanti della massima serie nel recuperare palloni. Se a questa combattività unite una certa permalosità, non sorprendono i 15 turni di squalifica solo nelle prime due stagioni della massima serie. Un numero decisamente inconsueto per un attaccante.

Il meglio del numero 25 del Sassuolo

Tra le parole spese per lui spiccano quelle del vate Arrigo Sacchi in un commento pubblicato dalla Gazzetta dello Sport il 14 gennaio del 2014. «Berardi è un giocatore di grandissimo talento, un calciatore moderno che gioca con e per la squadra a tutto campo e tempo. La vivacità, le intuizioni, il temperamento, la forza fisica, la resistenza unita ad una buona tecnica fanno parte del suo bagaglio. È un giocatore vero che conosce il gioco e lo interpreta in modo totale, si fa trovare nel posto giusto al momento giusto così come le sue soluzioni sono quasi sempre corrette. (…) È un giovane introverso ma con la testa sulle spalle, non credo che la popolarità gli farà perdere l’entusiasmo, la generosità e la voglia di migliorarsi».

Una vera e propria benedizione da parte di uno degli allenatori più innovatori e vincenti della storia del calcio italiano; eppure proprio Arrigo Sacchi ha avuto modo di sperimentare il carattere difficile dell’enfant prodige calabrese nella sua manifestazione forse più eclatante e meno nota. A marzo del 2013, Berardi viene convocato dalla Nazionale Under 19 per partecipare alla seconda fase delle qualificazioni all’Europeo di categoria in Russia. L’attaccante, impegnato con il Sassuolo in Serie B, non risponde alla chiamata senza giustificazioni. Un rifiuto clamoroso che proprio Sacchi, allora responsabile del settore giovanile delle Nazionali, ha dovuto incassare. Una scelta che è costata al giocatore una giornata di squalifica e al Sassuolo un’ammenda per responsabilità oggettiva.

COMO, ITALY - JUNE 04:  Domenico Berardi of Italy U21 looks on during Italy U21 training session at the club's training ground on June 4, 2015 in Appiano Gentile Como, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Difficile giustificare una scelta simile per un giovane che vuole guadagnarsi la sua fetta di gloria nel mondo più scintillante che possano immaginare tanti suoi coetanei. O forse la domanda da chiedersi è proprio questa: a Mimmo di Cariati Marina interessa davvero quella fetta di gloria? Quanto è disposto a rischiare per ottenerla?  Al rifiuto della Nazionale Under 19 ne è seguito un altro, più noto alle cronache: quello alla Juventus. Per quanto le dirigenze dei due club ci abbiano tenuto a precisare che non c’è mai stato un vero rifiuto, il trasferimento in bianconero era atteso per la stagione in corso, e Berardi ha preferito restare nella provincia emiliana. Ancora una volta, in silenzio: a lui piace fare le cose con calma, o vive male le novità, o è molto legato a Di Francesco. Tre variazioni sul tema circolate tra dichiarazioni ufficiali e simposi da bar che ruotano però intorno a un solo aspetto: la fragilità caratteriale del giocatore.

La favola di Berardi, iniziata su un campo di calcetto di Modena e proseguita con l’esordio giovanissimo in Serie A, è andata via via colorandosi di tinte dark. Dopo l’uscita dal campo nella sfortunata partita di fine agosto, l’attaccante del Sassuolo entrava nel sanatorio di Buzzati al settimo piano con la serenità dei sani. Ma i rimbalzi di clinica in clinica fino alla struttura specialistica di Pavia, dove si trovava nel momento in cui i suoi compagni si mettevano in posa per una foto ufficiale in cui lui risultava misteriosamente assente, lo hanno fatto scivolare fino al quarto piano: quello in cui, nel racconto di Buzzati, «non sono ancora così disperati, ma comunque poco da stare allegri». Scendere di piano è molto più facile che risalire e Mimmo ci mette del suo quando, qualche settimana dopo il suo rientro in campo, si presenta sul dischetto del rigore davanti a Donnarumma e angola così tanto da mandare la palla fuori. Fino a quel momento era stato un rigorista pressoché infallibile. Giuseppe Corte, il protagonista del racconto, deve rassegnarsi alle persiane della stanza del primo piano, quello degli agonizzanti, che si chiudono inesorabilmente davanti ai suoi occhi; Domenico Berardi ha ancora le possibilità di scrivere un finale diverso.