Tammy Abraham: making of

Ha 20 anni, è appena arrivato in Premier League, ha doti da attaccante infallibile, e sembra migliorare di partita in partita.

Selhurst Park sbuffava scherno, oltre che euforia, nel momento in cui, dopo nemmeno un’ora di partita, Michy Batshuayi lasciava il campo. Sulla sua espressione campeggiava frustrazione – il Chelsea perdeva 2-1 contro il Crystal Palace ultimo in classifica – e una strana forma di risentimento verso se stesso per una prestazione ampiamente insufficiente – 19 palloni toccati, uno solo nell’area avversaria, zero tiri e appena due passaggi in avanti. Mentre il belga si immalinconiva, sprecando la grande occasione da titolare apertagli dall’assenza di Morata, quasi 300 chilometri più a ovest, a Swansea, un altro attaccante, nato lo stesso giorno di Batshuayi ma più giovane di quattro anni, segnava una doppietta, la prima in Premier, all’Huddersfield. Il suo nome è Tammy Abraham.

Torniamo a Selhurst Park, ma questa volta a un pomeriggio di fine agosto. A pochi istanti dal termine del primo tempo, Abraham segna il suo primo gol in Premier League, portando avanti lo Swansea contro il Palace. È un gran gol, ma non lo vedrete inserito in una di quelle compilation usa e getta: perché, di questo attaccante inglese di padre nigeriano, titolare in Premier a vent’anni ancora da compiere, non si vedrà mai una giocata che ruba l’occhio, di quelle che moltiplicano gli share. Non è un rabdomante dello spettacolo, ma di tutto il resto sì: e questo al Palace è un gran gol perché costruito su una duplice lotta, con il marcatore che gli si aggrappa facendo ricorso a metodi poco ortodossi, e con il pallone che è infido, sfuggente e difficile da ammansire. Ne esce vincitore perché riesce a prevalere, con fisico e senso della posizione, sull’avversario e perché trova l’impatto giusto con la palla, senza colpire con forza ma aggiustandola il giusto affinché il portiere non possa intervenire.

La prima rete in Premier

Chissà se, una volta fallita la ricerca di un vice Morata, Antonio Conte non abbia avuto rimpianti per il prestito di Abraham allo Swansea. Lui che al Chelsea ci è arrivato quando aveva sette anni, e che con i londinesi ha raccolto le più grandi soddisfazioni a livello giovanile: nel biennio 2014-2016 ha segnato 74 gol in 98 partite, vincendo due volte Youth League (secondo miglior marcatore nel 2016 con otto gol) e Fa Cup. Nella scorsa stagione è stato girato in prestito al Bristol City, in Championship, dove ha segnato 26 gol e ha contribuito in maniera determinante alla salvezza della squadra – che ha chiuso con un vantaggio di appena tre punti sulla zona retrocessione. Con un Batshuayi che segna spesso ma che, al di là dei numeri realizzativi, non soddisfa le esigenze di Conte, Abraham risponde proprio alle caratteristiche che il tecnico del Chelsea cerca: un attaccante associativo, mobile, dentro alla partita. E che ha cominciato con quattro reti nelle prime otto di Premier.

Perché segnare resta il mestiere principale, e anche quello in cui riesce meglio: le 26 marcature con il Bristol City restituiscono l’immagine di un calciatore capace di segnare in qualsiasi modo, in qualsiasi situazione. Al punto da inventarsi i gol: contro il Blackburn, per esempio, scappa alle spalle della difesa, e a tu per tu con il portiere il pallone gli resta un po’ dietro – non è un problema, perché la calcia con il tacco, ed è proprio una conclusione in porta. Ancora: nelle palle vaganti è sempre il primo a spuntarla e, nonostante l’altezza, trova sempre la miglior coordinazione. Si allunga, si contorce, si avvita. E segna.

Alcuni gol segnati lo scorso anno con il Bristol City

Allo Swansea Abraham sta imparando a essere un attaccante completo. Riferimento centrale in avanti della squadra, pur nei numerosi cambi di modulo, l’ex Bristol City lavora di più per la squadra. Il suo allenatore, Paul Clement, ha evidenziato i suoi miglioramenti: «Nelle prime partite era troppo fermo; doveva attaccare la difesa alle spalle, cosa che in seguito è riuscito a fare». Del resto, Abraham è prestante – è alto 1,90 metri – ma non è imbattibile nel gioco aereo, così, già nel corso della carriera, spesso ha agito anche da esterno alto. La rapidità, la capacità di scambiare con i compagni e muoversi senza dare riferimenti sono caratteristiche che sta affinando in Premier: nel video seguente lo si vede indietreggiare fino alla linea di centrocampo e, con una finta intelligente, elude l’intervento dell’avversario per arrivare primo sul pallone. Quindi tocca per un compagno e parte in velocità sulla destra, dando la possibilità di far sviluppare l’azione sull’out e arrivare al cross.

Da punta centrale, Abraham deve perciò coniugare il lavoro per la squadra – e di apertura degli spazi – all’ossessione per il gol. Un doppio compito che, partita dopo partita, sta perfezionando: l’inglese è utilissimo alla squadra perché arretra sistematicamente per dare un’opzione di passaggio. Lo fa sia centralmente, sia spostandosi sulla fascia, la destra soprattutto. In maniera semplice ma efficace: l’ottima protezione di palla fa sì che ai compagni arrivino palloni “puliti”. Per poi farsi trovare pronto, e pericoloso, in area.

La disponibilità per la squadra è totale, tanto che lo si vede fare affidamento sulla sua rapidità anche in ripiegamento difensivo, parecchi metri lontano dall’area di rigore avversaria. È qualcosa che ormai fa parte del suo dna, e – come si vede anche nel video seguente – è un’abitudine che ha portato anche nell’Under 21 inglese. Convocato per la prima volta nell’ottobre di un anno fa, alla prima da titolare, contro la Bosnia, mise a segno una doppietta. Dopo un Europeo Under 21 dove ha segnato una rete in semifinale contro la Germania, poi campione del torneo, oggi Abraham è uno dei giocatori più rappresentativi della rosa a disposizione di Boothroyd: solo Loftus-Cheek e Gray vantano più presenze di lui. Resta arruolabile per la Nazionale nigeriana, seppure le sue intenzioni sembrano quelle di proseguire sotto il vessillo inglese.

Pensare a dove possa arrivare è ancora prematuro: dalla sua, però, ci sono qualità tecniche e fisiche sopra la media, la totale apertura al lavoro e al sacrificio, un’adattabilità che va oltre la tattica, e che gli consente, a 20 anni, di prendersi un posto da titolare alla prima annata di Premier e migliorare di partita in partita. Ricorda, per certi versi, due grandi attaccanti della storia recente del Chelsea: Drogba per il killer instinct (anche lui segnò il primo gol in Premier a Selhurst Park) e Diego Costa per la capacità di coprire l’intero fronte offensivo. Il momento in cui Abraham ne raccoglierà l’eredità potrebbe avvenire prima del previsto.