La genesi di ter Stegen

Le tappe di crescita del portiere del Barcellona, oggi uno tra i migliori nel ruolo al mondo – anche grazie a caratteristiche uniche.

È difficile immaginare una linea di successione calcistica più legittima, più esatta, rispetto a quella che collega Manuel Neuer a Marc-André ter Stegen. Il numero uno del Barcellona viaggia verso la maturità (compirà 26 anni il prossimo 30 aprile) con una consapevolezza: toccherà a lui raccogliere l’eredità di un portiere che ha influenzato la storia del gioco, cambiando la teoria e la pratica del ruolo. La prossimità tra Neuer e ter Stegen è percettibile, è una sensazione fisica, tecnica, concettuale: entrambi coprono lo specchio della porta con le stesse posizioni delle mani e delle braccia e delle gambe, entrambi sorvegliano e accorciano lo spazio dietro la linea difensiva con tempistiche equivalenti. La loro formazione è stata costruita su una didattica condivisa, pianificata, come un procedimento industriale che adatta il materiale rispetto a un modello predeterminato, funzionale per una precisa filosofia tattica.

Il racconto di questa continuità esiste da molto tempo, già nel 2012 Sepp Maier spiegava che ter Stegen poteva essere considerato «vicinissimo a Neuer, perché è un grande portiere anche se ha appena vent’anni, gli manca solo l’esperienza in una squadra di primo livello per esplodere definitivamente». La crescita del ragazzo di Mönchengladbach è compiuta, le sue doti naturali e l’approccio al gioco tipico della scuola tedesca sono stati integrati da un lavoro tecnico e mentale che ha smussato gli angoli dell’incertezza, che ha completato la definizione del top player. ter Stegen ha vissuto lo stesso percorso graduale di Neuer, ha edificato e consolidato la sua legacy in un grande club, ha scelto il modo migliore per definire la sua forza: affrontare le sfide più prestigiose da protagonista, esattamente come auspicato da Maier.

L’uscita a croce iberica, mutuata dal futsal. Una definizione della prossimità tra Neuer e ter Stegen

In un’intervista rilasciata al Mundo Deportivo, ter Stegen ha offerto una lettura completa della sua esperienza a Barcellona, dalle motivazioni che hanno portato al suo acquisto da parte del club culé fino ad un ambientamento complesso: «I portieri che indossano i colori del Barça hanno tutti caratteristiche, simili, riconoscibili: sono bravi a giocare il pallone con i piedi, cercano sempre la costruzione pulita della manovra, fin della propria area di rigore. Sono stato felice che i dirigenti abbiano visto queste qualità in me, ma nonostante questa fiducia l’approccio all’avventura in Spagna non è stato semplice. Il problema della lingua ha rallentato il mio inserimento, c’è stata la convivenza con Bravo, una situazione molto dura. Poi Claudio si è trasferito al Manchester City, la soluzione migliore per tutti. A quel punto ho iniziato a giocare di più, questo mi ha permesso di migliorare, di aumentare l’affiatamento con la squadra. Ora lavoro in un contesto perfetto, è esattamente quello che volevo».

In queste parole c’è tutto ter Stegen, è la storia a tappe della sua crescita, di un processo evolutivo partito da un background moderno, aderente con le idee di gioco del Barcellona. Fin dagli esordi con il Borussia Mönchengladbach, ter Stegen ha mostrato qualità assimilabili al profilo dello Sweeper-Keeper – letteralmente “Portiere-Libero”. Un articolo del sito TheFalse9 individua le caratteristiche di questa figura: «Si tratta di un portiere che controlla lo spazio arretrato rimanendo molto vicino ai difensori, inoltre permette alla squadra di ripartire velocemente da dietro. In altre parole, agisce come undicesimo calciatore di movimento. Lo Sweeper-Keeper, oggi, è una vera e propria arma tattica, sviluppata da Cruijff e utilizzata soprattutto dai suoi discepoli nella Masia del Barcellona. Questa rivoluzione ha ispirato una generazione di allenatori e portieri a un certo approccio al ruolo, al passaggio corto, alla partecipazione alla fase di costruzione».

La caratteristica più impressionante del gioco attivo di ter Stegen è la tranquillità nella gestione del possesso, che deriva da una tecnica di altissimo livello. È un’evidenza che si concretizza in molti modi: i dati, per esempio, raccontano che ter Stegen è il portiere numero uno della Liga per qualità nella distribuzione (84% degli appoggi riusciti); in Champions, la stessa graduatoria statistica lo vede al secondo posto dietro Ederson (89% di passaggi positivi per il brasiliano del City, 85% per ter Stegen). Poi c’è l’esperienza visiva rispetto a ciò che avviene in campo, che restituisce l’immagine di un portiere in grado di smistare la palla attraverso soluzioni molteplici, con estrema precisione, indifferentemente sul corto e sul lungo. È una questione di sensibilità tattica e tecnica: ter Stegen unisce una perfetta comprensione preventiva del gioco a due piedi che gli permettono di controllare e passare il pallone con estrema disinvoltura.

