Éverton, detto Cipollina

L'esterno del Gremio è stato decisivo nel trionfo del Brasile in Copa América.

In Brasile, dove il dibattito calcistico non si ferma neanche a poche ore dalla vittoria del primo trofeo dopo il trauma del Mondiale 2014 e la crisi post-Mineirazo, uno dei temi più caldi è il modo in cui la Seleção scenderà in campo, una volta tornato disponibile Neymar. «Éverton, Ney e altri nove», ha scherzato Tite, senza porsi il problema di come il suo figlioccio possa integrarsi con la rivelazione indiscussa di questa Copa América. Éverton Sousa Soares ha ventitré anni e, come dice il suo allenatore al Grêmio Renato Gaúcho, è «il miglior giocatore del campionato brasiliano». Dopo una Copa  indirizzata in modo tangibile dalle sue fiammate – con 3 reti è diventato capocannoniere del torneo, superando il peruviano Paolo Guerrero grazie agli assist serviti – la sua carriera sembra sul punto di entrare nella sua fase più entusiasmante e decisiva.

Éverton si è unito alla lista dei ventitré con una consapevolezza: nonostante l’altissimo rendimento in campionato – attualmente viaggia con una media di un gol ogni due partite in un Brasileirão appena iniziato, mentre ha chiuso l’ultimo con dieci reti in ventisette gare -, le occasioni per mettersi in luce non sarebbero state tante, e allora le avrebbe dovute sfruttare al massimo. C’erano da superare la gigantesca presenza di Neymar sulla sua fascia preferita e anche quella di due giocatori di spessore europeo come David Neres e Richarlison. Per questo Éverton sembrava destinato a partire piuttosto indietro nelle gerarchie offensive – pur potendo ricoprire anche le posizioni di seconda punta e ala destra, oltre che il suo ruolo naturale, l’ala sinistra.
Il debutto in Copa América avviene all’81’ di Brasile-Bolivia, sul 2-0 per i padroni di casa; tre minuti e un paio di accelerazioni più tardi, Éverton si inventa un gol meraviglioso. O meglio, prende dal proprio repertorio la sua giocata tipo e la esegue a memoria: dopo aver ricevuto in posizione defilata, fuori area, punta l’uomo, scappa in orizzontale, inganna i marcatori fintando la conclusione e rilascia al momento giusto un tiro potente e preciso, quasi imprendibile.

Nel match seguente contro il Venezuela Tite dà nuovamente fiducia a Richarlison e David Neres, ma la Seleçao incontra più difficoltà rispetto alla partita contro la Verde. l’avversario è forte e compatto, e può godere di una prestazione pazzesca della coppia di centrali – Villanueva e Osorio. Il Brasile fa fatica a il risultato, allora a metà secondo tempo, il tecnico gaúcho decide di giocarsi nuovamente la carta Éverton. Ancora una volta, l’impatto è devastante: Cebolinha, come lo chiamano i tifosi a Porto Alegre, accelera prima della metà campo, punta il primo uomo e lo salta vincendo un rimpallo, batte il secondo con un dribbling secco e scarica su Coutinho schivando il terzo. Nello spazio, riceve e brucia un quarto uomo con uno scatto esplosivo, mettendo poi in area un pallone che lo stesso Coutinho appoggia in rete. Il Var annulla il gol, ma Éverton ha cambiato da solo il ritmo della partita.

Il Brasile di Tite, specie nella sua versione più recente, è una squadra costruita per dominare tecnicamente le partite e sottoporre l’avversario a un costante possesso palla; in un ciclo quasi impeccabile, segnato da una sola sconfitta ufficiale in 3 anni, le difficoltà della Seleção si sono palesate quando i giocatori offensivi hanno faticato ad alzare il ritmo nell’ultimo quarto di campo. Lo stesso commissario tecnico, prima dell’inizio della Copa, aveva parlato della necessità di «extremos desequilibrantes», cioè ali in grado di rompere l’equilibrio grazie all’accelerazione e la capacità di giocare in spazi stretti.

Everton festeggia dopo la rete realizzata al Perù, nella finale di Copa América. È il suo terzo gol con la Seleçao, tutti segnati in questa edizione del Sudamericano (Wagner Meier/Getty Images)

Dopo lo 0-0 contro il Venezuela, l’ex tecnico del Corinthians ha definitivamente individuato in Éverton questo tipo di giocatore. Contro il Perú, nella gara conclusiva del girone, la stella del Grêmio fulmina Gallese dalla distanza sul primo palo, con un altro gol bellissimo; gioca titolare anche contro il Paraguay, poi però sbaglia il primo big match della sua carriera verdeoro contro l’Argentina, venendo sostituito dopo il primo tempo; nell’ultimo atto contro il Perù si riprende tutto giocando la propria miglior partita, segnando il gol del vantaggio e tormentando Advíncula per quasi novanta minuti.

