Tre cose sulla 33esima giornata di Serie A

Atalanta e Torino in corsa per la Champions, la crisi offensiva del Milan.

Il nuovo capolavoro di Gasperini

A pochi giorni dalla semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Fiorentina (si parte dal 3-3 dell’Artemio Franchi), l’Atalanta aggancia il quarto posto del Milan. Con una grande vittoria a Napoli, in rimonta, al termine di un secondo tempo letteralmente dominato contro la squadra di Ancelotti. Insomma, Gasperini ha addirittura rilanciato rispetto alle ultime, bellissime stagioni. Ha continuato a lavorare per migliorare la sua squadra, l’ha portata a crescere ed è stato assecondato perfettamente dalle strategie societarie, oggi i giocatori dell’Atalanta si integrano perfettamente tra loro e in un modello di gioco che esalta le loro caratteristiche. È un lavoro che parte da lontano, dalla stagione 2016/17, e che ora potrebbe arrivare al suo compimento definitivo: la qualificazione in Champions è alla portata dei nerazzurri, che anzi possono recriminare per i recenti pareggi interni contro Chievo e (soprattutto) Empoli. Nel frattempo, Gasperini ha lanciato e/o rivalutato giocatori di alto profilo, si pensi a Gollini, Mancini, Duván Zapata e ovviamente a Ilicic e Papu Gómez, le due anime offensive di una squadra che non è più una sorpresa. Piuttosto, è un esempio di come il lavoro sul campo e per un progetto chiaro e lineare, basato su una precisa identità manageriale (l’Atalanta ha continuato a vendere i suoi migliori prospetti, per esempio Kessié, Gagliardini, Conti), possa portare a grandi risultati.

La crisi offensiva del Milan

Partiamo da un dato: il Milan ha segnato 4 gol nelle ultime 5 partite. Tra l’altro, contro avversari teoricamente alla portata (Juventus a parte, i rossoneri hanno affrontato Sampdoria, Udinese, Lazio e Parma). Per una squadra che ha sempre cercato di giocare un calcio propositivo, quantomeno proattivo, una crisi realizzativa così profonda non può non avere ripercussioni. A Parma, soprattutto nel primo tempo, gli uomini di Gattuso sono apparsi incapaci di creare azioni davvero pericolose, la sensazione è che le classiche linee di gioco del Milan (la creatività di Suso, il gioco tra le linee di Cahlanoglu) siano diventate poco produttive, è un discorso di condizione dei singoli ma anche di ripetitività. L’assenza di Lucas Paquetà (atteso in campo per Milan-Lazio di domani sera, ritorno della semifinale di Coppa Italia) ha sicuramente inciso su questa situazione, il brasiliano è in grado di rompere le linee avversarie con il proprio movimento e con passaggi intelligenti, Gattuso lo aveva inserito nel tronco titolare senza apprendistato proprio per vivacizzare la manovra offensiva della sua squadra. A Parma, nel lunch match di sabato, il gol (casuale) di Castillejo è stato – giustamente, meritatamente – pareggiato da una gran punizione di Bruno Alves, Atalanta e Torino – oltre alla Roma – sono vicinissimi ai rossoneri, ai quali occorre qualcosa di diverso per poter mantenere il quarto posto. Lo dicono i numeri, e le sensazioni.

Mazzarri è una certezza

Il Torino punta la Champions League. Alla vigilia dello scontro diretto col Milan (quarto), i granata hanno tre punti di svantaggio dai rossoneri. Un piccolo miracolo, a meno che non ricordiate le grandi capacità di Walter Mazzarri, i risultati sempre positivi di una carriera ad alto livello. Prima della felicissima parentesi a Napoli, il tecnico livornese aveva fatto bene nella sua città, poi a Genova; con l’Inter l’unica esperienza in chiaroscuro, anche se il primo campionato si concluse con i nerazzurri al quinto posto, dopo un anno di assenza dalle coppe europee. Probabilmente è un discorso di dimensioni e/o pressioni: quando c’è una squadra medio-borghese da far rendere oltre le aspettative, Mazzarri è un allenatore perfetto, anche perché il suo calcio – essenziale ma non elementare – finisce per esaltare le qualità dei migliori elementi della rosa, non è un caso che i granata abbiano vinto cinque volte per 1-0, possano vantare la terza miglior difesa del campionato ma abbiano anche trovato un “nuovo” Belotti, centravanti meno impattante in zona gol (12 marcature in campionato) ma decisivo nel lavoro per e con i compagni. Rispetto al Napoli di Cavani, Hamsik e Lavezzi, il Torino pensato e costruito da Mazzarri è una squadra meno spettacolare ma anche più solida, evidentemente gli uomini a disposizione richiedono di essere utilizzati in questo modo, e allora l’allenatore “giusto” li schiera proprio così, adattando e modellando la sua identità in base alle loro caratteristiche. Da questo punto di vista, Mazzarri è ancora una certezza. Sarà interessante capire fino a che punto potranno spingersi, lui e il suo Toro.