Infine, ci sono le suggestioni costruite dai media, che contribuiscono ad alimentare la percezione avanguardista del calcio di ter Stegen: su Youtube, per esempio, c’è un video di Copa90 che lo segue e lo “sfida” per una sessione di allenamento non convenzionale, come se fosse una mezzala o un esterno offensivo – stop in situazioni complesse, calci di punizione diretti, tiri in porta; Espnfc ha prodotto numerosi contenuti sulla sua figura, in uno di questi il portiere tedesco viene rappresentato come Star-Lord, personaggio dell’universo Marvel che si caratterizza per una fiducia assoluta nei propri poteri. L’accostamento con ter Stegen nasce proprio dalla consapevolezza del portiere tedesco rispetto al gioco con i piedi, che «occasionalmente può portare ad errori grossolani ma garantisce grandi risparmi di energia». Nel gruppo dei “Guardians Of The Football Galaxy” di Espnfc ci sono anche Buffon, Howard, De Gea, Courtois e ovviamente Neuer. 

ter Stegen e la varietà del suo gioco palla al piede

In un pezzo pubblicato dal Guardian all’indomani della semifinale di ritorno della Champions 2014/2015, contro il Bayern Monaco, la definizione della forza di ter Stegen va oltre la sua bravura con i piedi: «Il portiere del Barcellona comanda la sua area di rigore con personalità e maturità, il suo colpo d’occhio e la sua capacità di scelta e coordinazione rispetto all’intervento migliore sbalordiscono chiunque guardi una sua partita». È una perfetta descrizione della caratteristica più riconoscibile di ter Stegen tra i pali: l’esplosività. Si tratta di un concetto ampio, legato ad una struttura fisica possente eppure agile, ma anche ad un’impostazione tipica della scuola tedesca, che istruisce a non anticipare quasi mai la parata.

La visione di una compilation Youtube di ter Stegen dà la sensazione dell’attesa programmata, consapevole, come quella per la detonazione di una bomba ad orologeria: Marc-André sembra tuffarsi sempre con un attimo di ritardo, evidentemente tende a coprire la porzione di specchio più ampia possibile, fin quando possibile; subito dopo il tiro aziona i muscoli delle gambe, “carica” il peso del suo corpo dalla parte giusta ed esplode letteralmente, con le braccia protese verso il pallone. Spesso arriva a intercettarne la traiettoria, l’istante di sospensione iniziale viene recuperato grazie a una reattività eccezionale. Lo stesso atteggiamento è ancora più marcato per le situazioni di uno contro uno e di conclusione ravvicinata, ter Stegen resta quasi sempre a protezione del palo, in piedi fino all’ultimo, poi scatta il processo decisionale: utilizza molto l’uscita a croce iberica, una tecnica tipica del futsal, che sfrutta l’imponenza della sua figura per chiudere tutti gli angoli di luce; oppure può azionare il riflesso per coprire la porta e il lato debole, muovendo anche solo un braccio, una scelta che a volte si rivela vincente grazie un’incredibile rapidità nei movimenti.

ter Stegen, in sintesi

Marc-André ter Stegen è diventato un portiere di assoluta affidabilità, con un bagaglio tecnico completo, in grado di rispettare le promesse dei suoi anni giovanili, di identificarsi perfettamente con il gioco del suo club, con la cultura tattica della sua generazione. Non è un caso che il tecnico del Barcellona Ernesto Valverde, dopo la mostruosa prestazione nell’ultimo Clásico, si sia espresso con parole chiare su di lui: «È fondamentale per la nostra squadra, ci sentiamo tranquilli quando gli avversari si avvicinano all’area di rigore, e quando deve iniziare l’azione». La sensazione condivisa sul percorso di affermazione di ter Stegen è che ci esistano ancora margini di sviluppo. È una questione di età, di esperienza maturata e da maturare, di suggestioni, di evidenze: FourFourTwo, per esempio, lo ha messo al quinto posto nella classifica dei migliori portieri del mondo nel 2017, con Neuer sesto. Nel breve testo di accompagnamento, si legge che Mar-André «deve ancora vivere gli anni migliori della carriera». Poi c’è stata l’investitura di Oliver Kahn, che alla luce dell’infortunio di Neuer ha spiegato di avere fiducia in ter Stegen, secondo lui il portiere del Barcellona «potrebbe giocare un’ottima Coppa del Mondo qualora dovesse essere chiamato in causa». Il momento della successione sembra molto vicino, è solo questione di tempo. Anche perché ter Stegen pare essere davvero pronto a raccogliere un’eredità così pesante.