Gli schermi di Napoli

Le emittenti locali campane sono tra le più seguite d'Italia, con un focus continuo, e totale, sul calcio. Indagine su un fenomeno articolato.

Tutti gli appassionati di calcio iscritti a Facebook vivono una situazione fastidiosa ma inevitabile: la ridondanza del feed. Ci sono dentro anch’io, naturalmente: da napoletano sono costretto a rivedere ciclicamente gli stessi contenuti calcistici – gol di Hamsik e Insigne, vecchie dichiarazioni di De Laurentiis e altre cose del genere. Due dei video più ricorrenti in assoluto sono estratti brevi di talk show sportivi andati in onda su emittenti locali. Nel primo c’è Ezio Capuano, oggi tecnico della Sambenedettese, che nel giugno 2013 annuncia: «Dries Mertens non giocherà più di otto partite da titolare con il Napoli»; nel secondo c’è Gianni Ambrosino, direttore di Canale 21, che dopo la seconda giornata della Serie A 2015/16 definisce Maurizio Sarri «un allenatore senza personalità». 
Quando incontro Gianni Ambrosino, quel video che ho visto tante volte è tra le prime cose che mi vengono in mente. Siamo nella redazione della sua emittente, sediamo su poltrone nere, ampie, comode, parliamo di calcio e di Napoli e di televisione. Non riesco a trattenermi, allora gli chiedo cosa pensa di quel suo giudizio dopo più di due anni, soprattutto ora che il Napoli di Sarri è in testa alla classifica. Le sue parole mi sembrano ragionevoli: «Inizialmente ho criticato Sarri, ma non ero l’unico a essere diffidente. Quando mi sono reso conto che il suo lavoro stava migliorando i risultati della squadra, ho cambiato idea. Fare informazione sportiva in maniera così intensiva ti porta a modificare le tue opinioni iniziali, a volte». Guardo l’orologio, sono le 19:34 di lunedì 20 novembre 2017, domani si gioca Napoli-Shakhtar Donetsk. Canale 21 è in diretta dalle 14 per raccontare la vigilia della partita, giornalisti in studio e inviati in esterna parlano del Napoli da cinque ore e trentaquattro minuti, è un flusso praticamente ininterrotto, sospeso solo per le edizioni del telegiornale e per la pubblicità. Me l’ha spiegato Gianni Ambrosino durante la nostra chiacchierata. Le sue parole su Sarri e sulle opinioni che cambiano mi sono sembrate ancora più ragionevoli.

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Gli ultimi dati Auditel consultabili su internet, riferiti a settembre 2017, dicono che le prime sei emittenti tv con sede in Campania mettono insieme un milione e 400mila contatti giornalieri. Tutte rientrano nella top 15 italiana delle reti locali per numero di telespettatori, tutte costruiscono il proprio palinsesto intorno alle vicende del Napoli. Silver Mele, giornalista e conduttore di Canale 8, spiega che «l’editoria televisiva napoletana vive un momento di stagnazione economica. Per fortuna c’è il calcio, l’unico settore in cui gli inserzionisti continuano a investire. Allora il budget viene concentrato su contenitori di approfondimento sportivo, la programmazione si modella sul calendario delle partite in modo da presentarle, vivisezionarle e commentarle dopo il fischio finale e nei giorni successivi. È un ciclo continuo, sempre uguale, i tifosi del Napoli hanno una voglia infinita di sentir parlare della squadra, di partecipare al dibattito». 
Il coinvolgimento del pubblico è una componente importante di questo micromondo mediale: tutte le emittenti napoletane dedicano una trasmissione al filo diretto con i tifosi, è una scelta editoriale precisa, condivisa, credo che una parte consistente del successo di questi prodotti televisivi vada ricercata proprio nella volontà di costruire una dialettica quasi paritaria tra gli addetti ai lavori e il pubblico.

Viviamo l’era dei social e della web society, eppure il dialogo tra giornalisti, opinionisti e spettatori da casa avviene attraverso telefonate in diretta. Carlo Alvino, presentatore e responsabile delle produzioni sportive di Tv Luna, mi spiega come questo anacronismo tecnologico conferisca forza alle trasmissioni: «Il tifoso interviene in onda per un motivo essenziale: vuole autolegittimare la sua opinione, condividerla in maniera immediata con qualcuno che dia spazio alle sue idee, che conversi con lui e non si limiti alla lettura di un tweet. È un modo per sentirsi parte del tutto, per cercare di definirsi e avvicinarsi al Napoli. Per chi fa questo tipo di televisione, un confronto del genere è una fonte inesauribile di spunti e situazioni». 
Le parole di Carlo confermano l’impressione: si tratta di un’interazione che genera spettacolo e identificazione, che costruisce la sensazione di un riconoscimento tangibile, una sorta di patente, per il tifoso-telespettatore. Inoltre permette di espandere la riproducibilità delle immagini, è industria dell’intrattenimento che alimenta altre industrie satellite. Su Youtube, ad esempio, c’è un canale interamente dedicato a questo genere televisivo. Si chiama All Goals, carica tutte le trasmissioni che raccontano il Napoli, anche quelle di filo diretto, quindi permette di rivedere i dibattiti e gli approfondimenti e di “riascoltare” le telefonate del pubblico. Ogni giorno ci sono nuovi contenuti, le repliche sono sul web praticamente in tempo reale, l’archivio completo conta circa 11mila video. Il canale Youtube dell’intera Rai, per dire, non arriva a 8mila upload.

