Quando mancano ancora tre ore all’inizio di Leeds United-Birmingham City, le strade che circondano Elland Road sono congestionate di automobili, e tantissimi tifosi sono già in fila per entrare allo stadio. L’entusiasmo è enorme e chiaramente percettibile, i Peacocks sono in testa alla classifica di Championship, sono reduci da un 3-0 al Preston, i biglietti per tutti i settori sono esauriti da giorni, anche nello store online. I venditori ambulanti espongono le sciarpe bianche e gialle e blu, tra le facce disegnate sui tessuti sintetici spunta anche quella di Marcelo Bielsa, in mezzo a quelle di Billy Bremner e Gary Speed, due icone assolute per il club e per l’intero football britannico. È un riconoscimento importante per il tecnico argentino, soprattutto se si considera che è arrivato in Inghilterra da appena tre mesi.
Adam Pope è un cronista della Bbc, segue il Leeds per lavoro da dodici anni e ha accettato di incontrarmi per parlare della squadra e di Bielsa, per raccontarmi le sensazioni e gli umori rispetto a questa nuova stagione. Ci vediamo qualche ora prima della partita di fronte alla West Stand, dove c’è l’ingresso riservato ai giornalisti. Adam è affabile, prova a parlare in italiano, mi spiega che sta cercando di imparare la nostra lingua ma è ancora all’inizio del percorso di studi. Quando fa switch sul suo inglese, reso un po’ più stretto dal tipico accento dello Yorkshire, comincio a capire perché la figura di Bielsa abbia avuto un impatto così forte su questa comunità: «La sua incidenza è stata immediata, è un discorso di studio e applicazione, di conoscenza tattica e del contesto: nessun allenatore è così preciso e profondo nell’analisi degli avversari, e poi c’è la sensazione che sia avanti a tutti nella preparazione delle partite e nello sviluppo dei calciatori. C’è un’atmosfera di grande fiducia in città, anche perché i risultati sono eccezionali».
Circumnavigare Elland Road vuol dire imparare a conoscere la storia del Leeds, dei suoi giocatori simbolo, della sua gente. La West Stand è intitolata a John Charles, 157 gol in nove stagioni con la maglia dello United prima di passare alla Juventus; la curva che ospita i tifosi più caldi porta il nome di Don Revie, il leggendario manager del Leeds degli anni Sessanta-Settanta, del “Maledetto United” di Brian Clough e David Peace, uno dei romanzi più famosi e controversi della letteratura sportiva. Revie è omaggiato anche di una statua, posta ai piedi dell’East End, il settore più moderno dello stadio, ristrutturato nel 1994.
A poche decine di metri c’è la Billy Bremner Square, inaugurata pochi mesi fa: Bremner era il capitano del Maledetto United, anche lui è immortalato in una statua che lo ritrae esultante, intorno al monumento ci sono delle piastrelle scure di pietra lucida, alcune sono incise con i nomi dei grandi campioni della storia dello United, altre sono state acquistate e personalizzate da semplici tifosi, sparsi in tutto il mondo. Anche il Billy’s Bar è intitolato a Bremner, è il ritrovo dei supporters club al termine della partita, nel cuore della South Stand. Nelle ore che precedono il match, invece, l’appuntamento è all’Old Peacock, un gigantesco pub con uno spazio all’aperto che serve birra e fish and chips, e in cui si ascolta musica dal vivo. Il nickname dei tifosi e dei giocatori del Leeds deriva proprio dal nome del pub, aperto per la prima volta nel 1826, 93 anni prima della fondazione del club.
In un articolo pubblicato dal Guardian, il lavoro di Marcelo Bielsa viene descritto con termini impegnativi: «Il tecnico argentino sta cercando di costruire un’identità nuova per il Leeds, anche con il suo comportamento intorno e fuori dal campo. Tutto, però, diventa magico ed efficace grazie al gioco, lo United pratica un calcio di qualità che da tempo non si vedeva ad Elland Road. Le idee di Bielsa hanno coinvolto tutti, giocatori e tifosi si sentono già profondamente legati a questo nuovo progetto. Non è esagerato scrivere che il Leeds United, in questo momento, esprima la storia più suggestiva dall’intero panorama sportivo britannico». È il racconto di un impatto esteso, multiforme, che parte dal campo ed influenza l’intera esperienza dello United, un club storicamente nobile che da tempo auspicava una rinascita tecnica e mediatica.
