Il bel calcio della Real Sociedad
Sono passati 36 anni dall’ultima volta che la Real Sociedad ha iniziato il campionato vincendo le prime tre partite. Il precedente mette la pelle d’oca a San Sebastián: al termine della stagione 1981/82 è arrivato il titolo, bis del successo dell’anno precedente. La gran partenza della squadra allenata da Eusebio Sacristán sorprende solo in parte. Subentrato quasi due anni fa a David Moyes dopo un avvio stentato, Eusebio ha iniziato il suo percorso con il piede giusto portando la squadra dal 16° posto in classifica al 9° di fine campionato, a solo 4 punti da un posto in Europa League. Obiettivo raggiunto nel maggio scorso, quando la Real Sociedad ha chiuso al sesto posto.
La squadra gioca un calcio offensivo basato sulla leadership tecnica in mezzo al campo di due giocatori come Illarramendi e Xabi Prieto e sulla sostanza che garantisce un mediano di passo come Zurutuza. Con il passare del tempo, Eusebio ha invertito la disposizione del triangolo di centrocampo, affidando a Illarramendi il ruolo di metronomo e facendolo agire da vertice basso, dando la possibilità a Xabi Prieto di giocare fronte alla porta e muoversi liberamente, partendo dal centro-destra e scambiandosi spesso la posizione con Zurutuza. Proprio Zurutuza ha trovato continuità (e 3 gol) nella scorsa stagione, diventando un elemento chiave. A supportare la costruzione del gioco è Iñigo Martínez, centrale di difesa dal piede sinistro molto educato e in grado di fornire un’alternativa quando Illarramendi viene pressato. Decisivo l’apporto di alcuni giovani canterani ormai divenuti delle certezze: è il caso di Mikel Oyarzabal, ala sinistra ventenne dotata di talento cristallino anche se a tratti indolente, e di Álvaro Odriozola, terzino destro classe’95 e un’arma in più in fase offensiva con la sua spinta costante sulla fascia e la sua velocità.
I risultati della Real Sociedad 2017/18 passeranno per la capacità di fare qualche punto in più con le grandi e soprattutto per un attento dosaggio delle risorse a disposizione di Eusebio, visto anche l’impegno europeo. La campagna acquisti estiva ha portato all’Anoeta due soli rinforzi: Adrian Januzaj dal Manchester United e Diego Llorente, centrale di difesa proveniente dal Real Madrid. Tutto questo a fronte della cessione di uno dei migliori terzini sinistri della passata edizione della Liga: Yuri Berchiche, passato al Paris Saint Germain, e sostituito con la promozione dalla squadra B di Kévin Rodrigues. Januzaj garantirà una soluzione in più nel ruolo di esterno offensivo nel 4-3-3: Juanmi (già 3 gol in 3 partite), Vela (che a gennaio saluterà tutti per andare ai Los Angeles Fc), Oyarzabal e Canales sono dunque sempre in lizza per due posti. L’insostituibile prima punta è il brasiliano Willian José, sia per lo score che per il lavoro che svolge per la squadra. La già citata cantera, fiore all’occhiello del club, potrebbe fornire ulteriori soluzioni al tecnico nel caso in cui giovani come Zubeldia, Guevara e Bautista riuscissero a garantire minuti di qualità, dando respiro ai giocatori più utilizzati. Da segnalare in tal senso i ritorni del centravanti Agirretxe (dal lungo infortunio) e del mediano Rubén Pardo (dal prestito al Betis).
Il pirotecnico 4-2 con cui la Real ha vinto sul campo del Deportivo
Marcelino e il risveglio del Valencia
Dopo le dimissioni di Nuno Espírito Santo nel novembre 2015 si è aperto un periodo critico dalle parti del Mestalla. Il magnate singaporiano Peter Lim si era insediato nel maggio dell’anno precedente e, tramite i buoni uffici con Jorge Mendes, si era assicurato l’allenatore portoghese per la guida tecnica del Valencia 2014/15. Fiducia ripagata con un quarto posto e con la qualificazione alla Champions dopo i preliminari. Una serie di risultati negativi ha portato all’addio del tecnico e all’avvicendamento senza profitto di una sequela di allenatori: alla sfortunata parentesi di Gary Neville hanno fatto seguito Pako Ayestaran, Cesare Prandelli e in più momenti il traghettatore Voro.
Per evitare un’altra stagione incolore si è scelto un tecnico affidabile e capace come Marcelino García Toral. Sarebbe potuto arrivare al Valencia già nell’estate del 2008: l’accordo tra le parti era stato trovato nel mese di aprile, ma dopo qualche giorno il club ha dovuto rivedere i propri piani per problemi economici e Marcelino ha scelto Saragozza. Una tappa quest’ultima, assieme a quella di Siviglia, tra le meno fortunate nel suo percorso da allenatore, che ha conosciuto momenti altissimi tra il 2005 e il 2008 con le esperienze di Huelva (Recreativo promosso in Primera e l’anno dopo ottavo in campionato), e Santander (Racing portato per la prima e unica volta in Europa, classificandosi sesto).