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«Ho scelto di ritornare in televisione proprio a Napoli perché qui si percepisce la fertilità di quello che fai, c’è ricezione rispetto alle idee che si realizzano. Il Napoli è un fatto, muove le cose attraverso la passione della sua gente». Le parole di Marino Bartoletti – conduttore di un talk show settimanale su Tv Luna – mi fanno capire che il fenomeno mediatico ed economico non può essere separato dalla sua dimensione sociale. Non credo nella retorica autocelebrativa dei tifosi migliori del mondo, una definizione del sé che Napoli condivide inevitabilmente con tante altre piazze, ma i dati di ascolto delle emittenti locali testimoniano come il rapporto tra città e squadra sia realmente simbiotico, e non si esaurisca nell’evento-partita ma si dilati lungo tutto la settimana. Anzi, non si arresta neanche per la pausa estiva: Tv Luna ha seguito il ritiro di Dimaro 2017 con dodici ore di diretta al giorno, dalle 11:30 alle 23:30. Marino Bartoletti ha partecipato a questa maratona, e mi confessa che lungo la sua carriera non ha mai visto «un attaccamento del genere verso un club calcistico. Il Napoli ha un impatto sociale e un potenziale narrativo assolutamente incredibili».

Paolo Torino, editore di Canale 21, spiega questa condizione, ne allarga i confini: «I napoletani si sentono rappresentati dalla loro squadra, la utilizzano per confrontarsi con il resto d’Italia. Anzi, ti dirò di più: il Napoli è l’unica interlocuzione nazionale che è rimasta a questa comunità. I risultati conseguiti e e la visibilità acquisita durante l’era De Laurentiis hanno riportato il club al centro del discorso calcistico, ed è inevitabile che ciò rappresenti un’opportunità per gli investitori pubblicitari e per le stesse emittenti televisive. Nelle nostre trasmissioni riproduciamo dinamiche nazionali in un contesto locale, facciamo business mentre costruiamo una nuova identificazione dei tifosi con i loro simboli storici». La dimensione extraterritoriale viene ricercata attraverso la scelta di conduttori e ospiti di richiamo, oltre a Bartoletti molti altri personaggi vengono invitati dal resto d’Italia per raccontare il Napoli: Ivan Zazzaroni conduce Il Bello del Calcio su Canale 21, Xavier Jacobelli è ospite ricorrente a Canale 8, facendo zapping il lunedì è possibile intercettare Fulvio Collovati, Massimo Giletti, Adriano Bacconi, Mino Taveri. «L’autorevolezza dei commentatori aumenta l’attrattività dei programmi e rende orgoglioso il pubblico», spiega Gianni Ambrosino. Allo stesso modo è importante anche una riconoscibilità diversa, geograficamente e storicamente radicata. Umberto Chiariello, dal 1989 in onda con Campania Sport, racconta che «le strisce di approfondimento delle tv locali sono molto seguite dai tifosi, decisamente di più rispetto a quelle dei media nazionali. Il nostro telespettatore vuole essere informato da professionisti che seguono il Napoli da tanti anni, che conoscono l’ambiente».

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La costruzione editoriale dei contenuti è influenzata dall’attualità, dai risultati del Napoli, dall’andamento delle partite e della stagione. Lo stile varia in base al contesto, ogni produzione ha un proprio registro e il panorama è abbastanza vario: c’è il talk show di riflessione, quello un po’ più urlato e colorato, ci sono gli opinionisti pro e contro. Da questo punto di vista, non esistono dogmatismi: esistono critici anti-Sarri, anti-De Laurentiis, anti-Hamsik. Silver Mele mi spiega che proprio questi personaggi «fanno gioco alle trasmissioni, animano la discussione con le loro provocazioni. Del resto dobbiamo avere la presunzione di essere costruttivi, di segnalare ciò che funziona ma anche le cose che si potrebbero fare meglio». Ovviamente c’è uno spazio per i casi più controversi, come richiede la tradizione italiana del dibattito sportivo: il mercato in estate, gli episodi arbitrali contestati, dichiarazioni o comportamenti discutibili di calciatori, allenatori, dirigenti. Ma si va anche oltre, da un po’ di tempo ci si concentra molto sulla tattica, su quello che succede in campo. Claudio Cafarelli, redattore di Canale 21, mi dice che «tutto è cominciato dall’arrivo di Benítez, nel 2013. Da allora è come se i tifosi avessero ampliato i propri concetti di riferimento, vogliono approfondimenti sui movimenti dei calciatori, analisi del loro rendimento, spiegazioni su principi e moduli di gioco. L’esplosione di Sarri e del Sarrismo ha accentuato questa trasformazione culturale già in atto». 
Siamo in sala regia, e mentre parliamo e trascrivo entra Luigi De Canio. L’ex tecnico dell’Udinese si siede a un computer, e con l’aiuto di un tecnico del montaggio scompone e approfondisce tre azioni significative dell’ultima partita del Napoli. Mi avvicino, mi intrometto, De Canio mi invita a contraddirlo e alla fine mi dimostra che ha ragione lui. A ogni intuizione di Mertens o Insigne, a ogni movimento esatto di Callejón dice sempre la stessa frase: «Questa è una cosa da giocatore di calcio».
 Finisce, si alza, mi chiede se la lezione è stata interessante. È praticamente pronto per andare in diretta. La trasmissione che sta per iniziare durerà più di due ore, si parlerà solo del Napoli eppure di tantissimi argomenti. È così che funziona una tv (anche) locale, è questo che chiede il pubblico. Fortunatamente per tutti, sembra funzionare bene.

 

 

Dal numero 19 di Undici. Foto di Ernesto Tedeschi