Un giocatore per l’estate – Robin Olsen

Chi è il portiere appena acquistato dalla Roma e perché potrebbe essere parte di una strategia più ampia.

Quella di Olsen alla Roma è ad oggi la quarta cessione più remunerativa nella storia dei club danesi, graduatoria nella quale detiene potenzialmente anche il primato. I giallorossi hanno già versato nelle casse del Copenhagen gli 8,5 milioni pattuiti per acquisirne il cartellino, ai quali potrebbero aggiungersi i 3,5 di potenziali bonus legati ai risultati sportivi. Se così dovesse essere, i 12 milioni complessivi supererebbero anche la cifra ‘record’ investita dal Borussia Dortmund per portare in Germania Emre Mor. Un dettaglio che arricchisce e appesantisce il biglietto da visita di Olsen, chiamato a raccogliere l’eredità di Alisson e possibilmente a non farne rimpiangere la cessione.

Nutrire dubbi sul profilo di questo 28enne svedese, che soltanto poche settimane fa difendeva i pali della sua Nazionale in Russia, è comprensibile. Nessun club di vertice nei campionati europei più blasonati ha tra i pali una scommessa di queste dimensioni. Certamente Olsen ha mostrato buona personalità e ottime cose nelle gare clou del Mondiale, e dalla sua ha anche una certa dimestichezza con i palcoscenici internazionali (quasi 50 gare tra qualificazioni e gironi di Champions ed Europa), oltre che una stazza non indifferente (sfiora i due metri) e un discreto palmares (sei trofei tra Campionati, Coppe e Supercoppe). Però ad un’età non più così verde non ha ancora messo piede fuori da una ristretta porzione della Scandinavia (salvo la rapida ed infelice parentesi greca al Paok), dove il livello di competivitità è discutibile soprattutto per uno che a quelle latitudini ha sempre difeso la porta dei favoriti. Insomma, messi sul piatto i lati positivi e quelli negativi, l’identikit che emerge è quello di un portiere che ha ancora molto da dimostrare.

Qualche parata per farsi piacere Robin Olsen

La sensazione è che l’idea Olsen come poche altre sia scaturita da un’intuizione di Monchi, uno che sui numeri uno, almeno sulla carta, dovrebbe essere preparato a sufficienza. Anche se paradossalmente tra i tanti ottimi giocatori transitati a Siviglia nei suoi anni di gestione non si annovera un portiere in particolare. E pure l’anno scorso, il primo al timone della Roma, quello del portiere fu l’unico ruolo in cui scelse di non intervenire. Quest’anno è accaduto l’opposto, con Mirante e Fuzato – oltre allo stesso Olsen – arrivati per sostituire Skorupski (ceduto al Bologna) e Lobont (fine carriera): una vera e propria rivoluzione di reparto.

Dal punto di vista tecnico è sufficiente fare un passo indietro e rammentare la centralità di Alisson nella Roma della scorsa stagione per comprendere il tasso di rischio di questa operazione (per Manolas, ad esempio, Alisson è stato «il miglior giocatore della scorsa stagione»). Olsen è senz’altro un portiere imponente, sa il fatto suo in quanto a reattività e uscite alte, ma fatica su quelle basse e non ha il piazzamento del brasiliano ceduto al Liverpool, né tantomeno offre le le sue garanzie in quanto a doti tecniche (sia nella presa che nella gestione del pallone). È soprattutto da questo spaccato che passano gli oltre sessanta milioni di differenza tra il cartellino del primo e del secondo. Restando nel solco delle cifre, una curiosità la offre quel 10% di percentuale sulla futura rivendita richiesto dal Copenhagen nell’ambito della trattativa, non scontato data l’età dello svedese.

Volendo azzardare una prospettiva futura la scelta di Monchi di puntare su Olsen e affiancargli Fuzato (con Mirante dietro, unico con un po’ di A sul curriculum) potrebbe ricordare alla lontana la staffetta Szczesny-Alisson: l’età del polacco era molto vicina a quella dello svedese oggi, e i due brasiliani sono simili in questo senso al loro primo anno di gavetta: 23 gli anni di Alisson ai nastri di partenza della stagione 2016/17, 21 quelli di Fuzato all’inizio di quella 2018/19. Anche se è evidente che questo scenario porti a considerare Olsen in uno stato ad interim, fatto che stona un po’ con la decisione della Roma di affidargli la numero uno.

Nel giorno dell’ufficialità Monchi ne ha parlato così: «Robin è un portiere con esperienza internazionale, penso possa portare quel livello con sé alla Roma». Parole che denotano una certa fiducia, confermata dal quinquennale propostogli, e che per questo alimentano le attese nei confronti del sostituto di Alisson. Ci è andato più cauto Manolas, che a precisa domanda su come avesse visto lo svedese nei primi allenamenti ha risposto con un diplomatico «abbastanza bene». Il passo indietro è evidente, e per Olsen annullarlo rischia di essere un compito troppo grande. Più probabilmente assisteremo ad una stagione in cui il range di rendimento si discosterà di poco dal livello standard.