La fabbrica della gloria

Siamo andati nell’hinterland milanese a vedere come funziona l’azienda che, da decenni, produce i trofei più importanti del mondo.

Guerrino ha 76 anni, una gradevole cadenza lombarda e le mani che vanno su e giù mentre parla. Sembrano mulinare l’aria, disegnare forme e traiettorie come farebbero i piedi di un Messi o un Ronaldo. Non ne vedresti l’intima connessione se prima Guerrino Giorgi non ti avesse svelato di essere lui a realizzare ogni anno il trofeo della Champions League, da almeno trent’anni. Il metallo amorfo che diventa sagoma, quindi forma, perciò Coppa e perciò simbolo di storia e sogno calcistico. Sotto il tetto di questo casermone rosso di Paderno Dugnano, nell’hinterland milanese, che dà su una strada striminzita dove le sporadiche auto passano svogliatamente, Guerrino Giorgi parla con trasporto, accarezza e mostra la Coppa con amore e orgoglio, e per tutto il tempo rimane in piedi, a riprova di una sensazione di infaticabilità che asseconda: «No, il lavoro non mi stanca mai».

 

Il casermone rosso di Paderno è la Gde Bertoni gestita da Valentina Losa e qui, oltre alla Champions, prendono forma tutti i trofei calcistici più importanti, tra cui la Coppa del Mondo – disegnata a inizio anni Settanta da Silvio Gazzaniga, all’epoca direttore artistico dell’azienda – e l’Europa League. Passi tra i ripiani su cui si affastellano pezzi di metallo, le vasche colme di scarti di produzione, scaffali alti come piante rampicanti, torni, martelli a sfera, dime. Ci lavorano in 13 e Valentina Losa, che ha poco più di trent’anni e ha ereditato l’azienda dal padre, spiega che ci si è arrivati a seguito di un ridimensionamento della produzione e di conseguenza del personale, circa vent’anni fa: «Decidemmo di mantenere solo la produzione di alta e altissima qualità, perché quella con meno concorrenza. Da qui escono solo prodotti perfetti: basta la minima imperfezione e si butta via tutto».

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L’instancabilità di Guerrino è un assunto che lui stesso ha accertato e incoraggiato, che ben inquadra l’immagine di un uomo con i capelli bianchi chino a lavorare sul trofeo della Champions («Mi ci vuole un mese per completarlo») con le mani ferme, l’occhio vigile, il senso della misura e della precisione. «La parte più difficile sono i manici, mi portano via almeno quindici giorni. Vengono fatti prima i bordi, poi viene data la sagoma del manico, quindi si picchia all’interno». Le impugnature poi si saldano sulla struttura centrale, a sua volta ricavata da un disco tornito e dove vengono applicate le lettere della dicitura della competizione, trentuno in tutto. Quella che Giorgi produce ogni anno è la copia del trofeo, realizzata in ottone argentato, che rimane alla squadra vincitrice. L’originale, in argento, resta proprietà della Uefa e consegnata ai campioni d’Europa al momento della premiazione. Ogni anno, però, Giorgi deve prendersi cura della manutenzione: «Il trofeo arriva sempre in condizioni pessime», rivela Losa, «ammaccature, manici staccati e persino buchi. I giocatori ci fanno di tutto, persino saltarci sopra». L’ultimo trofeo in argento è stato realizzato nel 2006, dopo che l’anno prima il Liverpool aveva vinto la quinta Champions e ottenuto di conseguenza il diritto – ora decaduto – di conservare la coppa originale (come in passato è spettato a Real Madrid, Ajax, Bayern e Milan).

Gli impulsi di Uefa e Fifa negli anni Settanta, contemporanei ma avvenuti autonomamente, hanno precisato la vocazione sportiva della Bertoni, che ha così esteso la propria produzione ai trofei di numerose discipline, tra cui pallavolo, atletica, nuoto. Consolidando, al tempo stesso, il legame con i Paesi arabi, nato in tempi lontanissimi, quando il core business dell’azienda consisteva soprattutto in decorazioni militari, oltre che in medaglie artistiche. Oggi dal Bahrein e dall’Arabia Saudita, oltre a targhe e decorazioni, arrivano anche commissioni a carattere sportivo. Come la Coppa delle Nazioni del Golfo, ispirata alla Coppa del Mondo ma con precise istruzioni: «Doveva essere più alta, più preziosa, più pesante». Fate 250.000 euro solo per i 9 chili d’oro che compongono la coppa (per dire, il costo dei 12 chili d’argento che fungono da base per la Champions si attesta intorno ai 7.500 euro), più un lingotto d’oro infilato dal basamento per renderla più pesante. Ma lo sport è anche targhe celebrative, piatti commemorativi, e «quella volta che Totti voleva far realizzare vassoi che reggessero le sue scarpette. Poi capì che costavano troppo e lasciò perdere».

Guerrino nel frattempo è sempre in piedi, tra le mani adesso mostra il trofeo dell’Europa League e quella sua particolare conformazione ottagonale. Anche questa, al pari della Coppa del Mondo e della Supercoppa Europea, è una creazione di Silvio Gazzaniga, che oggi ha 95 anni ma che ha continuato a lavorare senza sosta fino a pochi anni fa. Mi chiedo se il riciclo di forze sia un problema ed effettivamente è così: «La componente artigianale lo fa apparire un lavoro dei vecchi tempi» dice Losa. «È difficile trovare persone giovani che si appassionino, è ancora più difficile trovare qualcuno con un’alta specializzazione e con una predisposizione, anche caratteriale, per un’attività che esige la massima attenzione e proibisce la minima imperfezione».

 

 

Tratto dal numero 10 di Undici