È sbocciato Lucas Torreira

Un centrocampista che all'Arsenal mancava dai tempi di Gilberto Silva.

A definire l’impatto che Lucas Torreira sta avendo sul pianeta Arsenal e sulla Premier League 2018/19, non sono tanto i gol (due nelle ultime tre partite), le statistiche (i Gunners non hanno mai perso con lui titolare, 21 risultati utili di fila in tutte le competizioni al 10 dicembre) o i riconoscimenti (5 premi di migliore in campo nelle ultime sei gare). È, piuttosto, quel raro allineamento dei pianeti che si verifica quando un giocatore ottiene consenso quasi unanime nella comunità globale degli appassionati di calcio.

Il piccolo uruguaiano dell’Arsenal, ex Sampdoria, è solo al quarto mese nel calcio inglese, ma sembra aver convinto tutti: giornalisti, tifosi, ex giocatori e analisti. Che concordano soprattutto in una cosa, Torreira è il centrocampista che mancava all’Arsenal da anni. E quasi tutti, specialmente ex Gunners come Ian Wright, Ray Parlour, Manu Petit o Martin Keown, quando si addentrano nel discorso, usano lo stesso parametro di riferimento: uno così, con la maglia rossa e bianca, non si vedeva dai tempi di Gilberto Silva.

Pur non essendo fra le stelle più reclamizzate della storia recente dei Gunners, Silva rappresenta idealmente il punto di passaggio fra i primi Arsenal di Wenger ricchi di qualità ma anche concreti (e vincenti) e quelli dell’ultimo decennio; belli, spesso bellissimi, ma mai abbastanza bilanciati per poter competere fino alla fine in campionato o nelle coppe europee. Un paragone, dunque, molto significativo.

Eppure Gilberto e Lucas non potrebbero essere più diversi, in apparenza. Il centrocampista brasiliano, classe 1976, era il partner di Vieira in mezzo al campo di quella macchina praticamente perfetta che fu l’Arsenal degli Invincibles, mai sconfitto in campionato nel 2003/04. Arrivato da campione del mondo come unico acquisto di rilievo dell’estate 2002, era alto (186 cm), imponente e sfruttava con discrezione – nella bio di Twitter lui stesso riporta ancora il soprannome dell’epoca, “the invisible wall” – l’intelligenza tattica che gli consentiva di apparire come dal nulla sulle linee di passaggio avversarie. Faceva da scudo alla difesa, aggiungeva i suoi centimetri sulle palle alte e teneva in equilibrio una squadra che aspettava solo il momento di scatenare in attacco il potenziale di compagni come Pirès, Ljungberg, Henry e Bergkamp.

Lucas Torreira, nato nel 1996 – invece – è alto soltanto 167 centimetri, ma è una scarica elettrica in mezzo al campo. Come se per sopperire al gap fisico con gli “armadi” della Premier fosse necessario spremere dal suo fisico ogni goccia di energia. Essere sempre in movimento, sempre carichi. Arrivato nella prima estate post-Wenger, dopo una buona Coppa del mondo giocata con l’Uruguay, a inizio stagione si deve accomodare in panchina, mentre Unai Emery cerca la quadra. La coppia prescelta dal tecnico spagnolo per affrontare le prime gare, infatti, è composta dallo svizzero Granit Xhaka e dall’altro nuovo arrivo del mercato estivo, il francese Matteo Guendouzi. L’inizio di campionato è durissimo, le due gare consecutive con City e Chelsea (entrambe perse) mettono in evidenza i problemi del centrocampo di Emery, nel quale Guendouzi non riesce con il suo dinamismo e il suo coraggio a compensare la staticità di Xhaka. Ai loro fianchi e alle loro spalle si aprono spazi dai quali diventa troppo semplice colpire la difesa.

La svolta per Torreira arriva a metà settembre. Dopo qualche partita da subentrante (gioca 25/30 minuti a gara, perlopiù al posto di Guendouzi) Emery lo sceglie come titolare nella gara interna contro l’Everton, in coppia con Xhaka. Arriva un’altra vittoria ma, soprattutto, lievita il gioco dei Gunners. Riconfermato in tutte le gare successive, Torreira gioca da protagonista contro Liverpool, Wolves e Bournemouth, prima del mini-ciclo terribile di inizio dicembre. Le prestazioni nel derby col Tottenham, tre giorni dopo in casa dello United e sabato scorso contro l’Huddersfield, senza dubbio le migliori fino a questo momento, lo lanciano definitivamente come una delle sorprese più belle del campionato inglese e  del calcio europeo.

