I giocatori inglesi stanno scomparendo dalla Premier League

O comunque sono sempre meno decisivi.

L’ultimo rapporto dell’osservatorio calcistico Cies inquadra e racconta la Premier League come torneo profondamente esterofilo. È una questione statistica per cui l’impatto dei calciatori britannici sulle 20 squadre della lega non è mai stato basso come in questa stagione: in totale, i giocatori provenienti da Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda del Nord hanno un minutaggio pari al 38,2% del totale. È un dato inevitabile, se si pensa che la percentuale di calciatori stranieri sul totale è superiore al 67% (sono 334 secondo Trasnfermarkt).

Il rapporto sul minutaggio è in netto calo rispetto alla scorsa stagione, quando i giocatori britannici sono stati in campo per il 42,2% del tempo totale. Peggiorato anche il precedente record negativo, relativo all’annata 2015/2016 (41,3%). Nonostante la crescita del movimento, l’ottima prestazione della Nazionale di Southgate in Russia e la nascita di una nuova generazione di campioni, gli stranieri continuano a essere padroni in Inghilterra, al punto che i gol firmati da calciatori del Regno Unito toccano il 33,9%. È la quota più bassa di sempre, e il fatto che Harry Kane e Raheem Sterling mettano insieme 32 reti realizzate (17 per il centravanti del Tottenham, 15 per l’attaccante del Manchester City) conferma la tendenza di un momento storico particolare, in cui pochissimi calciatori britannici, solo quelli davvero forti, riescono ad imporsi nei club di Premier. Una condizione che deve far riflettere le istituzioni inglesi, non solo quelle calcistiche, soprattutto per i provvedimenti da adottare per la Brexit, in relazione al calciomercato.