Dal 2011 in avanti, la gerarchia del calcio europeo in Champions era stata piuttosto chiara: c’erano tre squadre palesemente superiori alla concorrenza (Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco) che partivano ogni anno da favorite, con una outsider che si alternava di volta in volta. Ora invece è apparso chiaro fin dai gironi che il gap si sia assottigliato: in sostanza c’è un maggior livellamento in cui 7-8 squadre avanzano candidature forti per l’arrivo in finale. Questa prima fase ci ha già detto qualcosa.
La superiorità di Juventus e Barcellona
Pur con qualche amnesia, ci sono pochi dubbi nel giudicare la Juve come una delle squadre più forti d’Europa in questo autunno. Se il roboante mercato lasciava presagire un chiaro dominio in Italia, l’andamento del girone è un salto di qualità evidente se si pensa alle ultime stagioni. La Juventus aveva infatti sempre disputato una prima fase alquanto mediocre nelle prestazioni, caratterizzata da grandi difficoltà contro le squadre di seconda e terza fascia (Sporting Lisbona, Lione e Borussia Monchengladbach per esempio). Anche se l’indolore sconfitta di Berna ha fatto venire l’amaro in bocca, i bianconeri hanno legittimato la propria superiorità nettamente rispetto al passato, sapendo anche adattarsi a tanti spartiti diversi: si è passati dalla superba prova difensiva in inferiorità numerica del Mestalla alla strepitosa fluidità posizionale vista contro il Manchester United, dove solo l’imprecisione sotto porta e (probabilmente) un cambio sbagliato da Allegri hanno impedito una larga vittoria. Pur col parziale rimpianto di quei cinque minuti di follia, la prepotenza con cui i bianconeri hanno giocato è un segnale importante del nuovo step che Ronaldo ha portato all’ambiente.
L’altra big che ha liquidato con facilità un girone non semplicissimo è stata quel Barcellona che Allegri indica come la favorita principale. Nonostante l’assenza di Messi nelle due gare con l’Inter, il Barça ha ottenuto presto la certezza del primo posto. L’impressione, confermata anche dall’andamento in Liga, è che i blaugrana si esaltino soprattutto contro avversari propositivi che aggrediscono in avanti e concedono spazi. In tal caso, il palleggio del catalani si rivela devastante e spacca le avversarie in due (lo si è visto col Tottenham). Tuttavia, contro formazioni più bloccate, il Barcellona ha difetti strutturali nel riempire efficacemente l’area, soprattutto perché mancano mezzali di inserimento. Contro difese posizionali ben strutturate il Barça non a caso ha fatto una fatica gigantesca nel rendersi pericoloso. Probabilmente, un’esplosione definitiva di Dembélé – giocatore costantemente in discussione per i suoi comportamenti extra campo – è necessaria per dare maggior imprevedibilità alla squadra di Valverde.
Gli affanni delle inglesi
Negli ultimi anni, l’arrivo di top allenatori sulle principali panchine inglesi ha fatto sensibilmente crescere il livello tattico della Premier dopo stagioni di grande difficoltà. Tuttavia, nonostante si siano qualificate tutte per gli ottavi (Liverpool e Tottenham in maniera assai sofferta), i club d’Oltremanica hanno patito gigantesche difficoltà in gironi tutto sommato abbordabili. Ciò porta a qualche riflessione se si fa un paragone col rendimento di Premier, dove le prime 5 fanno praticamente un campionato a parte, vincendo quasi ogni gara col resto della classe.
Il Manchester City è l’esempio più eclatante: i Citizens quasi ogni settimana demoliscono il proprio avversario, con vittorie senza storia sia nel punteggio che nell’andamento. Eppure, contro squadre non certo di altissimo livello, i campioni d’Inghilterra in Europa hanno sofferto tanto, soprattutto dal punto di vista difensivo (il City è una squadra che in patria concede pochissimo). L’attacco veloce e leggero del Lione ha seminato il panico in contropiede, così come l’Hoffenheim nella gara d’andata è riuscito con efficacia a imbrigliare i Citizens. In Europa non sembra quindi ancora avvenire quel dominio che Guardiola riesce ad esercitare in Inghilterra: se finora il lavoro del tecnico catalano è stato pazzesco per il nuovo ciclo che ha avviato (con tanto di vittorie) dopo gli ultimi pessimi anni di Pellegrini, va detto che una nuova annata deludente in Champions porterebbe a qualche riflessione.
