La “strana” strategia comunicativa di Mourinho

Il portoghese, con le sue dichiarazioni, sta facendo terra bruciata attorno a sé. Non ingenuità, ma un un piano mirato per preparare l'addio allo United.
di Francesco Paolo Giordano 14 Marzo 2018 alle 15:04

José Mourinho ama particolarmente ricordare il proprio curriculum. Lo sbandiera, lo issa come un vessillo. Spesso ricorda alcuni dei suoi successi per mettere una distanza tra sé e i suoi interlocutori – i giornalisti, la quasi totalità delle volte. Il senso è chiaro: io ho vinto tot, voi no. E basta questo per non mettere in discussione il suo pensiero.

Il portoghese lo ha fatto ancora, nella notte più difficile della stagione: l’eliminazione agli ottavi di Champions per mano del Siviglia. Ma stavolta in un modo particolare, nuovo. Anzi, “strano”. «So che questo (l’eliminazione dalla Champions, ndr) è già capitato allo United, perché è successo quando ero allenatore del Porto e del Real Madrid. Non è qualcosa di nuovo per questo club». What?

Mourinho ha poi continuato: «Non voglio fare di questa sconfitta un dramma. Non è la fine del mondo. Ci abbiamo provato, abbiamo perso, è il calcio». Per un cultore della vittoria come lui, non sono dichiarazioni in linea con il suo profilo comunicativo: quella di Mou è una resa. E la resa non gli è mai appartenuta. Nelle sconfitte il portoghese ha sempre individuato un fattore esterno: gli infortuni, gli arbitri, il sistema. Non “abbiamo perso”, ma “ci hanno fatto perdere”. Il cambio di direzione, con una bordata violenta al suo stesso club – nei fatti, dice Mou, un club perdente –, indica come la strategia comunicativa di Mourinho sia inedita. E, soprattutto, autolesionista.

Al Mourinho tecnico in difficoltà – mai amato da tifosi e giornalisti inglesi per un calcio da molti giudicato soporifero – non corrisponde, necessariamente, il Mourinho comunicatore in difficoltà. È davvero arduo credere che un abile stratega della parola come il portoghese sia incappato in un autogol così clamoroso. Soprattutto perché Mou è apparso lucido nel postpartita: ha difeso i suoi giocatori come nel suo stile ormai ultradecennale, ed è poi andato negli spogliatoi del Siviglia per congratularsi con gli spagnoli e augurare buona fortuna per il cammino in Champions.

Sembra, piuttosto, che Mourinho stia portando avanti una exit strategy dallo United. Non può fare come Conte, che ha messo alla berlina il suo club per i mancati interventi sul mercato: la dirigenza dello United, con lui in panchina, lo ha accontentato, e in due anni ha messo sul piatto 350 milioni di euro – con Sánchez ultimo sfizio, più per scipparlo a Guardiola che per reali esigenze tattiche. Mou è stato coccolato dallo United, che gli ha rinnovato il contratto fino al 2020 poche settimane fa, con una Champions ancora da giocare e una Premier già compromessa. Ma nemmeno il rinnovo – mossa comunicativa forte, per squadra e stampa che già si accaniva sulle divergenze tra il portoghese e alcuni dei suoi giocatori – garantisce che Mourinho l’anno prossimo sarà alla guida dei Red Devils.

Il sogno segreto di Mourinho, che tanto segreto non è, è arrivare al Psg. I suoi detrattori dicono che il suo calcio ormai ha finito il suo tempo: anche se non fosse così, allo United Mou non ha mai lottato per il titolo – praticamente è stata la prima volta in carriera. Con una concorrenza così forte, il portoghese teme di non poter più vincere la Premier: se lo scorso anno il bilancio fu salvato dalla vittoria di tre coppe minori, quest’anno il giudizio sul suo operato non sarà ugualmente benevolo. E per evitare l’etichetta di perdente, Mou sa di dover muoversi in fretta.

>

Leggi anche

Calcio
Luis Campos, il direttore sportivo del PSG, sta pubblicando i suoi appunti su Twitter
L’uomo che ha architettato il trionfo in Champions League del club francese ha deciso di svelare i segreti più intimi del suo mestiere.
di Redazione Undici
Calcio
L’Italia di Gattuso non ha pregi evidenti, e ora più che mai ha bisogno di un’identità
La sconfitta contro la Norvegia ha evidenziato gli enormi problemi della Nazionale azzurra, problemi che il nuovo ct non ha ancora risolto.
di Alfonso Fasano
Calcio
Ahanor non può ancora essere convocato nella Nazionale italiana, e all’estero non si spiegano come sia possibile
Una situazione paradossale, che accomuna il difensore dall'Atalanta a campionesse come Myriam Sylla. E che in Francia desta più scandalo che in Italia.
di Redazione Undici
Calcio
Grazie a una “campagna acquisti” iniziata cinque anni fa, gli Emirati Arabi Uniti hanno fregato la FIFA e oggi hanno una Nazionale piena di giocatori naturalizzati
A partire dal 2019, gli Emirati Arabi Uniti hanno utilizzato i petroldollari per convincere e naturalizzare giovani promesse straniere, aggirando così i paletti della FIFA. E oggi, grazie a questo, possono andare al prossimo Mondiale.
di Redazione Undici