Oltre al proprio valore in questa Copa América, Éverton Sousa Soares ha mostrato tutte le proprie caratteristiche. A partire dal dribbling, l’attributo che più di tutti delinea il suo profilo tecnico: la sua interpretazione dell’uno-contro-uno si basa sulla capacità di cambiare velocità nel modo più improvviso e nel minor tempo possibile. Quando riceve palla in isolamento tende ad abbassare il ritmo, quasi generando una pausa, e accelera tutto a un tratto per lasciare l’uomo sul posto. Al contrario, se accompagnato in velocità, abbassa i giri del motore o prova a far fuori il diretto marcatore con profonde sterzate, quasi degli ankle breaker cestistici.

In questo gol realizzato con il Gremio c’è tutta l’essenza del calcio di Éverton

In relazione al suo modo di interpretare il ruolo, Éverton possiede una buonissima tecnica di base, anche se non particolarmente vistosa. Tende infatti a dosare le skills, preferendo di gran lunga i cambi di velocità e le virate, strumenti fondamentali e ausiliari all’esplosività fisica nell’uno contro uno. La sua audacia si misura nelle scelte: il dribbling è sempre la prima opzione – nello scorso Brasileirão, il torneo che ci permette un’analisi delle statistiche su un periodo temporale più ampio, è stato il giocatore con più di dieci presenze a tentare e portare a termine più dribbling a partita (7.3 di cui 3.4 a buon fine) – e non di rado, una volta saltato il primo difensore, prova a scappare in velocità anche ad altri avversari, pure in situazioni complicate, e spazi angusti, sfruttando l’inerzia della sua grande accelerazione. In questa Copa América, giocata in assoluto stato di grazia, le statistiche denotano una maggior efficacia nel dribbling: su 5.2 tentati a partita, 3.2 sono quelli andati a buon fine (soltanto il Messi dell’Argentina, il giocatore più accentratore del mondo per indole come per costrizione, ha dribblato di più). Nelle sue prime 6 presenze al Brasileirão in corso, i dribbling riusciti sono poco meno del 50%.

Definire Éverton un dribblomane cieco, però, sarebbe del tutto inesatto: pur non avendo particolari doti di playmaking, sia in Nazionale che al Grêmio – due squadre che praticano un 4-2-3-1/4-3-3 caratterizzato da un buon gioco di possesso – ha dimostrato di sapersi associare bene coi compagni, cercando spesso la sovrapposizione del terzino o cedendo palla al centro piuttosto che forzare la giocata. Renato Gaúcho, il tecnico che lo gestisce dal 2016, in una delle sue prime interviste dopo aver assunto guida del club aveva analizzato alcuni suoi pregi e difetti: «Tende spesso a tenersi i difensori alle spalle, invece dovrebbe sfruttare la sua velocità e giocare fronte alla porta».

Everton batte dalla bandierina durante l’amichevole Brasile-Qatar. L’esordio in Nazionale del fantasista del Gremio risale al settembre 2018, in occasione di un’amichevole contro gli Stati Uniti (Buda Mendes/Getty Images)

Il perfezionamento tattico nel corso del tempo, di cui ha parlato lo stesso giocatore, ha modellato un’ala sinistra offensivamente presente anche senza palla, in grado di attaccare bene la profondità per trovarsi libero in zona gol. Le 10 reti dello scorso campionato, come le 8 totali delle ultime due edizioni di Copa Libertadores, certificano una buona efficacia offensiva, e una sensibilità per il gol non scontata e slegata dalla semplice conclusione estemporanea. La sua attitudine all’attacco dello spazio si nota anche dalla frequenza con cui accompagna ogni scarico con un profondo smarcamento, un movimento che gli consente di essere sempre o quasi nel vivo del gioco.

Per Tite, Éverton è stata la chiave offensiva di questa Copa América: la sua presenza in campo ha garantito l’imprevedibilità e i ritmi alti che il ct ha sempre cercato in zona offensiva, ma allo stesso tempo è stata perfettamente assorbita dal gioco avvolgente e corale del suo Brasile. Il suo approdo nel calcio europeo sembra ormai questione di tempo: chi lo acquisterà potrà contare su un’ala sinistra devastante quando ha a disposizione spazi aperti, ma altrettanto determinata a crearseli quando l’attacco avviene a difesa schierata. Può ancora crescere e aumentare le proprie soluzioni offensive oltre il dribbling, ma la base di agilità, accelerazione, potenza e precisione di tiro – sia dalla breve che dalla medio-lunga distanza – costituisce già un patrimonio preziosissimo.