Quando a inizio marzo Xabi Alonso ha fatto sapere, attraverso il proprio profilo Twitter, che quella in corso sarebbe stata la sua ultima stagione da calciatore, la reazione dell’universo calcistico è stata unanime. Si stava ritirando dalla scena uno dei centrocampisti più raffinati, e lo stava facendo inaspettatamente e soprattutto in condizioni piuttosto singolari: a 35 anni, senza problemi di natura fisica, in un club a cui avrebbe avuto ancora tanto da dare. Nel contesto generale di disorientamento prima e malinconia poi (naturale se consideriamo quanto abbia inciso il suo spessore nell’ultimo decennio) è passata sotto traccia la sfumatura pragmatica della questione. Ovvero: una volta celebrato e compianto Alonso, che da tre anni è il Lider Máximo del centrocampo del Bayern, come si potrà sopperire alla sua assenza?
La stagione appena conclusa è eloquente a sufficienza per mostrare la grandezza del suo apporto: 89,5% in pass accuracy (per una media di oltre 76 tocchi a partita), 1,6 passaggi chiave, oltre 6 lanci lunghi riusciti ogni 90′, appena 0,2 palloni persi per gara. Alonso è stato l’equilibratore di una squadra votata al controllo incondizionato e al contempo spregiudicato, e ha recitato la parte indifferentemente all’interno dell’iniziale 4-3-3 e nel successivo 4-2-3-1. Per un Thiago che ha sempre fatto spola tra la posizione di mezz’ala e quella di trequartista, o per un Vidal che non ha mai disdegnato improvvisi inserimenti verticali in accelerazione, lo spagnolo ha rappresentato costantemente il punto di riferimento mediano. Similmente a Kroos, e in un certo senso anche a Busquets, Alonso ha manifestato qualità uniche e ai limiti dell’ irripetibile in temperamento e capacità gestionale.
Qualità che Ancelotti dovrà reperire sotto altra forma dai numerosi centrocampisti che ha a disposizione: l’ormai veterano Thiago, il braccio destro Vidal, ma anche i maturandi Kimmich e Sanches e l’ultimo arrivato Tolisso. Un recente tweet di Squawka metteva in fila tutti i giocatori della rosa potenzialmente arruolabili in mezzo al campo: oltre ai già menzionati, figurano anche Alaba e Javi Martinez, ma è evidente che il reparto vero e proprio non li includa al proprio interno; così come non includeva Lahm, che pur essendo tornato alle origini con Ancelotti rappresenta (o rappresentava, dato che come Alonso anche lui ha abdicato) una voce decisamente autorevole in materia di centrocampo.
Il metodo ideale per edificare una struttura prevede innanzitutto una base solida, e la base non può che essere rappresentata dalle certezze. La prima: il centrocampo del Bayern 2017/18 sarà diverso dal centrocampo del Bayern 2016/17, e con esso cambierà inevitabilmente anche qualche dinamica più generale, di squadra. L’inevitabilità è dettata, come detto precedentemente, dall’unicità del tassello che verrà a mancare. La seconda: non tutto il male vien per nuocere; ovvero dall’addio di Alonso potranno derivare conseguenze positive, su tutte una distribuzione maggiormente equa delle responsabilità. La terza: Ancelotti è probabilmente l’allenatore più adatto a gestire un tipo di situazione simile. Inoltre ha già le conoscenze adeguate del caso specifico: sa meglio di chiunque altro quale apporto Alonso era in grado di dare in entrambe le fasi, ma conosce allo stesso tempo i margini di crescita di tutti gli altri centrocampisti. Lo stesso vale naturalmente per il club. Quando durante la scorsa estate arrivò Sanches, ad esempio, Rummenigge disse: «Speriamo che Renato possa seguire le orme di Alonso, è il motivo per cui lo abbiamo acquistato. Ha tutte le qualità necessarie, ma dovremo avere pazienza con lui». È anche in questo tipo di contesti che si evidenzia la programmazione tecnica di un club solido e lungimirante.
Il trio di centrocampo del Bayern 2016/17
I nuovi veterani
Durante la stagione appena conclusa, fatta eccezione per Lahm, nessuno dei giocatori impiegabili a centrocampo aveva alle spalle lustri tra le file del Bayern. Sanches era appena arrivato, Kimmich era al suo secondo anno, Thiago al quarto e Vidal al secondo. Xabi Alonso, invece, appena due estati prima era ancora al Real Madrid. In un contesto dove il leader comprovato mancava, ne ha vestito i panni de facto quello che per indole risultava più adatto: Alonso, appunto. Una situazione pressoché identica è quella che sta per verificarsi con la stagione 2017/18 alle porte, con l’eredità che sarà raccolta da Thiago e Vidal. Lo spagnolo ha appena vissuto l’annata della definitiva consacrazione. Lo ha riassunto alla perfezione Claudio Pellecchia con questo pezzo: «La nuova posizione di Thiago è uno dei pochi lasciti implementati da Ancelotti nel suo sistema, seppur con le dovute variazioni: una volta abbandonato il 4-3-3 per l’attuale 4-2-3-1, il tecnico gli ha consegnato le chiavi della squadra, le cui sorti offensive dipendono ora dalla sua capacità di muoversi da un lato all’altro del campo per creare i presupposti della sovrapposizione tra gli esterni (non a caso quasi l’80% delle azioni del Bayern si sviluppano sulle fasce) alla ricerca della superiorità numerica».