L’ingresso fra gli undici titolari di Torreira ha permesso all’Arsenal di continuare a proporre il suo gioco offensivo e avvolgente senza per questo aprire praterie alle transizioni avversarie. Grazie alle sue doti tattiche, Lucas sembra sempre saper interpretare al meglio il piano gara di Emery e i singoli momenti della partita. Molto muscolare e aggressivo sugli avversari per il recupero del pallone (non a caso in entrambe le stagioni in Serie A è stato rispettivamente primo e secondo relativamente a questo dato, con la media 4 e 5 recuperi a gara), riesce però a non cadere in eccessi di foga e a scegliere quando è meglio affondare il tackle e quando invece è meglio accompagnare l’azione, magari semplicemente per andare ad attaccare la palla in un secondo momento o per permettere a un compagno meglio piazzato l’intervento.

La sua intelligenza, che nasce anche dalla gavetta fatta in Italia e dall’aver giocato in tutti i ruoli di centrocampo, gli permette di dettare i tempi del pressing di squadra e di farsi seguire dai compagni, nonostante la giovane età, come un veterano. La freschezza fisica gli permette poi di coprire porzioni di campo superiori alla media, quando l’Arsenal perde il possesso. I suoi recuperi sono tempestivi ed efficaci e la cosa forse migliore (ed è questo che probabilmente ha spinto i commentatori a paragonarlo a un equilibratore nato come Gilberto Silva) è che non ha necessità di dover cedere la palla per far ripartire l’attacco.

A beneficiare particolarmente del suo momento di forma sono il compagno di linea Xhaka, che con le spalle finalmente coperte ha più modo di imporre la sua regia compassata sui match e le geometrie del suo sinistro, e i due esterni di fascia dell’Arsenal, Bellerin e Kolasinac. Con il nuovo assetto di centrocampo spesso Emery sceglie di schierarli molto alti, davanti a una difesa a tre; il senso della posizione di Torreira e le sue diagonali consentono a entrambi di essere fra i più coinvolti nella manovra offensiva, diventando delle vere e proprie ali sui due lati del campo.

A tutte queste qualità che potremmo definire con una semplificazione “difensive”, Torreira abbina una gestione del pallone eccellente e coraggiosa. Praticamente perfetto nella distribuzione corta del pallone (secondo i dati Whoscored la sua attuale percentuale di successo nei passaggi è dell’89,4%) grazie a un eccellente orientamento del corpo anche in spazi strettissimi, si è confermato anche nel campionato inglese, dove il ritmo è più frenetico che in Serie A, in grado di servire con efficacia gli uomini del terzetto o quartetto offensivo, oltre che di cedere palla per andare in prima persona a dettare il passaggio alle spalle della linea avversaria, creando azioni pericolose.

Un po’ come accaduto in occasione del suo primo gol in Premier League, segnato il 2 dicembre nel derby contro il Tottenham. Il suo inserimento sul filtrante di Aubameyang fra i centrali degli Spurs è una vera e propria frustata, che mette ko definitivamente i già frastornati rivali. Ma è anche un’ode all’intelligenza e alla polivalenza di questo giocatore, abilissimo a seguire lo sviluppo di ogni azione offensiva o difensiva, anche dalla “periferia”, attendendo di essere coinvolto nel miglior modo possibile.

Ma forse il vero segnale del momento che vive Torreira e del credito che si è guadagnato sul campo, è dato dal suo ingresso in quel circolo ristretto di post social, gif e meme che – di solito – vengono dedicate ai migliori. Una sorta di “Lucas Torreira nella cultura popolare”, per usare un linguaggio alla Wikipedia. E se il Twitter ufficiale dell’Arsenal dopo l’Huddersfield lo ha celebrato con un’illustrazione “leonardesca”  del suo gol acrobatico, quella che ci è piaciuta di più è la riproposizione del vecchio meme dedicato ai centrocampisti oltremanica: «Il 71% della Terra è coperto dall’acqua, il resto da Lucas Torreira».

 

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