Anche Adam Pope condivide questa lettura, anzi la arricchisce di elementi e significati: «Il fatto che Guardiola e Pochettino definiscano Bielsa come un ispiratore, il fatto che parlino di lui come una sorta di padrino del calcio, ha un peso nella percezione del Leeds. Un’esperienza così totalizzante avrà sicuramente un ritorno di tipo culturale, e non parlo solo di questioni che riguardano il gioco, quanto di crescita corporativa per il nuovo brand dello United, e persino per l’intero campionato di seconda divisione. Se prendiamo in esame gli ultimi quindici anni, Bielsa è il primo manager con una dimensione maggiore rispetto al Leeds, grazie a lui il club sta tornando ad avere un ruolo importante nella geografia del calcio inglese, anche se non gioca in Premier League».
Leeds-Preston 3-0
L’idea di una nuova identità è un topos narrativo che aderisce perfettamente alla storia di Leeds, una città nel mezzo di una trasformazione profonda, che sta vivendo una sorta di rebuilding dopo la crisi post-industriale. Gran parte dei vecchi stabilimenti in cui venivano prodotti tessuti e metalli sono stati riconvertiti in spazi commerciali che i leodensians visitano nel loro tempo libero, oggi Leeds è la prima città del Regno Unito per indice di sviluppo di società private, il 77% della forza lavoro è impiegato in un’azienda non governativa, il 38% opera nel settore terziario. Ci sono quattro università, oltre 200mila studenti vivono nel distretto metropolitano, Leeds era stata individuata come una delle possibili Capitali europee della cultura per il 2023, ma la candidatura del Regno Unito è stata cancellata. Un contrattempo che non ha fermato le strategie di sviluppo delle istituzioni governative e dell’amministrazione laburista, sono stati annunciati ingenti investimenti per la costruzione di nuovi spazi destinati alla rappresentazione delle arti sceniche e figurative, per la creazione di nuovi eventi culturali.
Estetica e funzionalità, risultati e immagine: il processo di costruzione identitaria che Bielsa ha avviato al Leeds United è in perfetta continuità con la metamorfosi che ha cambiato e sta cambiando il capoluogo del West Yorkshire. Adam Pope racconta così l’evoluzione di un progetto rivoluzionario, dal punto di vista tecnico ma anche filosofico: «Il Leeds ha deciso di investire su Bielsa, sul suo carisma, sulle sue qualità, la proprietà non ha fatto un mercato di potenziamento eppure i tifosi sono tutti dalla parte del club. Io credo che Bielsa sia stato scelto per dare un segnale, anche e soprattutto culturale: il suo lavoro e i concetti che esprime vanno oltre il calcio, riguardano le persone e la vita, i miglioramenti che si possono ottenere quando si cerca di sviluppare un’idea. Ecco, Bielsa sta spiegando a questa comunità che è possibile realizzare qualcosa di importante partendo da concetti ambiziosi, in ogni conferenza stampa lui fa capire di credere fermamente nella sua metodologia di lavoro, nel suo modo di interpretare il gioco. Non pensa di possedere la verità assoluta eppure non accetta compromessi, pretende che il Leeds pratichi un calcio sofisticato perché crede che sia la strada migliore per migliorare i giocatori. E in effetti sta andando proprio in questo modo, la stessa squadra dello scorso anno è in testa al campionato e gioca in maniera brillante».
Leeds-Birmingham City 1-2
La partita contro il Birmingham City è la rappresentazione plastica di questa teoria, in chiave negativa. Il Leeds perde 2-1 eppure domina il pallone e impone il suo calcio per 90 minuti, non rinuncia mai ai suoi principi di gioco, alla costruzione bassa, alla ricerca della verticalità, della superiorità posizionale, anche quando l’andamento del match suggerirebbe di cambiare approccio, di cercare strade alternative, più dirette. È l’identità irrinunciabile imposta dal modello Bielsa, e non si ammettono deroghe di stile e di contenuti. Lo stesso tecnico argentino l’ha spiegato ai giornalisti: «Il Birmingham è venuto a Leeds e ha deciso di non giocare, di aspettare i nostri errori chiuso nella sua metà campo. Per me questo non è lo spirito del gioco, io vedo il calcio in maniera diversa, l’obiettivo principale deve essere la ricerca della bellezza. Magari i nostri tifosi sono innamorati del risultato, ma se avessimo deciso di non giocare avremmo guadagnato un solo punto, sabato. Sarebbe interessante capire come la pensano». Elland Road ha salutato applaudendo la prima sconfitta stagionale, nel postpartita del Billy’s Bar tutti i tifosi cantavano e bevevano birra, mentre in tv scorrevano le immagini delle reti incassate dall’incerto portiere 21enne Bailey Peacock-Farrell. Per il prossimo impegno casalingo contro il Brentford, il prossimo 6 ottobre, i biglietti sono già in esaurimento. Evidentemente, a Leeds hanno scelto in maniera chiara da che parte stare.