Il pari del Valencia al Bernabéu
Reduce dal casting di novembre a Milano per la panchina dell’Inter, è riuscito immediatamente a trasferire i suoi principi di gioco nella Comunità Valenciana, a soli 60 km di distanza da Vilarreal, dove per tre anni è mezzo è stato alla guida del Sottomarino Giallo. I ricordi sono tuttora vivi da quelle parti, tant’è che Fran Escribá, suo successore sulla panchina del Villarreal, non ha modificato l’assetto tattico della squadra mantenendo quel 4-4-2 a linee compatte che è marchio di fabbrica del gioco del tecnico asturiano. Squadre solide le sue, ritmi alti e ricerca della verticalità con le due punte vicine per combinare stretto e i due esterni di centrocampo sempre pronti a stringere il campo e cercare i mezzi spazi. Il bel lavoro svolto da tornanti atipici come Cazorla ai tempi del Recreativo Huelva o Denis Suárez al Villarreal potranno ispirare il processo di valorizzazione del talentuoso Carlos Soler a Valencia, già impiegato su entrambe le corsie in queste prime tre gare di campionato. E poi le ripartenze, immancabili, di cui Marcelino stesso ha detto: «È qualcosa a cui non si deve rinunciare nel calcio: la maggior parte dei gol matura grazie al contropiede». Il suo Valencia non deroga dalle certezze acquisite in 20 anni di carriera: già ha trovato le misure in mezzo al campo e il fraseggio tipici dell’idea di calcio di Marcelino. L’inizio fa ben sperare: vittoria di misura contro il Las Palmas alla prima e pari con Real e Atletico Madrid, ma soprattutto una squadra che sembra aver assorbito tutta l’essenza del suo gioco in pochi mesi di lavoro, mostrandosi sempre corta in 30 metri. In mezzo al campo la ben assortita coppia Kondogbia-Parejo sembra già funzionare molto bene. Elementi come Pereira dal Manchester United e Guedes dal Psg possono diventare di grande aiuto per la coppia d’attacco Zaza-Rodrigo, mentre in difesa Garay, Gabriel Paulista, Murillo e Vezo, in 4 per 2 posti, appaiono abbastanza solidi per proteggere la porta di Neto.
L’exploit di Maximiliano Gómez
Nessuno si attendeva un simile impatto sul campionato spagnolo, lui compreso. È proprio Maximiliano Gómez, centravanti del Celta, a riconoscerlo in un’intervista a Ovación, giornale sportivo uruguaiano: «Non me lo aspettavo. L’adattamento è molto difficile perché in Spagna il modo di giocare è molto diverso rispetto all’Uruguay, dove prevalgono i lanci lunghi. Qui invece si gioca molto di più palla a terra». Ha messo a segno 4 reti in 3 partite, per una media di un gol ogni 61 minuti.
Highlights di Maxi Gómez dall’ultima stagione in Uruguay
Classe 1996, dice di ispirarsi al connazionale Luis Suárez ma per fisicità e movenze ricorda più Diego Costa: a prima vista può apparire sgraziato con il suo metro e 86 centimetri, ma il senso del gol è quello dei grandi centravanti. Quelli che a volte offrono la sensazione che siano usciti dal gioco per poi dal nulla inventarsi il colpo, anche con una palla sporca, facendosi trovare nella posizione adatta al momento opportuno. Maxi Gómez dà il meglio di sé negli ultimi 16 metri, dove con la sua capacità di coordinarsi e calciare al volo sa come fare male all’avversario. Una testimonianza è facilmente riscontrabile nella doppietta alla Real Sociedad alla prima di campionato. L’altra specialità è il colpo di testa, giocata con cui ha deciso la partita contro l’Alavés di domenica scorsa. Destro di piede, è dotato di un tiro molto potente e di una buona tecnica. Unzué dovrà tuttavia riuscire a renderlo più utile alla manovra di una squadra già di per sé a trazione offensiva: venendo più incontro riuscirà a dialogare bene centralmente con Sisto e Iago Aspas, esterni d’attacco con il piede invertito, aprendo spazi alle loro incursioni e a quelle di Wass.
Il Celta se lo è aggiudicato per 4 milioni di euro, superando l’Udinese, la cui offerta si era fermata a 3 milioni e 250 mila euro. Maxi Goméz è un calciatore dal forte temperamento anche fuori dal campo di gioco, come ha dimostrato la rissa con il compagno Acuña, più grande di lui di 15 anni, al termine di una partita, e costatagli tre giornate di squalifica nell’aprile 2016. Due invece le espulsioni nell’ultima stagione in Uruguay, nel corso della quale però ha preso anche un’abitudine un po’ più sana: quella ai gol decisivi. Nelle 6 trasferte del Clausura 2017 in cui è sceso in campo ha segnato 7 gol decisivi per le 6 vittorie del Defensor. Punti fondamentali per il titolo vinto all’ultima giornata grazie al successo sul campo del Feníx: un 2-1 con due sue reti.