Discorso non troppo diverso per Liverpool e Tottenham: anche loro sono protagoniste di un grande campionato, anche loro hanno sofferto in modo inspiegabile contro squadre inferiori. Se gli Spurs hanno manifestato i soliti incredibili blackout che con continuità si presentano – probabilmente conseguenza dello stile “estremo” di Pochettino –, il Liverpool pure ha offerto prove assai deludenti, in cui si è fatto ingabbiare senza quasi tirare in porta, come a Belgrado e a Napoli. Nonostante le difficoltà che si sono presentate, va però detto che nel momento clou in cui era vietato sbagliare entrambe sono riuscite a fare risultato, segno di come alla fine sia la qualità che l’esperienza siano venute a galla. Se è difficile oggi ipotizzare un salto di qualità da parte del Tottenham, il Liverpool si trova in una fase di transizione: come confermato dallo stesso Klopp, si sta cercando uno stile meno frenetico e più ragionato. È quindi più difficile prevedere che tipo di squadra saranno a febbraio: «Spesso gli avversari ci negano il contro-pressing perché sanno che siamo molto bravi in quello. Dobbiamo controllare di più il gioco, gestire con più efficacia la palla soprattutto contro squadre che giocano in ripartenza. Bisogna imparare ad avere più pazienza».
Poco da aspettarsi invece da un Manchester United che, pur avendo passato il girone nel modo più mourinhano possibile, sembra avere troppe lacune per sperare di ottenere risultati importanti. In Inghilterra continuano ad esserci parecchi dibattiti su Mourinho e su quanto il suo gioco sia attuale e ed efficiente.
Gli interrogativi delle big
Sono comunque parecchi i top club su cui ci sono ancora dubbi sull’effettivo valore, e che attualmente stanno attraversando una fase con qualche equivoco. Il Real Madrid campione in carica, per esempio, è ancora un interrogativo: se con l’arrivo di Solari i risultati sono migliorati (va detto che il calendario era agevole), le performance continuano a essere piuttosto mediocri. I merengues, senza avere la forza offensiva delle passate stagioni, concede contro chiunque una mole di occasioni gigantesca: Roma, Huesca e Valencia sono solo alcuni degli ultimi avversari dei blancos che hanno creato enormi occasioni da gol. Il Madrid è ancora in corsa su tutto ma servono parecchi aggiustamenti.
Anche l’altra sponda della capitale spagnola non sorride particolarmente, visto che l’Atlético – a dire la verità con giganteschi problemi di infermeria – pareggiando a Bruges ha perso un primo posto che sembrava ormai raggiunto. Pur continuando a essere una delle migliori difese d’Europa, i colchoneros hanno difficoltà gigantesche nella fase offensiva, dove oltre a una media gol non eccezionale (1,6 a partita) hanno seri problemi in rifinitura. Tante le situazioni spinose da risolvere: prima di tutto, Griezmann – oltre a essere reduce da un autunno mediocre – si trova in uno stato di forma assai opaco; inoltre, con l’assenza di Diego Costa per almeno due mesi, l’Atlético rischia di essere terribilmente scoperto in avanti, e non è da escludere un nuovo intervento in sede di mercato.
Oltre alle due madrilene, pure Bayern Monaco e Psg stanno attraversando alti e bassi. Dopo avere seriamente rischiato l’eliminazione, i parigini si sono qualificati come primi grazie a un importante successo casalingo contro il Liverpool. L’avvio di Champions era invece stato caratterizzato da prestazioni negative e risultati pessimi, tant’è che Jonathan Wilson sul Guardian aveva usato parole dure per commentare la sconfitta di Anfield definendola “vergognosamente negligente”: «750 milioni di sterline spese in otto anni ed è tutto ciò che ottieni? Il calcio del Psg non è quello che ha in mente Tuchel, anzi non può neanche essere definito calcio». Tuttavia, quando la situazione sembrava compromessa, i campioni di Francia hanno disputato un ottimo match in casa contro il Liverpool, caratterizzato da attenzione difensiva e una squadra altamente concentrata. In questi mesi Tuchel dovrà sicuramente cercare di aggiustare un centrocampo che oggi sembra il punto debole di una squadra sovente spaccata in due.
Dopo le difficoltà di ottobre che addirittura lasciavano aperta la possibilità di una separazione con Niko Kovac, il Bayern è perlomeno tornato a una discreta continuità di risultati, restando in scia del Borussia Dortmund (che ha comunque un vantaggio di 9 punti) e centrando il primo posto del girone in un appassionante 3-3 alla Johan Cruyff Arena. Tuttavia, i problemi difensivi dei bavaresi continuano a essere preoccupanti, soprattutto se si pensa che ogni volta che l’asticella si alza il Bayern va incontro a prestazioni assai deludenti, sia in patria che in Europa. Pure i campioni di Germania sono ben lontani dal trovare un equilibrio ottimale all’interno di un’annata che si presenta di fine ciclo per molti senatori (Robben e Ribery su tutti).
Per il resto, le principali sorprese di questa fase a gironi di Champions sono state Ajax e Borussia Dortmund. I lancieri – sfruttando una grande generazione di talenti fatti in casa – sono tornati ad un ottavo di finale che mancava dal 2006, mentre i tedeschi hanno trovato in Favre l’uomo giusto dopo esperimenti in panchina che non avevano dato i frutti sperati. Il loro stile di gioco propositivo può dare vita a partite divertenti, senza dimenticare un Lione può dare del filo da torcere a molti. Le squadre che sembrano avere qualcosa in meno delle altre sono Roma, Schalke e Porto, che difficilmente sarebbero passate se inserite in gironi più ostici.