Tre cose sulla quinta giornata di Serie A

L'ascesa di Bernardeschi, la sorpresa Fiorentina, il ritorno in Italia di Gervinho.

La carta vincente Bernardeschi 

Quella di Frosinone poteva essere, per la Juventus, una di quelle gare dove, come si suol dire, il pallone non ne vuol sapere di entrare. La resistenza dei ciociari, a secco di vittorie in campionato ma pronti a tutto pur di strappare un punto ai bianconeri, è durata più del previsto. Fino al gol, a una decina di minuti dal termine, di Cristiano Ronaldo, il terzo in Italia: una rete “alla Ronaldo”, ovvero da killer d’area di rigore, abile a calciare di prima intenzione. È stato però l’ingresso di Bernardeschi, all’11’ del secondo tempo, a permettere alla Juventus di cambiare marcia. Con un Dybala ancora lontano dalla sua versione migliore e un Mandzukic tagliato fuori dalle dinamiche del match, Bernardeschi ha saputo coniugare la già nota qualità a un eccezionale atletismo, il cui merito è stato demolire parecchie delle certezze del Frosinone. La sua interpretazione del ruolo di mezzala – ha preso il posto di Bentancur, con Allegri che ha preferito non stravolgere il modulo della squadra – è stata la carta vincente della Juve: l’ex viola, a seconda delle situazioni di gioco, si allargava sulla sinistra creando più di un problema a chi doveva resistere a una catena completata da Alex Sandro, oppure cercava le tracce centrali del campo. In generale, quella di Bernardeschi è stata una prova di grande maturità: 41 tocchi in 35 minuti di gioco, con due tiri – gol compreso –, quattro passaggi chiave e una percentuale di passaggi riusciti dell’86 per cento. È la fotografia di un giocatore completo, abile a recitare più spartiti all’interno di un singolo match – sul finale, quando è arrivato il gol, capolavoro di grande freddezza, si è allargato sulla destra nel tridente offensivo. In questo momento, e non è un azzardo dirlo, Bernardeschi è il valore aggiunto della Juventus, l’uomo capace di garantire una varietà di soluzioni utilizzabili in ogni tipo di contesto e contro ogni tipo di avversario.

Il gol con cui ieri Bernardeschi ha chiuso la sfida allo Stirpe

La Fiorentina ha trovato la ricetta

La Fiorentina della scorsa stagione era un’incompiuta, e il posto in campionato in cui si ritrovò alla fine – appena sotto la zona Europa League – fu esattamente quello che spetta a un’incompiuta. Era una squadra a corrente alternata: buoni periodi spuntavano in pianure di magra, ma senza continuità. Subiva tanti gol e difficilmente manteneva la porta imbattuta. È nel rapporto tra gol fatti e gol subiti la differenza che salta maggiormente all’occhio tra la prima e la seconda versione di Pioli. Oggi la Fiorentina ha la miglior difesa e il secondo miglior attacco del campionato: contro la Spal ha cercato di recuperare palla stando sempre “alta”, tant’è che la Spal, fatta eccezione per la fascia di competenza di Lazzari, non è mai riuscita a costruire qualcosa di solido dalla metà campo in su: lo si vede anche dai palloni persi, quasi tutti nella propria metà, o pochissimo oltre. E nessun fuorigioco, soltanto due occasioni da dentro l’area. Si è giocato a una porta e la Fiorentina ha costruito una specie di muro a centrocampo. Nella fase offensiva, Chiesa, Simeone e Pjaca hanno dimostrato di sapersi muovere bene e su tutto il fronte (Pjaca “partiva” da sinistra, ma i suoi tiri e il gol sono arrivati da centro-destra), supportati da un intero apparato che ha dimostrato, per l’ennesima volta, di saper attaccare “tutti insieme”.

Chiesa inizia l’azione da destra, Pjaca si accentra, Benassi è in fascia per servire il rimorchio, Simeone è in area piccola: corale

Gervinho è davvero il Gervinho della Roma

Nel match vinto dal Parma sul Cagliari abbiamo visto già alla quinta giornata uno dei candidati al gol dell’anno. La rete in questione porta la firma del redivivo Gervinho. L’ivoriano, alla seconda marcatura in quattro partite, ha preso la palla poco fuori la sua area, l’ha controllata facendosela scorrere in avanti ed è partito in contropiede. Con un paio di finte di corpo ha superato due tackle cagliaritani ben assestati e, giunto ai 25 metri dalla porta difesa da Cragno, ha dato un altro strappo. Si è infatti allungato il pallone beffando Klavan che gli si parava davanti e infine con un destro potente e preciso, che ha dato un bacino al palo, ha concluso in gloria una grande cavalcata di più di 80 metri. Gervinho ha compiuto una prodezza che subito ha ricordato coast to coast storici come quello di George Weah, mentre nella mente dei tifosi parmensi sono tornate le giocate di Tino Asprilla. L’arrivo dell’ivoriano in Emilia era passato un po’ in sordina durante l’estate; l’ala infatti dopo tre buone annate alla Roma, soprattutto con Rudi Garcia, considerato dallo stesso giocatore un “secondo padre”, aveva deciso di trasferirsi in Cina e giocare per l’Hebei Cffc. In Asia Gervinho aveva raccolto solo 29 partite e quattro gol ed era parso svogliato, poco motivato, insomma sembrava destinato a un modesto finale di carriera. L’ivoriano però, 31 anni compiuti a maggio, ha deciso di dare una delle sue consuete sterzate in campo anche alla sua carriera ed è tornato in Italia dove forse aveva impressionato di più. Il suo modo di stare in campo infatti si adatta perfettamente al nostro calcio tattico, di posizione, dove uno che riesce sempre a saltare l’uomo fa la fortuna dei suoi allenatori. Anche D’Aversa lo ha elogiato: «Sono fortunato ad avere un giocatore così importante, si è presentato qui con grande umiltà, grande disponibilità nonostante la sua caratura internazionale».

La prodezza di Gervinho contro il Cagliari