C’è qualcosa che Milinkovic-Savic non sa fare?
Sotto di un gol contro il Crotone, priva di Ciro Immobile e Luis Alberto – rispettivamente, miglior marcatore e miglior assistman della squadra – la Lazio sembrava stordita e innocua. La squadra che nel primo tempo aveva sfiorato a più riprese il colpo del ko, dopo il vantaggio iniziale di Lulic, era improvvisamente scivolata nelle sabbie mobili dell’istinto di sopravvivenza del Crotone, capace di ribaltare il punteggio e interamente asserragliato a protezione di tre punti che avrebbero riscritto le gerarchie della lotta retrocessione. Tra i patemi di un risultato negativo, l’angoscia per l’incapacità di creare occasioni pericolose e la foga per il tempo restante che si assottigliava sempre di più, Sergej Milinkovic-Savic è emerso come il giocatore della svolta. Questa volta, come un numero nove puro: sul lancio lungo di Felipe Anderson è lui a chiamare il pallone al compagno e, dopo la spizzata aerea di De Vrij, spalle alla porta, con un controllo orientato crea per sé lo spazio per la conclusione vincente. Una dinamica talmente veloce che Sampirisi non è in grado di leggere, mentre Cordaz non abbozza nemmeno la parata. Per Milinkovic-Savic è il dodicesimo gol in campionato, nessun centrocampista in Serie A ha segnato quanto lui. Per quanto, come dimostra il gol contro il Crotone, parlare di centrocampista sia riduttivo, di fronte a un giocatore che interpreta il modo di stare in campo nella maniera più eterogenea possibile.
Il gol di Milinkovic-Savic contro il Crotone
L’amara bellezza di Milik
Il gol che vale il record di punti per il Napoli (88, uno in più della passata stagione, e c’è ancora una giornata per arrivare a 91) è bello e amaro un po’ come l’intero campionato dei partenopei, “solo” secondi alle spalle della Juventus, e un po’ come l’anno di Arkadiusz Milik, fermo da settembre ad aprile a causa della rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. L’attaccante polacco, in campo da due minuti al posto di Dries Mertens, riceve palla al limite dell’area, prepara il tiro con il sinistro e trova l’incrocio dei pali con una conclusione a giro che lascia immobile Vid Belec, fino a quel momento da 7 in pagella. Da quando è tornato a giocare, Milik ha realizzato tre reti e un assist in 281 minuti. Soprattutto, ha dimostrato di poter diventare quello che finora gli infortuni gli hanno impedito (nel 2016/17 si ruppe il crociato dell’altro ginocchio, il sinistro): l’attaccante titolare di una squadra costruita per provare a vincere lo scudetto. Mertens è al centro di molte voci di mercato e la clausola rescissoria di 28 milioni di euro non rappresenta un grosso ostacolo per le squadre interessate al belga, Milik – a soli 24 anni – è invece in credito con il destino e dai gol al Chievo Verona, all’Udinese e alla Sampdoria può ripartire per un campionato da protagonista. In mezzo c’è anche il Mondiale, a cui Milik parteciperà con la Polonia insieme a Robert Lewandowski: dopo 22 gol e otto assist con l’Ajax nel 2015/16, l’attaccante del Napoli si fece conoscere al grande pubblico internazionale proprio a Euro 2016 con la maglia della sua Nazionale. In Russia può ritrovare fiducia, costanza e sorriso.
Per Milik i gol nella Serie A 2017/18 sono quattro, in solo due presenze da titolare e 12 da subentrato
L’instabilità dell’Inter
Se l’Inter non dovesse qualificarsi per la prossima Champions League, l’highlight della stagione dei nerazzurri rischierebbe di diventare il tiro, altissimo, di Marcelo Brozovic in piena area di rigore al 95′ del match contro il Sassuolo. La squadra di Luciano Spalletti è ancora “viva” (una vittoria in casa della Lazio vorrebbe dire quarto posto), ma di certo prima deve superare un avversario ancora più tosto: se stessa. L’Inter 2017/18, contro le prime nove della classifica, è stata sconfitta solo al ritorno dalla Juventus, facendo quattro punti contro la Roma e il Milan, due contro il Napoli (senza subire gol), quattro contro Fiorentina e Atalanta e sei contro la Sampdoria. Al contrario, però, ha perso entrambe le sfide contro il Sassuolo, ha conquistato un solo punto tra l’andata e il ritorno contro il Torino e ha pareggiato contro Spal e Crotone. È vero che contro gli emiliani, così come nella sconfitta di aprile contro il Toro con Salvatore Sirigu protagonista, il migliore in campo è stato Andrea Consigli (8,8 su WhoScored), ma è altrettanto vero che Brozovic, Mauro Icardi e Ivan Perisic sono l’emblema di una squadra che troppo spesso spegne la testa e si trasforma, che chiude con il 74% di possesso palla una sconfitta casalinga e che tira il 65% delle volte in area di rigore trovando la rete solo con un rasoterra da fuori area che inganna tutti per la sua traiettoria, qualche impercettibile deviazione e l’aiuto del palo. Troppo poco, eppure tutto è ancora aperto.