È un Barça diverso

Con l'arrivo di Valverde e l'addio di Neymar, i blaugrana hanno una nuova faccia, soprattutto in avanti, dove Messi ha un nuovo ruolo.

Appena arrivato, il nuovo allenatore del Barcellona Ernesto Valverde si è ritrovato con l’infausto compito di dover tenere la barra del timone dritta in un’estate tra le più burrascose della storia recente blaugrana. Tra il mancato di rinnovo di Leo Messi e una dirigenza criticata dai tifosi, l’ex tecnico dell’Athletic Bilbao si è ritrovato a fare i conti con il campo, ma le prime risposte sono state principalmente negative. La dolorosa cessione di Neymar e la doppia sfida di Supercoppa spagnola contro il Real Madrid di metà agosto non hanno aiutato: lo strapotere fisico e tecnico dei blancos sui 180 minuti ha aperto una ferita enorme nell’animo culé – portando il primo tifoso del Barça, Piqué, a dichiarare apertamente le difficoltà della squadra nei confronti dei rivali di sempre – rendendo tutto più difficile al malcapitato Valverde. Così el Txingurri, quei giorni, si è impegnato al massimo per tenere un profilo basso e studiare un percorso per ordinare il caos che si stava generando attorno al mondo blaugrana.

Valverde conosce Barcellona, conosce l’ambiente avendoci giocato alla fine degli anni ‘80, e sapeva che sarebbe stato importante superare la tempesta senza forzature, consapevole che il materiale umano a disposizione è comunque da gotha del calcio – d’altra parte con Messi in rosa qualsiasi club deve sentirsi in diritto e in dovere di puntare pensare essere ambizioso. Sostituire Neymar è un lavoro praticamente impossibile per un solo giocatore, considerando che attaccanti del calibro del brasiliano sono inacquistabili o giocano già nel Barcellona. Per questo anche l’eventuale sostituto – che a un certo punto si è capito si sarebbe concretizzato in un diamante grezzo come Ousmane Dembélé – doveva essere l’ingranaggio di una macchina diversa da quella guidata da Luis Enrique. E Valverde questo lo sapeva fin dal momento in cui è stato ceduto Neymar. Durante il ciclo del tecnico asturiano, il Barcellona ha rinunciato al suo stile di gioco cadenzato, sincopato, sacrificandolo sull’altare dell’efficacia data dalla potenza del tridente Messi-Suárez-Neymar: l’obiettivo primario della squadra era innescare il più velocemente possibile le bocche da fuoco dell’attacco, anche a costo di svuotare d’importanza quel centrocampo che negli anni d’oro di Guardiola era stato il motore dei catalani.

Questi due insieme funzionavano. Una gioia negata a Valverde

Non potendo avere lo stesso rendimento dal nuovo terzetto offensivo, indipendentemente dalle performance di Dembélé in questo 2017/18 (avrà comunque solo 20 anni quindi il valore in prospettiva è praticamente incalcolabile), el Txingurri si è visto costretto a ridare importanza al centrocampo e alla fascia centrale, anche perché il posto nello scacchiere di Neymar l’ha preso momentaneamente Deulofeu e il paragone con il giocatore più pagato di sempre non potrebbe reggere. Complice l’infortunio di Luis Suárez, nelle prime due uscite in Liga il Barça ha schierato Messi punta centrale, con il compito di fare soprattutto da raccordo con il centrocampo, in quel ruolo di falso nueve che aveva già ricoperto in passato. La scelta di restituire il 10 al centro – anche geografico – dell’azione, sottintende la volontà di dare a Leo ancor più responsabilità, di renderlo in tutto e per tutto il faro della squadra. Una mossa apparentemente disperata che ha portato molto presto buoni frutti. Intanto perché Messi nelle responsabilità ci nuota come un pesce nell’acqua, quando si deve caricare la squadra sulle spalle non fa mezzo passo indietro e ha già messo in archivio il suo miglior avvio di stagione (5 reti in 3 partite, eguagliato il record 2014/15). Inoltre il Barcellona è tornato a macinare gioco, mantenendo comunque una tendenza marcata alla verticalizzazione. Un sistema che sembra aver restituito la vitalità di due stagioni fa a Ivan Rakitic: già due assist, il 92% di passaggi riusciti, 2,3 passaggi chiave (triplicato il dato relativo allo scorso campionato), ma anche tre contrasti di media a partita (quasi il doppio dell’anno scorso) e una prestazione eccezionale nel derby vinto 5-0 contro l’Espanyol.

Il derby di Barcellona. Analisi di un dominio targato LM10

Nella manita rifilata ai cugini è tornato anche Luis Suárez, il vero vulnus dell’estate blaugrana (perché ormai Neymar non c’è più). Il 9 è parso in difficoltà durante il precampionato e nella doppia sfida con il Real Madrid in Supercoppa. Dopo aver saltato le prime due gare di Liga, si è ripresentato al Camp Nou nell’unico posto rimasto sullo scacchiere di Valverde: ala sinistra al fianco di Messi. Vero che con l’attuale disposizione la Pulce non occupa lo spazio in maniera statica, da centravanti, ma si muove per creare connessioni con i compagni. Vero anche che i due nuovi esterni (Deulofeu e Suárez, in attesa di Dembélé) giocano spesso dentro il campo per lasciare spazio alle sovrapposizioni dei terzini. Ma al Camp Nou Suárez non ha giocato una buona partita – troppe occasioni sprecate e ben 6 palle perse –, nonostante la squadra stesse girando alla perfezione. Nel finale il Barcellona ha chiuso azioni dai tratti quasi commoventi, cercando a tutti i costi di mandare in porta il suo numero 9. Il fatto che il gol sia arrivato, tra l’altro su assist dell’esordiente Dembélé, è legato più a fattori esterni (tempo quasi scaduto, punteggio già sul 4-0, difesa dell’Espanyol già sotto la doccia da una decina di minuti) che a un reale merito dell’attacco blaugrana.

Più che l’inserimento di Dembélé, attualmente il grande enigma per Valverde sembrerebbe la sistemazione tattica di Suárez. Difficilmente l’uruguaiano potrà rendere al meglio con compiti diversi da quelli del delantero, soprattutto in fase di non possesso, ma ad oggi avere Leo Messi in posizione centrale è un plus irrinunciabile per il tecnico. Il Barcellona è attualmente a punteggio pieno e in vetta alla Liga con nove gol fatti e zero subiti. Uno score prezioso ma non ancora sufficiente per capire il potenziale che sarà in grado di esprimere la squadra di Valverde nel corso di questa stagione. Soprattutto perché l’unico avversario di spessore affrontato fin qui (il Real in Supercoppa) ha schiantato il Barcellona con un passivo di 5-1 sui 180 minuti. La sfida di Champions contro la Juventus potrebbe già dire qualcosa in più sul reale valore dei blaugrana.