La maturità di Pietro Pellegri
Durante l’intervista post gara alla Domenica Sportiva, Pietro Pellegri veniva definito, sbagliando, come il primo millennial ad aver realizzato una doppietta in Serie A, ma l’errore di fondo non scalfisce l’unicità di quanto fatto ieri dal ragazzo cresciuto nelle giovanili del Genoa. Provato in amichevole le prime volte da Gasperini, il vero esordio è arrivato con Juric in panchina. Con il debutto in Torino-Genoa del 22 dicembre 2016, Pietro – che è nato il 17 marzo del 2001 – è diventato il più giovane giocatore della storia a esordire in massima serie. Dopo aver realizzato la prima rete in A all’Olimpico contro la Roma, il cerchio di predestinazione sembra chiudersi con la doppietta di ieri sera all’altra squadra della capitale. Per tutta la gara, Pietro ha rincorso i difensori della Lazio cercando di impedirgli di costruire gioco in maniera pulita. Con una garra non consueta per un sedicenne, Pellegri ha impressionato oltre che per le due reti – da attaccante con un fiuto del gol assolutamente unico – anche per la lucidità e la personalità con cui ha interpretato il match. La forza con cui riesce a far girare le gambe per partire in progressione – come quando ha provocato l’ammonizione di De Vrij – o andare in pressing sugli avversari è impressionante, e altrettanto bene sa resistere difendendo la palla dopo uno stop di petto. Il futuro è un libro non scritto, ma se due indizi fanno una prova, quello di Pietro Pellegri potrebbe avere qualche pagina già ben visibile.
Lucas Leiva gli concede la profondità, Pellegri si fa trovare giusto alle sue spalle
Dybala può segnare come vuole
Con un Higuaín da “soli” due gol in cinque presenze stagionali Paulo Dybala si è messo a fare gli straordinari. Dopo una stagione in cui si è preoccupato di fare più da rifinitore – da raccordo con il centrocampo e da enganche che serve l’ultimo passaggio – l’argentino con il dieci bianconero si è messo a fare anche il nove. Otto gol in quattro partite di Serie A, di cui una con il Chievo da subentrato. Otto momenti che dimostrano un feeling con la porta da realizzatore seriale, perché Dybala ha un arsenale pressoché sconfinato. Domenica, nel lunch match contro il Sassuolo, l’argentino si è caricato sulle spalle l’attacco bianconero e ha sbloccato la partita dopo un quarto d’ora con un tiro da venti metri: sinistro a giro di prima intenzione, potente e angolato sul palo lontano. Poco dopo l’intervallo ha fatto il bis con un colpo da calcio a 5. Dopo qualche secondo di stallo alla messicana in area con i difensori del Sassuolo, Dybala ha sorpreso con una soluzione geniale: un tiro di punta sul primo palo, quasi senza dare slancio alla gamba, per prendere il tempo al portiere. E dopo il gol di Politano, che ha quasi riacceso la partita, l’ex Palermo ha deciso di segnare anche su calcio di punizione dal limite dell’area, con un tocco delicato che muore dietro la barriera. Sono i gol numero 50, 51, 52 in bianconero, il modo migliore per celebrare le cento presenze con la maglia della Juventus e per zittire la schizofrenia polemica post Barcellona.
La partita di Dybala contro il Sassuolo. Sono tre minuti di cose belle
Cenerentole infelici
Negli ultimi anni siamo stati abituati a vedere sempre più spesso il passaggio in Serie A di realtà fugaci che dopo un anno sono scomparse dal tabellone della classifica come dalle nostre menti – Frosinone, Carpi, Ancona, Como, Treviso, Novara, Pescara, Cesena. Ci sono realtà che tornano alla memoria più o meno intensamente a seconda di quanto siamo pronti a dar spazio alla malinconia del passato più o meno recente. Verona e Benevento (con rispettivamente 1 e 0 punti) sembrano sempre più destinate a entrare nel novero delle squadre venute in A per una toccata e fuga, e se per i sanniti può essere accettabile, per una piazza come Verona comincia a diventare un problema. La Serie A a venti squadre è solo parte di un problema più ampio: ridurre il numero di squadre potrebbe innalzare la qualità media del torneo, ma non risolverebbe del tutto lo scompenso sempre più importante tra club di prima, seconda e terza fascia. C’è la questione della ripartizione dei diritti tv come altro fattore: una divisione all’inglese, più equa e con maggiore attenzione anche alle piccole, permetterebbe di certo di migliorare un ulteriore aspetto di un problema che non è più un fattore secondario. Le capacità di spesa potranno impedire la pioggia di goleade e pessime prestazioni da parte delle neo-promosse? Non c’è forse una risposta univoca al quesito, quel che è certo è che il numero attuale aiuta lo sviluppo di un livellamento verso il basso dovuto anche alla certezza che, ogni anno, ci saranno due o più squadre pronte a fare da vittime sacrificali, con una salvezza che diventa sempre più semplice e mediocre per altre formazioni.