La carica delle neopromosse
Non è passato inosservato, dopo tre giornate di Liga, l’inizio arrembante delle tre neopromosse. Levante, Girona e Getafe hanno impressionato per aver mostrato grande organizzazione di gioco e nessun timore reverenziale al cospetto di avversari più quotati. Propongono tutte e tre un calcio interessante, figlio della filosofia e della bravura di tre allenatori come Muñiz, Machín e Bordalás. Tecnici a lungo sottovalutati nonostante le esperienze positive nelle divisioni inferiori.
Juan Muñiz è arrivato al Levante dopo la retrocessione del 2016, ha stravinto il campionato di Segunda División e ha ritrovato la massima divisione spagnola dopo aver guidato il Racing Santander, nel 2008/09, anno in cui ha disputato la Coppa Uefa, e il Malaga nella stagione 2009/10. Poi si è ricongiunto con il maestro Juande Ramos, che l’ha voluto come assistente al Dnipro. Gioca un 4-3-3 che in fase di non possesso si tramuta in un 4-5-1. Quando Muñiz schiera il macedone Bardhi, lascia a quest’ultimo maggiore libertà in fase di possesso palla, grazie alla protezione di due faticatori come Campaña e Lema. Una punizione contro il Deportivo La Coruña ha già evidenziato le virtù tecniche e balistiche del 22enne arrivato in estate dall’Ujpest. In attacco ci si attende qualcosa di più, in termini realizzativi, da Álex Alegría, alla sua prima vera stagione da titolare in Primera, dopo un discreto avvio lo scorso anno al Betis a cui ha però fatto seguito una perdita di autostima. Alla prima di campionato al Ciutat de València è caduto il Villarreal al termine di una partita combattuta e sbloccata nel finale, grazie a un’iniziativa di Morales, particolarmente ispirato, che ha guadagnato e trasformato un rigore.
Al secondo posto della Segunda División passata si è classificato il Girona, promosso per la prima volta nella sua storia nella massima serie: dopo due playoff promozione persi consecutivamente, Pablo Machín e il Girona ce l’hanno fatta. Il club è di recente entrato a far parte del City Football Group, holding che controlla il network di club sotto l’egida del Manchester City: calciatori come il terzino destro Maffeo, il trequartista colombiano Marlos Moreno, il mediano Aleix García e il compagno di reparto Douglas Luiz sono tutti di proprietà del club mancuniano. Non si pensi però a una mera succursale catalana della squadra allenata da Guardiola. Quanto fatto vedere nelle prime tre giornate di campionato può bastare per comprendere le potenzialità di questa squadra, che sul proprio terreno di gioco ha messo sotto per un’ora l’Atletico Madrid. Alla seconda di campionato ha battuto il Malaga e si è piegata solo al San Mamés di fronte all’Athletic Bilbao. Con il suo 5-4-1, che si tramuta in 3-4-3 quando la squadra è in possesso del pallone, Pablo Machín consente ai suoi di correre pochi rischi e di sfruttare molto bene le corsie laterali con Maffeo a destra e Adai Benítez a sinistra (ma di piede destro, utile per cercare lo sbocco centrale e all’occorrenza cambiare gioco). In mediana è di primaria importanza la sapienza di Granell, regista mancino e protagonista di un buonissimo avvio di stagione. Davanti l’imprevedibilità di Portu e Borja per dare sostegno a Cristian Stuani. Un sistema più che rodato, perfetto per affrontare anche avversari di caratura superiore. Fare punti a Montilivi sarà difficile per tutti.
Al timone del Getafe c’è il tecnico Pepe Bordalás. Le sue squadre propongono un gioco molto intenso e aggressivo: si schierano con il 4-2-3-1 e rispecchiano l’indole vulcanica del suo allenatore, spesso avvezzo alla polemiche con gli arbitri, e non solo. Due anni fa dopo la partita contro il Real Saragozza ha rotto la porta della sala stampa della Romareda con un pugno, tanta era la rabbia per la sconfitta e per le critiche rivoltegli dai giornalisti. Quest’anno è riuscito a trattenersi dopo l’immeritata sconfitta del suo Getafe contro il Siviglia: «Siamo tristi ma soddisfatti per aver annullato una squadra di Champions. Il calcio a volte è ingiusto. Meritiamo altro, prendiamo il buono», ha detto a fine partita. E il risultato è arrivato dopo qualche giorno, sul campo del Leganés: 1-2 con due perle dalla distanza di Arambarri e Jimenez. Tra i più positivi in queste prime tre giornate da segnalare il difensore centrale togolese Djene e lo stesso Arambarri, mediano uruguaiano del ’95.