Il suo livello di incisività, in sostanza, è stato amplificato dalla nuova collocazione tattica riservatagli nel corso della stagione, che lo ha portato a toccare vette di rendimento altissime: ha sfiorato la doppia doppia tra gol e assist (9 ad entrambe le voci) in 41 gare; ha mantenuto una media di precisione nei passaggi pari al 90,7%, diventando per distacco già a novembre il giocatore ad averne effettuati di più (757) in tutta la Bundesliga (allora il secondo, Weigl, era fermo a 677). Al pari di quanto detto precedentemente per Alonso, la centralità di Thiago nella fase di seconda costruzione è un dato di fatto. La differenza che sussiste tra i due riguarda esclusivamente il baricentro: più basso quello dell’ex Liverpool, leggermente più alto e tendente verso l’esterno quello del pupillo di Pep, che soprattutto nella seconda parte della stagione è stato mediamente molto vicino all’area avversaria.
A sinistra la Heatmap di Xabi Alonso, a destra quella di Thiago. Sia in caso di 4-3-3 che di 4-2-3-1 entrambi si sono ritrovati ad occupare prevalentemente il corridoio centrale del campo
L’ex Barcellona è un centrocampista con qualità spiccatamente più offensive, è più abile nel leggere il gioco nello stretto, più agile nel dribbling (ne prova quasi 2 a partita, contro gli 0,2 di Alonso) e nettamente più predisposto all’assist (9 a 3 il raffronto specifico, 48 a 39 quello relativo alle occasioni create nell’arco della stagione). In compenso, se Xabi perde 0,4 palloni a partita tra errori individuali e contrasti subiti, Thiago sta sull’1,3 di media: segno sì di una grande partecipazione alla manovra nella zona calda, ma anche di un aspetto del gioco su cui lavorare.
Al suo fianco, sempre nell’ottica di far fronte all’assenza di Alonso, Vidal dovrà assumersi maggiori responsabilità in termini di mole di gioco creata: in questa stagione ha mantenuto una media di 70 passaggi a partita in Bundesliga per una precisione dell’87%, dimostrando basi più che discrete su cui lavorare. Ha tirato verso la porta più di tutti gli altri centrocampisti (1,7 conclusioni a partita, contro l’1,2 di Thiago o lo 0,8 di Alonso), trovando la rete 9 volte; suo compito sarà quello di mantenere invariato per quanto possibile l’apporto in zona gol, lavorando allo stesso tempo su fasi – come quella di prima costruzione – che fino ad un anno fa gli venivano richieste solo secondariamente. Inutile sottolineare come in fase d’interdizione non abbia rivali tra i suoi compagni di reparto: tra duelli aerei vinti (2 a partita di media), contrasti (3,3), ma anche falli commessi (2,1), Vidal ha confermato anche ad Ancelotti di poter interpretare con successo il ruolo di centrocampista totale. Adesso, pur senza rischiare lo snaturamento, servirà passare ad una dimensione ancora superiore.
Highlights dall’ultima stagione di Thiago Alcantara
Giovani apprendisti crescono
Se vorrà mantenere sin dall’inizio il 4-2-3-1 con cui ha schierato i suoi dalla fine di dicembre, Ancelotti non potrà fare a meno di due giocatori che quest’anno, per ragioni differenti, non hanno trovato grande spazio. Dato per certo che sia Vidal che Thiago troveranno spazio nell’undici tipo del Bayern 2017/18, l’incognita risiede piuttosto sul terzo centrocampista (o trequartista) che li affiancherà, e il nome è da ricercarsi proprio tra quei due giocatori: Joshua Kimmich e Renato Sanches. L’ex RB Lipsia ha messo insieme 40 gettoni segnando 9 reti, ma non ha avuto grande continuità in termini di minutaggio. È stato impiegato per 52,3 minuti di media a partita, e soltanto nel finale di stagione è riuscito a totalizzare più di 5 presenze consecutive in Bundes. Suo punto di forza è certamente la versatilità che lo contraddistingue sin dal primo anno sotto la guida di Guardiola, e non è detto che nel suo futuro debba essere costretto a specializzarsi; anzi, è proprio una delle maggiori tendenze del calcio moderno a suggerirci il contrario. Se sarà lui a prendere sulla carta il posto lasciato libero da Alonso, una delle prerogative di Ancelotti sarà senza dubbio quella di istruirlo alla gestione del pallone (primo controllo, orientamento, velocità di esecuzione), ma anche quella di invogliarlo al rischio nei limiti del possibile. Nella stagione appena conclusa la sua precisione nei passaggi (89,9%) ha raggiunto risultati incoraggianti e in linea con quella dei compagni più quotati, ma è stato molto meno partecipe del gioco (appena 45 palloni toccati a partita di media); una debolezza comprensibile e assolutamente giustificabile, ma di cui dovrà provare a liberarsi per emergere.
Appare ancora un passo indietro Renato Sanches, cui Ancelotti ha riservato 25 presenze per un totale di 903′ (neppure 40 a partita di media). Nel suo caso hanno pesato e pesano moltissimo le aspettative venutesi a creare nei mesi successivi all’Europeo e al prezzo pagato dal Bayern per il suo cartellino, ma dopo un anno di apprendistato è lecito aspettarsi che gli vengano assegnati maggior minutaggio e responsabilità nel collettivo. A dimostrazione delle indiscusse qualità che gli sono riconosciute sta il solito dato riferito alla precisione nei passaggi (88%), che nel suo caso non toccano neppure i 30 di media per gara. In ogni caso, pur rimanendo piuttosto nella penombra (zero reti e zero assist, 4 occasioni create e appena 0,5 key passes in media), il portoghese è riuscito a mettere in mostra le proprie qualità individuali nel dribbling: nessun centrocampista della rosa, eccetto Thiago, ne conclude con successo quanto lui.
L’ultimo arrivato
Acquistato dal Lione per poco più di 40 milioni di euro, Corentin Tolisso è stato il quarto innesto della sessione di mercato dei bavaresi dopo Rudy, Süle e Gnabry, in perfetta coerenza con quelle che erano le necessità primarie della rosa. Il francese fa parte della macrocategoria di centrocampisti centrali che comprende anche Thiago e Vidal: è ben strutturato fisicamente, ha una più che valida tecnica di base, spicca in termini di personalità ed è anche piuttosto creativo. Gli mancano la raffinatezza del controllo della palla e la visione di gioco dell’ex Barça, così come il cileno lo sovrasta in quanto a contributo in fase di interdizione. Anche Tolisso spicca a sua volta in fondamentali, su tutti nel feeling con il gol (14 le reti nell’ultima stagione), ma anche negli assist (7) e nei duelli aerei (dove pareggia il conto con Vidal, 2 a partita di media). Il contesto da cui proviene fa sì che la precisione nei passaggi non sia comparabile a quella dei nuovi compagni, ed è anzi piuttosto incoraggiante che l’83,6% sia inferiore di appena sette punti percentuali rispetto alla media dei centrocampisti del Bayern. Quanto sappiamo oggi di lui ci spinge a ipotizzare che il suo lavoro di scrematura sarà prettamente tattico, e non è da escludere che almeno nella prima fase della stagione Ancelotti gli possa anteporre nelle gerarchie chi conosce da maggior tempo il suo metodo di lavoro; è stato così con Sanches, potrebbe essere così con l’ex Lione, nonostante le differenze del caso. A prescindere dal tempo e dalle attese, quella che lo ha riguardato è stata comunque un’operazione molto intelligente. Il Bayern si è assicurato uno dei talenti più interessanti dell’intero panorama europeo, lo ha fatto con i tempi giusti e intervenendo dove era più necessario.
Un saggio delle qualità di Corentin Tolisso: creatività, esplosività, intuitività
Altra immancabile precisazione è la seguente: Tolisso non è Xabi Alonso, non il suo sostituto naturale, non un centrocampista che può rendere come lo spagnolo in quella zona di campo. Tolisso è stato portato a Monaco per questo motivo: per far parte, assieme a tutti i nomi precedentemente menzionati, di un reparto costituito da centrocampisti moderni, mediamente versatili e per indole in grado di adattarsi (alle differenti disposizioni tattiche di squadra, ma soprattutto alle varie posizioni del singolo modulo). Non più Alonso nelle vesti di regista arretrato e primo interditore con Thiago e Vidal liberi di alzarsi a formare, di fatto, un 4-1-4-1. O almeno non come indicazione basilare. Tutti, nel nuovo centrocampo del Bayern, dovranno allargare gli orizzonti del proprio stile di gioco. Tutti dovranno saper fare di più, e meglio: a partire dai veterani, passando dagli apprendisti in cerca di promozione fino ad arrivare a chi è arrivato da pochi giorni. Solo così, e non tentando banalmente di rimpiazzarlo con un altro centrocampista, l’assenza di Alonso e delle sue qualità potrà passare inosservata.